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I SOLITI POLITICI DI M****

Un film già visto, l’assoluta mancanza di vergogna di una classe politica che vede nella ‘poltrona’ la propria unica ragione di vita, che se ne fotte alla grande di cosa pensino – e come vivano – i cittadini.
Io non parlo degli ‘altri’, quelli che in fondo sappiamo tutti come sono fatti, quelli che in fondo hanno sempre avuto un comportamento ‘lineare’, coerente e quindi alla fine non possono manco essere criticati.
Io mi riferisco al solito PD che predica bene e razzola male, che non perde mai occasione di mostrare senza alcuna remora la propria doppia faccia, il doppiopesismo, dicendo una cosa, facendone un’altra e poi andando in tv col capo cosparso di cenere perché tanto ormai ‘la frittata è fatta’ e in fondo, basta scusarsi a favore di telecamera.
Non dico che il senatore Azzolini sarebbe dovuto essere messo ai domicialiari (sottolineo: non in galera, ai domiciliari, cosa che alla stragrande maggioranza dei cittadini comuni è preclusa, dato il numero abnorme di detenuti in attesa di giudizio che affolla le carceri italiane) a prescindere.
Dubito però, così come è stato anche sottolineato da alcuni, che i senatori italiani abbiano letto tutte le carte e si siano formati un’opinione; anche perché, diciamocelo, la maggior parte dei nostri rappresentanti in Parlamento è in parte o del tutto priva di mezzi culturali adeguati…
Non voglio nemmeno santificare chi ha votato a favore dell’arresto, ci mancherebbe; ma è un fatto che il voto è stato ‘politico’; ed è un fatto altrettanto incontrovertibile che, come MoVimento Cinque Stelle, Sel, Forza Italia, NCD e via dicendo hanno votato – a favore e contro – rispettando in fondo la propria ‘indole’, il PD come al solito ha proceduto in ordine sparso, a riprova che ormai quel partito è del tutto privo di una qualsiasi struttura ideale, che non sia il puro e semplice obbiettivo della conquista e del mantenimento del potere.
Quando poi, di fronte a quello che è successo, mi devo sorbire le dichiarazioni di Zanda e Serracchiani, beh allora mi sento veramente preso per i fondelli: ancora più mi sentirei preso in giro se fossi un elettore del PD.
Zanda dice che ‘il vosto segreto si presta ai giochi politici’: bene, ma non mi pare che il PD abbia alzato le barricate per ottenere il voto palese; anzi; e poi Zanda è prorio quello che, da ‘capo’ dei senatori PD ha lasciato al gruppo la ‘libertà di votare secondo coscienza’; il che ci porta alle dichiarazioni di Serracchiani, che ha sottolineato come, forse, si sarebbe dovuto votare secondo l’orientamento della Commissione Giustizia che, ricordiamo, aveva votato a favore dell’arresto.
La domanda è: perché dirlo dopo? Perché nessuno, contro le ‘direttive’ di Zanda ha alzato la voce, proponendo l’alternativa? Dirlo dopo è veramente troppo facile.
Si dice spesso che il Parlamento opera come un ‘mero esecutore’ di direttive ‘altre’, ad esempio quelle provenienti dal Governo… Però al Parlamento è possibile ‘alzare la testa’: stavolta, contro quanto indicato dai loro stessi colleghi, i parlamentari hanno deciso di ‘ribellarsi’, mostrando la ‘schiena dritta’: in che occasione? Solo quando c’era da tutelare uno dei loro.
In fondo, sanno che, come al solito, ‘passata la festa, gabbato lo santo’: del caso Azzolini si parlerà per una settimana e poi tutto verrà affossato tra le notizie dedicate alla calura estiva, agli incendi, tra le immagini delle chiappe ambulanti sulle spiagge e degli orsi degli zoo nutriti a cocomeri congelati.
Normalmente, dovrebbero avere almeno un po’ di pudore, di remore, pensando al fatto che poi l’elettorato al momento giusto si potrebbe ricordare di certe situazioni; ma l’elettorato com’è noto, ha poca memoria… e comunque in Italia non è dato di sapere né quando, né se si riandrà al voto, visto quello che è successo negli ultimi anni…
Nel frattempo, ai cittadini ai quali, nonostante il caldo, è ancora rimasta un briciolo di forza per indignarsi, non rimane che assistere inermi al perpetrarsi quotidiano delle solite porcherie.

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ELEZIONI REGIONALI

L’impressione davanti alle imminenti elezioni regionali è quella di un generale abbassamento del livello dei candidati; ancora di più, di uno scadimento della politica ‘in sé’.
A dire la verità, non ci si capisce quasi più niente: politologi e filosofi ci hanno ampiammente spiegato come siamo ormai nel periodo della ‘post-ideologia’ e che è inutile ragionare secondo i ‘vecchi schemi’, sinistra-destra: tutto giusto, ma se alla fine delle ‘ideologie’, segue la fine delle ‘idee’ e il principio generale diventa solo: “tutto pur di andare al potere e rimanerci” qualcosa di sbagliato c’è. A me basterebbe alla fine che ci fosse una sinistra ‘progressista’ fautrice dell’ampiamento dei ‘diritti’ (civili, economici, al lavoro, all’istruzione) e una destra conservatrice che parta dai ‘doveri’, ma qui non c’è nemmeno più questo. Siamo davanti ad un semplice ‘mettere insieme’ tutto ed il contrario di tutto: intanto si conquisti il potere e poi vediamo.

E’ una storia che viene da lontano, una catena della quale Renzi è solo l’ultimo anello, cominciata con le ammucchiate uliviste, proseguita col principio del ma-anchismo veltroniano (ricordo che quando Veltroni era sindaco di Roma, poco ci mancò che si presentasse alle elezioni una lista dei ‘fascisti per Veltroni’) e con l’esiziale idea del PD, nato per mettere insieme tutti e che oggi forse si vorrebbe portare alle estreme conseguenze col ‘Partito della Nazione’. Il risultato è che se nelle candidature alle regionali si cerca uno straccio di principio, di idea, si fatica a trovarlo: è solo una gara a conquistare il potere. Non parlo per carità di patria di profili penali, di candidati incandidabili e di altri in odor di criminalità, perché si aprirebbe un capitolo troppo ampio…

