Archive for novembre 2013

BERLUSCONI ARRIVEDERCI… ALLA PROSSIMA PUNTATA

L’impressione è che come di frequente succede in Italia, sia difficile che ieri si sia realmente visto scrivere la parola fine alla vicenda politica di Berlusconi: continuo a pensare che questa coinciderà con quella puramente biografica, ergo: Berlusconi ce lo dovremo tenere finché campa; il suo ruolo, la sua personalità, ciò che ha fatto o detto negli ultimi vent’anni, non può essere sbrigativamente derubricato da una decadenza parlamentare verso la quale si è di fatto proceduto in maniera frettolosa e per certi versi approssimativa. Attenzione: lungi da me difendere Berlusconi, lo ha fatto benissimo lui per vent’anni; dico solo che c’è modo e modo: e il modo che si è visto è stato, purtroppo, simile a tanti altri del passato; certo forse per certi versi ‘definitivo’  (non c’è dubbio che l’unico reale nemico di Berlusconi sia attualmente l’anagrafe e un altro tipo di decadenza, quella fisica), ma non ‘conclusivo’… Non conclusivo perché – come succede in Italia almeno dall’Unità, lascia sempre la porta aperta a dietrologie, obiezioni, riletture, etc… Ancora una volta in Italia non si avrà una visione univoca, ci sarà sempre spazio per polemizzare… e figuriamoci se Berlusconi dovesse ottenere una revisione del processo a suo favore, o l’appoggio della Corte di Giustizia UE: come la metteremmo, in quel caso.

Ad ogni modo, ieri abbiamo comunque assistito all’incapacità di Berlusconi di andare oltre le parole: se è vero che quello di ieri è stato per lui e i suoi un ‘giorno nero per la democrazia’, allora coerenza avrebbe voluto che Berlusconi si presentasse in aula, prendesse la parola  e incitasse i suoi sostenitori alla rivolta: non si possono lanciare accuse di ‘non democraticità’ e poi limitarsi a snocciolare la solita sequela di concetti già sentiti decine di volte (eccheppalle!!!), davanti ai soliti sbandieratori. Dov’è il nerbo, dov’è la spina dorsale, dove sono gli attributi???? Se si ritiene che cacciare Berlusconi dal senato sia contro la democrazia, allora è giusto sollevarsi e combattere, non inscenare uno squallido teatrino davanti casa.

Per un attimo, ho sperato: ho sperato che Berlusconi ‘rompesse’, facesse come nel finale del “Caimano”, ma evidentemente Nanni Moretti in quel film l’ha sopravvalutato… Berlusconi si è dimostrato ancora una volta, come tra l’altro successo nelle sue varie esperienze di Governo, incapace di andare oltre le parole. Dopo tutto,  infatti, l’uscita dal Parlamento non cambia di una virgola la sua situazione economica e muta di poco gli equilibri di potere in Italia: e dunque ne dobbiamo trarre la conclusione che a Berlusconi della democrazia non importa, ma gli stanno più a cuore i suoi interessi personali, che l’esclusione dal Parlamento non cambia granché.

Tuttavia, quanto successo ieri porta con sé ben altri tipi di danni; si apre, come dicevo, l’ennesimo capitolo delle italiche dietrologie: come successo con la caduta di Mussolini, la Resistenza, il caso Moro, Tangentopoli, i rapporti tra Mafia e Politica,   la cacciata di Berlusconi sarà l’ennesimo capitolo su cui in Italia non ci sarà mai una lettura condivisa, l’ennesima pagina destinata a creare divisioni. Gli italiani, da sempre o quasi, sono volti più alla divisione che all’unità… questo probabilmente perché, come sosteneva Monicelli, non hanno mai fatto una rivoluzione, non c’è mai stato un momento di autentica unità popolare contro un male visto come assoluto. Non è stato così per l’Unità d’Italia (e la secolare questione meridionale è lì a dimostrarlo), né è stato così per la Resistenza, sui cui ancora oggi non c’è una visione comune. E allora, dato che non si è fatta la Rivoluzione, l’unico modo per uscire dallo stallo è – forse – una bella guerra civile: Nord contro Sud contro Roma, cattolici contro laici, onesti contro ladri, destri contro sinistri contro tutti gli altri e via dicendo: un regolamento di conti su scala nazionale dal quale esca una ed un’unica parte vincitrice, che finalmente dia vita a un popolo che possa definirsi tale. Una visione estrema e violenta? Forse (ma d’altronde, se andiamo a ben vedere, è l’intera  storia della civiltà ad essere dominata da estremismo e violenza), ma probabilmente l’unica strada percorribile rimasta per far uscire l’Italia da questo circolo vizioso fatto di una serie infinita di nodi irrisolti.

