È passato qualche anno dall’uscita dell’esordio di questa band romana, il cui nucleo è costituito dalla cantante Elisa Castells e i chitarristi Michele Bellanova e Matteo Uccella, cui si aggiungono basso, batteria e una seconda voce, quella di Noemi Smorra, in ‘D’Altronde’.
La formula originaria, un folk cantautorale ‘corretto’ con elementi rock e pop, viene qui ulteriormente arricchita con basi e sonorità elettroniche che talvolta sfiorano atmosfere da dancefloor (‘Chissa se tornerai’)
Resta la tendenza a guardare alle sonorità tradizionali, alla ‘musica del mondo’ (‘Noia’).
La marca cantautorale continua ad essere predominante, grazie al risalto dato all’interpretazione della vocalist, cui spesso viene lasciata gran parte della scena.
Ineccepibile sotto il profilo formale, lei e i suoi due sodali provengono tutti dal Conservatorio, qua e là la vocalist sembra vagamente perdere d’impatto emotivo, come se qualche ‘sbavatura’ in più non avesse guastato.
Sette i brani: i sentimenti – la passione, amori e delusioni adolescenziali, l’amarezza per una storia che finisce – ma anche ricordi d’infanzia e riflessioni sulle fragilità e le debolezze di ognuno, in un lavoro che convince negli episodi in cui la band sembra lascisrsi più andare.
L’incomunicabilità, un lui ‘disattento’ e noncurante, a cui una lei che si è ampiamente ‘rotta’ invia il classico ‘aut aut’: o cambiano le cose o me ne vado.
Se il tema non è nuovo, l’elettronica minimale che lo accompagna nemmeno, la somma dei singoli elementi e l’interpretazione di Rosita Cannito, metà del duo completato da Nicola Radogna, all’insegna di una nota vagamente sarcastica, finisce quanto meno per far battere il piede e strappare un sorriso.
Per la cronaca: sì il titolo, oltre alla grafica che accompagna il brano e a certe allusioni interne, fanno riferimento a ciò che pensate, ma in modo abbastanza sardonico…
Il sole, l’estate e una storia d’amore da recuperare nel nuovo singolo di Ruggero Ricci, co un pop dal contorno sintetico abbastanza ‘di maniera’: il brano esce ne difficile momento vissuto dall’Emilia Romagna, regione di provenienza del cantautore, che in occasione della pubblicazione glielo ha dedicato, come auspicio di ripresa.
PlatoNico
Prometto
Red Owl Records/Ingrooves
Nicolas Neri da Ravenna, alias PlatoNico, torna con una dedica, prevedibile fin dal titolo, alla propria amata: un campionario abbastanza consueto di ‘impegni’ all’insegna di un pop dalle suggestioni vagamente oniriche.
Interrogativi esistenziali di giovani uomini sulla strada per la maturità. Tra voci filtrate, a tratti gridate, ritmi ‘unz – unz’ da discoteca e rime che non vanno oltre l’ordinario, i tre Superbia confezionano un pezzo che resta lì, in superficie.
Tre dischi all’attivo, un quarto in uscita, nel segno della totale ecosostenibilità, registrato in camper e in mezzo alla natura, grazie all’ausilio di pannelli solari.
Nathalie molti la ricorderanno per la vittoria a “X-Factor”, ormai oltre un decennio fa, altri per il suo successivo passaggio sanremese.
La cantautrice romana non si è mai fermata, continuando una carriera forse lontana dai riflettori, ma non senza riconoscimenti, che oggi ne fa una delle voci – e penne – di rilievo del panorama capitolino.
Il nuovo disco s’intitolerà “Freemotion” e non a caso ad anticiparlo arriva un singolo, all’insegna di un solare cantautorato folk, che nelle parole e nel video ‘hippie’ appare un po’ un inno a riconquistare i propri spazi e il proprio tempo.
“Una canzone per noi”: quei tre / quattro minuti di ‘leggerezza’ che possono essere l’anticamera al liberare le emozioni che caratterizza il titolo del disco.
I fratelli milanesi Nova King tornano con un brano che, per un volta, guarda a certe esperienze non come un vanto, ma come qualcosa che finisce per portare più danni che altro.
Lo stile di vita da ‘ragazzacci di strada’, spesso esaltato con eccessiva leggerezza, qui diventa, concretamente, un modo per rovinarsi la vita.
Pezzo giocato sul contrasto tra il messaggio è il clima sonoro che rimanda al classico ‘gangsta rap’, con qualche spezia ‘etnica’, forse retaggio dell’origine kosovara dei due.
Dopo aver pubblicato il primo lavoro sulla lunga distanza lo scorso anno, Luca Fol con questo singolo all’insegna di un elettropop dall’attitudine dance: si parte ironizzando sulla propria generazione, si finisce a sé stessi, ugualmente ironici.
