Riccardo Ruggeri esordisce da solista dopo una decina di uscite nell’ambito di vari progetti, con un lavoro che vuole essere la ‘summa’ di quindici anni di viaggi, incontri, collaborazioni aggiunti ad anni di studio e ricerca nell’ambito di voce, improvvisazione, etnomusicologia.
Dodici brani all’insegna di un’elettronica fatta di dub, dance, synth e via dicendo, primnra qua e là a prendere derive rock, strizzare l’occhio al funk, aprirsi a paesaggi a western o a suggestioni mediterranee.
Su tutto domina l’interpretazione di Ruggeri, tra la strafottenza di un Morgan, l’ironia di Gaber, sperimentazioni che possono ricordare vagamente Dalla.
Lo affiancano qua e là alcuni compagni di strada, in sede di produzione, talvolta agli strumenti; la vocalist milanese Emma Elle unica ‘voce ospite’, in ‘Pharmakon’.
“Non ci aspetta nessuno” è soprattutto un profluvio di parole, critiche ai media, ricordi più o meno lontani, riflessioni sul mondo della musica ai tempi del web e degli algoritmi..
Un lavoro per certi versi quasi arrogante nel modo di (im)porsi; arrogante, a ragione veduta.
Posts Tagged ‘Dalla’
19 Giu
RICCARDO RUGGERI, “NON CI ASPETTA NESSUNO (SE NON MILIARDI DI FOTO)” (VINA RECORDS / ADA MUSIC ITALY)
13 Mar
ROBERTO RAJMONDI, SISTO, FERRARA&BORGHETTI, GABS, VALENTINA RIZZI, NOCHIA: SINGOLI
Canto Notturno (di un Papua Errante del Pacifico)
ROyAL
‘Salmo Salvato’, lo definisce lo stesso canautore siciliano, classe ’87, il terzo disco di prossima uscita di cui questo pezzo è una prima anticipazione: un bambino in riva al mare che parla all’Oceano che l’ha generato (in una sorta di riproposizione contemporanea del celebre ‘Canto Notturno’ leopardiano), sul quale non volano più uccelli e il cui orizzonte è offuscato da un’isola di rifiuti di plastica.
Viene in mente Dalla e il suo “Così stiamo uccidendo il mare”…
Un cantato sottovoce, quasi sgomento davanti alla catastrofe, un accompagnamento essenziale, in cui si staglia il violino, a dare a tutto un sapore da ‘ballata popolare’ (tutt’altro che allegra, intendiamoci), per un brano che non sembra aprire spiragli davanti a un disastro ormai pressoché compiuto.
Amsterdam
Artist First
L’incontro con ‘lei’ che assume contorni lisergici, fino a rievocare la proverbiale capitale di certe ‘trasgressioni’…
Il secondo singolo di Sisto, alias il marchigiano Giovanni Peretti (lo pseudonimo deriva da Papa Sisto V, stesso cognome e stessa regione dell’artista) è all’insegna di un pop con contorno sintetico e aggiunta di sax, con un vago sapore vintage.
Scusa
YPK Entertainment
Gianluca De Angelis e Alexandros Paride Sangermano, alias Ferrara&Borghetti, messinese il primo, da Cosenza il secondo, già qualche singolo all’attivo, tornano con una classica lettera di scuse all’amata dopo una litigata.
Una ballata pop nel filone di Ultimo e delle giovani leve del pop, chitarra e voce, mirata più sui ‘sentimenti’ che sull’originalità.
Supereroe
Artist First
Secondo singolo per Emanuele Lovisi, alias Gabs.
Non un inno a qualche superessere ma, per contrasto, un pezzo incentrato sulle proprie fragilità, a cominciare da quel dimenticarsi le cose che si teme l’amata scambi per trascuratezza… se non altro, Gabs non ha paura dei ragni.
Il giovane cantautore originario della provincia di Salerno, ma trapiantato a Roma, dove sta seguendo studi musicali, sforna un brano in cui l’urgenza di mettere nero su bianco certe impressioni prevale su tutto il resto.
maggiore riflessione a approfondire un po’ il discorso non avrebbe nuociuto…
Valentina Rizzi feat. Mondo Marcio
Nella mia tempesta
Gotham Dischi
Sì rinnova la collaborazione tra Valentina Rizzi e Mondo Marcio (la cantautrice ha esordito proprio come corista del rapper) per questo brano incentrato sui sentimenti: una ‘lei’ che cerca un amore che le stia vicino anche nei momenti più ‘difficili’, un ‘lui’ pieno di dubbi sulle sue capacità di sostenere il ruolo.
Dominano cadenze rap / hip hop, in un brano forse un po’ scontato.
Molto più convincente era stato ‘Addio’ precedente singolo della cantautrice.
Weekend
Il weekend dovrebbe essere momento di evasione, ma viene reso amaro dal ricordo di una relazione ormai conclusa.
