È passato qualche anno dall’uscita dell’esordio di questa band romana, il cui nucleo è costituito dalla cantante Elisa Castells e i chitarristi Michele Bellanova e Matteo Uccella, cui si aggiungono basso, batteria e una seconda voce, quella di Noemi Smorra, in ‘D’Altronde’.
La formula originaria, un folk cantautorale ‘corretto’ con elementi rock e pop, viene qui ulteriormente arricchita con basi e sonorità elettroniche che talvolta sfiorano atmosfere da dancefloor (‘Chissa se tornerai’)
Resta la tendenza a guardare alle sonorità tradizionali, alla ‘musica del mondo’ (‘Noia’).
La marca cantautorale continua ad essere predominante, grazie al risalto dato all’interpretazione della vocalist, cui spesso viene lasciata gran parte della scena.
Ineccepibile sotto il profilo formale, lei e i suoi due sodali provengono tutti dal Conservatorio, qua e là la vocalist sembra vagamente perdere d’impatto emotivo, come se qualche ‘sbavatura’ in più non avesse guastato.
Sette i brani: i sentimenti – la passione, amori e delusioni adolescenziali, l’amarezza per una storia che finisce – ma anche ricordi d’infanzia e riflessioni sulle fragilità e le debolezze di ognuno, in un lavoro che convince negli episodi in cui la band sembra lascisrsi più andare.
Tre dischi all’attivo, un quarto in uscita, nel segno della totale ecosostenibilità, registrato in camper e in mezzo alla natura, grazie all’ausilio di pannelli solari.
Nathalie molti la ricorderanno per la vittoria a “X-Factor”, ormai oltre un decennio fa, altri per il suo successivo passaggio sanremese.
La cantautrice romana non si è mai fermata, continuando una carriera forse lontana dai riflettori, ma non senza riconoscimenti, che oggi ne fa una delle voci – e penne – di rilievo del panorama capitolino.
Il nuovo disco s’intitolerà “Freemotion” e non a caso ad anticiparlo arriva un singolo, all’insegna di un solare cantautorato folk, che nelle parole e nel video ‘hippie’ appare un po’ un inno a riconquistare i propri spazi e il proprio tempo.
“Una canzone per noi”: quei tre / quattro minuti di ‘leggerezza’ che possono essere l’anticamera al liberare le emozioni che caratterizza il titolo del disco.
I fratelli milanesi Nova King tornano con un brano che, per un volta, guarda a certe esperienze non come un vanto, ma come qualcosa che finisce per portare più danni che altro.
Lo stile di vita da ‘ragazzacci di strada’, spesso esaltato con eccessiva leggerezza, qui diventa, concretamente, un modo per rovinarsi la vita.
Pezzo giocato sul contrasto tra il messaggio è il clima sonoro che rimanda al classico ‘gangsta rap’, con qualche spezia ‘etnica’, forse retaggio dell’origine kosovara dei due.
Dopo aver pubblicato il primo lavoro sulla lunga distanza lo scorso anno, Luca Fol con questo singolo all’insegna di un elettropop dall’attitudine dance: si parte ironizzando sulla propria generazione, si finisce a sé stessi, ugualmente ironici.
Il ‘tiro’ c’è, anche se i suoni e l’attitudine portano dritti al Morgan dei Bluvertigo, con qualche accenno di Subsonica: il pezzo però funziona.
Tutto si può dire, eccetto che Wendi Grandinetti non abbia avuto una vita interessante.
Una carriera di attore hard, a quanto pare anche promettente, lasciata per seguire le orme paterne e diventare una sorta di fuoriclasse della barberia, avendo anche una clientela VIP; un libro, intitolato “Nato per vincere” (viva la modestia…) e un corposo seguito sui social, fino a giocarsi oggi la carta musicale.
È un peccato che di tutto questo in ‘Non sono come te” non resti granché, a parte la vuota ostentazione di status symbol che domina il video, tra belle ragazze, macchine e orologi di lusso, a fare da contorno a un testo che parla di una ‘rivalsa’ come tante, condita con una certa supponenza.
“Fatturo più di te”, con tanto di ‘dito medio’ rivolto allo spettatore, in un brano all’insegna di un ibrido pop – hip hop già ampiamente sentito.
Se da un lato è anche comprensibile la volontà di affermazione di ‘uno che ce l’ha fatta’, dall’altra appare un’occasione sprecata da parte di chi avrebbe molto altro da raccontare, a proposito di repentini cambi di direzione e scelte di vita anche abbastanza coraggiose.
Una preghiera al proprio Santo Protettore, affinché gli dia sostegno nella sua quotidiana attività, tra il crimine e le storie di emarginazione che spesso ne sono a monte.