Qualche giorno fa per caso mi sono imbattuto in un dibattito elettorale coi candidati della Campania: un cittadino che non ne sapesse nulla avrebbe concluso che Caldoro (candidato di centrodestra) fosse del PD e De Luca (candidato del PD) si presentasse per La Destra di Storace; stessa impressione, un filo annacquata, per la Puglia: anche qui Emiliano vuole dare l’idea dell’uomo ‘forte’: gli è stata contestata la candidatura di ex AN nella sua lista, la risposta è stata che “in Puglia si è sempre fatto così”, e che alla fine ‘accogliere chi ci sta’ non è poi una bestemmia. In Liguria, vivaddio, la ‘sinistra’ ha avuto un sussulto d’orgoglio rispetto alla candidatura PD della Paita in odore di Burlando, che sembra aver già ventilato la possibilità di un Governo con l’NCD, seguendo l’esempio di quello nazionale; piccolo inciso: se i liguri voteranno per chi sarà l’erede delle amministrazioni che negli ultimi 15 anni hanno massacrato il territorio, beh, alla prossima alluvione non si lamentassero… certo se l’alternativa deve essere Toti, quello che ‘Novi Ligure è in Liguria’ (errore da geografia di Terza Elementare), beh, non invidio i liguri… così come non invidio i veneti, costretti a scegliere tra uno Zaia che si è attribuito tutto il bene del Veneto attribuendo tutto il male al Governo centrale, un Tosi che non si sa dove voglia andare e Alessandra Moretti, quella che ‘per le politiche è importante andare dall’estetista’, quella che – ricordo – a Ballarò ebbe il coraggio di citare trai risultati delle giunte di sinistra a Roma, la terza linea della Metro, quando di quella linea non era ancora nemmeno attivo il breve tratto in funzione da solo pochi mesi a questa parte. Il livello insomma mi pare abbastanza infimo…

Non mi meraviglierei se, a questo giro, il MoVimento Cinque Stelle cominciasse ad ottenere risultati soddisfacenti anche sul piano locale; non parlo di vittorie ma, soprattutto in Liguria e in Puglia, c’è la possibilità di portare a casa un buon risultato. Certo, fossi un elettore delle regioni interessate, rispetto a duelli Zaia – Tosi – Moretti, Paita – Toti, Caldoro – De Luca, o Emiliano – Schitulli – Poli Bortone, andrei dritto su M5S: insomma, meglio la totale inesperienza condita con proposte magari un filo irrealistiche, che la lotta per il potere fine a sé stesso svuotata di ogni parvenza di contenuto ideale.

LEGGE ELETTOR(AN)ALE

La legge elettorale appena approvata non mi piace; mi fa abbastanza schifo, in realtà: non tanto perché non corrisponda ai miei ‘desiderata’ (io sono un fautore del maggioritario di collegio, sul modello britannico, per intenderci): so bene che la ‘legge perfetta’ non esiste, quanto perché la legge appena approvata è quanto di più confuso e caotico, fatto di premi di maggioranza, capolista bloccati, preferenze…

Una legge è buona se si fa in fretta a spiegarla e capirla; una legge è fatta male quando per spiegarla e capirla ci vuole mezz’ora e forse manco basta; una legge fa schifo quando è stata volutamente scritta male, perché, come si dice,  ‘il diavolo è nei dettagli’, e questa legge è stata concepita in modo volutamente confuso per prendere in giro gli italiani, affermare una cosa, quando poi la realtà è molto diversa…

 
IL PREMIO DI MAGGIORANZA

Va premesso che la Legge di cui si parla, pur essendo ‘generale’, dovrebbe teoricamente valere solo per la Camera dei Deputati, visto che la riforma della Costituzione in corso di approvazione prevede che il Senato non sia più un organo eletto a suffragio universale, ma solo dai rappresentanti di Comuni e Regioni.
La legge elettorale appena approvata (non la chiamerò per nome, perché tutte le ‘latinizzazioni’ usate negli ultimi anni hanno svilito il latino, facendo rivoltare i padri del diritto nella tomba) può essere criticata per tre motivi principali: premio di maggioranza, capolista bloccati, preferenze; sono elementi non buoni o cattivi di per sé, il problema sta nell’uso che se ne fa.

Descrivendo questa legge si dice: “la sera delle elezioni si saprà chi ha vinto”, che è un principio giusto e sacroanto; l’obbiettivo viene raggiunto assegnando al partito che ha vinto il cosiddetto ‘premio di maggioranza’; ora: a me a sentire parlare di ‘premio’ già viene l’orticaria, perché sostanzialmente significa fare si che una quota di parlamentari non corrisponda effettivamente ai voti ottenuti. Comprendo però come in Italia, vista la tendenza alla frammentarietà della scena politica, il ‘premio’ possa anche essere ritenuto necessario; il problema sta nel fatto che questo premio è abnorme e ha pochi precedenti e analoghi all’estero.
Si dirà che per l’ottenimento del ‘premio’ bisogna raggiungere il 40 per cento dei voti: possibilità remota, ma che per esempio nelle ultime elezioni europee si è già verificata… Se nessuno raggiunge il 40 per cento (quindi, come osservava recentemente la costituzionalista Carlassare, non si tratta nemmeno di un premio di maggioranza, visto che il premio va non a chi raggiunge la maggioranza – 50% per cento + 1 – ma semplicemente a chi ottiene più voti: si dovrebbe dire: premio di maggioranza relativa, che è ben altro) i due partiti con più voti vanno al ballottaggio, ma anche qui da quanto ho capito il vincitore avrebbe comunque il premio.

Secondo: dare il premio al partito vincitore e non alla coalizione ha una discreta logica: si impedisce che partiti che contano poco possano avere un potere di ricatto nei confronti del Governo; però: cosa succede il gorno dopo le elezioni? E se un gruppo di parlamentari eletti nel partito che ha vinto va per i cavoli suoi e fonda un gruppo autonomo alla Camera, finendo per ricattare il Governo allo stesso modo? Pensate a quello che è successo col Nuovo Centro Destra, un partito non presente nella società, nato da una scissione parlamentare, che ha modificato gli equilibri di maggioranza e opposizione; cosa impedisce che al prossimo giro assisteremo allo stesso fenomeno?

 

I CAPOLISTA BLOCCATI

Quando apre la scheda, l’elettore si trova davanti i simboli dei partiti affiancati da un nome e da alcune righe ‘in bianco’; i nomi stampati sulle schede sono quelli dei ‘capolista’ dei partiti nei collegi: si tratta, almeno per quanto concerne i due, tre, partiti maggiori, di persone che in Parlamento ci andranno comunque. Poniamo il caso che in un collegio si presentino Gelmini per Forza Italia, Ruocco per M5S e Serracchiani per il PD: l’elettore sa già in partenza che qualsiasi sarà il suo voto, Gelmini, Ruocco e Serracchiani avranno comunque il loro scranno, a prescindere: i capolista (prevedibilmente saranno i ‘big’ dei vari partiti) sono candidati ‘privilegiati’ che sostanzialmente sfuggono al giudizio popolare perché nella Camera ci entreranno comunque: anche se non siamo di fronte all’estremo della precedente legge, in cui tutte le liste erano bloccate, dando vita ad un Parlamento di nominati, boss di corrente, amici degli amici, etc… Il sistema dei capolista bloccati permette comunque ad una quota di candidati di entrare alla Camera a prescindere.

