Ci vuole orecchio Enzo Jannacci
Un’estate fa Franco Califano
Il povero fiume Tenembau!
Replica Matta-Clast
My timeless present The Brain Olotester
La paura Gran Turismo Veloce
Geoide Davide Viviani
Silver Machine Hawkwind
Oblivion Terrorvision
Nothing arrive Villagers
I folow rivers Lykke Li
The Messenger Johnny Marr
Red Sun Thin White Rope
Pelican Man Youth Logan
Borther The Organ
A Day Clan of Xymox
Cherry – Coloured Funk Cocteau Twins
Zu Grunde Der Weg Einer Freiheit
Iconoclast Velnias
Cold grey dawn a new beginning Germ
La sagra della Primavera – Danza sacrificale Igor Stravinsky
Posts Tagged ‘The Brain Olotester’
2 Apr
LA PLAYLIST DI MARZO
24 Mar
THE BRAIN OLOTESTER, “WASH YOUR BLUES AWAY” (I DISCHI DEL MINOLLO)
Secondo capitolo del progetto Brain Olotester, dietro cui si cela Giuseppe Calignano: ad accompagnare il cantante e chitarrista un nugolo di collaboratori, tra cui spiccano Tommaso Cerasuolo dei Perturbazione e Paolo Bergese (Airportman). Ampio il cast, ampi i suoni: negli undici brani presenti (cantati in inglese, con l’eccezione di due strumentali), Calignano guida una formazione a ‘geometria variabile'(anche nell’elemento vocale, coi frequenti interventi di voci femminili), per un disco che nel suo procedere cambia più volte forma, pur conservando un’impronta stilistica ben definita: si parte da un ‘campo base’ indie – folk, per prendere sentieri che di volta in volta si aprono su panorami psichedelici, si inoltrano in docili declivi dreampop, si addentrano in ombrosi territori crepuscolari, fino ad aprirsi, come nella title track conclusiva, su luminose aperture orchestrali.
Riportando suggestioni riconducibili a certi collettivi canadesi che negli ultimi anni hanno conquistato la passione degli amanti delle sonorità ‘indie’, il progetto The Brain Olotester avvolge l’ascoltatore, offrendogli il gusto del particolare precedentemente sfuggito ad ogni nuovo ascolto. Archi, fiati, tastiere, elettronica, oltre al consueto ‘nucleo’ chitarra – basso e batteria, con l’aggiunta di un cantato che alterna solarità e accenti più melanconici, costruiscono un lavoro all’insegna della pienezza e densità sonora: un disco da assaporare a poco a poco, che nel procedere degli ascolti riesce a mantenere intatto il proprio appeal.