Tanta ne è passata, di acqua sotto i ponti, dal precedente disco – ed esordio – degli abbruzzesi Death Mantra For Lazarus, targati 2010.
Nove anni dopo i nostri si riunivano per dare vita al seguito che, complici clausure collettive e quant’altro, vede la luce solo oggi.
La scelta è di cambiare impostazione nel segno di una maggiore compattezza, anche se i profumi post rock e, in misura minore, prog, che avevano costituto il modello di partenza, si possono ancora riscontrare in queste sette composizioni.
Disco quasi del tutto strumentale (fa eccezione ‘Like Dolphins’, con le voci di Jester At Work e Giulia Flacco), “DMFL” vive su una chitarra rverberata che si accompagna a basso e synth, con occasionali interventi di archi (Valeria Vidini) e l’episodica partecipazione di una tromba (Francesco Di Giandomenico).
È un lavoro dai contorni onirici in cui la consistenza ferrosa della chitarra, sfumata attraverso il dialogo con basso e synth, con la batteria da tenue contorno, trasferisce l’ascoltatore in un ‘altrove’ che assume talvolta connotati vagamente psichedelici, sfiorando le costruzioni sonore vagamente noisy dello shoegaze.
La scelta di uno disco affidato quasi del tutto agli strumenti è discretamente coraggiosa, in un’epoca di parole che a volte sono anche troppo eccessive: i suoni si riprendono la scena, consentendo all’ascoltatore di darne una lettura personale legata al proprio vissuto e / o immaginario.