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R.I.P. CORRADO CASTELLARI (1945 – 2013)

Oggi su Internet viene ricordato soprattutto per i brani scritti per  Mina, Ornella Vanoni, Iva Zanicchi; Corrado Castellari è stato però anche – e forse soprattutto – l’esponente di un filone tutto particolare della canzone italiana: le sigle dei cartoni animati, soprattutto nella stagione gloriosa a cavallo degli anni ’70 e ’80; canzoni certo destinate ad un pubblico di bambini, ma che hanno visto all’opera fior fior di compositori, arrangiatori ed esecutori, che vi si impegnavano con una professionalità raramente vista in seguito. Corrado Castellari è stato costante collaboratore del gruppo Le Mele Verdi, con le quali ha composto brani come Belfy e Lillibit, Gli gnomi delle montagne, La banda dei ranocchi, Lo scoiattolo Banner. Io lo ricordo così:

 

THOR – THE DARK WORLD

Quando l’elfo nero Malekith, portatore di un Male più antico dello stesso universo, torna a farsi vivo minacciando la stessa Esistenza, il dio del Tuono si troverà riunito al suo amore terrestre Jane e costretto dalle circostanze a unire le forze col fratellastro – nemico Loki, mettendo da parte le divergenze e dando modo a quest’ultimo di riscattarsi… forse.

Il secondo capitolo delle gesta cinematografiche dell’eroe marvelliano si snoda all’insegna di moduli tutto sommato consueti: sia nel concetto di fondo (il male ancestrale di fronte al ritorno del quale i precedenti nemici sono costretti a fare fronte comune), sia nello svolgimento, in cui dopo un attacco iniziale che li porta sull’orlo del baratro, con tanto di tragedie personali, i nostri eroi partono alla riscossa fino al debordante scontro finale.

Nulla di nuovo sotto il profilo del ‘cosa’ dunque, e allora conta prima di tutto il ‘come’: Thor – The Dark World è un film che soddisfa pienamente le aspettative, allorché ci si attenda un paio d’ore e passa di sano svago all’insegna di scene roboanti e botte assortite: lo spettatore viene ancora una volta catapultato in scenari mozzafiato, per poi essere sballottato in continuazione trai vari ambienti in cui si svolge la storia, la costruzione immaginifica e le suggestioni sono ottime, abbondanti ed efficaci. Non ci si aspetti però nulla più di questo: gli elementi ‘teatrali’, quasi tragici del precedente episodio, frutto della regia branaghiana, vengono qui ridotti all’osso, a vantaggio di un’azione dagli esiti soddisfacenti, ma anche di un ricorso fin troppo marcato all’ironia, alle battutine, alle ‘situazioni comiche’ (ma questa potrebbe essere un’impressione, dettata dalla lettura della recensione di Leo Ortolani), segno distintivo della ‘longa manus’ di casa Disney che fa sentire sempre di più la sua ‘pressione’ sui supereroi Marvel, al cinema e (purtroppo) non solo.

A fare le spese più di ogni altro di tale situazione è Tom Hiddleston, che comunque ancora una volta risulta essere una spanna sopra gli altri con la sua interpretazione del combattuto dio dell’Inganno Loki; Thor è nuovamente incarnato dalla fisicità prorompente di Chris Hemsworth, a suo agio anche quando il clima si ‘alleggerisce’, avendo modo di abbandonare qua è là la ‘legnosità’ del personaggio; assieme a loro torna il cast al gran completo: Nathalie Portman, Idris Elba, Stellan Skarsgard, Anthony Hopkins, René Russo e soprattuto Kat Dennings, attorno a cui ruotano gran parte delle gag del film e che continua a farsi apprezzare nel suo voler quasi nascondere la bellezza, a favore della propria vis comica. Maggiore spazio avrebbero forse meritato i compagni guerrieri di Thor, trai quali torna Jaimie Alexander – Sif e tra cui si intravede Zachary ‘Chuck’ Levy come Fandral; gustoso cameo per Chris Evans come Capitan America ‘fasullo’; il cattivo è Christopher Eccleston, la cui espressività e limitata dal pesante trucco.

