Archive for settembre 2014

OMOSUMO, “SURFIN’ GAZA” (MALINTENTI DISCHI /EDEL)

Palestinesi ed ebrei che surfano sul mare di Gaza: un’idea meravigliosa, bizzarra, incosciente e che proprio per questo riesce a prendere forma, grazie ad un manipolo di irriducibili, guidati dagli americani Dorian ‘Doc’ Paskowitz (un mito nel mondo del surf) e Matthew Olsen, con la sua organizzazione Explorea Corps. L’esperimento funziona e ha successo, almeno fino a luglio scorso, quando il Gaza Surf Club viene bombardato; nel frattempo, il regista Alexander Klein ha avuto modo di raccontare la storia nel documentario God Went Surfing with the Devil… e proprio la pellicola di Klein finisce per essere l’ispirazione per il primo lavoro sulla lunga distanza degli Omosumo, trio siciliano fino ad ora autore di due Ep.

Angelo Sicurella, Antonio Di Martino e Roberto Cammarata (che qualcuno forse ricorderà nei Waines, che qualche anno fa fecero gridare più di qualcuno al ‘miracolo’), assemblano un lavoro che, saldamente ancorato su beat e tappeti elettronici, parte alla ricerca di vari e diversi lidi.

Suggestioni ai confini del dancefloor( ‘Yuk’, ‘Ahimana’) parentesi quasi indie pop (‘Walking on stars’, ‘Nancy’), dilatazioni che flirtano con l’ambient (‘Nowhere’) ritmiche minimaliste un filo ossessive, momenti di quiete ed episodi più votati al dinamismo; nove pezzi, una mezz’ora circa la durata complessiva, per un lavoro che, nonostante il predominio di sonorità sintetiche ed elettroniche, non si nega una buona dose di strumenti ‘suonati’ e qualche intervento ‘fuori contesto’, (come l’uso dei fiati in ‘Dovunque Altrove’). Non manca la componente vocale – talvolta con interventi femminili – a interpretare testi (in italiano e inglese) che tendono a fondersi con la componente sonora, spesso quasi come echi lontani.

Preceduto / accompagnato dai videoclip di ‘Nowhere’ e ‘Nancy’, “Surfing Gaza” è un lavoro che riesce a destare un certo interesse: pur non facendo dell’originalità la sua miglior dote, riesce comunque a dare una lettura piacevole discretamente personale dei propri riferimenti.

 

 

 

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ASTROCITY – PORTE APERTE

IO E LA TIGRE, “IO E LA TIGRE” (AUTOPRODOTTO)

Io è Aurora Ricci; La Tigre, Barbara Suzzi. Le due si incontrano un decennio fa e danno vita alla breve e poco felice esperienza de Lemeleagre, che spinge Io a prendere altre strade, abbandonando la musica… ma alla fine se la musica ce l’hai dentro, per quanto tu cerchi di tenerla fuori, finisce sempre per trovare qualche spiraglio dove passare… così Io torna alla musica e a quel punto appare quasi scontato che finisca per tornare ad incrociare le sue strade con La Tigre.

Dopo dieci anni e passa, di silenzio, rieccole qui, a trovare un’alchimia che forse all’epoca del loro primo incontro era ancora troppo precaria, mentre oggi, eccola qui, completa.

Ascolti i sei pezzi (trai quali una cover di ‘Cuore’ di Rita Pavone) che compongono questo EP e trovi, trai suoni aspri e a tratti virulenti e la sofferenza delle parole, un’intensità particolare… forse è solo la suggestione derivante dall’aver letto la loro storia, ma si ha l’impressione che questi brani mostrino un’urgenza particolare, quella di guadagnare il tempo perduto, di dare vita in una volta sola a tutto quello che sarebbe potuto essere e non è stato.