 

LE PREFERENZE

Accanto ai capolista privilegiati, c’è la possibilità per l’elettore di esprimere una serie di preferenze: ogni partito proporrà liste di candidati (da quello che ho capito ognuna ne proporrà circa una decina, molti meno che in passato e questo può anche essere un elemento positivo), trai quali poter scegliere.
Ora: quello delle preferenze a prima vista è uno strumento positivo: se io conosco un candidato e mi fido di lui, gli do il voto. Il problema è che in Italia quasi sempre il voto di preferenza si è tradotto in una lotta senza quartiere trai candidati per ottenere il consenso, lotta che spesso è stata portata avanti con metodi poco leciti e col voto di scambio; il voto di preferenza è stato spessissimo il ‘grimaldello’ con cui le assocciazioni criminali hanno portato in Parlamento i loro referenti. Mi auguro che ciò non avvenga, che la selezione ‘a monte’ sia rigorosa, altrimenti ci ritroveremo con una Camera piena di gente che non penserà certo al benessere dei cittadini…

 

IN CONCLUSIONE

Il prossimo Parlamento potrà arà composto da tre tipologie di individui:

1) I capilista bloccati, nominati dalle segreterie di Partito e sottratti al giudizio popolare.

2) Gli eletti con le preferenze, espressione del reale voto dei cittadini, dei quali si può solo sperare che siano persone oneste.

3) Coloro che potrebbero entrare in Parlamento in forza del ‘premio di maggioranza’,  che rappresentano un ibrido: perché se da un lato hanno comunque ottenuto dei voti ‘reali’, dall’altro fanno parte di una quota di Parlamento che non corrisponde alla volontà complessiva del corpo elettorale; si potrebbe verificare questo caso, ad esempio: poniamo che il PD vinca le elezioni ed ottenga il Premio: potrà succedere che grazie a questo entrino in Parlamento rappresentanti del PD che hanno ottenuto meno preferenze di candidati di Forza Italia o M5S: non saprei come chiamarla, se non distorsione della volontà popolare.

Visto così, dunque, è difficile affermare che il prossimo Parlamento sarà il reale specchio della volontà degli elettori: sono stati conservati elementi di ampia discrezionalità per i capi partito che potranno in una certa misura portare in Parlamento chi piace a loro, a prescindere dal gradimento dell’elettorato, ed è stato stabilito un abnorme premio di maggioranza, anch’esso non corrispondente al voto reale… Il prossimo Parlamento diverrà quindi in buona misura una diretta emanazione del partito che ha vinto le elezioni e per estensione del suo leader: il che potrebbe portare l’Italia ad essere una ‘democrazia’ in cui il leader del partito che ha vinto le elezioni ha un potere pesantissimo sul Parlamento, mancando per il momento a fronte di questo i necessari contrappesi della Costituzione; con una legge elettorale del genere, non resta che sperare che il leader di turno del Partito vincitore sia una persona tranquilla e in buona fede, perché il giorno in cui questi dovesse essere un individuo autoritario e dalle tendenze un filo dittatoriali, allora saranno ca**i… come dite? Renzi corrisponde al profilo? E’ già… fate voi…
Ci viene detto che, approvata la legge elettorale, la Costituzione verrà in parte modificata per tenerne conto, ma a rigor di logica, prima viene la Costituzione e poi la legge elettorale, non il contrario… insomma, visto che in Italia le leggi elettorali si succedono con cadenza decennale, che facciamo? Cambiamo la Costituzione ogni volta che cambia la legge elettorale?
Resta il fatto che questa legge elettorale lascia seri dubbi per il suo essere macchinosa e per sottrarre gran parte del Parlamento alla volontà dell’elettorato.

Il finale è sempre lo stesso: ci troviamo di fronte ad un processo di riforme che il Governo Renzi sta portando avanti avendo come scopo l’ampliamento e la conservazione del proprio potere nel breve termine: si riforma la legge elettorale e poi gli si adatta la Costituzione perché così fa comodo, fregandosene delle conseguenze… tanto il programma di Renzi non è certo quello di ‘durare poco’: Renzi ce lo dovremo tenere ben al di là delle due legislature da lui ‘preventivate’ (fino al 2023): tra 15, 20, 40 sarà ancora qui trai piedi, e se non sarà lui, sarà uno dei ‘geni’ che lo circondano, magari una delle tante ‘bellocce da talk show’ che lui ha portato al potere solo in virtù dell’aspetto fisico gradevole…

Auguri a tutti.

RENZI E LA DEMOCRAZIA

Pensando a Renzi, mi viene in mente ciò che Nanni Moretti, in un celebre discorso tenuto a Piazza San Giovanni, disse di Berlusconi: “E’ estraneo alla democrazia, non la capisce e non gli serve”… sottolineerei l’ironia di un leader totalmente antidemocratico alla guida di un Partito Democratico.

 

DECISIONE E DISCUSSIONE

Attenzione, Renzi parte da premesse molto condivisibili: è vero che in Italia c’è da sempre un surplus di dibattito, è vero che spesso qui da noi le discussioni non hanno mai fine e che ne derivano spesso provvedimenti annacquati che perdono gran parte della loro efficacia; è altrettanto vero che il simbolo di tutto questo è la sinistra: in un Paese che anche dopo 70 anni non ha ancora superato il ‘trauma’ dei vent’anni di dittatura, qualsiasi ‘decisionismo’ viene subito bollato come dittatorial-fascista: è successo a Craxi, è successo a Berlusconi, succede ora a Renzi; il problema è che se vediamo che fine hanno fatto Craxi e Berlusconi, forse obbiettare sugli atteggiamenti di Renzi non è così sbagliato… La sinistra da sempre discute, discute, discute e raramente arriva a soluzioni efficaci: non è un caso se in Italia ha governato sempre poco e quando lo ha fatto ha finito per collassare non per l’inefficacia dei propri provvedimenti, quanto per le discussioni interne. Renzi, insomma, ha ragione quando afferma di voler scardinare questo sistema.

 

RENZI: LA SCALATA NON DEMOCRATICA AL POTERE

Il problema non sta nelle premesse, ma nelle conseguenze e nei modi: l’estraneità di Renzi alla democrazia è resa evidente dal percorso che lo ha portato alla Presidenza del Consiglio: è diventato segretario del PD attraverso primarie che al meglio potrebbero definirsi come raffazzonate e approssimative; le primarie sono un ottimo strumento, ma così come sono state portate avanti dal PD in questi anni, sono totalmente prive di qualsiasi affidabilità; in seguito, Renzi è diventato Presidente del Consiglio senza alcuna legittimazione popolare o passaggio elettorale, in virtù di un sistema abberrante come quello italiano che permette a chicchessia di diventare Presidente del Consiglio senza passare attraverso il voto.