QUALCHE CONSIDERAZIONE SUL CASO CANCELLIERI

Dunque oggi avremo questo voto di sfiducia, che ovviamente verrà respinto al mittente: comportamento coerente da parte M5S che da sempre fa della trasparenza dei comportamenti una bandiera, altrettanto coerente da parte delle altre opposizioni, che in questo modo ottengono visibilità; coerenza anche da parte del PDL, da sempre garantista;  il PD, mi spiace dirlo, mostra ancora una volta una disarmante discrasia tra dichiarazioni e comportamenti.

Non dico che avrebbero dovuto votare la mozione Cinquestelle, capisco i motivi di immagine alla base della scelta; il problema nasce quando i tre principali candidati alla segreteria, Renzi, Cuperlo e Civati, esprimono un giorno si e l’altro pure giudizi di ‘opportunità’ rispetto alle dimissioni del Ministro della Giustizia e poi quando viene il momento si ritirano in buon ordine, con l’eccezione di Civati che quanto meno ha avuto il buon gusto di proporre coerentemente una mozione PD; poi però succede che arriva Enrico Letta, che impone lo stop: teniamoci il Ministro per carità: quindi, contrordine, compagni!!! La Cancellieri non la vuole nessuno, ma ce la teniamo.

Entrando nel merito, io sottolineerei due punti.
Primo: il caso Cancellieri nasce da una delle tante storture del sistema giudiziario italiano, ovvero il ricorso esasperato alla carcerazione preventiva, alla base peraltro del sovraffollamento delle carceri. Non è questione di ricchi o poveri, è questione che la gente in carcere in attesa di giudizio proprio non ci dovrebbe andare… ma siamo in Italia, ed evidentemente i magistrati trovano più comodo e rapido sbattere in galera migliaia di persone senza che ci sia nemmeno stato uno straccio di processo. Io non conosco Giulia Ligresti: mi rifiuto però di credere che in Italia, nel 2013 non esistano strumenti per tenere una persona chiusa in casa ed impedirle di ripetere il reato, scappare o inquinare le prove. Evidentemente però per poter procedere a ciò serve metterci un pò di testa e di tempo, ed evidentemente in Italia ciò viene ritenuto troppo faticoso.  Altrove la ricca Ligresti in carcere non ci sarebbe mai entrata, come non ci sarebbe entrata la maggior parte dei poveracci attualmente in attesa di giudizio.

Il secondo e più importante punto, è il risvolto etico e morale della vicenda… ora, io credo di non essere l’unico ad essermi rotto le scatole di come vanno le cose in Italia: ogni volta, esce fuori che ‘tutti sono amici di tutti’;  bisogna sempre concludere che ci siamo noi, i comuni cittadini e loro, i politici, gli amministratori locali e nazionali, i governanti, gli imprenditori e i finanzieri. Non conosco la Ministra Cancellieri, da quello che leggo ha fatto bene ovunque è andata… però; però esce fuori che è amica dei Ligresti e che il figlio ha lavorato con loro. Sempre la stessa storia, alla fine, sempre lo stesso trito, consunto, noioso ed irritante copione, sempre la solita cricca, gli amici degli amici, le parentele, le contiguità, etc… e alla fine si scopre che la Ministra, amica di famiglia di vecchia data dei Ligresti, si è mossa per far scarcerare la rampolla di famiglia. Procedura regolare? Diamo atto della aderenza alle leggi e alla buona fede. Tuttavia non si può sottolineare come ci si trovi per l’ennesima volta alla solita zona grigia, ai rapporti preferenziali, agli ammanicamenti, alle combriccole, a un ‘mondo’ politico-finanziario in cui tutti conoscono tutti e se possibile si danno una mano.

Attendiamo a gloria di avere un Ministro, un qualsiasi Ministro, che abbia come frequentazioni il bar sotto casa e non le dorate case dei magnati della finanza. Dateci, per favore, un Governo di persone comuni.