Fosse uscito qualche anno fa, questo lavoro avrebbe mandato Io E La Tigre dritte nella categoria delle ‘riot girl’; ma le etichette durano poco, e alla fine ciò che resta è la ‘ciccia’, o meglio la musica, in questo caso, e Ricci – Suzzi sprigionano una ventina di minuti di sonorità a cavallo tra noise, punk e indie-rock, con qualche accenno pop qua e là, che non guasta; le chitarre lancinanti di Io, che interpreta i testi (all’insegna del vissuto, tra amore ed altre relazioni) con una vocalità a cavallo tra rabbia e sofferenza, senza sconti quanto ad intensità, si accompagnano alla batteria pestata con modi da cavernicola da parte de La Tigre, per un disco all’insegna dell’essenzialità, se si eccettua l’episodico intervento di qualche arco o di una chitarra spagnola.

Curiosamente, ho ritrovato una mia vecchia recensione proprio del lavoro de Lemeleagre: il giudizio fu ben poco lusinghiero, devo ammettere e tutto sommato fa veramente piacere, a dieci anni distanza, ritrovare le stesse protagoniste in una nuova veste, ed esserne invece colpito in modo così positivo.

La speranza è che stavolta per Io E La Tigre sia l’inizio di un più lungo e soddisfacente percorso.

Per chi vuole, il disco è ascoltabile qui:

https://ioelatigre.bandcamp.com/album/io-e-la-tigre-ep

ES, “SOTTILE E’ IL CUORE ENTUSIASTA – DAI TREMITI ALLE STELLE” (DISCHI SOVIET / LIBELLULA MUSIC)

Nel 2001 i trevigiani ES, allora attivi già da qualche anno davano vita all’etichetta Fosbury, frutto di una cooperazione con altre band: Valentina Dorme, Virna, Party Keller.

Oggi, dopo quasi quindici anni di attività, la Fosbury Records chiude i battenti e gli ES la salutano a modo loro, facendo uscire, in concomitanza con la festa di addio dell’etichetta, questi due EP, uniti dal fil rouge della tematica amorosa, terra finora abbastanza inesplorata per il quintetto veneto.

Gli ES si dedicano all’esplorazione del sentimento amoroso naturalmente a modo loro: e se non mancano episodi dedicati a riflessioni ‘canoniche’ su storie finite, o interrogativi su quale strada prenderanno i rapporti in corso, tra tradimenti e gelosie, il gruppo sembra più interessato ad addentrarsi verso i confini per certi versi più inquietanti od oscuri del tema: dallo scambio di coppie alle pratiche estreme, passando per i rapporti virtuali delle videochat.

La band dà ai sei pezzi una consistenza sonora tipicamente ‘indie’, all’insegna di un pop che di volta si colora di certe ruvidità tipicamente nineties, sul quale spesso aleggia qualche ombra dei crepuscolari ’80, synth e fisarmonica arricchiscono il canonico insieme strumentale di chitarra, basso e batteria, ad accompagnare la vocalità principale di Ales, dai tratti vagamente disincantati, in più di un episodio affiancata da quella di Tina, in duetti riusciti.

Nel lotto spiccano ‘Amori Censurati’, impreziosita dalla ariosità degli archi, e la trascinante “Videochat’.

I due Ep possono essere ascoltati qui:

Sottile è il cuore entusiasta

Dai tremiti alle stelle

 

PUNKILLONIS, “ECLISSI” (PICK UP RECORDS / LIBELLULA DISCHI)

A cinque anni di distanza dal precedente “Eurasia”, esce il terzo disco dei cagliaritani Punkillonis, prosecuzione di una biografia musicale partita nel 2000… “Eclissi”: un’immagine sempre suggestiva, che si presta naturalmente ad essere una metafora dei tempi attuali, dei quali non c’è granché per cui essere soddisfatti… almeno, c’è da pensare che l’eclissi prima o poi finirà, aprendo la strada a tempi migliori. La situazione, al momento, non è rosea, e il problema di fondo sembra essere una perdita d’identità: o almeno, è questo il filo conduttore che ricorre nel corso delle sedici tracce assemblate dal quartetto sardo, rinnovatosi per metà rispetto al precedente lavoro.

