Archive for giugno 2012

GERMANIA – ITALIA

Confesso: ieri pomeriggio avevo cominciato a scrivere un post sull’argomento: poi improvvisamente la scaramanzia ha avuto la meglio… meglio non parlarne prima… alla fine, è andata oltre ogn previsione: lo ammetto, non ero molto ottimista: la Germania si era finora mostrata uno squadrone, aveva due giorni di riposo in più, oltre a non aver dovuto giocare i supplementari, né sopportare la tensione dei rigori… ne facevo, però, soprattutto una questione di statistica: dai e dai prima o poi la Germania avrebbe dovuto batterci… e invece nulla!!! Viene davvero da guardare verso di loro e sbraitargli in faccia che con noi non vinceranno mai… E’ stata una partita incredibile e inaspettata: per certi versi talmente finita così presto su un binario talmente definito, da sembrare quasi deludente: come uno spettacolo finito troppo presto. Nel 2006 assistemmo a un’autentica battaglia: i tedeschi che ci misero sotto, che arrivavano da tutte le parti, noi salvati da una strenua resistenza e da San Buffon e poi a ribaltare il pronostico col gol spettacolare di Grosso e il raddoppio di Del Piero: ieri di battaglia non ce n’è proprio stata: l’Italia ha preso il pallino del gioco, ha disinnescato i tedeschi, è andata in vantaggio con un Balotelli che svettando coglieva lo splendido assist di Cassano ( e vabbè, avevo sbagliato, a parlare male di entrambi) e ha poi messo al sicuro il risultato con lo stesso Balotelli, che quando ha preso la palla io ho pensato: tanto sbagli, e invece ha tirato ‘na botta terrificante lasciando impietrito il portiere tedesco. Due a zero, con una facilità irrisoria e disarmante: la battaglia epica si è trasformata (quasi) in una passeggiata di salute per noi e in una ‘Caporetto’ per i tedeschi. Il secondo tempo l’Italia ha controllato, non solo: ha dato l’impressione di poter fare ciò che voleva ogni qual volta accelerava le operazioni: peccato per il terzo gol, mangiato in almenoun paio di occasioni, peccato per il rigore, dopo il quale io ero comunque convinto che ormai, a meno di stravolgimenti cosmici, il risultato fosse ormai a posto. Come Giulio contro i Germani anche quest’altro Cesare, Prandelli, ha ragione di questa torma di caproni. Non sto a sottolineare tutto il contorno: ma che a giocarsi la finale sono le rappresentative di due Stati che negli ultimi mesi hanno dovuto quotidianamente subire le rampogne di frau Merkel è ovviamente simbolico… L’altro giorno sottolineavo come noi si viva in una società dove ormai l’unico parametro utilizzato per giudicare tutto sono i soldi; ecco, la partita di ieri ci suggerisce magari che nella vita c’è altro e che se i tedeschi possono continuare col loro atteggiamento spocchioso riguardo l’utilizzo del denaro, beh, se spostiamo l’obbiettivo ad altro, ci accorgiamo che le cose cambiano: cari tedeschi, cara Merkel, potrete forse continuare a romperci le palle con i tassi, il debito pubblico, le spese, etc… ma c’è una verità che ormai è difficile smentire: CON NOI A CALCIO, NON VINCETE MAI!!!

