Archive for the ‘punti di vista’ Category

RESPONSABILITA’

La storia, si dice, va studiata per evitare che certe situazioni si ripetano… la tragedia di questi giorni ci dice che il concetto vale non solo per i grandi avvenimenti politici e sociali, ma anche quelli catastrofici. Ogni volta che in Italia c’è un terremoto, si ripetono più o meno le stesse cose… poi però il fatto che a cadenza più o meno decennale le tragedie si ripetano fa pensare che ci sia qualcosa che impedisca al ‘circuito’ di chiudersi, facendo si che sistematicamente la storia si ripeta.

Questo qualcosa secondo me è la responsabilità personale: nessuno lo dice mai, ma il problema di fondo dei terremoti – e anche del dissesto idrogeologico, la seconda grande causa di catastrofi in Italia – è che nessuno può permettersi il lusso di pensare che certe cose possano capitare solo agli altri.

Il fatto è che in Italia, quando qualcuno si costruisce o compra casa, raramente si informa delle problematiche del territorio, si va a leggere se nella zona ci sono problemi particolari,  o chiede delucidazioni su come sono stati costruiti gli edifici: si guarda alla posizione della casa, alla disposizione delle camere, alla vista… non ci si fa le prime domande che, in un territorio flagellato da terremoti o torrenti che esondano, ognuno dovrebbe porre prima di ogni altra.

Certo, è un problema di educazione: mi chiedo in quante aule scolastiche, dalle primarie alle superiori, si parli di questi problemi… non credo che questo tipo di temi rientri nei programmi scolastici… però, manca questo, come manca tanto altro: insomma chiediamoci perché ad esempio, tutti sanno ‘che l’inglese scolastico non serve a niente’ e allora mandano i figli all’estero o a corsi specializzati,  e tutti sanno allo stesso modo che a scuola non si parla di terremoti  e di dissesto idrogeologico, ma nessuno fa dei corsi.

Il fatto è che, se a fronte della mancanza di educazione e quindi di sensibilità, ci fossero istituzioni ‘illuminate’ che provvedessero dall’alto, allora il problema sarebbe risolto; ma le ‘istituzioni’ volenti o nolenti sono espressioni della popolazione  e quindi qui siamo di fronte a un circolo vizioso: chi governa si preoccupa di un tema solo quando questo diventa ‘sensibile’ nelle opinioni dell’elettorato e quindi ad esso si collegano voti e risultati delle elezioni.

Tutto alla fine risiede nella responsabilità personale dei singoli individui: nell’ultima occasione abbiamo visto esempi – pochi – di gente la cui casa in mezzo al disastro è rimasta perfettamente in piedi, senza alcun problema o con danni trascurabili: perché? Perché in quel caso il singolo ci ha pensato: sapeva che la zona è sismica e ha provveduto. A Norcia abbiamo avuto l’esempio di governanti illuminati che dopo un terremoto hanno provveduto, e infatti Norcia sta lì, con pochi o nessun danno.

La ‘Storia’ richiama ognuno di noi alla responsabilità della cura e della sicurezza dei propri beni: bisogna chiedere e informarsi, andare dall’amministratore di condominio e chiedere chiarimenti, usare le assemblee non per le solite gazzarre, ma per prendere almeno in considerazione le questioni… quando si compra casa, informarsi; quando si decide di costruirsela, capire quale sia la storia della zona e nel caso rinunciare a qualche finitura per un po’ di sicurezza in più.

Se la sensibilità e l’interesse dei singoli per questo tipo di problemi si diffonderà, di conseguenza anche chi governa prenderà provvedimenti; ma il punto è che tutto fatalmente deve partire dal basso… altrimenti, ho l’impressione che tra una decina di anni saremo di nuovo qui, a piangere dei morti, a incavolarci per le costruzioni di carta velina e a recriminare sul fatto che in una nazione ad alto rischio sismico ed idrogeologico, a scuola non si effettua mai nemmeno un’esercitazione antisismica.

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RIO 2016: QUELLO CHE RESTA

L’irruenza giovanile di Fabio Basile – judo.
Il sorriso timido, quasi disarmante, di Niccolò Campriani, e il suo quasi scusarsi con l’avversario dopo la vittoria del secondo oro – tiro a segno.
L’abbraccio tra Diana Bacosi e Chiara Cainero, protagoniste di una finale tutta italiana – tiro a volo.
La concentrazione, la forza ‘calma’, l’intensità agonistica interiore dei ragazzi e delle ragazze del tiro con l’arco.
Le lacrime incredule di Gabriele Rossetti – tiro a volo – e liberatorie dii Elia Viviani – vincitore di un oro nel ciclismo su pista per una Nazione priva o quasi di velodromi dove allenarsi e gareggiare.
I sorrisi di Tania Cagnotto e Francesca Dallapè, dopo le medaglie tanto attese e finalmente arrivate, all’ultima gara.
Le lacrime trattenute di Federica Pellegrini, che vabbè, tanto simpatica non sarà, ma è pure lei una che si è fatta i suoi bravi sedici anni e passa di fatica e in fondo parlare di lei come se la medaglia fosse un ‘obbligo’ è stato anche ingeneroso.
La delusione di Vanessa Ferrari, la migliore ginnasta italiana della storia, per una medaglia sfuggita all’all’ultimo ‘atterraggio’ sulla pedana;
delle ragazze della ritmica, per un terzo posto sfuggito per 0,20 punti;
del pentathleta Riccardo De Luca, autore di una fantastica rimonta, finita sul più bello;
di Frank Chamizo, lotta libera, per un terzo posto che voleva essere qualcosa di più;
dei ragazzi della pallavolo, per un sogno dal quale sono stati svegliati fin troppo bruscamente;
della marciatrice Eleonora Anna Giorgi, che si è vista bloccare una gara per squalifica, il modo più crudele per chi pratica questa disciplina;
di Flavia Tartaglini, prima a una regata dalla fine e poi non arrivata nemmeno sul podio;                      I sorrisi amari del Settebello e del Setterosa, perchè contro quei ‘mostri’, al momento proprio di più non si poteva fare;
quelli di Rossella Fiamingo e Elisa di Francisca, per ciò che stava per essere e non è stato.
La dedica della nuotatrice di fondo Rachele Bruni, capace in due frasi di mostrare come si possa vivere con assoluta naturalezza un amore che in altri contesti diventerebbe un campo di battaglia tra fazioni.
Le testimonianze di quelli, per tutti cito Jeanine Cicognini – badminton, la cui partecipazione si è purtroppo ridotta solo a una comparsata, ma che avrebbero voluto sicuramente ottenere di più.
I saluti finali di Usain Bolt e Michael Phelps: la fine di due ‘regni’ nella storia delle Olimpiadi: ora si aprono due pagine completamente nuove;
l’inizio, invece, della ‘monarchia’ della stupefacente Simone Biles nella ginnastica.
Le inguardabili divise dell’Italia, all’insegna di blu scurissimo (o nero) che non c’entra nulla con lo storico azzurro, e con un ‘7’ dominante, a richiamare lo sponsor, che faceva pensare che la nostra fosse la rappresentativa dell”Armania’ e non dell’Italia: una scelta demenziale, per la quale naturalmente non pagherà nessuno.

