Archive for marzo 2013

BUONA PASQUA

A TUTTI!!!

 

 

 

R.I.P ENZO JANNACCI (1935 – 2013) FRANCO CALIFANO (1938 – 2013)

Se ne sono andati così, uno appresso all’altro; la morte di Jannacci non è giunta purtroppo del tutto inattesa: nell’estate del 2011 si erano diffuse voci di un suo ricovero; a inizio 2012 l’ultima apparizione televisiva, nel programma dedicatogli da Fazio; di qualche mese dopo l’ultima uscita pubblica; che stesse male non era un mistero, ma in fondo la morte giunge sempre inaspettata. Califano si era esibito al Sistina solo pochi giorni fa: chi gli era più vicino sapeva della malattia, ma le sue condizioni non erano tali da far immaginare una scomparsa così repentina. Si possono fare tante considerazioni, esercitarsi nel gioco delle analogie / differenze, partire dal banale dato geografico di un milanese  e di un romano, per gli appassionati di calcio sottolineare quasi un derby, milanista Jannacci, tifoso dell’Inter il ‘Califfo’. Due personaggi apparentemente non così simili, eppure un parallelo c’è: entrambi, per ragioni diverse, sono stati un pò lasciati ai ‘margini’; sono stati due ‘irregolari’ del mondo della canzone italiana, e per questo, forse, hanno faticato a entrare nell’empireo dei vari Tenco, De André, Battiato, Conte, Paoli, etc… Non che gliene sia mai fregato nulla, probabilmente. La morte di Jannacci è stata accompagnata dalla definizione ”cantante e cabarettista’: in realtà Jannacci ha fatto parte di un filone che nella storia della musica italiana precede, e di molto quello dei cantautori: è il filone che va da Petrolini a Elio e Le Storie Tese, passando per Renato Carosone,  Alberto Sordi, il Quartetto Cetra, in parte Fred Buscaglione; un filone nel quale sono rientrati a buon diritto tanti esponenti della Milano canora degli anni ’60 e ’70: oltre allo stesso Jannacci, Cochi e Renato e, almeno in parte, Giorgio Gaber. Il filone della canzoni ‘fatte per ridere’, della parodia crudele, del riso che nasca da un’ironia spesso corrosiva, da una satira anche violenta e senza sconti della società, dello sguardo disincantato sul mondo. Un filone i cui esponenti sono stati sempre guardati un pò storti, dagli ‘oltranzisti della canzone d’autore’, che la canzone ‘è una cosa seria’ e guai a scherzarci sopra… Jannacci per gran parte della sua carriera ha privilegiato il riso, talvolta il surreale, sebbene si sia mostrato capace anche di testi di una profondità assoluta, ma probabilmente i ‘puristi’ questo suo frequente deragliare, il gusto per il cabaret, per la vis comica, non gliel’hanno mai perdonato. Un destino che ha accomunato Jannacci a Califano… Nel caso di Califano però non era tanto ciò che cantava, era il ‘come si presentava’: a dare fastidio era il fatto che l’autore di Minuetto, La nevicata del ’56, Tutto il resto è noia, etc… fosse anche quello che si presentava in video sempre abbronzato, con un fare da ‘rimorchione’, a vantarsi esplicitamente delle sue conquiste sentimentali, o magari delle sue performance sessuali. L’autore serio si presenta in modo compunto, esegue il suo pezzo e se ne torna a casa… l’autore serio, mi si scusi il francesismo, non scopa e se lo fa di certo non se ne vanta. A dare a Califano il giusto riconoscimento per le sue capacità sono stati soprattutto quelli che hanno cantato le sue canzoni, con l’aggiunta di qualche critico musicale ‘illuminato’, ma mediamente Califano era se vogliamo un personaggio che destava imbarazzo: difficile per molti accettare che lo scrittore autore di Un’estate fa o La musica è finita fosse lo stesso che poi durante i concerti si esibiva in monologhi più o meno direttamente ispirati alla sua vita privata, come la resa di un collezionista di donne di fronte a un abbaglio colossale, raccontata in ‘Avventura con un travestito’,  o  ‘Er tifoso’ ,quel meraviglioso pezzo in cui ‘Er Califfo’ si cala alla perfezione nei panni di un tifoso romanista, dipingendone alla perfezione l’assoluta ‘malattia’ per il pallone. Diversi e lontanissimi, Jannacci e Califano: due ‘casi unici’ nel mondo della canzone italiana, eccezionali in fondo perché cantautori si, ma conservando una spiccata ‘popolarità’, proprio nel senso di ‘predisposizione verso il popolo’.