Il ‘tiro’ c’è, anche se i suoni e l’attitudine portano dritti al Morgan dei Bluvertigo, con qualche accenno di Subsonica: il pezzo però funziona.
Tanta ne è passata, di acqua sotto i ponti, dal precedente disco – ed esordio – degli abbruzzesi Death Mantra For Lazarus, targati 2010.
Nove anni dopo i nostri si riunivano per dare vita al seguito che, complici clausure collettive e quant’altro, vede la luce solo oggi.
La scelta è di cambiare impostazione nel segno di una maggiore compattezza, anche se i profumi post rock e, in misura minore, prog, che avevano costituto il modello di partenza, si possono ancora riscontrare in queste sette composizioni.
Disco quasi del tutto strumentale (fa eccezione ‘Like Dolphins’, con le voci di Jester At Work e Giulia Flacco), “DMFL” vive su una chitarra rverberata che si accompagna a basso e synth, con occasionali interventi di archi (Valeria Vidini) e l’episodica partecipazione di una tromba (Francesco Di Giandomenico).
È un lavoro dai contorni onirici in cui la consistenza ferrosa della chitarra, sfumata attraverso il dialogo con basso e synth, con la batteria da tenue contorno, trasferisce l’ascoltatore in un ‘altrove’ che assume talvolta connotati vagamente psichedelici, sfiorando le costruzioni sonore vagamente noisy dello shoegaze.
La scelta di uno disco affidato quasi del tutto agli strumenti è discretamente coraggiosa, in un’epoca di parole che a volte sono anche troppo eccessive: i suoni si riprendono la scena, consentendo all’ascoltatore di darne una lettura personale legata al proprio vissuto e / o immaginario.
Tutto si può dire, eccetto che Wendi Grandinetti non abbia avuto una vita interessante.
Una carriera di attore hard, a quanto pare anche promettente, lasciata per seguire le orme paterne e diventare una sorta di fuoriclasse della barberia, avendo anche una clientela VIP; un libro, intitolato “Nato per vincere” (viva la modestia…) e un corposo seguito sui social, fino a giocarsi oggi la carta musicale.
È un peccato che di tutto questo in ‘Non sono come te” non resti granché, a parte la vuota ostentazione di status symbol che domina il video, tra belle ragazze, macchine e orologi di lusso, a fare da contorno a un testo che parla di una ‘rivalsa’ come tante, condita con una certa supponenza.
“Fatturo più di te”, con tanto di ‘dito medio’ rivolto allo spettatore, in un brano all’insegna di un ibrido pop – hip hop già ampiamente sentito.
Se da un lato è anche comprensibile la volontà di affermazione di ‘uno che ce l’ha fatta’, dall’altra appare un’occasione sprecata da parte di chi avrebbe molto altro da raccontare, a proposito di repentini cambi di direzione e scelte di vita anche abbastanza coraggiose.
Una preghiera al proprio Santo Protettore, affinché gli dia sostegno nella sua quotidiana attività, tra il crimine e le storie di emarginazione che spesso ne sono a monte.
Revman, poliziotto di professione, rapper per vocazione, torna con la sua proposta, volta a coinvolgere i giovani attraverso l’uso dei loro generi di elezione.
Fidarsi di qualcuno all’inizio di un rapporto (non è specificato se di amicizia o sentimentale), cercare di capire se si è di fronte a “un poker d’assi o a un bluff”, cercare di capire se è meglio tenere conto di un passato deludente o fare piazza pulita: dejavu o amnesia, appunto.
Lara Serrano da Genova dà voce a questi concetti forse affastellando un po’ troppe idee insieme, esprimendole con un cantato dalla tendenza hip hop, all’insegna di un pop nel quale irrompe la ‘solita’ chitarra elettrica, che in questi casi sembra messa lì ‘tanto per’.
La grinta e il cuore ci sono, ma non convinse fino in fondo.
Il rimpianto per ciò che si è o non detto o fatto, sullo sfondo di una relazione finita: Francesco Lettieri da Napoli, complici un’impronta vocale decisa (con qualche attinenza con Tiziano Ferro) e un afflato sonoro senz’altro azzeccato, propone un brano di pop cantautorale con tutti i crismi: forse non eccessivamente originale, ma con personalità.
Il nuovo singolo di Kefàli (al secolo Giorgia Testa) la vede dichiarare la propria autoaffermazione: trovare l’oro dentro di sé e partire da questo per andare avanti (forse dopo una storia finita) sapendo di ‘valere’.
Il discorso sul sé diventa rapidamente un’esortazione a tutti a volersi bene esaltando il buono che ognuno porta co sé.
Un pop con riflessi r’n’b e una produzione sintetica per un pezzo con degli spunti.