ASTINENZA TELEVISIVA

Qualche altra considerazione sul mio periodo di ‘quasi – astinenza’ dal piccolo schermo: nelle ultime due settimane, avrò ridotto il tempo passato davanti al televisore al 20 – 25 per cento di quanto accadeva prima: adesso, se dico che la qualità della mia vita sembra migliorata, a seconda dei casi sembrerò enfatico, dirò una cosa che sembrerà la scoperta dell’acqua calda, o sembrerò uno di quegli snob che ‘senza televisore si sta meglio’. Meglio, sicuramente, stanno i miei occhi, già messi a dura prova dalle ore passate quotidianamente davanti al computer… per il resto, non voglio sembra enfatico, banale o snob, ma in questi casi si scopre come il televisore, più che una necessità, sia in fondo un’abitudine: lo si accende perché sta lì, anche se non si ha niente da vedere, perché tanto qualcosa su cui buttare un occhio lo si trova comunque… per poi rendersi conto, che gran parte dei programmi che si intercettano sono tutto sommato superflui, anche se li si segue sempre: a dirla tutta, nel mio caso, ormai serie come The Mentalist,  Bones o Castle, dopo varie serie hanno già detto tutto ciò che avevano da dire; Once Upon A Time alla seconda stagione ha esaurito l’effetto – novità e si muove all’insegna di una certa prevedibilità; i talent gastronomici – per intenderci, quelli con Gordon Ramsay – sono ormai ripetitivi e non sembrano più avere granché da offire… per qui alla fine concludo che gli unici programmi di cui al momento non posso proprio fare a meno sono Ulisse il sabato sera e I Griffin e Big Bang Theory (inframezzati da NCIS) la domenica… il resto della settimana, che il televisore sia acceso o spento cambia poco, a parte dare un’occhiata alla striscia settimanale di Crozza o un sguardo di sfuggita alla sua imitazione di Renzi il venerdì sera, magari andando nel frattempo a vedere di cosa sarà Testimone Pif su MTV… ma insomma, alla fine il risultato è lo stesso: in fondo del televisore si può fare  a meno, e allora mi chiedo cosa sia quella ‘teledipendenza’ di cui parlano alcuni. In fondo gli esseri umani vivono in questa ‘bolla tecnologica’ da poco più di mezzo secolo: fino agli anni ’50 c’era solo la radio, poi è subentrata la tv… Internet è cosa degli ultimi 15 anni, praticamente un’inezia… e allora, forse non è poi così scontato dire che se di tutto questo abbiamo fatto a meno per millenni, se un domani un qualche cataclisma umano o naturale dovesse privarcene, alla fine non sarebbe un dramma… in fondo l’uomo è sopravvissuto a ben di peggio.

ALFANO SBATTE LA PORTA. ANZI NO, ANZI FORSE…

Difficile commentare ‘a caldo’ una situazione ancora in divenire, e che probabilmente nelle prossime settimane e nei prossimi mesi è destinata a farsi ancora più ingarbugliata: al momento, c’è da prendere nota del fatto che Alfano e i suoi sembrano ‘fare sul serio’… ovviamente, cercando comunque di salvare capra e cavoli: la non entrata in Forza Italia e la formazione di gruppi autonomi al Parlamento al momento non è infatti in funzione anti- o alternativa a Berlusconi: risponde piuttosto all’esigenza di avere le ‘mani libere’, nel proseguire l’esperienza di Governo… la colpa di quanto successo non viene attribuita a Berlusconi, quanto a chi lo circonda. Il discorso di fondo, anche abbastanza ipocrita (ma l’onestà intellettuale raramente è attributo della politica) è il seguente:  pur continuando a considerare Berlusconi un punto di riferimento, preferiamo proseguire ad appoggiare il Governo: si tiene il piede in due staffe, insomma. Coerenza avrebbe voluto che nel sostenere il Governo assieme a chi vuole la decadenza di Berlusconi segnasse la definitiva presa di distanze dal Cavaliere; all’opposto, continuare ad essere suoi alleati avrebbe previsto l’abbandono del Governo… si è scelta la più ambigua delle formule, perché in fondo non si vuole inimicarsi il ‘Capo’, almeno non ancora. Il primo banco di prova sarà proprio il voto sulla decadenza, a quel punto si vedranno le reali distanze tra il gruppo – Alfano ed i fedelissimi di Berlusconi.