P.S. Coincidenza vuole che con Jannacci condividessi un particolare: siamo nati lo stesso giorno, il 3 giugno; un caso, ma devo dire che di questo sono sempre stato contento…

CERCASI GOVERNO. ASTENERSI PERDITEMPO

Io Bersani non l’ho capito veramente… poi si lamentano se si sentono accusare di essere ‘vecchi’ e quant’altro… cambiare una forma mentis è difficile e complicato, specie se si ha a che fare con persone che stanno in politica da vent’anni, forse qualcosa di più… è inutile: è come quando mio padre mi dice  “sul giornale non dicono mai niente delle corse ciclistiche” e io gli rispondo:  “scusa, ma Internet che ci sta a fare?”. Non è colpa loro, poverini, è che non ci arrivano proprio. Naturalmente l’altra risposta possibile è che sia tutta ‘strategia’… Tuttavia, inettitudine o strategia, mi dico: quanto tempo perso: il MoVimento 5 Stelle ha detto in tutte le salse e in tutti i dialetti che un Governo guidato dai vecchi partiti non l’avrebbe mai appoggiato; Bersani fino all’ultimo ha sperato nel contrario, forse incoraggiato da quello che è successo con l’elezione di Grasso, chissà… magari dopo aver cercato di ‘smacchiare il giaguaro’ sperava di aprire M5S come una scatoletta, facendone brandelli e conquistando la maggioranza che gli serve… che poi tra parentesi mi chiedo un Governo sostenuto dal PD e da pezzi raccolti a destra e manca come pensa di poter governare… Ancora una volta il PD sembra pensare: intanto andiamo al Governo, poi si vede: la solita, vecchia, consunta, strategia fallimentare portata avanti negli ultimi vent’anni. Non cambiano, non ci riescono a cambiare. Bersani non si è arreso davanti all’evidenza, sicuro che dopotutto il MoVimento poteva essere spaccato, sicuro che in un modo o nell’altro il Governo sarà capace di formarlo; ha passato le ultime giornate a ‘consultare’ chiunque: mi chiedo con tutto il rispetto che cavolo c’entri Saviano; allora perché non interpellare Rubbia e Fo, che almeno sono Premi Nobel? Bersani ha sentito tutti, ovviamente per prendere tempo e vedere se intanto, nelle retrovie, si riusciva a concludere qualcosa… Invece a quanto pare, nisba; domani doveva andare ‘a rapporto da Napolitano’, invece dovrà prima passare per l’ennesima volta dai ‘capoccia’ del PD a relazionare… l’impressione è che lo stesso Bersani stia diventando un leader commissariato. Io non lo capisco: soprattutto non capisco questa smania di fare il Capo del Governo; o meglio, la capisco, ma i tempi richiedono nuove procedure, nuovi metodi; non si può passare per la solita trafila: incarico – consultazioni – nuovo incontro col Presidente della Repubblica… e poi?  Non vorrà mica insistere, formare il Governo e chiedere comunque la fiducia in Parlamento??? Così non se ne esce davvero più… tra l’altro sembra che lo stesso Napolitano avesse molte perplessità, e se l’ha capito una persona che si avvia ai 90 anni, poteva capirlo anche Bersani. La soluzione c’è, ed è a portata di mano: se si vuole essere ‘compagni di maggioranza’ del M5S, come sembra sia l’intenzione (per quanto sappiamo bene che esiste una bella parte del PD che non vede l’ora di fare l’accordo col PDL), ci si mette davanti a un tavolo, come stamattina  e si cerca un nome condiviso; cosa che non credo sia poi così difficile…  Invece si è voluto procedere col vecchio sistema, col risultato di aver perso una settimana buona, complimenti per il colpo di genio. Io lo capisco Bersani, provare  a formare un Governo per un uomo politico è una legittima aspirazione, ma la situazione non è normale e avrebbe richiesto una scelta diversa, un passo indietro, in virtù di quella ‘responsabilità’ da lui sbandierata un giorno si e l’altro pure. A questo punto, vedremo cosa succederà venerdì; i casi sono due: o Bersani rinuncia e allora Napolitano, probabilmente dopo Pasqua, farà il famoso e tanto agognato ‘nome’, o cercando l’alleanza PD-PDL o tentanto di mettere il M5S  di fronte ad ‘un’offerta che non può rifiutare’, oppure Bersani insiste e cerca di mettere insieme il suo Governo e di portarlo davanti alle Camere e in quel caso tanti auguri, perché ci vorranno altre due settimane buone per accontentare tutti o quasi, con un esito per niente scontato e anzi probabilmente negativo, con in mezzo anche l’elezione del Presidente della Repubblica e un blocco istituzionale mai visto prima. Ovviamente l’augurio è che Bersani faccia un passo indietro:da elettore del MoVimento Cinque Stelle li aspetto alla prova dei fatti, posti davanti a un nome sul quale non si può discutere; altrimenti, se la strada presa sarà quella di un Governo Bersani sostenuto da elementi presi a destra  e manca, o di un nuovo Governo ‘tecnico’ sostenuto da PD  e PDL, il MoVimento potrà dire di aver avuto ragione…