POLILLO CHIAMA, FORNERO RISPONDE

Vabbè, diciamocelo, la mia lamentela dell’altro giorno di non avere di che scrivere era più che altro un segno di indolenza: qui basta drizzare le antenne e il materiale non manca. Si avvicinano le Olimpiadi ad esempio e due illustri componenti del Governo Monti, entrati nello spirito agonistico, sembra siano impegnati a chi la spara più grossa… Peccato che quella del ‘lancio delle str***ate’ non sia ancora  disciplina olimpica, perché avremmo avuto di che sperare. … Proprio ieri parlavo del sottosegretario Polillo e della sua idea ottocentesca del mondo del lavoro: oggi gli risponde da par suo la Fornero, che essendo la titolare del dicastero deputato al settore lavorativo, si è forse sentita un attimino messa da parte: “eccheccacchio – avrà pensato – ma io chi sono?” Peraltro la ‘sora Elsa’ con Polillo ha ancora un conto in sospeso: ricordiamo tutti di quando il sottosegretario la criticò, ai limiti della derisione in diretta televisiva, per il famoso piagnisteo a fianco di Monti a fine 2011.
In un’intervista al Wall Street Journal, la Fornero ha affermato: ” L’attitudine delle persone deve cambiare. Il lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso il sacrificio”. BOOM: questi sono sette punti: meta + trasformazione, e la signora ministra sopravanza di nuovo il sottosegretario nelle classifica a chi spara la min***ata più grossa. La visione dei diritti e dei doveri è il classico snodo che divide destra e sinistra: per chi è di destra, vengono prima i doveri, per chi è di sinistra, vengono prima i diritti. La Fornero di sinistra non è, quindi è chiaro che per lei praticamente tutto sia un dovere; dove però il suo ragionamento fa acqua da tutte le parti, è nell’affermare che non essendo il lavoro un diritto, ce lo si deve ‘guadagnare’ anche facendo sacrifici. Rileggete attentamente la frase: è micidiale. Qui siamo di fronte al delirio: il lavoro non è più un mezzo, attraverso il quale magari compiere sacrifici, per poter vivere una vita il più possibile dignitosa, assicurando un’esistenza tranquilla alla propria famiglia (per quelli che hanno intenzione di metterne su una). No. Qui il lavoro diventa il ‘fine’: un fine in vista del quale bisogna compiere sacrifici. Ribadisco, il concetto è micidiale e si ricollega a quello che scrivevo ieri riguardo il sottosegretario Polillo: siamo di fronte a gente che sembra pensare che nella vita delle persone non ci debba essere altro che lavoro, al punto che il lavoro smette (come è sempre stato) di essere uno ‘strumento’, una ‘strada’ (a volte tortuosa, altre meno) da compiere per poter vivere e soddisfare le proprie necessità, primarie (cibo, casa, salute, educazione di base) o secondarie (cultura, sport, hobby, passioni): qui siamo di fronte a gente che vede nel lavoro di per sé l’unico scopo esistenziale dell’uomo: alzarsi, andare a lavore, tornare a casa, dormire; e questo per un periodo di vita il più lungo possibile e con pause limitate (da qui l’idea di diminuire le ferie). Come scrivevo ieri: produci (il più possibile), consuma (il meno possibile), crepa (il prima possibile, che così non pesi sul sistema pensionistico). Il concetto  espresso – e il ragionamento che pare esservi alla base – è allucinante, e poco importa che la Ministra Fornero si sia poi impegnata nel solito ‘giochino’ delle precisazioni (la suddetta dovrebbe sapere che ormai dopo anni di uscite e ritrattazioni berlusconiane in questo trabbocchetto non ci casca più nessuno). Leggiamo queste frasi, rendiamoci conto nelle mani di chi siamo; nelle mani di chi ci ha messo gente (i Parlamentari) che manco abbiamo votato, in forza di una legge che ci ha obbligato a mettere croci su simboli e sigle, senza sapere chi c***o sarebbe finito in Parlamento…