Lo scenario politico sembra segnare l’anno zero per i moderati / conservatori italiani, dispersi ai quattro venti: in Parlamento, dove li troviamo distribuiti tra Fratelli d’Italia, i due gruppi ex PDL, le frange centriste nate dal disgregarsi di Scelta Civica con l’aggiunta dell’UDC, con un ulteriore, sparuto ma rumoroso gruppo in seno al PD, che recentemente è tornato a parlare di scissione; aggiungiamo poi, fuori dal Parlamento le iniziative dei vari Storace, Alemanno e Fini, tutte più o meno volte a ricostituire un partito unico di connotazione esplicitamente destrorsa (chiamatela nuova AN, o come vi pare). Appare chiaro come difficilmente una tale varietà di formazioni potrebbe presentarsi alle elezioni: le ampie alleanze possono forse portare alla vittoria, ma si è dimostrato come rendano impossibile il Governo: un riaccorpamento nei prossimi mesi è da ritenere particolarmente certo. Nell’equazione va fatto in qualche modo rientrare comunque Berlusconi, unico al momento a poter contare su un congruo bacino elettorale; le primarie non sono cosa da centro-destra, visto che i suoi elettori preferiscono avere un leader attorno a cui raccogliersi, piuttosto che sceglierselo da soli; al momento comunque da quelle parti non vedo figure in grado di superare per appeal elettorale Berlusconi.

A questo punto però, il pallino del gioco passa al PD, anzi, a Renzi: la sua conquista della segreteria del Partito appare praticamente certa, ma sappiamo tutti che Renzi vede questa solo come una tappa verso l’ascesa al Governo: ora, se pensiamo che il centrodestra è messo male, e che Renzi a detta di tutti è in grado di intercettare una fetta non indifferente dell’elettorato del MoVimento Cinque Stelle, c’è da pensare che lui abbia tutto l’interesse per far cadere il Governo quanto prima e ad andare ad elezioni nelle quali sarebbe stra-favorito… L’impressione è che quindi si possa andare a votare verso aprile – maggio, di modo che Renzi possa presentarsi come nuovo Premier in occasione dell’avvio della Presidenza italiana UE in giugno… tutto questo, a meno che il Governo Letta nei prossimi non ottenga risultati talmente stupefacenti da far ritenere un autogol la sua sfiducia: ma al momento l’ipotesi appare quanto meno fantasiosa…

COSA RESTERA’ DI QUESTO PDL?

Non so… solitamente, in politica quando si annunciano rivoluzioni, si fanno aleggiare scissioni, si grida alla ‘rivoluzione’, poi succede poco. Non credo domani assisteremo a grandi colpi di teatro; sicuramente non a scenate come quella di Fini qualche anno fa, al quale, pur dovendogli imputare di non averne azzeccata una in seguito, va quanto meno riconosciuto di essere stato finora l’unico autore di un vero e proprio atto di ‘lesa maestà’ nei confronti del capo.

Credo che, in qualche modo, si troverà una soluzione di compromesso che consenta a tutti di salvare la faccia: al PDL di non spaccarsi (soluzione che al momento non conviene a nessuno, manco all’Italia, forse), restando unito con Berlusconi contro la decadenza, ma allo stesso tempo continuando a sostenere il Governo… Ai ‘lealisti’, che potranno così cantare vittoria, ai ‘governativi’ che potranno fare altrettanto, senza andarsi ad ‘infognare’ in ‘avventure’ piene di incognite: su una cosa credo Berlusconi abbia ragione: se Alfano e soci mollano la baracca, è del tutto probabile che vadano a finire con un nuovo partito dalle percentuali da prefisso telefonico, facendo rapidamente la fine di Fini (bisticcio voluto) quando l’esperienza di Governo avrà fine.

Non c’è dubbio infatti, che Alfano e soci abbiano almeno un grande debito di riconoscenza nei confronti di Berlusconi, grazie al quale sono dove sono: insomma, lungi da me essere maleducato, ma fatico non poco a immaginare che, in un altro contesto, persone come Lorenzin, De Girolamo e Quagliariello sarebbero mai riuscite a sedersi su uno scranno ministeriale; sentimenti come gratitudine, lealtà ed amicizia, ma anche coerenza personale, vorrebbero che quelle persone seguissero le sorti del capo, anche se sappiamo benissimo che lealtà, fiducia, amicizia, coerenza, gratitudine non sono propriamente sentimenti da agone politico…