Chiaramente, la nomina di Renzi alla Presidenza del Consiglio non ha nulla di incostituzionale: il problema è che uno che ha scalato il potere in questo modo (se vogliamo anche un po’ vigliacchetto, all’insegna dei vari enricostaisereno e via dicendo), dovrebbe magari procedere in modo un filo più cauto e dialogante…
Invece Renzi si comporta come il bullo di classe, sicuro che nessuno abbia il coraggio di andare fino in fondo rompendogli i co***oni… O meglio, gli unici che hanno il coraggio di farlo sono quelli di M5S; gli altri, tutti accodati: NCD che usa obbedir tacendo, Forza Italia che fino a qualche mese fa era pappa e ciccia con lui… e la ‘minoranza interna’.

 

LA SINISTRA DAI LEADER ELETTI E SEGATI A MATTEO RENZI

Ora: la storia della sinistra degli ultimi anni è fatta di segretari ‘acclamati’ che poi dal giorno successivo all’elezioni si sono visti segare la poltrona dalle ‘minoranze interne’ (in virtù del fatto che a sinistra bisogna sempre mettere in discussione la dirigenza, perché ogni parvenza di ‘decisionismo’ è giudicata come fascista e dittatoriale); a forza di tirare la corda però, è arrivato il momento che questo modo di agire (che negli ultimi anni ha danneggiato moltissimo non solo la sinistra, ma tutta l’Italia, vedasi l’ingloriosa fine fatta dai Governi Prodi), ha smesso di funzionare… ha smesso di funzionare, perché il PD non è il PCI, il PDS o i DS, è altro: non un partito di ‘sinistra’, ma un ‘partito del niente’: si è passati dalla pura ideologia alla mancanza di qualsiasi principio; il PD è un partito volto solo ed esclusivamente alla conquista ed alla conservazione del potere, pronto a raccogliere al suo interno chiunque per raggiungere lo scopo: può non piacere; se non vi piace, scrivete a Veltroni, il ‘genio’ che ha inventato ‘sto partito e protestate.
Quindi: il ‘segare la sedia’ funzionava con un partito di sinistra in cui la discussione aveva sempre la meglio sulla decisione; col PD, ‘partito del potere’ il metodo non funziona più, specie se a guidarlo è uno come Renzi, che di sinistra, non ha nulla; Renzi il quale si è portato appresso una pletora di persone uguali a lui, gente che adesso sta al Governo, ai vertici del Partito, o che va nei talk show televisivi, che di sinistra, destra o centro non ha nulla, mossa solo dal desiderio di apparire e di farsi bella a favore di telecamera: il nulla eletto a sistema di potere.

Il fatto è che la ‘minoranza PD’ dovrebbe essere ribattezzata ‘minorati PD’, una massa di ritardati che hanno pensato di poter applicare a Renzi gli stessi metodi del passato, accorgendosi troppo tardi di essere fuori tempo e sostanzialmente finendo per prendersela nel didietro. Il problema poi, è che di minoranza PD non ce n’è una, ma almeno tre o quattro, che non sono riuscite a fare ‘massa critica’; in più, vi è stato un errore di comunicazione: il messaggio che arriva all’opinione pubblica è che la minoranza PD non sia realmente interessata al merito delle questioni, ma rompa il ca**o per il solo gusto di farlo, o magari con l’obbiettivo di ottenere qualche poltrona… certo, va riconosciuto a Speranza di averla mollata, una poltrona, ma ha comunque lasciato un incarico, quello di Presidente del gruppo PD, ‘onorario’ o quasi…

 

RENZI SPACCATUTTO

Tutto ciò ha finito per dare mano libera a Renzi, che ha potuto continuare a comportarsi nel suo solito modo precarivatore, arrogante e prepotente, da bullo di classe… fino a mettere la fiducia sulla legge elettorale. Ora, io non entro nel merito: a me la legge elettorale, così come la riforma del senato, fanno del tutto schifo, perché ritengo, per vari motivi, che siano funzionali non alla migliore selezione della classe politica o al funzionamento delle istituzioni, ma al potere del Presidente del Consiglio, e mi fermo qui. Renzi dice che mettere la fiducia sulla legge elettorale ‘è normale’: ma se in Italia la stessa cosa è avvenuta solo con Mussolini e la cosiddetta ‘Legge truffa’, tanto normale alla fine non è…

Aggiungo: Renzi afferma di voler andare alle elezioni solo nel 2018; la nuova legge elettorale sarebbe stata ugualmente approvata nel giro di pochi mesi, attraverso le ordinarie procedure parlamentari… Perché allora Renzi mette la fiducia? Perché è un prepotente e utilizza una legge importante come quella che regola l’elezione del Parlamento, per sbarazzarsi una volta per tutte dei minorati della minoranza interna. Ora, quale concezione pensate che abbia della democrazia una persona che usa una legge elettorale, per ‘regolare i conti’ col proprio partito? Non una concezione alta, sicuramente: Renzi è estraneo alla democrazia, non la capisce e non gli serve… o meglio, forse la capisce fin troppo bene e se ne serve sostanzialmente per farsi i ca**i suoi.
Il tutto, inserito in un contesto in cui il Governo mette la fiducia un giorno si e l’altro pure con la scusa del ‘non c’è tempo’, esautorando nei fatti il Parlamento, come hanno fatto i Governi Berlusconi, Monti e Letta in precedenza, e allora ci sarebbe da chiedersi che ca**o li paghiamo a fare 10.000 euro e passa al mese i parlamentari: forse per andare nei talk show televisivi?

 

L’ESITO

La legge elettorale passerà comunque e Renzi potrà dire di aver vinto; la stragrande maggioranza dei minorati della minoranza PD alla fine chinerà il capo, come ha sempre fatto; chi non voterà la fiducia, sia pure solo per mostrare un minimo di serietà, dovrebbe dimettersi dal PD e dal gruppo parlamentare (sarebbe gradito che si dimettessero pure da parlamentari, ma questo non accadrà, perché non avrebbero di che campare); di certo, dopo aver annunciato il ‘non voto’ alla fiducia, Bersani, Speranza e Civati non possono continuare a far parte del PD come se niente fosse, pena perdere quell’ultimo brandello di credibilità che gli è rimasta: ormai Bersani sembra l’imitazione di Crozza che imita Bersani; Civati è da anni che dice ‘me ne vado’, ma siccome non sa dove andare, resta lì; Speranza non ho idea di che intenzioni abbia; Letta ha già annunciato di mollare la poltrona di parlamentare, liberandosi le mani rispetto a Governo e parlamento.