Revman, poliziotto di professione, rapper per vocazione, torna con la sua proposta, volta a coinvolgere i giovani attraverso l’uso dei loro generi di elezione.
Fidarsi di qualcuno all’inizio di un rapporto (non è specificato se di amicizia o sentimentale), cercare di capire se si è di fronte a “un poker d’assi o a un bluff”, cercare di capire se è meglio tenere conto di un passato deludente o fare piazza pulita: dejavu o amnesia, appunto.
Lara Serrano da Genova dà voce a questi concetti forse affastellando un po’ troppe idee insieme, esprimendole con un cantato dalla tendenza hip hop, all’insegna di un pop nel quale irrompe la ‘solita’ chitarra elettrica, che in questi casi sembra messa lì ‘tanto per’.
La grinta e il cuore ci sono, ma non convinse fino in fondo.
Il rimpianto per ciò che si è o non detto o fatto, sullo sfondo di una relazione finita: Francesco Lettieri da Napoli, complici un’impronta vocale decisa (con qualche attinenza con Tiziano Ferro) e un afflato sonoro senz’altro azzeccato, propone un brano di pop cantautorale con tutti i crismi: forse non eccessivamente originale, ma con personalità.
Un nuovo capitolo del connubio tra la canzone italiana e la Bossa Nova, nel segno di un rapporto che si è creato sin dall’esplosione del nuovo pop brasiliano.
I protagonisti sono stavolta i componenti del trio bolognese dei Bakivo, precedentemente attivi come Four Season.
Sara D’Angelo al microfono, Luca Cremonini – autore di gran parte dei testi e delle musiche – alle chitarre, Pedro Judkowski a basso e contrabbasso, assemblano nove pezzi (incluse la cover di ‘Estate’ di Bruno Martino e la swingeggiante ‘One Day For You And Me’, unico brano cantato in inglese) che rispondono a tutti gli stilemi del genere: i colori accesi, i ritmi a cavallo tra il compassato e il movimento, i riferimenti jazz, il mood che mescola leggerezza e malinconia.
Non lascerà magari basiti i cultori del genere, ma è un gran bell’ascolto, e senza nulla togliere ai due compagni di viaggio, a lasciare il segno è l’interpretazione di D’Angelo.
La vocalist interpreta con decisione testi in buona parte dedicati all’amore, ma anche al proprio atteggiamento nei confronti della vita, del mondo, degli altri: convince il dosaggio di sentimento e tecnica, il ricorso non ostentato ad equilibrismi vocali che suscitano paragoni scomodi con certe ‘gigantesse’ della musica italiana… la capacità di giostrare tra gli umori, tra leggerezza e malinconia, fino alle tinte erotiche di ‘Tormentami’ che, per gli accenti quasi ‘dub’ è forse l’episodio più originale e capace di farsi ricordare.
L’estate si avvicina: “Appunti di viaggio” è un buon modo per aspettarla.
Dopo svariate esperienze e collabor,egazioni e la realizzazione di un proprio studio di registrazione Lodovico Rossi, dà vita al suo nuovo progetto.
“Non so nulla degli Dei”: forse una metafora del non riuscire a comprendere e vivere fino in fondo i tempi attuali: le prime quattro delle dieci tracce complessive dedicate in varie forme alle difficoltà di comunicazione vera tra le persone in tempi dominati dalla ipercomunicazione.
Una seconda parte in cui si tende a tornare a sé stessi – ‘La Stanza’, ‘La valle – a riflettere sul rapporto tra l’Uomo e il mondo che lo circonda, prima di un omaggio a un amico che non c’è più e un ritorno alle riflessioni sulle persone.
Un disco il cui peso è spostato più sulle parole che sui suoni, all’insegna di un’elettronica dalle tendenze minimali, usata spesso e volentieri come una base, talvolta ipnotica ai testi.
La scrittura procede per concetti sparsi, con un vago sapore di flusso di coscienza.
Un disco che per impostazione può ricordare a tratti l’ultimo Battiato o certi pezzi di Morgan, ma che lascia una vaga sensazione di incompiutezza.
Cantante e chitarrista in vari progetti, Danilo ‘Loop’ Di Nicola ha portato avanti in parallelo un’attività solista volta soprattutto all’improvvisazione.
Torna oggi come ‘DAN’ con questo nuovo lavoro, più di un EP (nove brani) non proprio un disco sulla lunga distanza.
Un ‘concept’, come si sarebbe detto una volta: un protagonista che subisce la perdita del padre e quest’ultimo che prende la parola ripercorrendo le tappe della propria esistenza: la guerra, l’emigrazione, l’incertezza per il futuro…
Creazione interamente casalinga, “Eighteen Data” restituisce umori e sensazioni di una dimensione prettamente domestica, attraverso un’essenzialità sonora semiacustica – chitarra e voce, più qualche episodico effetto – diretta conseguenza di quella scelta.