P.S. E se Napolitano desse l’incarico a Jorge Mario Bergoglio? Voglio vedere chi  si azzarda  a dire qualcosa in contrario…

REDUCI

Passo per Piazza Santi Apostoli mentre Ingroia sta terminando il suo discorso, all’insegna delle solite banalità: dovrebbe essere la manifestazione del ‘Popolo Viola’, ma alla fine le bandiere sono più rosse che altro, vessilli di un’ideologia morta e sepolta branditi da chi non si arrende davanti alla più palese evidenza…  Mentre cerco di evadere in fretta e furia dal budello, prende la parola il comico Andrea Rivera, il quale non ha nulla di meglio da dire, se non esibirsi in una patetica lamentela: per due battute sul Papa, da sei anni non lo chiamano al Primo Maggio… come se poi salire su quel palco ed esibirsi in insulti più o meno gratuiti contro i soliti (se non è il Papa è Berlusconi, il repertorio è quello), fosse un diritto acquisito… Prendo una stradina laterale e mi immetto su via del Corso: altri drappelli di reduci, che stavolta arrivano direttamente dal comizio di Berlusconi: bandiere arrotolate, spillette, magliette… La sensazione è la stessa: reduci. Gente fuori dalla realtà, che continua disperatamente ad aggrapparsi alle ideologie o agli uomini, pensando che possano ancora offrire la soluzione ai loro problemi… nonostante i volti e i principi siano sempre gli stessi, ampiamente sperimentati e rivelatisi fallimentari… eppure sono ancora lì, a cullare i sogni di gloria offertigli dal ‘sol dell’avvenire’ o da ‘Silvio aiutaci tu’. Non so se mi abbiano fatto più pena gli uni o gli altri, i ‘sinistrati’ o i ‘berlusconiani’, mi sembra gente fuori dal tempo, incapace di un minimo pensiero critico, di un’analisi compiuta, le menti obnubilate da una bandiera rossa o dal ‘meno male che Silvio c’è’…

RESPONSABILITA’