SOSTIENE POLILLO…

…che la soluzione alla crisi starebbe nel lavorare di più e, a quanto ho capito, essere pagati di meno: il sottosegretario Polillo ha infatti detto, tra le altre cose, che l’attuale livello dei salari in Italia ‘è insostenibile’, che si ‘vive al di sopra delle nostre possibilità’… Cè da chiedersi cosa sogni Polillo: forse un mondo del lavoro ancora più precario, in cui aumenti la flessibilità e diminuiscano ulteriormente i salari, in cui si lavori per due euro dalla mattina alla sera, in cui non si abbia più uno straccio di mezz’ora per leggersi un libro, ascoltarsi un cd, un pomeriggio per andare a una Mostra, una serata da dedicare al cinema… Produci (tanto) consuma (poco) e crepa (auspicabilmente il prima possibile, così non pesi manco sul sistema pensionistico). Questo, a occhio e croce, è il ‘mondo perfetto’ di Polillo… chiaramente tutto ciò non riguarda lui: mi piacerebbe sapere quante ore al giorno lavora, il sottosegretario Polillo: attenzione, nel conto non vale il tempo passato al cellulare, o quello trascorso nelle ‘colazioni / pranzi / cene di lavoro”: quello non è lavoro, sono occasioni conviviali. Ascolto Polillo, esponente di questo ‘Governo dei tecnici’ che dovrebbe salvare le sorti dell’Italia, e rimango sconcertato: certi ragionamenti me li aspetto da un parlamentare di mezza tacca che siede sul suo scranno per grazia ricevuta da un segretario di Partito, non da un ‘tecnico’. Il sottosegretario Polillo sembra uscito dall’800, quando ormai alla balla dell’aumento di ore lavorate = aumento di produttività non ci crede più nessuno: che all’aumentare del numero di ore lavorate, la produttività – e, soprattutto, la qualità del prodotto – si riduca, è un dato ormai acquisito; si possono fare anche sei ore di straordinario al giorno, rimanendo sul posto di lavoro fino a notte fonda, ma con quale risultato? Lo stesso dicasi per la rinuncia alle vacanze: il fisico – e la mente – umana, hanno bisogno di distrazioni: cosa sogna, il segretario Polillo, un mondo in cui ci si svegli, si vada al lavoro dall’alba al tramonto e si torni a casa a dormine? E aggiungo: quante ferie ha, il sottosegretario Polillo? La verità, purtroppo, è che nel mondo del lavoro odierno, il ‘lavoro umano’ ormai la differenza la fa poco, o meglio: dipende dalle condizioni in cui tale lavoro, manuale o intellettuale, si svolge. La differenza non la fa la ‘quantità di lavoro’, ma la qualità,  e questa qualità dipende, oltre che dalla formazione, soprattutto dall’innovazione tecnologica. E’ inutile continuare a menarla con le riforme del mercato del lavoro, se poi le aziende non adottano modalità di produzione efficienti. L’altro giorno parlavo con una persona che ha avuto modo di vedere come lavorano i progettisti di software a Google, che hanno a disposizione – oltre che il nido aziendale – anche sale giochi dove rilassarsi, con una bella lavagna dove buttare subito le idee che si sa, quando la mente è rilassata vengono più facilmente… Se Polillo avesse ascoltato, gli sarebbe venuto un accidenti e lo avrebbero dovuto ricoverare. Altra idea: volete ridurre sul serio i costi della Pubblica Amministrazione? La risposta è: telelavoro: credo che un buon 50 per cento degli impiegati delle P.A. potrebbe benissimo lavorare da casa, in un ambiente più rilassato e produttivo, senza doversi stressare per levatacce antelucane, ore passate nel traffico, etc… di questo però  non parla nessuno; di certo non Polillo, che sembra arrivato direttamente dalle fabbriche inglesi dell’800: se questo è il livello di chi ci governa, facciamoci gli auguri: ne abbiamo veramente bisogno.