Tutto il resto: gioie per medaglie vinte, rosicamenti per quelle mancate, o per quelle arrivate, ma che sarebbero potute essere più pesanti.
Abbiamo assistito ad atlete che durante una gara si fermano per sostenere un’avversaria in difficoltà e a proposte di matrimonio ai piedi del podio.

L’Italia conclude le Olimpiadi con lo stesso risultato di Londra 2012, sia per numero complessivo di medaglie che di ori; la prevalenza degli argenti rispetto ai bronzi segna un lievissimo miglioramento; la posizione nel medagliere, sia per ‘valore’ che per ‘numero di medaglie’ è analoga a quella del 2012.
Il classico risultato su cui si potrebbe discutere a lungo: per me però l’obbiettivo deve essere quello di migliorarsi sempre e l’Italia è rimasta sostanzialmente ferma.

Restiamo lontani dai nostri ‘avversari storici’: la Francia porta a casa 42 medaglie, la Germania 43; il Giappone, che per molti versi è simile a noi (una nazione demograficamente ‘vecchia’, con seri problemi economici, soprattutto di debito pubblico), vince 41 medaglie. La ‘piccola’ Nuova Zelanda (poco più di cinque milioni di abitanti), si porta a casa 18 medaglie; il Canada (fino a poco tempo fa una Nazione da ‘Olimpiadi Invernali’ o poco più) ne vince 22…

I problemi del sistema sportivo italiano sono sempre gli stessi: la sostanziale mancanza di ‘cultura sportiva’: il quotidiano più venduto parla di sport, ma alla fine le prime pagine sono dedicate quasi esclusivamente al calcio e ai motori (sulla cui reale ‘natura sportiva’ ci sarebbe molto da ridire).
Le tanto celebrate superstar italiane dell’NBA alle Olimpiadi manco ci sono arrivate (come del resto i ragazzini viziati del pallone); non si capisce nemmeno perché la pallacanestro qui sia considerata solo ‘roba da maschi’ e le ragazze non riescano mai a qualificarsi: ma che cosa abbiamo noi, meno della Spagna, per dire?

Abbiamo delle ‘eccellenze’, certo, sulle quali bisogna investire per diventare ancora più forti: la scherma, le discipline di ‘tiro’, la pallanuoto, la canoa e il canottaggio che stanno mostrando segni di ‘ripresa’, ma ci sono dei ‘casi’ disarmanti: ma qualcuno ha capito perché qui per dirne due, la pallamano e l’hockey su prato vengono del tutto ignorati, mentre in Francia e Germania, hanno una ben maggiore considerazione?

I ‘talenti’ vengono scoperti sempre o quasi per caso: quanti campioni si sono persi a causa di genitori patiti del ‘pallone’ che li hanno mandati a scuola calcio, fallendo, anzichè provare a fargli fare altro?
Una diffusa visione dello sport come ‘modo per fare soldi’, per cui genitori danno un pallone ai figli nella speranza che diventino i nuovi Totti, o peggio li mettono in sella a una minimoto, pensando che siano i nuovi Valentino Rossi.
Un ruolo poco incisivo, quando non totalmente latitante, della scuola, che dovrebbe individuare la ‘propensione sportiva’ dei ragazzini, ma che nei fatti va poco oltre piazzare una rete in mezzo alle palestre.
La cura delle attitudini sportive dei ragazzini lasciata a famiglie che non hanno alcun sostegno nelle scelte, a parte quello di qualche medico di famiglia illuminato che consiglia l’una o l’altra attività.
Un ‘sistema’ ancora basato sul modello, sempre più sorpassato, dei gruppi sportivi militari; gli scarsi investimenti dei privati.
La mancanza di strutture: certo, siamo pieni di piscine o palestre private, per carità, ma poi le palestre scolastiche e liceali hanno la proverbiale ‘rete da pallavolo’, o poco più; i parchi pubblici sono poco o nulla attrezzati, le piste ciclabili fanno a zig zag nel traffico, mancano gli impianti sportivi ‘specializzati’: che il nostro sport abbia ‘prodotto’ Cagnotto, Dallapè o Elia Viviani, vista la mancanza di strutture adeguate, ha del miracoloso.

Certo, uno potrebbe dire: ammazza, con tutti ‘sti problemi restiamo tra le dieci nazioni con più medaglie al mondo… a me piace pensare: chissà dove saremmo se in Italia avessimo una reale e diffusa ‘cultura sportiva’, con tutto ciò che da questa deriverebbe.

