Archive for agosto 2014

CI VUOLE UN’ALTRA VITA…

…cantava Battiato. Bene, non sto: la solita sensazione di volere dei cambiamenti senza avere la forza di portarli avanti fino in fondo, perché questi includerebbero delle rinunce e stare attaccati allo scoglio è sempre la strada più facile, anche se poi magari lo scoglio si sta sgretolando.

A giugno ho girato la boa dei 40, portandomi appresso il solido fardello di insoddisfazioni… se si pensa troppo, del resto, ansia e paranoia trovano le porte spalancate. Mi guardo intorno, mi guardo indietro e cosa trovo? Un presente e un avvenire in cui io c’entro poco: una serie di decisioni sbagliate prese in ambito di studio e professionale, dei fallimenti sentimentali non parliamone proprio.

Mi guardo intorno, e concludo che se trai venti e i quaranta ci si costruisce un avvenire, io non ho costruito proprio un bel niente, a parte pile di fumetti, cd e libri di fronte ai quali spesso mi chiedo cosa contengano; bel modo di usare il tempo.
In questi anni mi sono saputo costruire solo una routine che molti altri riterrebbero allucinante: in pratica da venti-quarantenne ho vissuto una vita da pensionato. Internet non ha aiutato: al netto dei recenti problemi tecnici che mi hanno portato a rinunciare all’ADSL, a monte c’è probabilmente la necessità di darci un taglio: tre ore e passa al giorno passate a bighellonare più o meno senza meta per la rete mi sembrano un enorme spreco di tempo.

Vince la voglia di uscire di casa, fosse anche solo per girare senza meta nelle strade semideserte del quartiere; fosse anche solo per camminare senza meta, è sempre comunque meglio che stare dentro casa, davanti allo schermo di un computer o circondato dalle pile di materiale di cui sopra, che ormai hanno assunto un peso opprimente, quasi anche fisico (letteralmente, lo spazio comincia a mancate); mi accorgo che sto veramente bene solo quando sto fuori di casa, se solo o in compagnia, con una meta (mostre o cinema) o senza, se accennando un po’ di corsa (la fantasia con ‘sto clima, manca) o solo per starmene immobile come una lucertola al sole di Villa Pamphilj.

Mi rendo conto dei troppi legami autoinflitti, della routine disarmante, di troppe abitudini, di troppi eventi fissi: il giro del sabato fino al negozio di fumetti, la partita domenicale a casa di amici… certo non dico di ambire alla vita dell’homeless, ma vorrei, forse, un’esistenza che mi desse ogni giorno l’imprevedibilità dell’incontro casuale, anche sentimentale e – perché no – sessuale; di certo tutto questo non è possibile a priori restando dentro casa a leggere, guardare, ascoltare.

Per cui, in questi giorni, esco; non appena possibile; soprattutto non appena emerge un accenno di noia, anticamera della paranoia… tutto pur di non stare dentro casa e, guardandomi intorno, assistere a quello che finora è stato sostanzialmente un fallimento esistenziale. Esco senza meta, e magari non incontro nessuno; esco per stare in mezzo alla gente, con la speranza che magari un giorno o l’altro un scambio sfuggente di sguardi con una donna faccia schiudere un portone sentimentale che da tanto tempo ho sprangato chiudendo la chiave in un cassetto… fantasie da liceale? Probabilmente: in fondo, non sono mai cresciuto… mi sembra di essermi fermato da qualche parte qualche decennio fa: di certo non mi sento un quarantenne; io non ce li ho quarant’anni, non li voglio avere. Nella mia condizione, avere quarant’anni, fa schifo. Recentemente mi è capitato di fare quegli stupidi test sull’età mentale su Facebook, non varranno niente, ma il fatto che una volta il risultato è stato ’21’ e la successiva ’16’ non mi ha manco meravigliato: sono decisamente fuori dal tempo; sicuramente, fuori dalla mia età anagrafica.

Il mio programma è stare fuori di casa il più possibile, soprattutto stare all’aperto, o in posti possibilmente affollati: ho bisogno di stare in mezzo alla gente, di vedere gente, di uscire; non importa se avere o meno un posto dove andare, o avere qualcosa da fare; ho bisogno di uscire.

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CONTE, PROPRIO NO

Alla vigilia dei Mondiali del 2006, in un post sul mio blog di allora mi scagliavo contro Beppe Grillo che inneggiava, mi pare, al Ghana, in occasione della partita inaugurale della Nazionale italiana.

Oggi, a otto anni e passa di distanza mi ritrovo, purtroppo, costretto anche io a tifare contro la Nazionale. Il calcio italiano negli ultimi mesi ha offerto uno spettacolo indecoroso, avvilente, aggiungete voi gli aggettivi: alla luce degli ultimi avvenimenti, si può tranquillamente affermare che l’eliminazione dell’Italia dai Mondiali sia stata il meno.