Si veleggia tra solarità, cieli plumbei, le nebbie dell’incertezza.
Ispirazione a un certo folk – cantautorale d’oltreoceano, per un disco ‘indie’ in un’accezione oggi in disuso.
Due dischi e svariate esperienze dal vivo alle spalle, il progetto DOS, portato avanti dal 2015 Annalisa De Feo, torna con questo brano in francese, scritto da Jean Philippe Descoins.
Piano, voce ed elettronica, nel segno di una stratificazione che sfiora il minimalismo, getta occhiate verso l’Oriente (vicino e lontano), attinge – prevedibilmente, data la lingua – a certe impressioni del pop sofisticato transalpino.
Qui accompagnata da Nick Valente (anche alla batteria), Annalisa De Feo si fa affiancare sul palco da Livia De Romanis, come lei vocalist e polistrumentista.
La chiamano ‘vaporwave’, ma ‘synth pop’ non è così sbagliato, specie se attinge, almeno in parte, ai Depeche Mode, ‘padrino del genere’, in questo caso quelli degli anni ’00.
Andrea Campanino, alias Neon Dust, di strada come deejay e produttore ne ha fatta parecchia, e si sente: con la collaborazione delle mani esperte di oZZo in produzione e la voce di Breg Zermann (uno che passa agevolmente dal pop al metal estremo), assembla un brano che nel suo genere appare privo di sbavature, ammiccante ma non troppo, facendo della storia d’amore tra un umano e un robot una metafora della mancanza di confini dei sentimenti.
In vista della prossima uscita del suo primo EP, Ginevra Abrignani, o meglio: solo Ginevra, da Verona, presenta il suo terzo singolo.
Un cantautorato acustico in inglese che ricorda – in positivo – tante voci d’oltreoceano, per un brano dalla ‘confezione’ che mette in luce una voce con una personalità.
A poche settimane dal precedente ‘Liceo’ e con il primo EP di prossima uscita, Bori torna con delle riflessioni su un rapporto sentimentale che forse è solo un passatempo, o magari no, unaei sfuggente, il non conoscersi che rende tutto incerto.
Accompagnato da Ethos, altro esponente della scena trap / urban, Bori conferma di avere da dire cose non banali.
La confezione è quella di un prodotto per ‘under 30’, può piacere o meno, ma oltre all’autotune c’è di più.
Avevamo lasciato il progetto Monalisa e il suo leader Simone C. con la divertente Fruit Joy, all’insegna degli ’80.
Lo ritroviamo oggi con un brano pop – rock abbastanza generico a dire il vero, dedicato (credo) a un’amicizia finita male.
Qualcosa di vagamente anni ’80, ma tutto si perde con un cantato rauco (viene vagamente in mente Conidi) che si scontra con suoni fin troppo morbidi, in cui ogni spigolosità risulta smussata.
Una riflessione sulla perdita – di sé stessi o di qualcuno di caro – e sulla necessità in qualche modo di andare avanti.
In attesa del prossimo lavoro sulla lunga distanza, K-ANT propone questo singolo, all’insegna di un pop che a tratti flirta con sonorità che riecheggiano certa dance francese: ammiccante ma non troppo, con un cantato che sfocia un accenno di rap.
Una vicenda sentimentale con le sue traversie, sullo sfondo litorale di Ostia (credo): la racconta Bede, rapper reggino di stanza anni nella capitale.
Il tono accorato, i suoni non eccessivamente ‘prodotti’; apprezzabile l’essersi preso tutto il tempo necessario: si può ancora raccontare una storia, senza limitarsi alle emozioni del momento.
Nome che comincia ad avere una certa circolazione nella scena indipendente capitolina, UnFauno si pone il classico interrogativo, attendendo che ci sia chi arrivi a salvarlo.
Cita Bene, Gaber e Dante, tra rap, vocazione cantautorale ed elettronica, ma il gioco sulla ‘parola con la c’ è facile…
Albert
Dopamina
Gotham Dischi / INgrooves
Una riflessione sulla crescita e sul diventare grandi, sull’onda del ricordo di chi non c’è più.
Albert, al secolo Leonardo Benedettini da Milano, venticinquenne con un discreto bagaglio già alle spalle, presenta un pezzo di pop cantautorale con un cantato che tende al rap, circondato da suoni essenziali che danno risalto alle parole.
Parte dalla sua ‘Errestrana’, Grid, per un pezzo che vuole esaltare l’unicità di ognuno contro la tendenza a voler mettere etichette, trattare tutti e tutte come ‘brand’, giudicare senza sapere.
Sta crescendo, la ragazza padovana (al secolo Fabiana Mattuzzi): nella personalitàe nell’interpretazione, oltre che nella volontà di ‘mandare un messaggio’, attraverso un pop elettronico venato di ‘r’n’b.
