Archive for ottobre 2020

IL MALANDRINO, “I GIORNI COMUNQUE BELLI” (LIBELLULA MUSIC)

Michele Calabró: dal punk rock dei Malibu Stacey (con due dischi all’attivo) all’esordio da solista (in uscita il prossimo 27 ottobre) , con lo pseudonimo di ‘Il Malandrino‘, all’insegna di climi sonori in gran parte diversi.

Il cantautore torinese presenta nove brani all’insegna di una tipica ‘poetica del quotidiano’, in quello che, anche nelle sue parole, sembra essere un momento preso per riordinare le idee, riflettere su alcuni momenti e vicende importanti fin qui vissute.

I sentimenti, l’amicizia, l’adolescenza, memorie famigliari (“Panda Granata” parla delle responsabilità di cui più o meno ognuno si fa carico nel momento in cui fa parte di una famiglia) e un finale che è una finestra di speranza che si apre sul futuro, in cui ci si vede da anziani a guardare tutto sommato con soddisfazione al cammino compiuto.

‘Il Malandrino’ si accompagna con suoni abbastanza tenui (talvolta quasi evanescenti, come i ricordi), in cui un’elettronica di stampo anni ’80 (qua e là si avvertono echi lontani del Brian Eno meno sperimentale) e qualche allusione ‘disco’ si affianca a soluzioni semiacustiche; qua e là improvvise accensioni elettriche.

“I giorni comunque belli” scorre abbastanza agevolmente, ascolto indubbiamente adatto alla stagione, a cavallo tra le utlime reminiscenze dell’estate e i primi freddi; l’impressione è che a volte si cerchi una ‘confezione’ troppo ‘pulita’, forse per accrescere la distanza rispetto alla prcedente esperienza.

Si segnala il contributo di Stefania Tasca alle voci di ‘Profumo di legno’.

MUSTROW, “UN VOLONTARIO DAL PUBBLICO” (LIBELLULA MUSIC)

Romano, classe ’82, Fabio Garzia avvia il progetto MustRow con un primo lavoro in inglese, “Sugar Baby”, passando poi all’italiano col singolo ‘Male(dire)’, uscito lo scorso e compreso in questo ‘nuovo esordio’ sulla lunga distanza.

I dieci brani presenti mescolano svariate influenze, tra rock più o meno ‘duro’ (la passione per la chitarra di Garzia emerge con frequenza, pur se in modo non troppo prepotente), sprazzi blues, una certa tendenza al ‘parlato’.

Il tema ricorrente è quello dei rapporti interpersonali e della volontà / necessità di indossare ‘maschere’, interpretare ‘personaggi’, mettere in scena ‘spettacoli’; non mancano riferimenti, più o meno diretti, alla realtà sociale.

Tutto appare dominato nel bene e nel male da un’urgenza comunicativa che sembra mettere in un certo senso in secondo piano la ‘continuitá’ del disco, che appare un po’ slegato, un insieme di ‘tentativi’ forse alla ricerca di uno stile compiuto. L’interpretazione, a tratti eccessivamente enfatica, non aiuta.

ANTONIO CARLUCCIO, “LA PAROLA” – SINGOLO

Una densa e dignitosa carriera alle spalle, vissuta in gran parte nelle retrovie, come corista, tra gli altri per Giorgia (a Sanremo, nel 2001) e Renato Zero, fino a recitare nella ‘Tosca’ di Dalla, Antonio Carluccio giunge al traguardo del primo lavoro solista (uno dei brani del quale, ‘Creature’ è stato scelto da Fiorella Mannoia per una reinterpretazione a due nel suo ultimo lavoro, nella volontà di promuovere artisti meno conosciuti al ‘grande pubblico’), introdotto da questo omonimo singolo.

Brano dedicato al potere immaginifico e talvolta salvifico della ‘Parola’, che alla fine resta però la principale forma di comunicazione umana, anche quando non parlata: da qui la scelta di accompagnarsi nel video da un trio di attrici che interpretano la la canzone nel linguaggio dei segni.

Impianto all’insegna di un cantautorato abbastanza ‘consueto’ per i tempi attuali: affinità con la scena romana, Zampaglione e Fabi in particolare.

DAVIDE SOLFRINI, “ULTRAVIVERE” (NEW MODEL LABEL)

‘Ultravivere’ è un po’ uno sguardo tra sarcasmo e cinismo – non senza autoironia – a un mondo in cui si cerca sempre un po’ l’eccesso, in cui il solo ‘vivere’ non basta più, e in cui a un certo punto si cercano delle pause, delle vie di fuga.

Davide Solfrini consolida una carriera avviata da una decina d’anni e giunta al sesto lavoro, considerando l’EP di esordio. Nove pezzi che danno uno sguardo su ‘ciò che gira intorno’, senza rinunciare all’introspezione.

I protagonisti di “Ultravivere” sono magari insoddisfatti volentieri e cercano vie d’uscita sentimentali; nella galleria si stacca la figura del ‘Pescatore’a rappresentare la reale ‘fatica del vivere’ nel mondo del subito’.

Rock ed elettronica, una strizzata d’occhio al pop per un lavoro in cui un cantautorato dall’impronta stilistica delineata che in alcuni episodi può rimandare ad Alberto Fortis.

EMILIANO MAZZONI, “EMILIANO MAZZONI” (PRIVATE STANZE / NEW MODEL LABEL / AUDIOGLOBE)

È una scrittura sospesa, quella di Emiliano Mazzoni: c’è questo susseguirsi di sprazzi di ricordi, tra infanzia, adolescenza e maturità, c’è qualcosa di ancestrale: una ‘Natura’ che fa sempre da sfondo: ricorre l’erba, intesa proprio come terreno, e poi il vento, la nebbia, la Luna, la luce; del resto, Mazzoni (qui al quarto lavoro) è originario di un paese dell’Appennino modenese.

C’è un’idea dei rapporti umani, anche sentimentali, che sembra cercare essenzialità, una mancanza di filtri, un po’ come succede col contatto con la natura.

Analogo il percorso proseguito dalla proposta sonora, accompagnata da un’interpretazione costantemente sottotraccia, a tratti quasi dolente, che pur riportando qualche suggestione psichedelica e riferimenti d’oltreoceano, appare radicata nella tradizione popolare (oltre che cantautorale) delle proprie origini.