SCORRO…

Le pagine del blog, e mi accorgo dell’assoluta mancanza di idee: gli ultimi due post due link, precedentemente qualche commento calcistico e una recensione… La vena non è molta, in realtà, il tempo ci sarebbe pure… qualche vicenda di ‘vita quotidiana’ che non induce pensieri dei migliori… Manca materiale, a dire la verità: il fatto è che uno poi si stufa, anche a pensare sempre le stesse cose, figuriamoci a scriverle: mi guardo intorno e mi chiedo che senso avrebbe, scrivere di Lusi e di Formigoni, di Berlusconi, di Renzi e Bersani, di Monti e della Fornero… noia, noia e ancora noia… Mi sembra che la situazione della serie: ci dicono che tutto sta per cambiare, ma poi non cambierà nulla. Non vedo questi rivolgimenti del panorama politico all’orizzonte: la realtà è che nessuno ha uno straccio di idea. Ne approfitta giusto Grillo, che dice cose in larga parte condivisibili, vedremo gli sviluppi; ma l’impressione è che se le cose dovevano cambiare grazie a Monti e al suo Governo, beh in realtà cambierà ben poco: cioè, cos’è cambiato, in Parlamento,  negli ultimi tempi? Che è entrato Adinolfi, uno che è famoso perché ha fatto i soldi giocano a poker: bell’esempio e il PD lo manda in Parlamento, complimenti. La realtà è che siamo molto all’ognuno per se, dio per tutti: chi si è trovato più o meno casualmente con una poltrona che gli dà un lauto introito se la tiene stretta, gli altri pazienza. Non vedo una sola idea vincente, in giro: vedo solo persone che guardano al proprio tornaconto personale, fregandosene degli altri. La politica, che dovrebbe essere confronto di idee su come migliorare il bene comune, è sempre più ridotta a lotta di potere, di prestigio personale: guardo Bersani, Casini, Alfano: non vedo rappresentanti politici portatoti di un’idea di bene comune, vedo solo gente impegnata costruire non si sa bene quali progetti per poi distribuire poltrone agli amici. Ora, passi per l’UDC che non è mai riuscita a dare una sua visione del mondo, è solo passata da ‘tutto quello che dice il Papa è giusto”  a “tutto quello che dicono il Papa e Monti è giusto”; ma dagli altri due, fatti i debiti distinguo, mi sarei aspettato di più, e invece il nulla, il vuoto assoluto… Ragazzi, che pena!!! Il brutto della situazione è proprio questo: se il Governo Monti doveva servire a dare spazio alle forze politiche per riorganizzarsi, magari attorno a qualche idea, l’avvilente realtà è che invece il Governo Monti sta venendo usato da tutti solo come scusa per galleggiare, tracheggiare, esibirsi in sofismi… Che pena, che avvilimento, che schifo di classe dirigente priva di qualsiasi impeto verso un bene che non sia rappresentato dal proprio portafogli, ci siamo ritrovati… Ma che schifo, pensare che alle prossime elezioni si confronteranno Alfano, Bersani, Casini, Vendola, Di Pietro… No, non salvo nessuno: forse solo Grillo, al quale dò un filo di beneficio del dubbio, ma tutti gli altri no. Non uno di loro, per esempio, ha offerto soluzioni valide per ridurre all’impotenza la finanza che ci ha portati al macello di fronte cui ci troviamo. Nessuno. Nessuno che abbia proposto di mettere fuori legge le agenzie di rating, per dire…  Giovedì ci sarà Italia – Germania, l’ennesima: guarda caso la Germania affronta una dietro l’altra Grecia e Italia, nazioni che da un punto di vista storico, artistico e culturale possono benissimo permettersi di guardarla dall’alto in basso, ma oggi contano solo gli schifosi soldi. A questo ci siamo ridotti, a dare importanza solo e soltanto ai soldi: viene in mente il compianto Bradbury e il suo Fahrenheit 451, dove i libri vanno al macero… ecco, ci avviciniamo a grandi passi a quel momento, se il mondo si è ridotto solo ai soldi: e chi dice il contrario viene tacciato di utopia o demagogia, che pena. E’ indubbiamente una brutta società, quella in cui viviamo… non voglio usare termini come ‘difficile’, ‘complicata’… No, è proprio brutta, viene voglia di sognare davvero che a dicembre si avveri in qualche modo la profezia dei Maya: non tanto con la fine del mondo, ma con qualche stravolgimento che ci porti a murare radicalmente abitudini, usi e costumi, modi di pensare; dubito che però assisteremo a nulla del genere… e allora avanti così…

MARY ELIZABETH WINSTEAD

TARANTINO, VAMPIRI E SUPEREROI: LA CARRIERA DI MARY ELIZABETH WINSTEAD

SERIE TV: LE NOVITA’ DI NBC

UPFRONTS: NBC SENZA FRENI, 13 NOVITA’

BISCOTTO!!!