Arieccoli, con ‘sta storia della ‘responsabilità’: vorrei capire  a che titolo PD e SEL pretendono ‘responsabilità’ da parte del MoVimento Cinque Stelle… ma loro quando l’avrebbero mai manifestata, questa presunta ‘responsabilità’? Quale sarebbe, la ‘responsabilità’, quella del PD che durante tutto il 2012 ha appoggiato le scelte del Governo Monti senza fare una piega? Quella di non aver preteso elezioni democratiche riducendo l’Italia – unico Paese al mondo – ad essere sostanzialmente commissariato da entità esterne, nessuna delle quali democraticamente eletta, che hanno praticamente deciso chi doveva fare il nuovo Governo? Per non parlare del fatto che il PD e i suoi predecessori in  Italia negli ultimi vent’anni hanno Governato più o meno quanto Berlusconi, e adesso fanno finta di essere appena sbarcati da Marte… la ‘responsabilità’, dove la mettiamo? E vorrei anche dire qualcosa riguardo a Niki Vendola: possibile che negli anni in cui è stato Presidente della Regione Puglia non si fosse accorto di come stava degenerando la situazione a Taranto, con l’inquinamento prodotto dall’ILVA? Come mai si è arrivati dove si è arrivati, dov’era la ‘responsabilità’? No, tanto per chiedere, perché non  è che si può salire su una cattedra ad ammonire gli altri sulla ‘responsabilità’ senza prima farsi un esamino di coscienza…

THE BRAIN OLOTESTER, “WASH YOUR BLUES AWAY” (I DISCHI DEL MINOLLO)

Secondo capitolo del progetto Brain Olotester, dietro cui si cela Giuseppe Calignano: ad accompagnare il cantante e chitarrista un nugolo di collaboratori, tra cui spiccano Tommaso Cerasuolo dei Perturbazione e Paolo Bergese (Airportman). Ampio il cast, ampi i suoni: negli undici brani presenti (cantati in inglese, con l’eccezione di due strumentali), Calignano guida una formazione a ‘geometria variabile'(anche nell’elemento vocale, coi frequenti interventi di voci femminili), per un disco che nel suo procedere cambia più volte forma, pur conservando un’impronta stilistica ben definita: si parte da un ‘campo base’ indie – folk, per prendere sentieri che di volta in volta si aprono su panorami psichedelici, si inoltrano in docili declivi dreampop, si addentrano in ombrosi territori crepuscolari, fino ad aprirsi, come nella title track conclusiva, su luminose aperture orchestrali.

Riportando suggestioni riconducibili a certi collettivi canadesi che negli ultimi anni hanno conquistato la passione degli amanti delle sonorità ‘indie’, il progetto The Brain Olotester avvolge l’ascoltatore, offrendogli il gusto del particolare precedentemente sfuggito ad ogni nuovo ascolto. Archi, fiati, tastiere, elettronica, oltre al consueto ‘nucleo’ chitarra – basso e batteria, con l’aggiunta di un cantato che alterna solarità e accenti più melanconici, costruiscono un lavoro all’insegna della pienezza e densità sonora: un disco da assaporare a poco a poco, che nel procedere degli ascolti riesce a mantenere intatto il proprio appeal.

MARO’….NNA, CHE FIGURA DI M***A!!!

Riassunto delle puntate precedenti: due fucilieri (anche detti marò in gergo militare) della marina italiana uccidono due pescatori indiani nel corso di un conflitto a fuoco: i due soldati, in missione anti-pirateria a bordo di una petroliera, avevano scambiato l’avvicinamento del peschereccio per un atto ostile. A quanto pare il tutto è avvenuto in acque internazionali, ma la petroliera è stata costretta dalle autorità indiane a seguirle sul proprio territorio: iprimo, originario e macroscopico errore, frutto evidentemente della mancanza o della poca chiarezza delle procedure da seguire in tale situazione. Le autorità indiane ritengono che i due debbano essere processati lì, quelle italiane che la cosa debba essere semmai risolta per vie internazionali.

La questione è stata strumentalizzata nelle settimane successive dalle autorità indiane a fini di propaganda politica; nel frattempo qui da noi si scatenava il cialtronismo di destra (con tanto di magliette a definire i due soldati ‘eroi’ e ‘leoni’) e di sinistra (c’è mancato solo che qualcuno abbia proposto per loro la pena di morte, in virtù del solito ‘terzomondismo d’accatto’… piccola precisazione: l’India Terzo Mondo non lo è più da parecchio).