In tutti i casi, l’Italia sarà quasi completamente in mano a un bullo arrogante il cui unico scopo è ingrassare il proprio potere, con buona pace degli italiani.
Auguri a tutti.

MATTARELLA PRESIDENTE

Sergio Mattarella è il sesto Presidente della Repubblica all’elezione del quale riesco ad assistere: quando sono nato, nel 1974, c’era Leone, ma di lui non ho alcun ricordo, ero veramente troppo piccolo; poi arrivò Pertini, che è stato il Presidente dell’infanzia della mia generazione: tutti i nati in quel periodo lo ricordano sui luoghi delle stragi (la stazione di Bologna), delle catastrofi (il terremoto dell’Irpinia), delle tragedie (Vermicino), ma le immagini che tutti credo abbiano impresse sono quelle della finale di Spagna ’82; di Cossiga ricordo soprattutto il periodo finale, quello delle ‘esternazioni’; poi arrivò Scalfaro, un personaggio con empatia pari a zero, tutto chiuso in un’interpretazione ‘missionaria’, quasi ‘sacrale’ del proprio ruolo; ottimo il ricordo di Ciampi, che ha dedicato la sua Presidenza a riscoprire un certo orgoglio nazionale… e poi arriviamo a Napolitano: ottimo fino a quando non ha ritenuto di doversi sostituire alla ‘politica’, ponendo le sue convinzioni personali davanti a tutto: incapace di capire fino in fondo la società, come ha dimostrato il non aver nemmeno cercato di comprendere fino in fondo il ‘fenomeno’ rappresentato dal MoVimento Cinque Stelle: meglio in fondo i Governi e le riforme sostenuti dal pluriindagato Berlusconi, che non dare una possibilità  gente nuova ed onesta…

E adesso, Mattarella: poteva andare peggio, molto peggio: a me in fondo bastava che non venisse eletto Amato; tutti gli altri per me pari erano; certo, avrei digerito poco anche un Veltroni od un Casini, ma insomma, sempre meglio di Amato. Mattarella mi convince: non solo, ovviamente, per la vicenda umana, legata all’uccisione del fratello; anche per come viene descritto: a me quelli ‘riservati’, ‘schivi’, che magari si tengono le risate e le battute per i momenti privati tra amici e famigliari mi sono sempre piaciuti: a me i politici che se la ridono tra di loro in genere mi fanno venire il voltastomaco, mi danno l’idea di quelli in fondo fanno tutti parte della stessa ‘combriccola’… poi ovviamente nella sua nuova veste sarà costretto a ridere in pubblico, a stringere mani, etc…, ma l’indole di fondo, resta. In due giorni ho sentito Mattarella dire due volte “è sufficiente questo”: mi piace questo riferimento all’essenzialità, questo voler evitare tanti giri di parole, questo sentire non necessario e superfluo rispondere a tutti e tutto. Devo dire che, tra l’altro, dopo Scalfaro, Ciampi e Napolitano, uno che ha ancora tutti i capelli in testa mi fa pure piacere…

Spero, sinceramente, in un nuoo Ciampi: uno che giri l’Italia cercando di ricreare un minimo di ‘sentire comune’; ho qualche timore che possa essere un nuovo Scalfaro, troppo assorto nel proprio ruolo di ‘custode della Costituzione’ per accorgersi di altro; spero, mi auguro, una maggiore elasticità mentale di chi l’ha preceduto, una maggiore apertura nei confronti della società; non so se e quanto Mattarella sappia usare il computer e sia solito navigare in Internet, per dire; mi incoraggia però il fatto che abbia sei nipoti, che forse gli avranno già spiegato e magari ‘insegnato’ qualcosa.

Ho ascoltato il discorso: ‘canovaccio’ prevedibile, un mix di messaggi ‘politici’ destinati al Parlamento e di riferimenti ‘alti’ e in parte ‘accorati’, indirizzati ai cittadini in ascolto; poteva essere un discorso molto più banale, retorico e scontato, poteva essere però più vivace, coraggioso, ‘moderno’: in fondo Mattarella non è una cariatide, ma è comunque un uomo di oltre 70 anni, che probabilmente ha in comune la sua generazione la difficoltà di correre appresso ad un mondo che forse corre troppo veloce. Attendo ora di vedere quale sarà il suo stile, il suo atteggiamento, le sue decisioni, ma ad un primo impatto, a me Mattarella piace. In tutti i casi, buon lavoro.

ALLA RICERCA DI UN PRESIDENTE

‘Sta storia dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica mi ha già ampiamente stufato: da Renzi, presunto ‘grande innovatore’ della politica italiana, ci si sarebbe potuti aspettare un atteggiamento diverso rispetto al passato, più esplicito e meno scontatamente ipocrita; invece, niente: per l’ennesima volta ci troviamo di fronte al solito giochino, ad uso e consumo dei giornali, alla consueta sfilza di nomi, ai ‘borsini’ dei supposti candidati che salgono e scendono…

Un’ipocrisia che si sta ripetendo uguale ed identica al passato, le vittime della quale, più o meno consapevoli, sono i cittadini, presi per i fondelli dalla classe politica: l’elezione del Presidente della Repubblica è, insomma, ‘cosa loro’, noi comuni mortali, più o meno interessati alla questione dobbiamo abbozzare, inermi. Certo, non sta scritto da nessuna parte che il popolo italiano debba essere portato a conoscenza dei ‘veri candidati’: ma è nei fatti che ormai la Presidenza della Repubblica non è solo un incarico onorario; la Presidenza Napolitano ha rappresentato un enorme salto di qualità, nel ruolo che il Presidente assume nella politica italiana: non siamo più di fronte ad un protagonismo popolare in stile Pertini, o ad esternazioni à la Cossiga; Napolitano ha fatto e disfatto Governi più o meno come gli è parso e piaciuto; non metto in discussione la buona fede, né la costituzionalità del suo comportamento, non faccio nemmeno polemica sul modo in cui ha trattato una formazione come M5S, la più votata alle ultime elezioni; tutto perfettamente valido e regolare, ma resta il fatto che a stabilire la strada intrapresa dai Governi italiani negli ultimi due anni sia stato praticamente solo lui.