A monte se vogliamo c’è una questione ancora più semplice: ad oggi, in quella parte politica, l’unico che è in grado di ottenere voti per vincere le elezioni si chiama Berlusconi; non importa che il suo nome sia Silvio, in fondo: arrivo a dire che perfino un anonimo omonimo, che non abbia alcun legame di parentela con ‘i Berlusconi’, potrebbe ottenere più voti di un Alfano qualsiasi, solo in virtù del cognome. Le chiacchiere, come si dice a Roma, stanno a zero: se escono dal PDL, o dalla nuova Forza Italia che sia, Alfano e soci hanno zero possibilità di proseguire ‘degnamente’ la propria carriera politica, condannati a seguire lo stesso percorso di Fini o, per altro verso di Monti; non hanno appeal, non possono vantare un’analoga ‘storia umana ed imprenditoriale’ (lasciando per un attimo da parte le questioni giudiziarie), non hanno competenze di alcun tipo: certo alcuni – nemmeno tutti – sono laureati,  ci sono molti avvocati (in un Paese in cui di avvocati ce ne sono ad ogni angolo di strada), c’è qualche professore universitario… ma nel PDL – Forza Italia complessivamente considerato, il livello è generalmente medio basso, e non è un caso, visto che da vent’anni Berlusconi è il padre padrone di quella parte politica e ha sistematicamente impedito che qualcuno ‘crescesse’ in modo tale da soppiantarlo. Berlusconi è l’unico capace di prendere voti perché – può non piacere, ma è così –  una larghissima fetta dell’elettorato del PDL (e non parlo di gente indottrinata dalla tv, parlo di persone con un livello  d’istruzione anche medio – alto) crede in perfetta buona fede che la Magistratura con Berlusconi abbia esagerato e che Berlusconi non sia riuscito a mantenere ciò che promette da vent’anni, perché di volta si è trovato sulla strada dei cosiddetti ‘alleati’ che poi sono stati i primi a mettergli i bastoni tra le ruote… ovviamente si può discutere del merito, ma se per un attimo restiamo al tema dell’appeal elettorale, la situazione  è  questa.

Del resto, basta ricordare il lunghissimo elenco di tutti coloro che di volta in volta si sono messi contro Berlusconi: nessuno si ricorda di alcuni esponenti della prima ora di Forza Italia, come Vittorio Dotti, Giuliano Urbani, l’avvocato Della Valle? In seguito, di Follini, condannato alla marginalità nella massa indistinta del PD? In tempi più recenti, non solo di Fini, ma anche  Casini e persino Monti, che se vogliamo fu lanciato a suo tempo dallo stesso Berlusconi: hanno fatto tutti, senza eccezioni, una ‘brutta fine’… di alcuni si sono perfino perse del tutto o quasi le tracce. Questo dovrebbe dirci qualcosa, di cosa voglia dire, ancora oggi, mettersi contro Berlusconi: chi tocca i fili, muore, e ho la vaga impressione che anche la ‘fronda governativa’ si avvii a fare la stessa fine. Magari domani vedremo che qualcuno  sbatte la porta sul serio, ma dubito che questa possa essere una strategia vincente; si troverà una soluzione gattopardesca: cambiare tutto perché nulla cambi e la settimana prossima  gli esponenti delle due parti faranno la fila da Bruno Vespa, Floris e Santoro per dire che no, ci eravamo sbagliati tutti, avevamo capito male, il rischio – scissione non c’è mai stato.

Il PDL – Forza Italia resterà così, debole e malaticcio, ma meglio così che spaccato in due pezzi e troverà presto un contraltare nel PD, che probabilmente dopo le imminenti primarie sarà più spaccato di prima… e con due sostegni del genere, e l’aggiunta dell’ininfluente gruppo ‘centrista’, l’unico a gongolare sarà Letta, che con tre partiti così malmessi, nessuno dei quali con  la forza necessaria per staccare la spina, si potrà permettere il lusso di continuare a governare in tutta tranquillità…  se per gli italiani questo sarà un bene o un male, resta tutto da vedere.