Così, tra un pietismo del tutto fuori luogo (i due marò non sono stati certo detenuti nella peggiore prigione indiana, ma in una residenza dotata di tutte le comodità, anche con una certa libertà di movimento: ben diverso il caso di Elisabetta Boncompagni e Tommaso Bruno… se non lo conoscete, cercate in giro, si trova ampio materiale a riguardo) e accuse lanciate più o meno a vanvera, dipingendo i due come sanguinari assassini, si arriva alle feste natalizie, quando i due ottengono il permesso di trascorrere qualche tempo con le loro famiglie a casa, dopodiché tornano in India. Accordo analogo viene concluso in occasione delle elezioni, fatto sta che invece in quest’occasione il Governo italiano decide inopinatamente che i due soldati devono restare a casa e che il contenzioso semmai vada risolto da un tribunale internazionale; l’India s’inca**a, e sostiene giustamente che l’Italia non rispetti i patti. Ieri, il Governo decide di rispedire i due fucilieri in India.

Questa la breve  cronistoria di una colossale figuraccia e di una questione gestita in un modo per il quale l’espressione ‘a cozza di cena’ (inversione di consonanti) appare anche generosa, pensando che al Governo non ci sono i soliti ‘politici di casa nostra’ che in genere a competenza lasciano abbastanza a desiderare, ma dei presunti ‘tecnici’, che invece dovrebbero conoscere la materia a menadito, fin nelle pieghe più riposte. Invece, il nulla: tentennamenti, pressapochismo, incapacità di reggere il confronto con l’India, che in quest’occasione ha mostrato – casomai ce ne fosse stato il bisogno – di essere diventata una potenza geopolitica di dimensioni mondiali (basta pensare al modo timido e titubante in qui la questione è stata affrontata anche livello europeo, senza mai andare oltre mere dichiarazioni di circostanza).

Soprattutto, ed è l’aspetto più grave della vicenda, vi è stata totale e completa in capacità di prendere una decisione e di portarla alle estreme conseguenze: si è più o meno traccheggiato durante tutto il periodo di permanenza dei due soldati  in India, per poi fare improvvisamente la ‘voce grossa’ (approfittando però del fatto che i militari  erano tornati a casa), per poi prontamente fare dietrofront e rispedire i marò in India.

Complimenti, davvero: e questo era il Governo che aveva ‘fatto ritrovare all’Italia il prestigio internazionale’: si, come no, si è visto…

R.I.P. PIETRO MENNEA (1952 – 2013)

…e poi torni a casa e accendi il Televideo, per vedere cos’ha detto Grillo e come stanno andando le cose, eccetera, eccetera… e ti trovi davanti la scritta: “è morto Pietro Mennea” e come succede sempre in questi casi, si fatica a mettere le due cose insieme. Mennea – morto: quante volte ci è successo, specie di fonte a un giovane, o uno sportivo, uno di ‘quelli che l’ultima cosa che ti viene da pensare è che muoiano prima di aver raggiunto la vecchiaia’.

Pietro Mennea è quasi un personaggio mitologico, esponente di un’epoca ‘che non c’è più’, di quando i velocisti bianchi avevano ancora ‘qualcosa da dire’ nel mondo dell’atletica, almeno fino a quando, un paio d’anni fa, il francese Lemaitre ha provato a farsi spazio tra ‘quelli che contano’; ma in questi ultimi trent’anni, l’atletica ‘veloce’ è stata nera (oddio, nera è stata pure l’atletica ‘lenta’, ma questo è un discorso lungo e articolato). Sia come sia, Mennea sembrava uno di quegli eroi appartenenti a un’epoca lontana, difficile da immaginare.