GLI ITALIANI SE NE FREGANO

La speranza è l’ultima a morire, ma alla fine non c’è da stupirsi se il referendum sia fallito.
Se il quorum non viene raggiunto, significa una cosa sola: che il tema del referendum a quasi il 70 per cento degli elettori interessava poco o nulla.
Non è solo la questione della ‘tecnicità’ del referendum, né degli inviti al non voto; il problema di fondo è che la maggior parte degli italiani è più o meno totalmente priva di una coscienza ambientale.
A parte il fatto che non si vede perché un elettore debba rinunciare ad andare a votare perché un referendum è ‘troppo complicato e tecnico e queste cose deve deciderle il Parlamento’: poteva essere vero una volta; oggi, con Internet, era possibile informarsi, capire le ragioni del ‘Si’ e del ‘No’ e farsi un’opinione; uno potrebbe anche pensare che i cittadini si siano comunque informati, decidendo di abbracciare le ragioni del ‘non voto’; possibile, ma secondo me improbabile, se si pensa al livello di consapevolezza e coscienza ambientale dell’italiano ‘medio’.
Diciamocela tutta: molti italiani, specie i più anziani – e l’Italia è una Nazione di vecchi – hanno grosse difficoltà a raccogliere la cacca del loro cane; fanno la raccolta differenziata di malavoglia, spesso e volentieri solo se non c’è altra strada e quando possibile non la fanno proprio; se trovano un cassonetto pieno, buttano la spazzatura lì dove capita; se trovano un volantino sul parabrezza dell’auto, lo accartocciano e lo buttano per terra; abbandonano sui marciapiedi materassi, frigoriferi, mobilio assortito.
Allora ‘perché meravigliarsi?’ diventa una domanda scontata dalla risposta ancora più banale, rispetto al fallimento di un referendum che, considerando il livello di alfabetizzazione ambientale della maggior parte degli italiani, era obbiettivamente complicato.
Il tema non interessa, né appassiona: la campagna referendaria è servita forse ad accrescere la consapevolezza che al largo delle coste dell’Adriatico sorge una serie di potenziali ‘bombe ecologiche’: che finora non sia successo nulla è affermazione veritiera, ma che non elimina i rischi, anzi: l’esperienza e la statistica ci dicono che ovunque sono sorte piattaforme di trivellazione, prima o poi qualcosa di grave è successo: non è questione di sé, ma di quando…
Poi vabbé, ognuno ha detto la sua: ho sentito parlare di inutilità del referendum, del fatto che ‘a prescindere’, quelle piattaforme sarebbero comunque restate attive per trent’anni e passa… Aggiungiamoci pure che, anche se avesse vinto il ‘Si’, prima o poi qualcuno avrebbe surrettiziamente cercato di inficiare il risultato con leggi ad hoc, come è sempre successo in Italia ogni volta che i referendum hanno dato risultati indesiderati, come sta succedendo per la privatizzazione dei servizi idrici, tra l’altro.

Il referendum quindi forse non era nemmeno importante in sé e per il risultato che avrebbe offerto: il referendum invece ha offerto un ottimo quadro della coscienza ambientale degli italiani, e il risultato è ineccepibile: alla maggioranza degli italiani dell’ambiente non gliene frega nulla; viene da pensare di cosa gli freghi: sostanzialmente, del portafoglio: anche il referendum sull’acqua è stato ‘vinto’, non per la questione ‘di principio’ dell’acqua pubblica: è stato vinto perché la maggioranza degli italiani ha avuto paura che con il via libera dato ai privati la bolletta dell’acqua esplodesse; per il resto, la maggioranza degli italiani dell’acqua se ne frega: si spreca acqua a tonnellate, dalle abitazioni private ai campi; la rete idrica è un colabrodo ma alla fine a nessuno importa più di tanto.

Alla maggioranza degli italiani informarsi sull’ambiente non gli interessa: gli frega tantissimo di squadre di calcio, tablet, smartphone, talent show, parabole, gossip, ma non dell’ambiente. Le città sono fatte a misura di automobilista, non certo di pedone, ciclista o utente dei mezzi pubblici. La maggioranza degli italiani butta il cervello all’ammasso senza farsi mai domande su nulla; anche quando si deve votare, cerca sempre l’uomo forte che pensi al posto loro, che gli eviti la fatica di usare il contenuto della scatola cranica per attività più complicate che non seguire le ricette dei cuochi in televisione.

Quindi alla fine, la speranza c’era, ma la realtà non stupisce: l’augurio è che prima o poi davvero una delle bombe ecologiche che sorgono nell’Adriatico esploda, ma forse nemmeno quello servirebbe: dopo tutto, gli italiani vanno sull’Adriatico per andare in discoteca, non certo per il mare: per quello, alla fine, c’è Sharm…

In conclusione, credo che l’unico modo per tenere in vita l’istituto referendario in Italia, sia l’eliminazione del quorum: ovviamente, anche il ‘non voto’ rappresenta una scelta, che tuttavia credo tradisca nella maggior parte dei casi un sostanziale poco coinvolgimento nei temi trattati; allora, credo che anche la maggior parte degli astenuti sarebbe d’accordo sul fatto che su certi temi possano e debbano decidere coloro che sono informati, a prescindere dal loro numero; anzi, forse il fatto che certe questioni possano essere decise da una qualsiasi minoranza di persone, finirebbe per spingere i poco interessati a informarsi, farsi un’opinione ed esprimerla.

CLINTON, SANDERS E GLI ALTRI

E’ cominciata la ‘grande corsa’ delle Primarie americane: piccole e grandi sorprese, come in fondo molto spesso succede quando dopo tante chiacchiere si passa al voto, e viene da notare come quasi ovunque poi il ‘popolo’ faccia di testa sua e smentisca spesso e volentieri le analisi dei cosiddetti ‘esperti’… quello del ‘politologo’ per inciso è uno di quegli ‘strani mestieri’ che in fondo si riducono all’espressione di opinioni personali, spesso nemmeno tanto circostanziate, da parte di presunti o sedicenti esperti che poi nell’80 per cento dei casi risultato attendibili quanto un qualsiasi sito di consigli sulle scommesse calcistiche. Chiuso l’inciso.

Le elezioni americane saranno sempre più tema dominante nei prossimi mesi, prima con le primarie, poi col confronto trai candidati designati e poi col voto… non entro in disamine; mi limito a osservare come al momento (e siamo solo all’inizio, in fondo) sembrerebbe profilarsi la stessa situazione di otto anni fa, con i democratici a dividersi la posta e i repubblicani ad agire di rimessa; la discesa in campo di un personaggio quanto meno ‘colorito’ come Trump ha dimostrato che tutto sommato gli Stati Uniti non sono messi tanto meglio di noi, quanto a credibilità dell’aspirante classe dirigente; mi stupisco, sinceramente, che trai repubblicani al momento non sia riuscito a sfondare uno come Rubio, che per età e storia personale potrebbe proporsi come una sorta di Obama di destra.