SACCOMANI E CAMUSSO: DIO LI FA E POI LI ACCOPPIA

La domanda è sempre la solita, che poi nel caso dei cittadini italiani si tramuta in: ma scherzano o ci prendono per scemi sul serio? Ammetto, colpa mia: per un attimo ci ero cascato, ci avevo sperato: di fronte all’emendamento congiunto PD – PDL sull’elevamento della no-tax area a 12.000 euro, un brivido mi è corso lungo la schiena: stai a vedere che – per una volta – non dovrò passare il prossimo anno a fare i conti col bilancino sui soldi da mettere da parte per pagare le tasse… poi, ovviamente, tutto rientrato, non sia mai… ovviamente si trattava di una ‘sparata’ congiunta di PD e PDL per lisciarsi le penne e dire: “Vedete? Noi pensiamo a voi…” probabilmente già prevedendo il diniego opposto da ‘sua maestà’ Saccomanni, l’ennesimo bocconiano a cui è stato permesso di gestire i cordoni della borsa (tra parentesi mi chiedo se in Italia ci sia una legge che obblighi il Ministro dell’Economia a venire, od essere passato, per la Bocconi, come se quell’università fosse il ‘sancta sanctorum’ dell’economia italiana: a me pare che negli ultimi anni i ‘bocconiani’ finiti al Governo abbiano dimostrato di non capirci un ca**o… sarà…).  Il signor Saccomanni ha dunque detto ‘no’: col solito, fantasioso, volo pindarico, ha snocciolato il solito motivo specioso e banale: non ci sono le coperture… Peccato che, con una spesa pubblica di 800 miliardi di euro, le coperture si potrebbero e si dovrebbero trovare… forse però l’operazione costa troppa fatica, troppo lavoro intellettuale e allora si preferisce dire di no a prescindere. Ricordo sommessamente che il Governo che dice ‘no’ all’elevamento della no-tax area è lo stesso che non ha avuto alcun problema a portare le multe ai concessionari delle slot ‘infingardi’ da 2,5 miliardi a 600 milioni di euro… ergo,  devo pensare che a questo Governo stiano più a cuore le sorti di coloro che sfruttano il gioco d’azzardo,  incoraggiando le ludopatie, rispetto a quelle di coloro che hanno un reddito che a malapena raggiunge i 1.000 euro al mese.  Non bastasse Saccomanni, ci si è messa pure l’ineffabile Segretaria Generale della C.G.I.L., la sig.ra Susanna Camusso, la quale ha bocciato l’idea opponendo una motivazione che ha del kafkiano: secondo la suddetta, elevare la no-tax area incoraggerebbe l’evasione. Ora. Sono anni che ci viene detto, e lo ha ammesso anche Befera, il capo dell’Agenzia delle Entrate, che in Italia si evade il fisco soprattutto perché le tasse sono troppo alte, o almeno vengono percepite come tali. Ebbene, adesso la Camusso improvvisamente ci ‘illumina’, dicendo sostanzialmente  che non è così  e che tutti quelli che dichiarano 1.000 euro al mese sono potenziali evasori… Letta questa presa di posizione, mi sono venute in mente un paio di cose su Susanna Camusso… su Wikipedia (che concordo, non è la Bibbia, ma una sua attendibilità credo ce l’abbia) leggo che Susanna Camusso all’università ha studiato archeologia, senza nemmeno laurearsi. No, dico, rendiamoci conto: il capo del più grande sindacato d’Italia (qualunque cosa significhi, dato che ormai anche i sindacati sono centri di potere la cui attività è quasi del tutto autoreferenziale),  ha studiato archeologia e non s’è manco laureata!!!! Insomma, detto in due parole:  se Susanna Camusso può fare il Segretario Generale della C.G.I.L., allora io posso andare a dirigere gli scavi ai Fori Romani…

SENZA TELEVISORE (O QUASI…)

Da circa una settimana sono senza televisore… o almeno: ad essersi rotto è quello che ho in camera (peraltro il guasto è arrivato il giorno dopo aver vinto 15 euro in sala scommesse, quando si dice il Karma…);  in sostituzione, c’è sempre quello in cucina: il tutto si riduce dunque più che altro ad una ‘scocciatura’…  Queste occasioni costituiscono però sempre un’opportunità per riflettere sulla nostra reale o presunta dipendenza dalla tecnologia.

La mia generazione (quella dei nati fino alla prima metà degli anni ’70), è forse l’ultima che può ricordare di quanto i televisori erano in bianco e nero e per cambiare canale ci si doveva alzare e girare una manopola… Ho dei vaghi ricordi dei primi ‘robottoni’ giapponesi visti (male) sullo ‘scassone’ che avevamo in soggiorno… Poi, come un pò tutti, abbiamo seguito l’evoluzione: la finale dei Mondiali ’82 vista su un televisore a colori con telecomando, il secondo televisore, portatile, comprato in occasione di una vacanza, a fine anni ’90 l’acquisto di quello da mettere appunto, in camera mia, che quello è rimasto… La mia generazione ha assistito all’ascesa e il trionfo del ‘televisore’ come elettrodomestico – principe, ed ora probabilmente ne osserverà il crollo.