Che poi io non ci trovo proprio niente di così scandaloso: ” a chi tocca, nun s’engrugna” si dice a Roma: insomma, noi siamo bravissimi ad attaccare il piagnisteo, invocando la lealtà sportiva… poi magari ci dimentichiamo quel luminoso esempio di sportività che fu Materazzi che nella finale del Mondiale 2006 provocò Zidane fino a fargli dare la famosa ‘testata’: gesto ovviamente del tutto antisportivo, ma secondo me nell’euforia del momento sugli insulti di Materazzi si è preferito glissare e magari qualcuno ha pure pensato che sia stato furbo e lodevole, provocare l’avversario. Non mi pare quindi che gli Italiani possano pretendere tutta ‘sta moralità dal prossimo, specie se poi in questa situazione ci si sono cacciati con le loro mani: sarebbe bastato segnare un golletto in più con la Croazia – ce ne state tutte le occasioni – per evitare di dover contare sulla ‘lealtà sportiva altrui’, fermo restando, tra parentesi, che comunque con l’Irlanda bisogna vincere, cosa non del tutto scontata. Se poi altrove si mettono d’accordo e pareggiano 2 – 2, non ci vedo niente di male: lo scopo non è vincere Croazia – Spagna, lo scopo è andare avanti nell’Europeo; il 2 – 2 farebbe raggiungere questo risultato a entrambe, quindi? Quindi, mors tua vita mea; tanto più che tutti i piagnistei italiani potrebbero quasi indurre spagnoli e croati a farlo apposta; certo è che uno 0 – 0 o un 1 – 1 sono risultati più ‘facili’ da raggiungere: per il 2 – 2 bisogna mettercisi d’impegno. Se andremo fuori, comunque, ben ci sta: colpa nostra. L’allenatore ha le sue responsabilità: Prandelli è solo l’ultimo di una lunga serie di CT della Nazionale che antepongono le proprie convinzioni alla realtà dei fatti, facendoci finire male: è un ‘virus’ che, per dirne una, ha colpito pure Lippi ai Mondiali del 2010. La questione è semplice: se, nella prima partita, Giovinco e Di Natale hanno fatto meglio di Cassano e Balotelli, il match successivo lo cominci coi primi; invece con la Croazia Prandelli non solo ha insistito con Balotelli (sarà perché i due fanno rima?), ma ha fatto giocare  a Di Natale solo mezzo secondo tempo, con pochi risultati. Balotelli stasera non ci sarà (meglio così, il giocatore ha senz’altro delle doti, ma in queste partite è apparso assonnato, a tratti quasi indifferente nei confronti del contesto in cui si è trovato), Cassano invece si, e considerando che il giocatore appare solo lontano parente di quello che fu (non che poi Cassano abbia mai dimostrato di essere un fuoriclasse completo: il carattere ha finito per non permettergli mai di sviluppare pienamente le proprie potenzialità, basta fare un conto dei trofei vinti in carriera, e di quelli per la vittoria dei quali il suo contributo è stato determinante), le prospettive non sono esaltanti. Speriamo di vincere e speriamo che, come dovrebbe essere nell’ordine delle cose, la Spagna faccia valere sul campo la sua teorica superiorità nei confronti della Croazia; se però ci scappa il ‘biscotto’, non lamentiamoci….

 

CLAN BASTARDO, “CLAN BASTARDO” (THIS IS CORE – WARNER CHAPPELL)

Senza girarci troppo attorno: il punk- rock o lo si ama o lo si odia; in particolare oggi, quando al genere è rimasto ben poco da dire e, se si escludono magari certe derivazioni ‘estreme’ o qualche ardita contaminazione, di fronte a dischi del genere si finisce fatalmente per limitarsi a dover dire se quella in questione è una più o meno buona ennesima riproposizione del genere.

Il discorso è valido anche per i campani (provengono dalla provincia di Avellino) Clan Bastardo. Il campionario tipico del genere c’è tutto: rutilanti brani dalle ritmiche ‘quadrate’, chitarre arrembanti, una vocalità spessa che sbraita irrequieta al microfono testi incentrati sull’orgogliosa rivendicazione di sè e della propria diversità, che talvolta accennano a vicende di quotidiano disagio (e solitudine) urbana, che al momento del bisogno trovano anche spazio per sprazzi di vita sentimentale.

Qua e là la formula di base si arricchisce di qualche profulmo giamaicano, con qualche spruzzata ska.

Nulla di nuovo, né di originale: non che alla fine sia un gran difetto, visto che in questo i Clan Bastardo sono in buona (e numerosissima) compagnia di chi li ha preceduti e di quanti li seguiranno. Tutto sommato è sufficiente ‘l’attitudine’, la ‘pompa’, l’adrenalina che il quartetto campano distribuisce a pacchi nel corso della mezz’ora  o poco più su qui si snodano le quattordici tracce presenti.

I Clan Bastardo assemblano insomma quello che per essere un esordio è un lavoro efficace e alla fine convincente: l’augurio è di dargli un seguito, magari cercando quel ‘quid’ stilistico in più che permetta loro di distinguersi dal mare magnum di altre proposte del genere in mezzo alle quali altrimenti rischiano fatalmente di passare inosservati.