Hillary Clinton appare, ancora più di otto anni fa, la leader designata dei democratici: stavolta a metterle i bastoni tra le ruote non è un giovane afroamericano che incarna la speranza del possibile, ma  Bernie Sanders, un attempato signore che ha il fegato di definirsi socialista in una nazione in cui la parola è più o meno comunemente considerata un insulto e in un mondo dove ormai ben pochi hanno ancora il coraggio di definirsi tali.
Sanders sembra un uomo fuori dal mondo e dal tempo, ma forse ci vuole proprio una persona ‘esterna’, uno che non prende i soldi dalle grandi banche d’affari ma dai sindacati degli insegnanti e degli autotrasportatori per poter incarnare quel minimo di speranza residua in un mondo che non sia governato dalla finanza.
Clinton di certo non può incarnare quell’idea (basta solo leggere l’elenco dei suoi finanziatori per rendersene conto): la sua è la promessa di un mondo in cui banche e finanza sono sostanzialmente lasciate libere di continuare ad agire come hanno fatto finora, versando in cambio un ‘obolo’ a favore dei poveri; sembra una situazione ‘italiana’, con la pura estetica del volere piacere a tutti di ClintonRenzi e la fedeltà ai principi (col rischio di risultare antipatici a qualcuno) di SandersRodotà.

Ammetto peraltro che le mie sono analisi tendenziose e dettate dalla suprema antipatia che mi ispira Hillary Clinton: al contrario di tanti osservatori, il personaggio non mi piace per nulla; arrivismo a parte (ma è il meno: in quel mondo se non sei un arrivista non vai da nessuna parte), non capisco il principio secondo cui bisognerebbe in qualche modo tifare Hillary perché donna: che le donne al Governo facciano meglio degli uomini, portando pace e prosperità per tutti è un luogo comune: Thatcher in Gran Bretagna ha fatto danni, Merkel in Germania ha mostrato di essere disposta a mandare in fallimento mezza Europa solo per salvare la sua nazione, Roussef in Brasile sta annegando negli scandali e l’elenco potrebbe proseguire… mi sembra che il ‘buon Governo femminile’ sia più che altro un’eccezione (Bachelet in Cile? L’attuale leader della Corea del
Sud?).
A non convincermi di Clinton però sono soprattutto le motivazioni: in fondo Obama era mosso dall’ambizione di essere il primo Presidente afroamericano; Clinton, più che dall’essere la prima Presidente(ssa) donna, mi pare mossa soprattutto da uno spirito di rivalsa nei confronti del marito: la voglia di dimostrarsi migliore di Bill, dopo tutto quello che Bill le ha fatto.

Si possono fare tutti i fini ragionamenti politici che si vogliono, ma alla fine tutto si riduce alla persona e alle proprie esperienze: a inzio anni 2000 gli Stati Uniti hanno avuto un Presidente – Bush – mosso quasi esclusivamente dal conflitto irrisolto col padre e dalla smania di dimostrarsi migliore di lui: abbiamo visto i risultati…
Non vorrei facessimo il bis, ritrovandoci alla guida degli Stati Uniti una donna mossa da uno spirito di rivalsa nei confronti di un marito che l’ha cornificata.
Si dice fin troppo spesso che ‘il privato e pubblico’; troppo si dimentica che anche ‘il pubblico è privato’. Purtroppo.

DIRITTI, FIGLI, ADOZIONI E QUANT’ALTRO

Se non ci fossero di mezzo i diritti e la vita delle persone, ci sarebbe da sottolineare come tutta ‘sta storia della legge sulle coppie di fatto e sulla loro figliolanza abbia ormai sfondato i confini del ridicolo.

L’Italia è l’Italia: una Nazione in cui da svariati decenni (secoli?) vige la legge del ‘si fa ma non si dice’, dei vizi privati e delle pubbliche virtù… se ci pensiamo, in fondo qualche secolo fa i Papi non si facevano tanti problemi a fornicare e sfornare marmocchi, tanto poi quello che contava era ‘l’ufficialità’… In fondo tutto il problema dei diritti affonda le proprie radici nella Riforma e nella Controriforma: chiedetevi perché oggi le Nazioni più progredite sotto il profilo dei diritti sono proprio quelle dove nacquero e si diffusero Protestantesimo e annessi, e perché invece nelle Nazioni a maggioranza cattolica non si riescono a fare passi in avanti…

Storia a parte, il lato ridicolo di tutta questa faccenda è che anche l’introduzione della legge più largheggiante e permissiva di questo mondo, non cambierà di una virgola i ‘massimi sistemi’: diciamocela tutta, il punto è proprio questo, stiamo parlando di norme che riguardano una minoranza di persone, la cui introduzione di certo non sancirà la fine del genere umano…
Quello che dico io è: diamo a queste persone tutti i diritti che chiedono e poi continuiamo a campare tutti quanti serenamente.
Sono ormai decenni che si parla di queste cose e ogni volta qualcuno trova il pretesto per buttare tutto all’aria e far si che tutto resti com’è: a questo giro, ‘l’incaglio’ è quello dell’adozione dei figli dei conviventi, che secondo alcuni aprirebbe la porta all’utero in affitto… e allora, dico io?

Il problema dell’utero in affitto non è nella pratica in sé: secondo me ognuno dovrebbe essere libero di fare del suo corpo il ca**o che gli pare; il punto è se questo sia frutto di una libera scelta o di una costrizione sociale: il problema non è l’utero in affitto in sé, ma le possibili condizioni di povertà ed emarginazione che conducono alla scelta; il modo migliore di combattere il fenomeno è combattere la povertà.

La lotta contro i metodi diciamo ‘alternativi’ di procreazione è un’emerita scempiaggine: nel momento in cui la scienza fa delle scoperte e in forza di queste escogita delle invenzioni, la questione è chiusa: si potrà berciare quanto si vuole… Se dipendesse da tutti coloro che oggi sbraitano contro certe metodiche, oggi staremmo ancora col fuoco acceso nella caverna.

Siamo di fronte a norme che riguardano un numero esiguo di persone: anche se si introducesse una legge che permettesse alle coppie omosessuali di adottare dei figli o ricorrere alle pratiche di procreazione assistita per averne, non assisteremmo certo al crollo della società… la stragrande maggioranza delle persone continuerà a procreare col ‘metodo tradizionale’.

Il nodo vero è, certo, la tutela dei minori, ma i minori vanno tutelati a prescidere: la paura che l’introduzione di certe leggi porti alla riduzione dei bambini allo status di oggetti;  che, per dirla esplicitamente, avere un figlio diventi un capriccio, ha una sua motivazione e un suo radicamento; però allora il discorso diventa complessivo e riguarda tutti i tipi di coppie e si estende anche alla famiglia ‘tradizionale’, come tra l’altro la cronaca nera insegna; la possibilità ‘tecnica’ di procreare ha bel poco a che fare con la crescita e l’educazione dei figli. Il problema non è tanto quello di avere o no la possibilità di procreare, il problema è quello di avere la capacità di crescere un figlio: di fronte a certi ‘fattacci’, io dico spesso che non tutti possono permettersi di avere dei figli, che – paradossalmente – bisognerebbe prima superare un esame; insomma, ci sono persone che procreano essendo del tutto inadatti alla paternità / maternità e ci sono persone che per vari motivi non possono avere figli che invece sarebbero degli ottimi genitori ed educatori.