Non voglio sembrare uno di quegli snob che ‘io il televisore non c’è l’ho più’, ma è un fatto che già in questa settimana mi sono accorto di quanto quello strumento si stia avviando a diventare inutile: per conto mio in una classifica ideale al primo posto c’è sempre lo stereo, o la radio, o comunque uno strumento atto ad ascoltare musica (che poi si potrebbe osservare come, anche in tempi di moltiplicazione dei canali digitali e satellitari, la radio continui ad offrire una varietà di programmi difficilmente eguagliabile), al secondo il computer, strumento di lavoro, svago ed interazione, al terzo il televisore…

Mi sono reso conto che io il televisore ormai lo uso ben poco: per l’informazione ad esempio ci sono la radio ed Internet e quest’ultima offre anche opportunità di svago e divertimento…  cosa guardo in televisione:  la ‘striscia’ di Crozza su Ballarò (ma anche lì, qualche ora dopo la si guarda su Internet), “Ulisse” il sabato sera, qualche ‘serie sparsa’, ma in fondo le uniche alle quali non posso resistere sono I Griffin e Big Bang Theory; per il resto, fondamentalmente, il televisore lo si accende più che altro per abitudine, perché ‘sta lì’… Una volta, sarebbe stato imprescindibile; oggi con Internet diventa sempre più superfluo… nonostante la prima tentazione sia stata di portarlo a far riparare, la seconda addirittura di comprarne uno nuovo, alla fine ho deciso di soprassedere… del resto, ultimamente non lo usavo più nemmeno per vedere dei film su dvd, più che altro per mancanza di tempo. Ho evitato anche un pò per mettermi alla prova: in fondo tra radio e Internet la mia vita è già abbastanza densa di ‘rumore di fondo’ e miei occhi sono già discretamente messi alla prova… per ogni evenienza c’è il televisore in cucina, per il resto, per il momento, se ne può fare  a meno…

RAPHAEL, “MIND VS HEART” (IRIEVIBRATION RECORDS)

Il nome di Raphael Nkereuwem non risulterà del tutto sconosciuto agli amanti del reggae nostrano, essendosi già affermato quale vocalist degli Eazy Skankers, band che con i suoi due lavori sulla lunga distanza si è fatta discretamente apprezzare dai cultori delle sonorità giamaicane.

A quella esperienza, Raphael da qualche tempo ha cominciato ad affiancare il tentativo di lancio della propria attività da solista, che dopo alcuni primi passi giunge con “Mind vs Heart” alla prima tappa importante, licenziata dall’etichetta austriaca Irievibration.

18 brani, comprendendo il breve intro e le tre bonus track ( tra le quali un remix curato da Madask), per un lavoro che a livello sonoro ripropongono gli stilemi classici del genere, senza ‘colpi di testa’ o fughe sperimentali: si gioca piuttosto la carta della piacevolezza di ascolto, di una ‘facilità’ che però non diventa mai un ‘voler piacere’ fine a se stesso, con pezzi che invitano a muoversi, dalla sottile vena danzereccia.

Il lavoro gira tutto intorno all’efficace interpretazione vocale di Raphael, accompagnato agli strumenti da un nugolo di ospiti di varia origine e provenienza, trai quali si segnalano un veterano del genre come Skarra Muci e l’ex Black Uhuru Michael Rose; i testi variano tra l’intimista e l’osservazione della realtà, con l’invito frequente all’incontro fisico e al ‘darsi’ agli altri, riflettendo sulle conseguenze negative di una modernità che va  rendendo un’esperienza ‘sociale’ come quella musicale sempre più come qualcosa di freddo, vissuto nel proprio isolamento davanti allo schermo di un PC.

Non mancano i consueti brani ‘autodescrittivi’, o in cui si  si omaggiano i propri compagni di strada o parentesi sentimentali, come in Wine with me, tra gli episodi più riusciti.

Un esordio solista convincente, per questo artista che con gli Eazy Skankers si è già fatto adeguatamente le ossa, apparendo pronto ad un ulteriore salto di qualità: ed è un peccato che questo esempio di ‘melting pot all’italiana’, nato a Savona da padre nigeriano e madre italiana, dedicatosi poi alla musica giamaicana, abbia finito per rivolgersi ad un’etichetta austriaca per la pubblicazione del suo primo lavoro solista.