IN COLLABORAZIONE CON LOSINGTODAY

GUILTY AS SIN, “PSYCHOTRONIC” (G.A.S. PRODUCTION)

I Guilty As Sin vengono da Boston e con “Psychotronic” giungono al quarto disco in quattro anni… il che potrebbe essere un segnale di grande prolificità quanto di una certa ‘fretta’ nello sfornare nuovi lavori: l’ascolto di “Psychotronic” a dire la verità sembrerebbe far pesare la bilancia più dal secondo lato della bilancia che non dal primo.

 Il quartetto del Massachussetts inanella nove brani che potrebbero forse essere definiti ‘eclettici’, ma anche rivelare una certa confusione di idee: dopo un breve intro ‘cyber’, è la vota di un poker di brani brevi e tiratissimi, dal sapore trash / hardore: vocalità quasi gutturali, batteria estenunate, chitarre ululanti, episodicamente qualche fiato ad accrescere l’atmosfera sottilmente delirante del tutto. Fin qui, poteva essere un discreto disco ‘di genere’, ma i Gulty As Sin preferiscono cambiare marcia, e puntare su un paio di pezzi molto più dilatati, strumentali anch’essi dal sapore trash, uno dei quali caratterizzato da un afflato orientaleggiante; in mezzo ai due, spazio a un pezzo più breve, nuovamente all’insegna della forza d’impatto.

La traccia è conclusiva è costituita da un lungo brano semistrumentale – la parte vocale affidata a uno spokern word filtrato elettronicamente – che punta su sonorità sintetiche che lungo il tutto il brano sfiorano il caos (dis)organizzato, immergendosi in un magma cacofonico sul finale… L’intenzione (forse) era di darsi allo ‘sperimentalismo’, il risultato appare molto fine a sè stesso e alla lunga anche leggermente irritante.

La band di Boston assembla un disco che potrebbe definirsi ondivago, privo di compattezza, privo di un vero e proprio filo logico con brani spesso semplicemente giustapposti. Il risultato è un’impressione di indecisione stilistica, di confusione di idee. Piuttosto che puntare a far uscire un disco all’anno, la band di Boston dovrebbe piuttosto prendersi un pò più di tempo per accumulare una maggiore quantità di materiale dando vita così a lavori più ‘robusti’.

IN COLLABORAZIONE CON LOSINGTODAY

LINCOMPRESO, “VOGLIO ESSERE COME TE!” (DUCKHEAD GREEN RECORDS)

Lincompreso‘ (tutto attaccato) è in realtà Roberto Calabrò, qui all’esordio con questo nuovo progetto, dopo aver fatto precedentemente parte di Le Valvole ed Enfantronique, aver fatto addirittura un’escursione nella dance, negli USA, col progetto Argenta ed essere stato più recentemente tra gli animatori di iniziative come Prodezze fuori area e Soluzioni semplici, attive soprattutto nella capitale.

Qui lo troviamo alle prese con un disco che mescola cantautorato italico con un pop dalle sfumature ‘indie’ e l’attitudine vagamente low-fi.

Dodici tracce all’insegna di considerazioni sparse ispirate al quotidiano, filo conduttore una certa (autoironia); strumentazione ‘canonica’ (chitarra – basso – batteria, con elettronica e qualche effetto ad intervenire in caso di bisogno).

Suoni ‘piani’ con qualche accennata abrasione, come detto genericamente ascrivibili ad un ambito pop – rock senza ulteriori specificazioni, qua e là qualche allusione sudamericana, profumi folk.

Il tutto si lascia ascoltare anche gradevolmente, pur con qualche limite di troppo: il lavoro sembra in realtà giungere abbastanza velocemente alle proprie conclusioni, suscitando forse un pizzico di noia sul finale: gli oltre quaranta minuti di durata appaiono un filo eccessivo per un disco che alla lunga appare un pò ripetitivo, impressione accresciuta da un cantato (sempre vagamente ‘sporcato’) un tantino monocorde, che raramente riesce a trasmettere emozioni diverse da quella di un ironico e sottilmente annoiato disincanto.

Un progetto ‘da rivedere’: un esordio cantautorale non del tutto riuscito da parte di un autore che, complice l’esperienza maturata in passato, dovrebbe avere tutte le carte in regola per far evolvere ulteriormente il proprio stile.

IN COLLABORAZIONE CON LOSINGTODAY