In pochi giorni siamo stati costretti ad assistere prima all’elezione a capo della FIGC, e dunque del calcio italiano, di ‘quello dei calciatori africani che mangiavano le banane’ e – ancora peggio – delle ‘donne handicappate’; lo stesso che, da quanto ho letto in giro, in passato è stato anche protagonista di vicende giudiziarie di tipo economico – fiscale.

Non è nemmeno una questione di razzismo o sessismo: è che una persona che fa certe uscite senza curarsi delle conseguenze, è semplicemente inadeguato al ruolo, specie considerando che di fronte alle polemiche suscitate, non ha trovato nulla di meglio da dire se non paragonarsi all’assassino di Kennedy (che tra parentesi ancora oggi non si è ancora ben capito chi sia).

Non bastasse questo, alla guida della Nazionale è stato chiamato Antonio Conte; Antonio Conte non è solo quello preso universalmente in giro per i capelli posticci; né unicamente quello che davanti ai microfoni si presenta sempre con fare arrogante quando vince e con atteggiamento lamentoso quando perde; Conte, è soprattutto, quello che si è beccato una squalifica nell’ambito di un processo per partite truccate; e questo viene chiamato ad allenare la Nazionale? Ok, facciano pure, ma io stavolta passo.

Ogni tanto, nella vita, è bene anteporre al proprio interesse – in questo caso il tifo per la Nazionale – qualche ‘questione di principio’: per me in questo caso, la ‘questione di principio’ è quella di non ammettere che una persona che si è beccatA una squalifica di vari mesi (poi ampiamente ridotta, come d’uso in Italia) per una vicenda di partite truccate alleni la Nazionale… è un po’ come rifiutarsi di votare per quei partiti che portano inquisiti e condannati in Parlamento: ogni tanto bisogna recedere e rifiutare ogni tipo di connivenza.

Fino a quando sarà Antonio Conte ad allenarla, mi rifiuterò di tifare per la Nazionale; piuttosto, seguirò con più coinvolgimento l’Olanda, per la quale simpatizzo da tanto; del resto, non è scritto da nessuna parte che sia obbligatorio tifare per la Nazionale: se questa è l’espressioni di un calcio che – scusate il termine – fa vomitare, allora non tifare rappresenta una semplice scelta di coerenza personale.

PROVOCAZIONI PARTE SECONDA: Supercattivi si nasce.

SUPERBURP!

Prima di ferragosto. Che poi sarebbe l’assunzione della Madonna al cielo (roba che viene ricordata poco tra una partita calcetto in costume ed una salsiccia alla brace). Ritorno sul discorso. Supereroi o compensati?

Di Batman, Spiderman e Superman abbiamo detto.

Il concetto è questo: ogni supereroe nasce da un bisogno. Ogni supereroe ha necessità endogene che lo determinano supereroe. Spiderman aveva zietto. “grandi poteri, grandi responsabilità”. Beccato e fregato. Spiderman è un eroe perché lo fa controvoglia. Sempre in bilico tra mollare e restare. Magari c’è anche un certo gusto. Batman lo fa perché gli piace menare e in parole povere, ce l’ha piccolo (o pensa di averlo piccolo). Superman soffre di un anti handicapp. Non può essere superman tutto il tempo perché se no diventa un “alieno”, un Dio, troppo superiore. Per cui si auto castra. Praticamente si auto definisce un “rincoglionito” per essere accettato in un mondo di…

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R.I.P. ROBIN WILLIAMS (1951 – 2014)

SCARSA VENA, POCA ISPIRAZIONE

La mia scarsa frequentazione del blog prosegue… è un periodo in cui, a dirla tutta, non ho molta voglia di scrivere: forse di argomenti ne avrei pure, ma manca proprio la voglia di scrivere.

In parte, certo, dipende dalle mie attuali limitazioni nell’uso di Internet: mollata l’ADSL, mi appoggio alla connessione mobile dei miei, che però ha dei limiti di tempo, per cui una volta esaurite le necessità lavorative, di tempo da dedicare ad altro non ne resta molto… in realtà per certi versi mi sembra di essere tornato a quando non avevo l’ADSL e mi connettevo ad Internet con la ‘pressione’ dei tempi e della spesa telefonica…

Tuttavia, non posso fare a meno di notare che poi alla fine anche così Internet non mi manca: non voglio fare lo snob, sottolineo: lungi da me dire che Internet non serva, ma almeno nel mio caso, notare come alla fine un buon 80 per cento del tempo trascorso nella Rete si riducesse ad attività derubricabili nella categoria ‘fuffa’, è la constatazione di un dato di fatto.