Io capirei anche certe posizioni, se fossero sincere: ma mi chiedo quanti di coloro che in Parlamento stanno conducendo certe ‘battaglie’, lo facciano per reale convinzione e quanti stiano cavalcando l’onda per puro calcolo politico: i cambi di idea dell’ultimo minuto insospettiscono; si parla genericamente di ‘cattolici del partito x o y’, ma poi la religione viene tirata in ballo solo quando fa comodo… trai difensori della ‘famiglia tradizionale’ c’è gente che di famiglie ne ha costruite due o più, avendo ogni volta figli, senza alcuna apparente preoccupazione riguardo la creazione nei fatti di famiglie ‘allargate’.

A me, più che l’ipotetico ‘mercimonio’ derivante dalla presunta apertura delle porte al cosiddetto ‘utero in affitto’ che deriverebbe dalla possibilità di una persona di adottare il figlio precedentemente avuto dal proprio compagno / a,  spaventa il mercimonio che in queste ore sta venendo praticato coi diritti delle persone.

L’EUROPA E L’IMMIGRAZIONE

La mia sensazione è che di soluzioni realmente praticabili ce ne siano ben poche: continueremo, temo, ad assistere alla partenza sempre più frequente di barconi stracarichi di disperati, che sempre più spesso naufragheranno: le migliaia di morti diverranno, temo la norma.

Il problema di fondo è che come al solito c’è una differenza di attitudine e di ‘visione’ tra l’Europa del sud e quella del centro – nord: con una buona approssimazione, possiamo dire che la reale percezione del problema l’Italia la condivide con la Grecia, la Spagna, il Portogallo, la Francia, certo con diversità di dimensione e di problemi: l’Italia per esempio è la nazione che più di ogni altra è vicina alle coste africane e che per prima deve fare i conti coi naufragi dei barconi; la Grecia, per fare un esempio, deve affrontare il problema degli sbarchi dal Mediterraneo, ma anche l’immigrazione terrestre dal confine con la Turchia.

I Paesi dell’Europa centro-nord-orientale, invece, dell’immigrazione hanno ben poca percezione: certo, in Danimarca per esempio il fenomeno negli ultimi anni si è fatto abbastanza evidente, vista la piccola dimensione territoriale, ma in generale possiamo dire che quando si parla della ‘tragedia dell’immigrazione’, almeno come la intendiamo noi ‘euromeridionali’, gente come i tedeschi o gli olandesi non sanno proprio di cosa si parli: per loro è tutto più facile, basta controllare le frontiere terrestri; ancora migliore la situazione britannica, cui nel suo ‘splendido isolamento’ basta controllare l’Eurotunnel e gli aeroporti, in fondo.

Il punto è che purtroppo, l’impressione non è solo che quei Paesi non abbiano una percezione chiara del problema, ma che detta in parole povere, non gliene freghi un accidente. Credo sia il caso, ancora una volta, di sottolineare come quando qualcosa in Europa vada storto, c’è sempre di mezzo la Germania: non è cattiveria, né nazionalismo, né razzismo: è un dato di fatto che la Germania è stata in mezzo a due Guerre Mondiali, che lo sterminio degli ebrei è avvenuto in Germania, che in anni più recenti quando con poche risorse si poteva salvare la Grecia, questo non è avvenuto perché la Germania si è opposta, e sappiamo tutti com’è andata finire… e sull’immigrazione è la stessa storia: perché finora non si è riusciti a dare una soluzione realmente ‘europea’ alla questione dell’immigrazione, soprattutto quella dalle coste africane? Perché i tedeschi hanno fatto gli ‘gnorri’, hanno detto ‘si, si, poi vediamo’, hanno tergiversato e procrastinato… perché, in fondo, non gliene frega niente, pensano che in fondo la geografia è quella che è, e che il problema dei disperati africani che arrivano sui barconi è dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo: perché pensano, non so se a torto o a ragione, che se loro fossero al posto riuscirebbero a gestire il problema, perché lo sono tedeschi ‘sistematici’ e noi gli italiani, gli spagnoli, i greci a cui piace starsene al sole senza fare un ca**o… magari è anche così, ma a noi piace starcene al sole e godercelo, loro il sole non ce l’hanno e hanno sterminato gli ebrei.

Quindi, siccome in Europa non si muove foglia, che Germania (rappresentata dalla signora a cui però piace tanto venire in vacanza ad Ischia a da quell’altro in sedia a rotelle)  non voglia, siccome alla Germania dell’immigrazione dal Mediterraneo non gliene frega un ca**o, il problema dovremo risolverlo noi… il ‘come’, è tutto da vedere; io credo che purtroppo l’unica strada sarà quella percorsa fin qui: cercare di accogliere alla meglio, rassegnandoci all’idea che arriveremo ad avere centinaia, se non migliaia di morti annegati al giorno; a un certo punto potranno succedere due cose:
1) la voce, forse, si diffonderà, e tanti di quei poveracci smetteranno di pensare che l’Europa sia il bengodi.
2) la situazione si farà talmente tesa e problematica dal punto di vista sociale, che i Paesi ‘di confine’, faranno saltare tutto, apriranno completamente le frontiere in uscita e ammasseranno gli immigrati ai confini con Austria, Germania e quanti altri facendo si che il problema diventi effettivamente di tutti.

L’alternativa a questo stato di cose è risolvere il problema alla radice: non con fantasiose soluzioni di ipotetici ‘blocchi navali’, evocate da Salvini, che dice sempre il ‘cosa’, ma non il ‘come’: bisognerebbe capire il ‘blocco navale’ in cosa consista: nel far tornare indietro i barconi? E come? O nell’affondarli, magari? E con quali soldi pattugliare migliaia di chilometri di coste africane? Forse con il lauto stipendio di Salvini che, pagato da parlamentare europeo (10 – 15.000 euro al mese) sta sempre a parlare della qualsiasi in Italia?