Ciò da cui Eric Mormile non può guarire è, prevedibilmente, l’amore, che porta con sé follia e pazzia…
Nonostante l’argomento ormai stravisto, affrontato con poca originalità, va riconosciuto al cantante e chitarrista napoletano di aver almeno cercato un formula sonora non troppo banale, dando al sax soprano di Alessio Castaldi il ruolo di protagonista, affiancandogli con discrezione la propria chitarra elettrica; il risultato è un pop che si colora di vaghi accenti fusion che danno al pezzo una certa piacevolezza di ascolto…
Un titolo da possibile ‘tormentone’estivo, nasconde un pezzo all’insegna della fragilità, in cui il ‘lui’ di turno è l’unico a far ritrovare la pace alla lei che tende a perdere il controllo davanti al chiacchiericcio e alla pochezza di vista gente, in televisione e non solo.
La veste è quella di un pop dai riflessi elettronici, non troppo ‘piacione’.
Un nuovo capitolo del connubio tra la canzone italiana e la Bossa Nova, nel segno di un rapporto che si è creato sin dall’esplosione del nuovo pop brasiliano.
I protagonisti sono stavolta i componenti del trio bolognese dei Bakivo, precedentemente attivi come Four Season.
Sara D’Angelo al microfono, Luca Cremonini – autore di gran parte dei testi e delle musiche – alle chitarre, Pedro Judkowski a basso e contrabbasso, assemblano nove pezzi (incluse la cover di ‘Estate’ di Bruno Martino e la swingeggiante ‘One Day For You And Me’, unico brano cantato in inglese) che rispondono a tutti gli stilemi del genere: i colori accesi, i ritmi a cavallo tra il compassato e il movimento, i riferimenti jazz, il mood che mescola leggerezza e malinconia.
Non lascerà magari basiti i cultori del genere, ma è un gran bell’ascolto, e senza nulla togliere ai due compagni di viaggio, a lasciare il segno è l’interpretazione di D’Angelo.
La vocalist interpreta con decisione testi in buona parte dedicati all’amore, ma anche al proprio atteggiamento nei confronti della vita, del mondo, degli altri: convince il dosaggio di sentimento e tecnica, il ricorso non ostentato ad equilibrismi vocali che suscitano paragoni scomodi con certe ‘gigantesse’ della musica italiana… la capacità di giostrare tra gli umori, tra leggerezza e malinconia, fino alle tinte erotiche di ‘Tormentami’ che, per gli accenti quasi ‘dub’ è forse l’episodio più originale e capace di farsi ricordare.
L’estate si avvicina: “Appunti di viaggio” è un buon modo per aspettarla.
Dopo svariate esperienze e collabor,egazioni e la realizzazione di un proprio studio di registrazione Lodovico Rossi, dà vita al suo nuovo progetto.
“Non so nulla degli Dei”: forse una metafora del non riuscire a comprendere e vivere fino in fondo i tempi attuali: le prime quattro delle dieci tracce complessive dedicate in varie forme alle difficoltà di comunicazione vera tra le persone in tempi dominati dalla ipercomunicazione.
Una seconda parte in cui si tende a tornare a sé stessi – ‘La Stanza’, ‘La valle – a riflettere sul rapporto tra l’Uomo e il mondo che lo circonda, prima di un omaggio a un amico che non c’è più e un ritorno alle riflessioni sulle persone.
Un disco il cui peso è spostato più sulle parole che sui suoni, all’insegna di un’elettronica dalle tendenze minimali, usata spesso e volentieri come una base, talvolta ipnotica ai testi.
La scrittura procede per concetti sparsi, con un vago sapore di flusso di coscienza.
Un disco che per impostazione può ricordare a tratti l’ultimo Battiato o certi pezzi di Morgan, ma che lascia una vaga sensazione di incompiutezza.
Cantante e chitarrista in vari progetti, Danilo ‘Loop’ Di Nicola ha portato avanti in parallelo un’attività solista volta soprattutto all’improvvisazione.
Torna oggi come ‘DAN’ con questo nuovo lavoro, più di un EP (nove brani) non proprio un disco sulla lunga distanza.
Un ‘concept’, come si sarebbe detto una volta: un protagonista che subisce la perdita del padre e quest’ultimo che prende la parola ripercorrendo le tappe della propria esistenza: la guerra, l’emigrazione, l’incertezza per il futuro…
Creazione interamente casalinga, “Eighteen Data” restituisce umori e sensazioni di una dimensione prettamente domestica, attraverso un’essenzialità sonora semiacustica – chitarra e voce, più qualche episodico effetto – diretta conseguenza di quella scelta.
Si veleggia tra solarità, cieli plumbei, le nebbie dell’incertezza.
Ispirazione a un certo folk – cantautorale d’oltreoceano, per un disco ‘indie’ in un’accezione oggi in disuso.