Sebbene con dimensioni molto più ampie, alla fine Internet segue lo stesso schema di tante rivoluzioni tecnologiche degli ultimi trenta – quarant’anni, ovvero: l’uso aumenta con la disponibilità. Pensate ad altri apparecchi:  è con l’avvento del telecomando, per esempio, che si è cominciata a sentire la necessità dello ‘zapping’, del cambiare canale ogni due per tre; l’arrivo del videoregistratore creò la ‘necessità’ di registrare la qualsiasi e accumulare videocassette; il cellulare ha creato il bisogno di comunicare sempre e comunque… con Internet è stata la stessa cosa: non ci troviamo, insomma, di fronte ad uno strumento che risponde ad una necessità precedente; ci troviamo invece di fronte ad un qualcosa che, per così dire, autogenera il bisogno di essere utilizzato.

Avere Internet a disposizione ventiquattr’ore su ventiquattro, insomma, accresce il bisogno di utilizzarla, ed è chiaro che la maggior parte del suo uso non risponde a reali necessità, ma a fuffa: è più o meno lo stesso principio su cui funzionano i ‘social network’, e se vogliamo anche gli stessi blog: avere a disposizione un qualcosa su cui raccontarsi o raccontare, accresce automaticamente il bisogno di raccontarsi, di dire la propria su tutto, o di aggiornare sempre l’universo mondo su ciò che si sta facendo in un dato momento.

Per certi versi sto parlando della scoperta dell’acqua calda, mi rendo conto, ma sono considerazioni rispetto alle quali un ‘comune’ utente Internet si trova di fronte solo in dati momenti. La soddisfazione, nel mio caso, nasce dall’aver assodato, in questa situazione, la mia capacità di adattamento: rinunciare all’ADSL non ha portato, ad esempio, alla parossistica ricerca di un sostituto immediato, per continuare a stare su Internet come prima; più semplicemente, almeno per il momento, mi sono adeguato a ciò che avevo a disposizione sul momento: non mi è passato nemmeno per l’anticamera del cervello di andare subito alla ricerca di uno smartphone, di un portatile o di una semplice chiavetta Internet per poter continuare a navigare autonomamente; lungi da me rivolgermi ad un altro operatore per ricominciare da capo la trafila.

La mia necessità di utilizzo di Internet si è scontrata con la mia ritrosia ai ‘problemi’: per me la tecnologia deve essere uno strumento che mi dià un’utilità, non che mi crei pensieri e problemi… di mio sono già una persona abbastanza ansiosa, sinceramente la prospettiva di trovarmi di fronte a dei problemi da risolvere pur di navigare su Internet mi repelle, non mi appartiene proprio, la scanso come la peste e mi adeguo a ciò che ho a disposizione… il che non vuol dire che tutto ciò proseguirà in eterno, prima o poi tornerà a farsi sentire la necessità di avere una connessione ‘autonoma’, ma per il momento la repulsione dell’idea di dover affrontare trafile e probabili problemi tecnici (è risaputo che ogni volta che si compra un nuovo apparecchio, prima di poterlo utilizzare c’è sempre un qualche problema da risolvere) è più forte del bisogno di potermi connettere come e quando mi pare, specie considerando tra l’altro che alla fine la stragrande maggioranza del tempo passato su Internet si risolverebbe in attività decisamente futili.

E quindi, niente, si continua così, almeno finché non tornerà la voglia: in fondo ogni tanto, questi momenti fanno pure bene; si torna a rimettere tutto in un’ottica diversa, nel mio caso forse a riportare tutto a dimensioni più congrue.

Provocazione di mezza estate: super eroi o super compensati?

SUPERBURP!

Ultimamente , in un colloquio con una persona che riveste un posto di responsabilità nazionale, il tipo mi disse che quel posto è molto faticoso. Mi sono chiesto cosa glielo facesse fare dal momento che poteva anche scegliere di fare altro. La risposta già la sapevo: meglio fare il responsabile nazionale che essere se stessi. L’immagine che si ha di se stessi cambia se si interpreta un ruolo, ma in fondo è solo una maschera più o meno calzante.

La difficoltà quindi era di essere altro dal fare il responsabile: il padre? Il figlio? il Nonno? Oppure a livello di mestiere, il contadino? Il pasticcere? Certo da alcuni ruoli è difficile scappare. Il figlio ad esempio. Senza fare ironie ahimè, siamo tutti figli di…. Qualcuno. Oppure , il marito o la moglie o il partner. Difficile che non si sia mai interpretato questo ruolo. Qualche tempo fa, durante l’ora di…

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LA PLAYLIST DI LUGLIO (E GIUGNO)

Riviera               Portfolio

Utopia Pt. I – II – III (Baggio)   Veivecura

Romagna mia           Saluti da Saturno

Se i posaceneri potessero parlare  Gasparazzo

La fuga del cervello   Dagomago

Silenzio Parole        Gray

Gigante                I Giorni dell’Assenzio

Minestrone             Cecco e Cipo

Children Of Greece     Oceans On The Moon

Rido                   John Strada

Look after me          Kein

Addio alle armi        Mario Venuti