L’unica soluzione realistica sarebbe sbarcare in Libia e occuparne, militarmente e civilmente le coste, impedendo che migliaia di persone tentino la fortuna per mare rischiando la vita; fare si che in Libia prima e nei Paesi di provenienza dei disperati, si diffonda un benessere minimo che li dissuada dal partire; abbattere certi regimi sanguinari, come in Eritrea, stabilendo condizioni minime di cività… ma mi rendo conto che si tratta di utopie e pie illusioni… e allora, teniamoci l’immigrazione, agiamo per quanto possiamo, rassegnamoci ai morti… del resto l’uomo è per sua natura un ‘migrante’, questi fenomeni ci sono sempre stati e sempre ci saranno; il nostro è soprattutto l’errore di prospettiva di chi vive in una società sostanzialmente ‘stanziale’, ma il mondo e la storia umana alla fine di ‘stanziale’ hanno ben poco.

PACE LENTA, GUERRA VELOCE

Soluzione diplomatica, intervento dell’ONU: queste, sinteticamente, le soluzioni che vengono prospettate dal Governo italiano (e non solo) riguardo la questione Libia – ISIS. Tutto giusto e molto di buon senso, sembrerebbe: il problema è che in questo caso col ‘buon senso’, ci si fa poco, ho paura.
Soluzione diplomatica: con chi? Non certo con quelli dell’ISIS, il cui concetto di ‘diplomazia’ consiste più o meno nello scannare o bruciare vivi i loro ‘interlocutori’: come efficacemente ha fatto notare Crozza, ma ce lo vedete Prodi parlare col ‘Califfo’? Il meno che gli potrebbe succedere sarebbe di essere messo allo spiedo e ‘cucinato’ sulla graticola…

La soluzione diplomatica, allora, risiederebbe nella creazione di un Governo ‘unico’ in Libia, in luogo dei due che attualmente rivendicano il potere, per poi pensare che questo ‘Governo unico’, sempre che riesca a ‘imporsi’ sulle centinaia di tribù in cui si articola la popolazione libica, riesca a dare assieme all’ONU un qualche tipo di risposta militare all’ISIS, il che mi pare abbastanza complicato, almeno nei tempi.

L’ONU tra l’altro non è per nulla detto che decida di intervenire: ci sono nazioni come Russia e Cina (che hanno diritto di veto) che non mi pare abbiano molto interesse a prendere una posizione dura e definitiva sulla questione; la Russia, anzi, in cambio della propria approvazione dell’intervento in Libia, potrebbe chiedere qualche tipo di contropartita … ad esempio, che la comunità internazionale si faccia gli affari propri in Ucraina; andrebbe sottolineato, tra l’altro, come anche rimanendo in Europa, come al solito, non ci sia una posizione univoca: gli unici realmente interessati ad una soluzione della questione libica alla fine siamo proprio noi italiani; anche la Francia sembra aver mostrato una qualche attenzione, ma bisognerà vedere se alle parole seguiranno i fatti.

Il limite di fondo di tutti questi discorsi è che la pace è lenta e la guerra veloce: quanto ci vorrà perché i rappresentanti dei due Governi attivi in Libia si incontrino e trovino un accordo talmente forte da poter produrre un’adeguata risposta militare all’ISIS? Quanto ci si metterà a raggiungere un accordo all’ONU (sempre considerando poi che non è che l’ONU abbia a disposizione tutti questi mezzi e questo gran spazio di autonomia, alla fine a decidere tutto sono i singoli Stati: non credo, per dirne una, che Obama abbia tutta questa voglia di mandare decine di migliaia di soldati in Africa o di farli tornare in Iraq). A me pare che gli unici ad aver capito come devono andare le cose sono la Giordania e l’Egitto: dopo i massacri del soldato giordano e dei 21 copti, le rispettive nazioni non hanno posto tempo in mezzo ed hanno subito cominciato a bombardare a tappeto, ottenendo anche qualche risultato tangibile.

La pace è lenta e la guerra è veloce: a me la guerra non piace per nulla, ma qui il rischio è che prima che si faccia ordine trai governi libici e si metta in campo l’ONU, l’ISIS abbia tutto il tempo del mondo per continuare a conquistare posizioni… d’altra parte, mi rendo conto che Giordania ed Egitto siano intervenuti reagendo, non ‘preventivamente’: non dico che l’Italia debba prendere una decisione per cavoli suoi e bombardare l’ISIS autonomamente quale guerra preventiva (peraltro credo che su questo non si riuscirebbe nemmeno a trovare un accordo in Parlamento); d’altra parte non si può certo lasciare che la situazione si incancrenisca, aspettando passivamente che pure da noi arrivi ‘il botto’ e comunque va ricordato che l’Italia è stata più volte direttamente minacciata: l’ISIS ha esplicitamente dichiarato la volontà di conquistare non Parigi, Londra o Madrid, bensì Roma: minaccia che è tutt’altro che una ‘sparata’, dato che viene da gente che non esita a scannare, amputare e bruciare vivo chiunque si azzardi anche solo a dire ‘a’ rispetto alla loro visione dell’Islam.  Forse, invece di aspettare di formare improbabili ‘governi unici in Libia’, sarebbe meglio intervenire in appoggio di chi, come Giordania ed Egitto, ha già capito che l’unico modo di trattare con l’ISIS è bombardandolo a tappeto; soluzione non priva di rischi peraltro.

E’ un nodo gordiano di difficile soluzione, causato dall’inancrenirsi di una serie di situazioni che si sono tirate avanti per troppo tempo: forse gli USA dovevano restare in Iraq per ‘sovrintenderne’ alla reale ‘democratizzazione’; forse la comunità internazionale avrebbe dovuto adottare maggiore risolutezza in Siria, invece che lasciarla nel caos; sicuramente, l’Europa avrebbe dovuto prendersi maggiori responsabilità in Libia, invece di lasciare che tutto degenerasse. Il punto è che si lasciano sempre le cose a metà:  se si decide di intervenire, allora lo si deve fare fino in fondo, altrimenti meglio evitare del tutto.

Al momento allora, più che pensare ad interventi ‘esterni’ è bene rafforzare al massimo la sicurezza interna, aumentando i controlli sui migranti in entrata, accrescendo  la tutela degli ‘obbiettivi sensibili’ e rafforzando gli sforzi di controllo e soppressione dei fenomeni di propaganda estremista su Internet; per stare sul sicuro io comincerei a dare attenzione anche a possibili attacchi dall’aria, nel caso l’ISIS riuscisse ad impadronirsi di arei militari o civili.
Insomma, cominciamo a portare al massimo la sicurezza a casa nostra, e poi pensiamo al ‘fuori’, ma evitiamo per favore, di pensare che la soluzione sia nella diplomazia o nell’ONU: soluzioni che nel caso dell’ISIS mi paiono abbastanza impraticabili.

