…cantava Battiato. Bene, non sto: la solita sensazione di volere dei cambiamenti senza avere la forza di portarli avanti fino in fondo, perché questi includerebbero delle rinunce e stare attaccati allo scoglio è sempre la strada più facile, anche se poi magari lo scoglio si sta sgretolando.
A giugno ho girato la boa dei 40, portandomi appresso il solido fardello di insoddisfazioni… se si pensa troppo, del resto, ansia e paranoia trovano le porte spalancate. Mi guardo intorno, mi guardo indietro e cosa trovo? Un presente e un avvenire in cui io c’entro poco: una serie di decisioni sbagliate prese in ambito di studio e professionale, dei fallimenti sentimentali non parliamone proprio.
Mi guardo intorno, e concludo che se trai venti e i quaranta ci si costruisce un avvenire, io non ho costruito proprio un bel niente, a parte pile di fumetti, cd e libri di fronte ai quali spesso mi chiedo cosa contengano; bel modo di usare il tempo.
In questi anni mi sono saputo costruire solo una routine che molti altri riterrebbero allucinante: in pratica da venti-quarantenne ho vissuto una vita da pensionato. Internet non ha aiutato: al netto dei recenti problemi tecnici che mi hanno portato a rinunciare all’ADSL, a monte c’è probabilmente la necessità di darci un taglio: tre ore e passa al giorno passate a bighellonare più o meno senza meta per la rete mi sembrano un enorme spreco di tempo.
Vince la voglia di uscire di casa, fosse anche solo per girare senza meta nelle strade semideserte del quartiere; fosse anche solo per camminare senza meta, è sempre comunque meglio che stare dentro casa, davanti allo schermo di un computer o circondato dalle pile di materiale di cui sopra, che ormai hanno assunto un peso opprimente, quasi anche fisico (letteralmente, lo spazio comincia a mancate); mi accorgo che sto veramente bene solo quando sto fuori di casa, se solo o in compagnia, con una meta (mostre o cinema) o senza, se accennando un po’ di corsa (la fantasia con ‘sto clima, manca) o solo per starmene immobile come una lucertola al sole di Villa Pamphilj.
Mi rendo conto dei troppi legami autoinflitti, della routine disarmante, di troppe abitudini, di troppi eventi fissi: il giro del sabato fino al negozio di fumetti, la partita domenicale a casa di amici… certo non dico di ambire alla vita dell’homeless, ma vorrei, forse, un’esistenza che mi desse ogni giorno l’imprevedibilità dell’incontro casuale, anche sentimentale e – perché no – sessuale; di certo tutto questo non è possibile a priori restando dentro casa a leggere, guardare, ascoltare.
Per cui, in questi giorni, esco; non appena possibile; soprattutto non appena emerge un accenno di noia, anticamera della paranoia… tutto pur di non stare dentro casa e, guardandomi intorno, assistere a quello che finora è stato sostanzialmente un fallimento esistenziale. Esco senza meta, e magari non incontro nessuno; esco per stare in mezzo alla gente, con la speranza che magari un giorno o l’altro un scambio sfuggente di sguardi con una donna faccia schiudere un portone sentimentale che da tanto tempo ho sprangato chiudendo la chiave in un cassetto… fantasie da liceale? Probabilmente: in fondo, non sono mai cresciuto… mi sembra di essermi fermato da qualche parte qualche decennio fa: di certo non mi sento un quarantenne; io non ce li ho quarant’anni, non li voglio avere. Nella mia condizione, avere quarant’anni, fa schifo. Recentemente mi è capitato di fare quegli stupidi test sull’età mentale su Facebook, non varranno niente, ma il fatto che una volta il risultato è stato ’21’ e la successiva ’16’ non mi ha manco meravigliato: sono decisamente fuori dal tempo; sicuramente, fuori dalla mia età anagrafica.
Il mio programma è stare fuori di casa il più possibile, soprattutto stare all’aperto, o in posti possibilmente affollati: ho bisogno di stare in mezzo alla gente, di vedere gente, di uscire; non importa se avere o meno un posto dove andare, o avere qualcosa da fare; ho bisogno di uscire.