Nuovo singolo per Giuseppe Grillo, alia Nochia, ispirato come al solito al pop a cavolo tra anni ’80 e ’90, tra 883, Raf e la sigla di “Beverly Hills 90210”, con tanto di sax, citata anche nel video.
Apprezzabile nella sua semplicità, nel suo non voler dare altro che un momento di leggerezza, anche con qualche sorriso.
Divertente.
17 Ott
NICOLÒ PICCINNI & GLI INTERNAUTI, “AUTREMENT” (INDIEPENDENCE)
‘Autrement’, ovvero ‘altrimenti’: il secondo disco lavoro del cantautore torinese Nicolò Piccinni, qui accompagnano dai cinque
musicisti degli Internauti è una riflessione sul ‘guardare oltre’, cambiando magari punto di vista rispetto a modi di pensare consolidati nell’affrontare dal quotidiano, dal ‘personale’ all”universale’.
Una riflessione che in molti hanno / abbiamo fatto nel corso dell’ultimo anno e mezzo e passa, costretti, specie nei periodi più duri, a rivedere le proprie abitudini.
Sette i pezzi, durata contenuta (attorno alla mezz’ora): lo scorrere del tempo, i rapporti sentimentali al di là di genere ed etnia, il rapporto con la natura (con una dedica all’orso M49, simbolo appunto di quella natura che l’uomo vorrebbe sempre tenere sotto controllo), la casualità che crea differenze tra gli uomini anche solo per il luogo di nascita, gli amori violenti e le tossicodipendenze i temi affrontati.
Ballate di ispirazione ‘popolare’ (con qualche reminiscenza di Dalla), episodi che ora flirtano col dub, ora puntano decisamente verso il rock, con un esito che, sia per la vocalità, sia per l’attitudine in cui emergono disincanto e un pizzico d’ironia può ricordare a tratti Ivan Graziani.
25 Ott
ANTONIO CARLUCCIO, “LA PAROLA” – SINGOLO
Una densa e dignitosa carriera alle spalle, vissuta in gran parte nelle retrovie, come corista, tra gli altri per Giorgia (a Sanremo, nel 2001) e Renato Zero, fino a recitare nella ‘Tosca’ di Dalla, Antonio Carluccio giunge al traguardo del primo lavoro solista (uno dei brani del quale, ‘Creature’ è stato scelto da Fiorella Mannoia per una reinterpretazione a due nel suo ultimo lavoro, nella volontà di promuovere artisti meno conosciuti al ‘grande pubblico’), introdotto da questo omonimo singolo.
Brano dedicato al potere immaginifico e talvolta salvifico della ‘Parola’, che alla fine resta però la principale forma di comunicazione umana, anche quando non parlata: da qui la scelta di accompagnarsi nel video da un trio di attrici che interpretano la la canzone nel linguaggio dei segni.
Impianto all’insegna di un cantautorato abbastanza ‘consueto’ per i tempi attuali: affinità con la scena romana, Zampaglione e Fabi in particolare.
3 Mar
LAROCCA, “VENTIZEROTRE” (A PLACE TO BE / LIBELLULA MUSIC)
È un esordio che impressiona, quello del pugliese Larocca: per parole, suoni, voce.
Lavoro che ondeggia tra la riflessione sul sé e lo sguardo verso il mondo: tra amori finiti e ricordi d’infanzia, il sesso ai tempi di Internet e dei ‘social’ e la critica al conformismo, la necessità di vivere la vita come viene e di seguire le proprie aspirazioni, il racconto di una violenza tra le mura domestiche e le sue conseguenze.
Disco in questo simile a tanti altri; a fare la differenza è la forza della voce e della personalità, che ricorda molta tradizione cantautorale italiana senza ricondurre direttamente a nulla: personalmente, mi ha ricordato il Dalla più sentimentale da un lato e dall’altro Gaber, per una certa ricorrente vena declamatoria, percorrendo episodicamente sentieri più rock.
La scelta sonora è all’insegna di una ‘patina di antico’: fisarmonica e hammond, echi e suoni d’ambiente, tra canzone e popolare echi del progressive di casa nostra, suggestioni ‘floydiane’.
Una coscienza di un passato e di un’eredità che si estende anche al puro dato biografico: l’incipit e la chiusura affidati a una voce che viene da lontano, quella della nonna del cantautore.
“Ventizerotre” è un disco ‘pieno’, di suoni e parole, di quelli capaci di sopravvivere anche dopo una manciata di ascolti, di lasciare un’eco, una scia.
26 Apr
VALLONE, “MULTIVERSI” (MUSITA / AUDIOGLOBE)
Vallone è Raf: attore, calciatore, partigiano e giornalista (non necessariamente in quest’ordine), tante vite vissute in un’unica esistenza, un personaggio quasi ‘mitologico’, un po’ dimenticato, probabilmente. ‘Vallone’ è Paolo Farina, che si imbarca in questo nuovo progetto dopo aver attraversato, nelle retrovie, quarant’anni di storia della canzone italiana, dalla ‘controcultura’ degli anni ’70, al ‘mondo 2.0’ dei tempi attuali.