FUORI TEMPO MASSIMO

La mia sensazione è che ormai siamo fuori tempo massimo: ciò che si poteva – che si doveva fare – doveva essere fatto non settimane, non mesi, ma anni, forse decenni fa… La nostra tanto decantata ‘civiltà occidentale’ se n’è fregata di quello che succedeva altrove, cullandosi nella presunzione della propria superiorità, radicata nella cosiddetta ‘democrazia’ che a ben vedere oggi, A.D. 2015, ha portato solo alla creazione di vari potentati sovranazionali (FMI, Banca Mondiale, Multinazionali Assortite), che prendono decisioni per tutti e che di ‘democratico’, hanno ben poco.

Succederà? Succederà, non se, ma quando… probabilmente, nel giro di due, tre, massimo cinque anni, avremo un attentato in grande stile qui da noi: per ‘grande stile’, non intendo una dozzina di morti come quelli di Charlie Hebdo, intendo qualche decina, se non centinaia di migliaia di morti: missili, probabilmente, oppure qualche arma batteriologica: se, come ritengo ormai quasi certo, l’Isis, conquisterà la Libia, allora ci sarà da preoccuparsi sul serio, spero che qualcuno si stia cominciando a chiedere che fine abbiano fatto gli arsenali di Gheddafi.

La Libia, credo, va considerata persa: l’Isis è forte, determinato, ed ha una grande capacità di fascinazione nei confronti di un mondo islamico che alla fine, se si fa così facilmente irretire dall’ideologia della conquista e dell’annichilimento del nemico, è caratterizzato dalla stessa debolezza dell’Occidente: in fondo, c’è ben poca differenza trai fedeli islamici che ingrossano volentieri le fila dell’Isis e i cittadini tedeschi che negli anni ’30 andavano volentieri appresso ad Hitler sposando in toto il suo progetto di annullamento degli ebrei.

Ormai è tardi: prima che l’Onu, la Nato, chiunque altro, decida qualcosa, l’Isis farà in tempo a prendersi tutta la Libia, temo… e allora, saranno solo ed esclusivamente ca**i nostri: non penserete mica che la Francia, la Germania o chi per loro si scomodernno a darci una mano? Non l’hanno fatto fino ad adesso, lasciando esclusivamente a noi di sobbarcarci la questione dell’immigrazione, figuriamoci se lo farebbero in condizioni peggiori. Naturalmente quando le cose si faranno veramente serie, ‘chi di dovere’ se la darà a gambe: Berlusconi per dirne una ha varie case ai Caraibi; dubito che gente come Renzi, Alfano, Salvini, Boschi, Madia, Grillo o Vendola se ne resterà qui a rischiare la pelle… scapperanno tutti, lasciando ai comuni cittadini di sbrigarsela da soli.

L’avvenire è fosco: abbiamo pensato che la ‘libertà’ risiedesse in smartphone, PC, connessioni veloci, porno su Internet a qualsiasi ora del giorno e della notte, tv satellitari, automobili, chiacchiere pallorane, etc… Abbiamo perso di vista tutto il resto, abbiamo lasciato che si creassero istituzioni sovranazionali a decidere il destino di interi popoli mentre a noi continuava ad essere raccontato che mettendo una scheda in un’urna potessimo decidere qualcosa.

Forse quando davvero cominceremo a vedere in Sicilia sventolare le bandiere nere, cominceremo a renderci conto di quanto tempo abbiamo buttato: in fondo, se dopo le ripetute minacce e dichiarazioni di guerra, si continua a parlare di Nazareno, legge elettorale e riforme fasulle, mentre Gentiloni, Alfano e compagnia rilasciano dichiarazioni e Renzi twitta, l’Isis ce lo meritiamo.

MA L’ITALIA DOV’È?

L’altro giorno guardavo le immagini di Merkel e Hollande a colloquio con Putin e mi chiedevo: E l’Italia?
Rapidamente, mi sono fatto un’altra domanda: ma ai tempi Renzi non aveva fatto un gran casino per avere la Mogherini ‘a capo della diplomazia europea’? Pensate a queste parole: ‘a capo della diplomazia europea’; poi la grana Ucraina va rapidamente peggiorando, e chi va ad incontrare Putin? Merkel e Hollande, ovvero: Germania e Francia. Non l’Europa. Germania e Francia.
Ora, ripetere l’ennesima pappardella sul fatto che l’Europa quando viene il momento delle ‘decisioni serie’, procede in ordine sparso e bla bla bla, sarebbe noioso e lo sappiamo tutti: è così da sempre e così sarà, chissà per quanto ancora.

Però, pensateci: ai tempi (si era, se non erro, dopo le elezioni europee, alla vigilia del semestre di Presidenza italiana UE), a sentire Renzi sembrava che dare alla Mogherini quell’incarico fosse questione di vita o di morte: in realtà poi molti osservatori già allora fecero notare come forse, anziché pretendere con tanta veemenza un ‘posto’ che – considerando lo stato della diplomazia UE – era poco più che ‘di rappresentanza’, fosse magari il caso di pretendere qualche commissario economico… ma no, Renzi pretendeva quel posto…
Bisogna dare il beneficio del dubbio a chiunque: magari la Mogherini in queste ore è attaccata al telefono escogitando una soluzione diplomatica eccezionale, ma è nei fatti che a incontrare Putin sono la Cancelliera tedesca e il Presidente francese. Non la Rappresentante (termine più che mai indicato: non ‘Ministro degli Esteri UE’, ma ‘Rappresentante’)  della politica estera UE Mogherini, che con tutto il rispetto sta assolvendo alla medesima funzione di tutti i suoi predecessori, ossia rilasciare dichiarazioni ad orolegeria all’insegna delle solite banalità.