Strano pensare che la mia generazione quell’epoca l’ha vissuta, seppure di striscio: nel 1979, quando fece il record sui 200 metri che ha resistito per 17 anni, quasi un’era geologica, prima di essere battuto da Michael Johnson alle Olimpiadi di Atlanta del 1996, avevo cinque anni; quando vinse la medaglia d’oro, sempre sui 200, alle Olimpiadi ‘monche’ (per il boicottaggio di Stati Uniti & Co.) dei Mosca, ne avevo sei: troppo, troppo piccolo per ricordarmi qualcosa… così per me Mennea è sempre stato qualcosa di ‘precedente’, di ‘antico’: la sua corsa commentata da Rosi per me è più o meno sullo stesso piano di quella di Berruti del 1960: anche se tra le due imprese ci sono vent’anni, per me appartengono a una stessa ‘età dell’oro’, a me totalmente sconosciuta.

Leggere una notizia del genere lascia sempre l’amaro in bocca, specie in chi ama lo sport. In chi lo sport lo pratica più o meno abitualmente, l’amarezza si trasforma in disagio: non importa se sia sportivi a livello agonistico o amatoriale, se si sia patiti della forma fisica o lo si faccia per semplice gratificazione, se sia mossi da un’esasperata voglia di competere, o se lo si faccia con intenti molto più tranquilli… la differenza è tra ‘noi’ e ‘loro’, tra chi fa sport e chi non lo fa. Sono andato in piscina per quasi due decenni, dalla metà degli anni ’90 all’anno scorso: quest’anno mi sono fermato, non so ancora se definitivamente o meno, è che poi a un certo punto senti che oltre un certo limite non puoi andare e, almeno nel mio caso, pensi che forse è il caso di fermarsi prima di diventare una di quelle ‘lumache’ che occupano la vasca e rallentano gli altri, contro quali puntualmente tra te e te inveivi. Al posto del nuoto, quest’anno, cammino il più possibile, aggiungo un pò di pesi la sera: il tono muscolare è diminuito, ma mica poi tanto (la mia costante magrezza mi aiuta, almeno l’aver smesso non ha comportato l’aumento di peso)… Però, ecco, qualcosa cerco di fare e lo ammetto, ho sempre considerato un filo ‘inferiore’ chi di attività fisica non ne fa, fermo restando che ognuno fa le sue scelte. In questo sono sempre stato sostenuto dal martellamento mediatico secondo cui ‘mens sana in corpore sano, bisogna fare attività fisica, etc…’ e poi Pietro Mennea muore a 61 anni e quasi quasi ti convinci che tutta ‘sta storia dello ‘sport che fa bene e che allunga la vita’ sia una panzana, che tutto dipenda da altri fattori, probabilmente genetici, per cui magari un salutista schiatta mentre fa jogging e uno che fuma e ingolla schifezze a tutto spiano magari arriva a cent’anni.
Succedono queste cose, e ti poni delle domande sullo sport e il suo senso, e magari pensi che la salute c’entra poco, che tutto sto martellamento sul ‘vivere bene’ poi si scontra con la glaciale freddezza di un dato di fatto: un campione olimpico dei 200 metri può ammalarsi come chiunque altro, non c’è stile di vita che tenga.
Che fregatura.

NOI 3

di Grant Morrison, testi e Frank Quitely, disegni.

