L’impressione è che come di frequente succede in Italia, sia difficile che ieri si sia realmente visto scrivere la parola fine alla vicenda politica di Berlusconi: continuo a pensare che questa coinciderà con quella puramente biografica, ergo: Berlusconi ce lo dovremo tenere finché campa; il suo ruolo, la sua personalità, ciò che ha fatto o detto negli ultimi vent’anni, non può essere sbrigativamente derubricato da una decadenza parlamentare verso la quale si è di fatto proceduto in maniera frettolosa e per certi versi approssimativa. Attenzione: lungi da me difendere Berlusconi, lo ha fatto benissimo lui per vent’anni; dico solo che c’è modo e modo: e il modo che si è visto è stato, purtroppo, simile a tanti altri del passato; certo forse per certi versi ‘definitivo’ (non c’è dubbio che l’unico reale nemico di Berlusconi sia attualmente l’anagrafe e un altro tipo di decadenza, quella fisica), ma non ‘conclusivo’… Non conclusivo perché – come succede in Italia almeno dall’Unità, lascia sempre la porta aperta a dietrologie, obiezioni, riletture, etc… Ancora una volta in Italia non si avrà una visione univoca, ci sarà sempre spazio per polemizzare… e figuriamoci se Berlusconi dovesse ottenere una revisione del processo a suo favore, o l’appoggio della Corte di Giustizia UE: come la metteremmo, in quel caso.
Ad ogni modo, ieri abbiamo comunque assistito all’incapacità di Berlusconi di andare oltre le parole: se è vero che quello di ieri è stato per lui e i suoi un ‘giorno nero per la democrazia’, allora coerenza avrebbe voluto che Berlusconi si presentasse in aula, prendesse la parola e incitasse i suoi sostenitori alla rivolta: non si possono lanciare accuse di ‘non democraticità’ e poi limitarsi a snocciolare la solita sequela di concetti già sentiti decine di volte (eccheppalle!!!), davanti ai soliti sbandieratori. Dov’è il nerbo, dov’è la spina dorsale, dove sono gli attributi???? Se si ritiene che cacciare Berlusconi dal senato sia contro la democrazia, allora è giusto sollevarsi e combattere, non inscenare uno squallido teatrino davanti casa.
Per un attimo, ho sperato: ho sperato che Berlusconi ‘rompesse’, facesse come nel finale del “Caimano”, ma evidentemente Nanni Moretti in quel film l’ha sopravvalutato… Berlusconi si è dimostrato ancora una volta, come tra l’altro successo nelle sue varie esperienze di Governo, incapace di andare oltre le parole. Dopo tutto, infatti, l’uscita dal Parlamento non cambia di una virgola la sua situazione economica e muta di poco gli equilibri di potere in Italia: e dunque ne dobbiamo trarre la conclusione che a Berlusconi della democrazia non importa, ma gli stanno più a cuore i suoi interessi personali, che l’esclusione dal Parlamento non cambia granché.
Tuttavia, quanto successo ieri porta con sé ben altri tipi di danni; si apre, come dicevo, l’ennesimo capitolo delle italiche dietrologie: come successo con la caduta di Mussolini, la Resistenza, il caso Moro, Tangentopoli, i rapporti tra Mafia e Politica, la cacciata di Berlusconi sarà l’ennesimo capitolo su cui in Italia non ci sarà mai una lettura condivisa, l’ennesima pagina destinata a creare divisioni. Gli italiani, da sempre o quasi, sono volti più alla divisione che all’unità… questo probabilmente perché, come sosteneva Monicelli, non hanno mai fatto una rivoluzione, non c’è mai stato un momento di autentica unità popolare contro un male visto come assoluto. Non è stato così per l’Unità d’Italia (e la secolare questione meridionale è lì a dimostrarlo), né è stato così per la Resistenza, sui cui ancora oggi non c’è una visione comune. E allora, dato che non si è fatta la Rivoluzione, l’unico modo per uscire dallo stallo è – forse – una bella guerra civile: Nord contro Sud contro Roma, cattolici contro laici, onesti contro ladri, destri contro sinistri contro tutti gli altri e via dicendo: un regolamento di conti su scala nazionale dal quale esca una ed un’unica parte vincitrice, che finalmente dia vita a un popolo che possa definirsi tale. Una visione estrema e violenta? Forse (ma d’altronde, se andiamo a ben vedere, è l’intera storia della civiltà ad essere dominata da estremismo e violenza), ma probabilmente l’unica strada percorribile rimasta per far uscire l’Italia da questo circolo vizioso fatto di una serie infinita di nodi irrisolti.