Peraltro osserverei come l’Italia in tutta la questione ucraina stia rimediando la solita figuraccia: gran parte degli europei sono più o meno concordi sull’appoggiare l’Ucraina contro quella che a tutti gli effetti è una violazione della sua sovranità, anche fino a valutare la fornitura di armi, l’Italia è contraria… Attenzione, non in virtù di un impeto di ‘pacifismo’: i Ministri degli Esteri e della Difesa non si sono improvvisamente ammantati della bandiera arcobaleno della pace: come tutti possono immaginare, a monte ci sono interessi prettamente economici… la contiguità degli interessi economici italiani e russi non è certo venuta meno con la fine dei soggiorni di Putin nella villa di Berlusconi in Sardegna.

Sta succedendo, su scala molto più ampia, quanto già accaduto con la questione dei Marò, quando l’Italia, avendoli qui, lì rispedì prontamente in India perché c’erano in ballo ben altri interessi… a proposito dei marò: io non sono certo di quelli che dicono ‘liberate i nostri leoni’ e altre simili amenità; non sono di certo eroi, tuttavia sarebbe pure il caso che dopo tre anni si avviasse un processo e si formalizzassero delle accuse… anche in questo caso l’Italia ha accumulato figuracce a ripetizione; e il bello è che in Europa se ne fregano: approvano qualche risoluzione, ma il discorso di fondo è: vedetevela voi, sono affari vostri.

L’Italia è ridotta all’inconsistenza diplomatica internazionale; sinceramente, rimpiango il Ministro Terzi, che forse in quell’accozzaglia di tecnocrati che guidati da Monti ci ha ridotto ai minimi termini era uno dei meno peggio: almeno aveva esperienza diplomatica… attualmente l’Italia affida la propria diplomazia a Mogherini e Gentiloni: la prima, sarà pure una donna brava e intelligente, ma appare completamente priva del carisma necessario: insomma, già il ruolo di capo della diplomazia UE è una incarico più che altro di ‘rappresentanza’, di nome e di fatto; ma poi pensate alla Mogherini e subito dopo alla Merkel e giungete alle vostre conclusioni Gentiloni per carità: uno che nel corso della sua esperienza politica è passato con disinvoltura da un incarico ad un altro: ma mi spiegate che cos’hanno in comune le poltrone di vice Sindaco di Roma, di Ministro delle Comunicazioni e di Ministro degli Esteri? I risultati sono sotto gli occhi di tutti: Merkel e Hollande parlano con Putin e Obama. Mogherini e Gentiloni rilasciano dichiarazioni. Renzi twitta.

MATTARELLA PRESIDENTE

Sergio Mattarella è il sesto Presidente della Repubblica all’elezione del quale riesco ad assistere: quando sono nato, nel 1974, c’era Leone, ma di lui non ho alcun ricordo, ero veramente troppo piccolo; poi arrivò Pertini, che è stato il Presidente dell’infanzia della mia generazione: tutti i nati in quel periodo lo ricordano sui luoghi delle stragi (la stazione di Bologna), delle catastrofi (il terremoto dell’Irpinia), delle tragedie (Vermicino), ma le immagini che tutti credo abbiano impresse sono quelle della finale di Spagna ’82; di Cossiga ricordo soprattutto il periodo finale, quello delle ‘esternazioni’; poi arrivò Scalfaro, un personaggio con empatia pari a zero, tutto chiuso in un’interpretazione ‘missionaria’, quasi ‘sacrale’ del proprio ruolo; ottimo il ricordo di Ciampi, che ha dedicato la sua Presidenza a riscoprire un certo orgoglio nazionale… e poi arriviamo a Napolitano: ottimo fino a quando non ha ritenuto di doversi sostituire alla ‘politica’, ponendo le sue convinzioni personali davanti a tutto: incapace di capire fino in fondo la società, come ha dimostrato il non aver nemmeno cercato di comprendere fino in fondo il ‘fenomeno’ rappresentato dal MoVimento Cinque Stelle: meglio in fondo i Governi e le riforme sostenuti dal pluriindagato Berlusconi, che non dare una possibilità  gente nuova ed onesta…

E adesso, Mattarella: poteva andare peggio, molto peggio: a me in fondo bastava che non venisse eletto Amato; tutti gli altri per me pari erano; certo, avrei digerito poco anche un Veltroni od un Casini, ma insomma, sempre meglio di Amato. Mattarella mi convince: non solo, ovviamente, per la vicenda umana, legata all’uccisione del fratello; anche per come viene descritto: a me quelli ‘riservati’, ‘schivi’, che magari si tengono le risate e le battute per i momenti privati tra amici e famigliari mi sono sempre piaciuti: a me i politici che se la ridono tra di loro in genere mi fanno venire il voltastomaco, mi danno l’idea di quelli in fondo fanno tutti parte della stessa ‘combriccola’… poi ovviamente nella sua nuova veste sarà costretto a ridere in pubblico, a stringere mani, etc…, ma l’indole di fondo, resta. In due giorni ho sentito Mattarella dire due volte “è sufficiente questo”: mi piace questo riferimento all’essenzialità, questo voler evitare tanti giri di parole, questo sentire non necessario e superfluo rispondere a tutti e tutto. Devo dire che, tra l’altro, dopo Scalfaro, Ciampi e Napolitano, uno che ha ancora tutti i capelli in testa mi fa pure piacere…

Spero, sinceramente, in un nuoo Ciampi: uno che giri l’Italia cercando di ricreare un minimo di ‘sentire comune’; ho qualche timore che possa essere un nuovo Scalfaro, troppo assorto nel proprio ruolo di ‘custode della Costituzione’ per accorgersi di altro; spero, mi auguro, una maggiore elasticità mentale di chi l’ha preceduto, una maggiore apertura nei confronti della società; non so se e quanto Mattarella sappia usare il computer e sia solito navigare in Internet, per dire; mi incoraggia però il fatto che abbia sei nipoti, che forse gli avranno già spiegato e magari ‘insegnato’ qualcosa.

Ho ascoltato il discorso: ‘canovaccio’ prevedibile, un mix di messaggi ‘politici’ destinati al Parlamento e di riferimenti ‘alti’ e in parte ‘accorati’, indirizzati ai cittadini in ascolto; poteva essere un discorso molto più banale, retorico e scontato, poteva essere però più vivace, coraggioso, ‘moderno’: in fondo Mattarella non è una cariatide, ma è comunque un uomo di oltre 70 anni, che probabilmente ha in comune la sua generazione la difficoltà di correre appresso ad un mondo che forse corre troppo veloce. Attendo ora di vedere quale sarà il suo stile, il suo atteggiamento, le sue decisioni, ma ad un primo impatto, a me Mattarella piace. In tutti i casi, buon lavoro.