“Multiversi” appare in effetti quasi un disco ‘fuori tempo’: per certi versi, il lavoro di un ‘sopravvissuto’, magari lo stesso protagonista della sfortunata missione narrata in “Polo Nord”, uno dei dieci brani che compongono il disco… Non che il termine ‘sopravvissuto’ debba per forza assumere una connotazione negativa: si potrebbe anche parlare del disco di un ‘resistente’, che nonostante il passare del tempo resta fedele a certi ‘stilemi’ di un passato più o meno recente: “Multiversi” è un disco che appare connotato di un sapore decisamente retrò, radicato nel cantautorato italiano a cavallo trai ’70 e gli ’80, in cui si mescolano inni al superamento delle barriere (Le montagne sono alte) o dei pregiudizi (Oltre) quasi da età dei ‘figli dei fiori’, ritratti femminili (Camilla cita John Fante), brani in cui si fanno i conti con sconfitte generazionali od aspirazioni frustrate, o semplicemente si ‘tirano le somme’ del percorso compiuto fin qui; rivelando, in controluce, tracce del Celentano più impegnato, del Dalla più autoriale, dell’amore per il blues di Pino Daniele, di certa canzone d’autore italiana che negli anni ’80 rimase forse un po’ sottotraccia schiacciata dall’età ‘del disimpegno’ (vedi alla voce Alberto Fortis), con qualche spora dell’ironia di un Sergio Caputo.
Un disco per molti versi malinconico, spesso amaro, ma che per contrasto sceglie la strada dei suoni caldi di una chitarra (strumento dominante, affiancato da una sezione ritmica composta e da qualche arrangiamento d’archi con compito ‘di sostegno’); che giostra tra rock e blues, con momenti più orientati al folk (omaggiando Bob Dylan) e parentesi ai confini del reggae, ad accompagnare un cantato che si potrebbe definire ‘garbato’, che anche negli episodi più malinconici non cede mai alla tentazioni ’melodrammatiche’ tipiche di certi cantautori dell’ultima generazione; un contrasto che alla fine è il maggior pregio di un disco che guarda al passato senza essere ‘passatista’.
30 Ott
ILA ROSSO, “SECONDO ME I BUONI”(INRI)
Secondo disco sulla lunga distanza per Ilario ‘Ila’ Rosso; torinese, classe ’76, Rosso aveva già attirato le attenzioni della critica col suo precedente lavoro, “Bellapresenza”, prodotto da Cristiano Lo Mele e Gigi Giancursi dei Perturbazione, che Rosso ha accompagnato in varie date del tour 2012, avendo così modo di farsi conoscere anche dal pubblico.
“Secondo me i buoni” si inserisce in quel filone del cantautorato italiano ‘serio-ma-non-troppo’, pronto a riflettere sulle storture del mondo che ci circonda, ma sempre con un accenno di sorriso, a volte sarcastico, a volte semplicemente amaro.
Dodici brani che guardano alla nobile tradizione, citando di sfuggita De André o Dalla, ma anche a tempi più recenti: il gusto per il cambio di marcia e d’atmosfera, il costante attraversamento dei generi non può che ricondurre a Capossela, con tutti i debiti distinguo e sottolineando come Rosso non sia un semplice imitatore, ma cerchi comunque di dare un’impronta stilistica sufficientemente autonoma alle proprie composizioni.
Ballate folk, marce funebri in stile New Orleans, pezzi per piano e voce, pop ‘di classe’, qualche accenno rock sono i territori che Rosso attraversa nello scorrere del disco, dietro al microfono ed imbracciando la chitarra, mentre un manipolo di compagni di strada contribuisce ad ogni tappa con archi e fiati.
Vite instabili, indecise o semplicemente incompiute, vissute all’insegna di sogni più o meno irrealizzabili; esistenze ai margini, in cui il mondo viene filtrato dal vetro di una bottiglia o dalle sbarre di un carcere; una società sbandata, in cui l’azzurro del cielo è stato sostituito da quello di una maglia da calcio, dove domina l’ansia della competizione…a salvarsi, forse, sono giusto i puri di cuore o, in conclusione, i morti… e il cantante si mette in gioco in prima persona, riflettendo sulla totale mancanza di sicurezza insita nella scelta della professione, affidando i propri destini ad una ‘Canzone cafona’ probabilmente destinata ad avere più successo di qualsiasi brano ‘impegnato’.
Ila Rosso propone temi non nuovi in una veste forse non originalissima, ma comunque discretamente personale; lo fa il più delle volte col sorriso sulle labbra e con modi talvolta apertamente ludici e questo lo rende più gradevole di molti colleghi di ‘ultima generazione’ che sembrano raggiungere il successo solo imbracciando la chitarra e attaccando a lamentarsi…
Chi vuole, può ascoltare il disco qui.