Difficile pensare che il successore di Napolitano faccia un passo indietro: dubito – anche se Renzi credo lo desidererebbe fortemente – che chiunque venga eletto se ne resti lì buonino a firmare le leggi al Quirinale e a girare l’Italia tenendo i solisti discorsi… A fronte quindi, di un ruolo del Presidente della Repubblica uscito profondamente modificato dagli anni di Napolitano, credo che un coinvolgimento maggiore della cittadinanza sarebbe necessario: non dico che il Presidente dovrebbe essere scelto in base ai sondaggi, penso piuttosto che sia abbastanza misero che a pochi giorni dall’avvio delle elezioni non vi siano ancora candidati precisi; si dice che non si fanno i nomi ‘per non bruciarli’, si tengono le ‘carte coperte’ fino all’ultimo momento; ma scusate, sarebbe così scandaloso fare un nome dieci giorni prima e portarlo fino alle elezioni? O si ritiene di essere così deboli da non riuscire nemmeno a difenderlo? Evidetemente, quest’ultimo è il caso, visto pure cosa è successo con Prodi l’ultima volta.

Almeno bisogna dare atto al centrodestra di averlo fatto un nome, quello di Martino, candidato ‘di bandiera’ o meno, con zero possibilità di venire eletto, ma almeno è un nome; per il resto, il nulla o quasi: Salvini ha snocciolato una serie di nomi buttati lì a casaccio, tanto per buttarla in caciara; la ‘minoranza’ del PD, pronta all’altolà contro il ‘candidato del Nazareno’, è stata altrettanto incapace di offrire un’alternativa (così sono capaci tutti); certo, Civati ha pubblicamente sostenuto Prodi, ma non si mai capisce se Civati parli a titolo personale o quanta parte del PD rappresenti; il fatto è che la ‘minoranza del PD’ sembra costituita da un conglomerato di voci dissonanti (Bersani, Cuperlo, Fassina, Civati e via discorrendo), accomunate dal solo voler rompere le scatole a Renzi, ma prive di una prospettiva organica.

A malincuore devo sottolineare come persino i Cinque Stelle, che due anni fa con la scelta di Rodotà rischiarono seriamente di far saltare il banco, si sono ‘astenuti dalla lotta’, nascondendosi dietro a un timido ‘tanto i nomi che facciamo non vanno bene, quindi inutile farli’, togliendo ulteriormente spinta e forza a quel principio di ‘democrazia della Rete’, zoppicante e perfettibile quanto si vuole, ma che in fondo aveva rappresentato una delle novità più interessanti offerte dal MoVimento (piccolo excursus: mi chiedo se ad esempio organizzare certe primarie via Internet non sarebbe costato al PD meno soldi, ottenendo nel frattempo risultati più affidabili).

Inutili di certo, e anche abbastanza ridicole, sono le ‘consultazioni’ che Renzi porterà avanti nei prossimi giorni: è il solito suo ‘modus operandi’: faccio finta di ascoltare tutti, ma poi mi faccio i ca**i miei; ‘ca**i’ condivisi, in questa come in altre occasioni, con Berlusconi: alla fine, il nuovo Presidente della Repubblica sarà deciso da due ‘giganti’ del calibro di Renzi e Berlusconi, cui andrà appresso l’intera, infima, classe politica italiana, composta da parlamentari nominati e non eletti da nessuno: già questo basterà a privare di autorevolezza qualsiasi scelta verrà compiuta, fosse perfino un individuo indiscutibile come Muti, Rubbia, Carandini o Settis.

Non mi esercito nella tiritera sui nomi: personalmente ritengo che l’unico che andrebbe bene un po’ a tutti – PD maggioranza e minoranza, Berlusconi, perfino buona parte di M5S – sarebbe Grasso; agli altri, per me pari sono, con l’eccezione di Amato che riterrei una iattura e un’ammissione definitiva di sconfitta da parte dei politici della ‘II Repubblica’, nei confronti del vecchio status quo socialista / democristiano.

A quel punto davvero meglio scegliere tra Magalli, beniamino del pubblico televisivo e Rocco Siffredi, che tanto ha innalzato il vessillo dell’Italia anche all’estero… oppure, rivolgersi direttamente ai poteri criminali che spesso in Italia contano molto più della politica e quindi prendere in considerazione un ‘Cecato’ Carminati o un Messina Denaro.

IL VENTENNIO RENZIANO

Ladies & gentlemen, oggi 26.5.2014, prende ufficialmente il via il ventennio renziano: habemus papam, dunque, e a pensarci non poteva che andare così.

Agli italiani pensare non piace: vent’anni di Mussolini, quaranta di Andreotti, altri venti di Berlusconi provano come di fronte alla ‘fatica del ragionamento’ gli italiani preferiscano l’idea del ‘salvatore della patria’, dell’uomo ‘forte’, di quello cui affidare i propri destini, salvo poi prendersela con lui, piuttosto che con loro stessi, se le cose vanno male: tutti antifascisti, nessuno che votasse DC, Berlusconi “chi, io? Mai!!”; Renzi seguirà probabilmente lo stesso copione…

Il PD ai confini del 41 per cento va oltre le più rosee – o nefaste – previsioni, a prescindere da come la si pensi; ma qui il PD c’entra poco: il successo è tutto di Renzi, che ha usato il partito né più né meno che come strumento di ascesa al potere e raggiungimento delle proprie ambizioni personali.

Diciamo che per certi versi è la fine della prima fase, l’ascesa al potere: per Mussolini fu violenta, ma avvallata alla fine dalla maggior parte del popolo, per Andreotti e la DC fu per forza di inerzia,  fondata sul paura per il ‘pericolo’ comunista; per Berlusconi fu sfavillante, la promessa di un ricco di fare ricchi tutti; per Renzi sembra dettata da una sorta di senso di ‘ultima spiaggia’, all’insegna del ‘proviamo pure questo’, potenziata ovviamente dall’iniziativa degli 80 euro.

Ora viene la seconda fase, la gestione del potere: Mussolini vi riuscì con una dittatura, Andreotti puntando sulla voglia di ‘normalità’ degli italiani dopo la guerra, Berlusconi usando il marketing e consolidando un potere fatto di finanza e affari; vedremo quale strada prenderà Renzi. Gli italiani sembrano aver imparato poco dal passato: arriva il ‘salvatore’ e ci si buttano dietro a pesce… c’è da sperare che almeno il loro limite di sopportazione si sia abbassato, che non siano più disposti, come in passato, a dare continue nuove occasioni al loro nuovo idolo, dopo i suoi fallimenti. L’impressione è che comunque Renzi ce lo dovremo tenere per vent’anni; vista la giovane età e i progressi della medicina, forse anche per quaranta.