Edizioni RW

Cartonato, pagg. 144, € 23

Noi3, ovvero Nuovi Organismi Ibridi: c’erano una volta un cane, un gatto e un coniglietto… che divennero vittime di un esperimento scientifico – militare: inseriti in esoscheletri da combattimento, sono i prototipi di un nuovo tipo di esercito, che usa comuni animali domestici in luogo degli esseri umani; la ‘fedeltà’ e ‘ubbidienza’ degli animali, unita al loro implacabile istinto predatorio…
Una volta conclusa la sperimentazione, i tre sono destinati alla soppressione, ma la giovane scienziata che fin dall’inizio se n’è presa cura ne favorirà la fuga.
Inizierà così la loro corsa verso la libertà, alla ricerca di un posto da poter chiamare ‘casa’; braccati dall’esercito, i tre si difenderanno, oltre che con le unghie e con i denti, con le armi inserite nelle loro armature da combattimento.
Nel 2004 quel ‘geniaccio’ di Grant Morrison, coadiuvato alle matite da un Frank Quitely in assoluto stato di grazia, pubblica per la Vertigo, la linea per ‘lettori maturi’ della DC Comics (la stessa casa editrice di Superman e Batman), questa favola per adulti che regala momenti lirici, parentesi di empatia e un pizzico di commozione.
Non si può fare altro che partecipare fin dalle prime pagine alle vicissitudini di questi poveri cuccioli strappati alle loro case (efficacissima e un filo ‘paracula’ l’idea di aprire ogni capitolo con la riproduzione di quei manifestini che spesso s’incrociano sui muri o sui pali della luce delle città, in cui si denuncia la scomparsa di gatti o cani) e vittima di una sperimentazione scientifica che li trasforma loro malgrado in armi di distruzione di massa.
Si fa il tifo per loro nel corso della loro fuga, in cui dovranno peraltro fare i conti, oltre che con l’esercito ‘tradizionale’ anche con alcuni loro ‘colleghi’, altri animali ‘trasformati’ in modo da diventare pericolosi strumenti di morte… si condivide l’atto di ribellione della giovane scienziata che davanti all’ineluttabilità del destino delle proprie povere cavie, compie un atto di ribellione, accettandone tutte le conseguenze.
Il tutto graficamente narrato in un modo eccezionale, con sequenze mozzafiato e soluzioni (come ad esempio il moltiplicarsi delle vignette che in una sola pagina riprendono la stessa scena da angolazioni diverse, ricreando una sorta di ‘tridimensionalità’ con uno stratagemma tipicamente cinematografico) originalissime.
Un lavoro impreziosito ancora di più dal grande formato che la RW ha scelto per questa nuova edizione, ulteriormente omaggiata dalla copertina rigida: certo il prezzo è alto, per un’opera indirizzata forse solo agli appassionati per la quale  una tale edizione appare anche esagerata, ma la lettura intensa ed emozionante merita sicuramente.

HABEMUS CAMERORUM PRESIDENTES

Beh, due ottime scelte, mi pare: certo Pietro Grasso l’avrei visto molto meglio come Ministro della Giustizia, l’impressione è che sia stato ‘sacrificato’ dal PD in una sorta di ‘test’ sulla tenuta del MoVimento 5 Stelle: proponiamo un nome ‘di peso’ e vediamo se ‘loro’ continuano a ‘negarsi’, insomma… e in effetti il test è riuscito; mi sembra abbastanza inesatto e discretamente disonesto, parlare di ‘spaccatura’, comunque. La realtà è che, come già aveva ampiamente fatto sapere, il MoVimento ha discusso, si sono sollevati pareri diversi, alla fine com’è giusto che sia si è lasciata libertà di scelta… Molto più democratico il MoVimento 5 Stelle che non il gruppo dei ‘montiani’, comunque, tutti ‘usi obbedir tacendo’ agli ordini ‘dall’alto’, venuti da un Monti ormai preda di delirio di onnipotenza che si crede di poter saltabeccare da una carica all’altra come se nulla fosse, del tutto incurante delle conseguenze (alla faccia della sua presunta ‘istituzionalità’). Il test è stato efficace, anche perché dimostra che comunque, in presenza di nomi ‘di livello’, è possibile trovare una convergenza tra PD e MoVimento: di certo, comunque, è pia illusione pensare che il MoVimento possa poggiare un Governo a guida Bersani. Ottima la scelta di Laura Boldrini, che ha tenuto un discorso intenso, emozionante, tutto politico e quasi del tutto privo dei consueti e grigi contorni istituzionali.  Vorrei chiudere con una notazione: sembrerà che io ce l’abbia col PD, però non posso fare a meno di osservare come per l’ennesima volta, quando si è trattato di conferire un incarico di ‘peso’, il Partito Democratico non sia riuscito a proporre ‘soluzioni interne’ dovendo ricorrere a ‘esterni’: se pensiamo che prima di mettere in campo il nome di Boldrini, il candidato più ‘autorevole’ alla Camera era stato quello di Franceschini, è tutto dire… Meglio le cose al Senato, dove si era fatto il nome, comunque valido, di Anna Finocchiaro, alla quale per i motivi di cui sopra è stato preferito Grasso, meno identificabile col partito…