Willy Vi feat. Francy
Regalo
Key Records/Altafonte Italia
Una dedica amorosa abbastanza consueta, in forma di (t)rap: a presentarcela è Willy Vi, conosciuto soprattutto per la sua attività di ballerino, che a quanto leggo gli ha dato soddisfazioni più che discrete. Accompagnato dalla voce femminile di Francy, con un arrangiamento dall’essenzialità apprezzabile.
Un disco lungo già all’attivo, Marco Florio in arte Zatarra, torna con un singolo ispirato, dalla grafica che lo accompagna alle parole, ad “Arancia Meccanica”.
Il ‘drugo’ è cresciuto, ma continua con la propria vita delinquenziale assieme ai suoi sodali (per quanto film e libro facessero prevedere uno sviluppo ben diverso).
Un’attitudine ironica verso la società attuale si accompagna a suoni riconducibili a un pop leggero dalle tinte ‘british’, che non hanno granché a che fare con le inquietudini dell’originale.
Cantato un po’ in inglese un po’ in italiano, il nuovo singolo di Ruggero Ricci è un invito a volersi bene e a non essere troppo duri con sé stessi; tra le righe, una riflessione su quello che oggi viene chiamato ‘overthinking’.
Tutto troppo in fretta: metafore, senso svelato, probabilmente una punta di autobiografia, affastellati in due minuti e mezzo, e tutto resta troppo abbozzato.
Chianti – pianti – rimpianti: affoga proverbialmente – le proprie pene nel vino, il giovane Lomi.
L’essenziale accompagnamento del piano, per quanto intenso, non basta a sorreggere un pezzo che nei suoi due minuti di durata, mostra un’urgenza espressiva che diventa fretta di concludere, interpretando col solito pseudo rap le poche rime che compongono il testo.
Continua a sfuggirmi il motivo per cui ‘sti ragazzi, che di cose da dire ne hanno e ne avrebbero, debbano sempre andare così di corsa.
Una riflessione sulla crescita, partendo dal ricordo di ciò che si è stati
La propone il cantautore napoletano Francesco Lettieri, con un’attitudine pop che può ricordare, anche per una vaga somiglianza vocale, i modi di Tiziano Ferro.
Un passato (decisamente lontano) metal, poi la virata verso l’elettronica prima e il synth pop poi, il passaggio a X-Factor.
I Superbia, nomen – omen’, non nascondono l’ambizione e sfornano un singolo all’insegna della voglia di uscire da una realtà provinciale che sentono ormai stretta.
Il trio casertano dà vita a un pezzo tutto basato sul ‘tiro’ di un’elettronica impastata di house, anche gradevole all’ascolto, seppur non granché originale.
Accenni di pseudorap nell’esecuzione di un testo ‘consueto’.
Tutto si esaurisce nei poco più di due minuti ricorrenti per certe proposte.
No, vabbè: non ci ho creduto nemmeno io, quando mi sono arrivate due segnalazioni su due artiste praticamente omonime…
Comunque, questa, di Sara Jones, è romana e ancora agli inizi; qui la vediamo alle prese con un noto farmaco che più che per lo stomaco si vorrebbe usare per un cuore ‘col riflusso’, salvo concludere che il cuore tutto sommato è meglio tenerselo così com’è.
Un cantautorato pop abbastanza consueto, ma sostenuto comunque da un’interpretazione discreta.
Milanesi di origine kosovara, i due fratelli che danno vita ai Nova King offrono il classico ritratto del ragazzo di strada indurito da una vita non facile e poco incline ai sentimenti con la propria compagna.
Il campionario a cavallo tra trap e rap è più o meno ompleto, a cominciare dall’autotune, catene e orologi inclusi, ostentati in copertina.
Unica variazione sul tema, l’introduzione di un violino sul finale, forse a conservare un legame con le proprie origini.
Stavolta Il Re Tarantola si sofferma sull’aver passato ampiamente la trentina, continuando a vivere con poche certezze e molto cazzeggio, mentre intorno c’è chi è già ‘arrivato’.
Il ‘Colesterolo’ del titolo c’entra poco (nominato di sfuggita), in questo brano in cui l’attitudine punk del nostro è filtrata attraverso tastiere vintage con effetti molto pop anni ’80.
Come il titolo suggerisce, una lettera di scuse, probabilmente a un ‘lui’ (o ‘lei’) immaginario, o forse un po’ a sé stessa, probabilmente per non saper gestire i momenti complicati di ogni relazione.
Il nuovo singolo di Sara J Jones non riesce a spiccare il volo più di tanto: un’interpretazione con qualche tratto rap comunque efficace, un contorno synth pop anche troppo ‘canonico’.