Le certezze vengono meno: ‘Non è vero’ è un elenco di verità presunte, supposte o consolidate, gli individui spogliati di ogni convinzione, pronti magari a riceverne di nuove, anche se alla fine ‘Ci prendon per il culo’… si perde così la propria identità e se ne cercano di nuove a cui aggrapparsi, magari attraverso il proprio essere ‘occidentali’, o rifugiandosi nella sicurezza dell’opinione dominante, affidandosi ad effimere mode musicali o, al disordinato ‘Overflow’ di idee e tecnologie, anch’esse destinate ad evaporare, buone solo per riempire esistenze altrimenti vuote, in quello che alla fine è solo un ‘Vecchio stil novo’ destinato a ripetersi nelle sue modalità, cambiando solo l’oggetto accentratore del proprio quotidiano.

Oppure si cerca la strada dell’identificazione politica, nella difesa ormai delle ideologie delle ‘Falci e martelle’ ormai defunte.. o all’opposto, si sceglie una ‘non identità’, andando ‘Dove gira il vento’, in quella che sembra una riedizione 2.0 del gaberiano ‘Qualunquista’. Lungo questo percorso, la formazione cagliaritana si prende lo spazio per alcune derive: siano esse sentimentali (alla fine il ‘cuore’ appare essere sempre un’ancora di salvezza), denunce al nucleare, o in maniera sarcastica, un provocatorio inno alla droga…

Un disco sarcastico, amaro, a tratti quasi dolente, pur nella sua inesausta foga strumentale: Punkillonis dovrebbe già suggerire molto dei suoni con cui la band cagliaritana ha scelto di esprimersi: c’è il punk, certo, quello ‘storico’ e quello filtrato dalla ‘scuola italiana’ (leggi CCCP); c’è il gusto per un cantato che a volte si fa quasi spoken word (strada recentemente percorsa dagli Offlaga Disco Pax o dal Teatro degli Orrori), c’è la volontà di non fossilizzarsi, deviando dal tracciato con escursioni più orientate all’indie od a terreni post-hardcore. Un lavoro che soddisfa, nei suoni e – soprattutto – nelle parole. Per chi vuole, il disco è ascoltabile qui.

LITIO, “CON LA SEMPLICITA'” (LIBELLULA DISCHI / AUDIOGLOBE)

Dieci anni di carriera o giù di lì: i primi passi mossi nella sala prove di un oratorio nella provincia cuneese, vari cambi di formazione l’esordio discografico targato 2011, la gavetta dal vivo suonando, in supporto a Zen Circus e Perturbazione tra gli altri: questa in breve la biografia musicale dei Litio (qui il link su Soundcloud) ,al secondo lavoro sulla lunga distanza.

Nove brani sospesi tra un catalogo variegato di influenze: le ascendenze blues e il pop degli anni ’60, profumi giamaicani e ruvidità punk, chitarre ruvide e ‘fischianti’ con un profilo volutamente basso, dissonanze a profusione nel segno di una certa ‘trasandatezza’ sonora che non lascia alcuno spazio all’autocompiacimento mettendo l’immediatezza davanti a tutto.

Il quintetto cuneese dà forma sonora ai testi firmati dal cantante e chitarrista Stefano Seghesio, all’insegna di un’osservazione della realtà volta al disincanto, spesso un filo ironico, talvolta con un filo di rabbia o malinconia in più: la sensazione ricorrente è quella dell’indecisione e della precarietà, di un tempo che fugge e che se talvolta è utilizzato per occupazioni dalle scarse prospettive, in altri frangenti finisce per dover essere riempito, magari, in mancanza d’altro, con improbabili iscrizioni all’università… parabole esistenziali che potrebbero essere incluse trai ’16 anni’ spensierati e sognanti dell’apertura e i ritratti di disillusione e, in fondo, solitudine di ‘Sergio’, quasi in finale del lavoro.

Un disco che scorre via agile, grazie alla sua breve durata, a tratti con accenti naif e che in qualche frangente rivela l’aspirazione della band a percorrere qualche strada diversa, come nella lunga coda strumentale di ‘Non capisco’, non a caso il brano più lungo del lavoro, dove il gruppo si concede un’escursione dai due-tre minuti di durata d’ordinanza.

“Con la semplicità” si lascia apprezzare proprio per la sua mancanza di ‘complicazioni’: immediato e diretto.