L’unico lato positivo immediato di tutta questa faccenda è che i famosi ‘mercati’ di fronte in un’Europa in cui più o meno tutti i ‘grandi’ hanno difficoltà (la Gran Bretagna con gli antieuropeisti, la Francia con il Front National; perfino la Germania con una Merkel che comincia a mostrare qualche accenno di cedimento), si trovano di fronte ad un’Italia finalmente ‘stabile’: le borse apprezzeranno e i tassi sul debito caleranno, liberando risorse: starà a Renzi cogliere l’occasione, fondando magari il proprio successo su risultati effettivi; c’è da augurarselo per tutti, anche se per la maggior parte degli italiani questo 2014 non porterà benefici degni di nota, anzi per molti si risolverà nel consueto aumento delle tasse cui ormai siamo abituati da anni.

Per il resto, il risultato europeo è una delusione: il PPE per l’ennesima volta primo partito è la dimostrazione che i cittadini europei non hanno capito nulla delle ragioni della crisi; gli unici forse ad aver mostrato un filo di raziocinio sono i greci, i francesi e i britannici, seguiti dagli spagnoli e dai danesi; l’avanzamento delle forze portatrici del cambiamento c’è stato, ma non  tale da depotenziare lo strapotere di PPE, PSE ed ALDE; c’è almeno da sperare che comunque il segnale sia stato colto e che nel prossimo quinquennio siano portate avanti politiche un filo meno ottuse; difficile comunque, pensando che a questo punto la Commissione potrebbe essere guidata dal conservatore Junker o da Shultz, che per quanto socialista, sempre tedesco è, con tutto quello che ciò comporta.

All’appello manca proprio l’Italia, dove purtroppo il fascino dell’uomo forte ha spento, o comunque affievolito, il vento del cambiamento: M5S cede, pagando gli errori ‘di gioventù’ e di inesperienza del primo anno di Parlamento, cui va aggiunto il linciaggio mediatico subito dal MoVimento; l’impressione è che il risultato sarebbe stato anche peggiore senza la campagna elettorale. Peggio gli altri partiti distanti dai ‘blocchi’ europei tradizionali: fuori dal Parlamento UE Fratelli d’Italia, mentre la Lista Tsipras grida immotivatamente al miracolo con un misero 4 per cento e spicci; si salva giusto la Lega, che pare aver ritrovato il feeling smarrito con il tessuto locale.

Tornando ad M5S, molti voti tornano agli ‘ovili’ di riferimento, si chiamino essi ‘sinistra’ o Lega; altri, delusi, cedono alle lusinghe di Renzi; alla fine forse, questo 21 per cento rappresenta un dato più veritiero, molto più vicino allo zoccolo duro del MoVimento; inutile comunque cercare motivi di soddisfazione: M5S ha perso e adesso, ancora di più che dopo il risultato dello scorso anno, dovrà dimostrare di che pasta è fatto e soprattutto se vuole veramente assumersi per gli anni a venire il peso di essere l’unica opposizione di peso allo strapotere renziano; altrimenti, temo che tutto finirà in occasione delle prossime elezioni (più vicine di quanto si creda), finendo per essere stato solo un bel sogno.

CONTRO L’EUROPA PER UNA NUOVA EUROPA

Per una volta, ha ragione Renzi: quello che si giocherà nelle urne domenica è un derby; non però, come dice il Presidente del Consiglio, tra la ‘speranza’ e la ‘rabbia’, ma tra lo status quo e il cambiamento.

E’ sotto gli occhi di tutti che l’Europa così com’è non funziona: quasi tutte le decisioni prese dall’adozione dell’euro in poi sono state sbagliate. L’Europa è già nata male oltre 50 anni fa, fondata più sulle ragioni economiche che su quelle culturali e sociali, ma negli ultimi 15 – 20 anni abbiamo assistito al totale sfacelo.

Un’Europa priva di identità, con istituzioni deboli, in cui quando arriva il momento delle decisioni tutto si riduce a scontri e prove di forza tra Stati; un’Europa che invece di essere costituita da Nazioni ‘prime tra pari’, vive puntualmente all’insegna della ‘legge del più forte’, in base alla quale alcuni Stati si comportano né più né meno che come bulli dalle tendenze anche un filo dittatoriali, pretendendo che tutti si accodino alle proprie convinzioni (il modo in cui la Germania ha letteralmente umiliato la Grecia è stato squallido e miserevole).

Un’Europa che si è data una ‘moneta unica’ in modo surrettizio e frettoloso, senza nulla chiedere ai cittadini, della quale ha beneficiato soprattutto la Germania, senza che ci fossero istituzioni bancarie e finanziarie, normative fiscali (e aggiungiamoci quelle in tema di lavoro) comuni e strutture politiche funzionanti; un’Europa che conta praticamente nulla sullo scacchiere internazionale, procedendo puntualmente in ordine sparso, in cui le singole nazioni tendono a fregarsi a vicenda (come nel caso libico) e comunque priva dei più elementari principi di solidarietà al proprio interno: quando ci sono benefici, li si deve mettere in comune, se però c’è qualche problema, ogni Stato deve fare da se.

Un’Europa in cui la ‘solidarietà’ viene tirata fuori quasi solo per mettere dei paletti alle produzioni locali, con aberrazioni come le quote latte et similia, aprendo le porte a  prodotti di dubbia provenienza.

Un’Europa in cui, con la scusa della ‘tutela dei risparmiatori’ si sono dati soldi a palate alle banche, risorse delle quali l’economia reale ha visto ben poco, ma che permettono ai banchieri di continuare a giocare al casinò.

Questo è il risultato del grande ‘sogno europeo’ oggi, 2014. La soluzione non è la fine dell’Europa: lo ‘stare insieme’ è ormai motivato da ragioni di mera sopravvivenza di fronte ai ‘colossi’ americano, russo, cinese e più in avanti brasiliano, indiano e chissà quanti altri ancora; è però necessario un cambiamento radicale di prospettiva; perché questo avvenga però, indispensabile non lasciare il volante nelle mani dei responsabili, quelli che ci hanno portato dove siamo ora.

I colpevoli sono naturalmente i due blocchi che da sempre ‘gestiscono’ le questioni europee: il PPE e il PSE, con l’aggiunta dei ‘centristi’di ALDE transfughi dei due gruppi. Loro i colpevoli, loro devono subire le conseguenze; il PPE su tutti, con la sua gestione dell’UE degli ultimi anni, a ruota seguito dal PSE che non può fare certo finta di essere appena sceso da Marte. Non possono dire: ci siamo sbagliati, faremo meglio la prossima volta; qui siamo di fronte a decine di migliaia di cittadini greci mandati sul lastrico, e milioni di disoccupati in giro per l’Europa; se la ragione dello ‘stare insieme’ era proprio quella di rendersi ‘indipendenti da ciò che succedeva oltreoceano, beh, l’obbiettivo è miseramente fallito: la crisi finanziaria USA si è immediatamente trasmessa all’Europa, trasformandosi rapidamente in crisi reale; e adesso hanno il coraggio di venirci a dire che bisogna rivotare per loro?

Votare, o rivotate, quei partiti che a livello nazionale si riconoscono in quei tre gruppi, significa voler continuare ad avere l’Europa che abbiamo avuto fino ad oggi: un Europa fatta di bulli e di vittime predestinate, di solidarietà nulla, di coltellate alle spalle, di conventicole sovranazionali prive di qualsiasi legittimazione democratica (le stesse che hanno imposto Monti alla Presidenza del Consiglio e che applaudirono l’elezione di Letta); se l’Europa così com’è vi va bene, benissimo: continuate a votare PPE, PSE, ALDE (ovvero in Italia: Forza Italia, NCD, PD e centristi assortiti), credete pure che la musica possa cambiare solo con facce diverse, ma con lo stesso background politico e culturale.

Se invece pensate che l’Europa debba cambiare, votate altro; mi spingo a dire che non è manco importante chi votiate: ognuno ha le sue idee; io voterò M5S (ne condivido in buona parte il programma, che contiene misure comprensibili e di buon senso: l’unico programma fondato peraltro su punti precisi, mentre quelli degli altri si fondano su dichiarazioni di intenti piuttosto generiche); da romano non potrei mai votare Lega; Fratelli d’Italia non mi convince perché è fatto di gente che per anni è stata pappa e ciccia con Berlusconi; la Lista Tsipras è troppo basata sulle ‘figurine’ – come scrivevo qualche giorno fa – per attirarmi; ma non c’è dubbio che oggi si debba mandare un segnale. Certo, alle brutte PPE, PSE e ALDE faranno una grossa coalizione, magari con Verhofstadt alla guida della Commissione, è molto probabile, ma è essenziale lanciare un segnale: tale almeno da fargliela fare sotto, a coloro che ci hanno portato dove siamo.

Ci vuole un forte segnale di cambiamento: altrimenti, a votare sempre gli stessi, si darà loro l’impressione di essere nel giusto e le cose continueranno ad andare come sono andate finora: un’Europa con istituzioni finte in cui alla fine continua a valere la legge del più forte e dove gli Stati – bulli si permettono di umiliare i più deboli e dove il benessere di pochi si fonda sulla povertà di tanti.  Cambiare è possibile: certo sarà un percorso lungo, ma da qualche parte bisogna pur cominciare; non votare chi ci ha portato dove siamo ora, sarebbe un buon inizio.

 

LE ESPULSIONI DAL MOVIMENTO CINQUE STELLE: CONSIDERAZIONI A LATERE

1) Considerate il momento storico in tutto ciò accade;

2) Considerate come, nonostante la popolarità di Renzi, il centrodestra sia in testa nei sondaggi;

3) Considerate come, nonostante ciò che ci dicono, anche il nuovo progetto di legge elettorale, dà un certo peso alle alleanze;

4) Considerate come l’esperienza abbia insegnato come le coalizioni prendano più voti dei grandi partiti ‘accorpati’;

5) Considerate come, in forza di quanto esposto al punto 4, il centrodestra italiano si è ampiamente attrezzato: Forza Italia, NCD, FDI,  più probabilmente Lega e Casini; e infatti i sondaggi gli danno ragione;

6) Considerate come il PD al momento possa contare sulla sola alleanza – ipotetica – con SEL, più, forse Scelta Civica.

Ne consegue che il PD ha la stretta necessità, in vista delle elezioni che si terranno probabilmente  a primavera 2015, di avere un qualche ‘terzo pilastro’ nella propria alleanza; in questo quadro si inscrive la ‘diaspora’ dal MoVimento Cinque Stelle, che ovviamente era in preparazione da tempo, organizzata sottobanco con tutta probabilità da Civati e dallo stesso Renzi, al fine di creare una sorta di nuovo ‘gruppo’ (e più in là, partito), capace di ‘attrarre’ sia l’elettorato del PD civatiano e deluso dal modo in cui Renzi è arrivato al Governo, sia l’elettorato deluso dal MoVimento Cinque Stelle; non è per niente un caso che tutto ciò succeda quando Renzi sale al Governo e quando Civati esprime tutto il suo malumore. Dietrologia? Forse, ma la tempistica è sospetta. Mi pare evidente che si sia aspettato il ‘casus belli’, che i quattro espulsi per mesi abbiano continuato a ‘tirare la corda’ , con distinguo, contestazioni, prese di distanza fino a farla spezzare, creando poi a catena tutta la situazione attuale, ben sapendo che se fossero stati ‘cacciati’, la cosa non sarebbe finita lì.

Tutto ciò va derubricato come ‘strategia politica’ e in fondo in tutto ciò non c’è nulla di male (Berlusconi ha creato la scissione con Fratelli d’Italia con lo stesso fine: fare in modo che i voti dell’elettorato di destra deluso da lui, restino comunque nell’orbita della coalizione); in tutto questo, non c’è peraltro nulla di male in fondo; l’unica cosa su cui avrei da ridire è anche ancora una volta tutto ciò viene propagandato come ‘mancanza di democrazia’ all’interno del MoVimento, quando hanno votato 40.000 persone, con lo stesso metodo attraverso cui ad esempio Grillo e Casaleggio sono stati smentiti più volte in passato dalla base; ora: non è che se la base vota contro Grillo e Casaleggio è libera e se invece vota come la pensano loro, allora non c’è democrazia… attenzione, peraltro, a riempirsi la bocca con la parola ‘democrazia’, visto e considerato che i fatti mostrano come in Italia a potersi definire realmente ‘democratici’ sono in pochi: di certo non il PD, che ha deciso di cambiare il Governo dell’Italia attraverso il voto di meno di 200 persone.

LE ESPULSIONI DAL MOVIMENTO CINQUE STELLE

Brevi considerazioni:

1) Non posso dire che la cosa mi faccia piacere.

2) gli ‘espulsi’ adesso stanno meglio di prima, perché potranno fare ciò che vogliono del lauto stipendio da Parlamentare (che nonostante tutte le ciance di PD, FI, e soci non è stato ancora tagliato).

3) noto come ci sia gente che per questo si dimette da Parlamentare, rinunciando ai privilegi (altri cambiano semplicemente gruppo, tenendosi i soldi)

4) L’espulsione è stata sancita da una consultazione online cui hanno partecipato oltre 40.000 persone. Tante? Poche? Di sicuro, più di quelle che nel PD hanno deciso di mandare a casa Letta. Poi, potete dire quello che vi pare, sommergetemi di puntualizzazioni, distinguo, frecciate, sarcasmo e ironia… però il problema di fondo resta: proponetemi voi un’alternativa valida, perché io ad ora ancora non ne vedo.