Posts Tagged ‘post punk’

PINHDAR, “A SPARKLE ON THE DARK WATER” (FRUITS DE MER)

Viviamo  tempi oscuri: il Pianeta se la passa male e anche l’umanità non sta messa benissimo.

Il secondo capitolo della biografia musicale del progetto di Cecilia Miradoli e Max Tarenzi è incentrato sulla ricerca di una ‘scintilla’, che ad accenderla siamo noi o qualcun altro, che diventa l’unico sentiero percorribile se non si vuole definitivamente mollare la presa e lasciarci sommergere dalle acque limacciose dello scoraggiamento, di un futuro visto come ineluttabile, forse di un filo di autocommiserazione.

Non che il percorso sia agevole, date le condizioni.

Dieci i brani presenti, lungo i quali si ricorre a un ampio campionario di sonorità che a partire dalla new wave e il post punk, attraverso shoegaze, dreampop e trip hop ci hanno accompagnato per ormai quasi mezzo secolo.

“A Sparkle In The Dark Water” diventa così un lavoro in costante oscillare tra pessimismo cosmico e speranza , tra la presa d’atto dell’esistente, che non invita alla speranza nemmeno i giovani, ‘rose congelate’ in un eterno presente che ostacola anche il ‘guardare lontano’ che dovrebbe essere tipico delle giovani generazioni, e la convinzione che una via di uscita esista e risieda nel riscoprire ciò che ci rende simili come esseri umani: le speranze che ci accomunano, la capacità di sognare, l’empatia che – anche non sempre – ci spinge a prenderci cura dell’altro.

Sensazioni tradotte dalla voce di Cecilia Miradoli, in una cornice stilistica personale rievoca a tratti Siouxsie o Beth Gibbons, affiancata in dialogo costante dalle tessiture chitarristiche di Max Tarenzi, in una gamma di consistenze che va dalla ruvidità, quasi sfiorando il noise, fino all’evanescenza.

Certo, a giudicare da ciò che succede in giro, in un momento in cui le divisioni sembrano aver preso ampiamente il sopravvento, a partire dalle guerre che sono ormai diventate un triste aggiornamento quotidiano, non c’è da stare allegri nemmeno pensando alle potenzialità dei rapporti umani…

TANKS AND TEARS, “TIMEWAVE”  (SWISS DARK NIGHTS RECORDS)

A 7 anni dal precedente disco di esordio, tornano i toscani Tanks And Tears.

Un tuffo in piena oscurità anni ’80, quello proposto dalla band formatasi a Prato, che in queste nove tracce, ripropone gli stilemi tipici del periodo prendendo spunto da Band come Cabaret Voltaire, Clock DVA e Skinny Puppy, oltre che i più classici Joy Division e Bauhaus.

Pregi e difetti di un disco ‘di genere’: da un lato, il rischio del ‘già sentito’, che qui viene affrontato in pieno con brani che ricordano atmosfere e umori del periodo, a tratti rasentando l’effetto – cover band; dall’altro una riproposizione che riesce efficacemente a restituire l’inquietudine sonora tipica di quelle esperienze.

Più efficaci nei brani più lunghi, in cui magari si cerca il ricorso a qualche soluzione in più, come nel vago sentore cosmico di ‘Galaxies’, il quartetto toscano, tra tastiere dalle suggestioni horror e il classico cantato ‘cavernoso’, offrono una prova apprezzabile, anche se un filo di originalità in più non avrebbe guastato.

DEAR, “TAPES – GREETINGS FROM UCHRONIA’ (MUSIC FORCE – EGEA DISCHI)

Una carriera pluridecennale vissuta più o meno nelle retrovie, lontano dai riflettori del mainstream, ma anche di quelli delle ‘nicchie ad alta frequentazione’, Davide Riccio col suo progetto DeaR sembra ormai trovare gusto nel proporre progetti radicalmente slegati da qualsiasi logica di mercato, espressioni solo ed unicamente della propria identità  artistica e musicale.

Non si potrebbe forse spiegare altrimenti la scelta di pubblicare un triplo cd, per un totale di 60 brani, mettendo assieme tutto un complesso di materiali inediti, demo, tracce proposte senza successo alle etichette discografiche, che partono dagli anni ’80 agli inizi dei ’90, mentre un Riccio a malapena adolescente muoveva i primi passi da musicista o faceva la gavetta in vari gruppi del sottobosco new wave –  post punk torinese (il materiale qui presentato è pero esclusivamente solista).

Il progetto diventa così almeno una sorta di specchio di ciò che si muoveva musicalmente in Italia in quegli anni: nel mare magnum di brani (dato il numero consistente, la qualità oscilla ampiamente), emergono, oltre a sonorità tipiche di quegli anni, l’impronta, fortissima di David Bowie, assieme a sprazzi di psichedelia, suggestioni art rock, fino a sventagliate ai confini dell’avanguardia e di contaminazioni jazz.

Citazioni letterarie, specie nel materiale più datato (probabilmente portato delle letture giovanili dell’autore), tra Shelley, Garcia Lorca, Poe, Moore, Dickinson.

Lo  stesso Riccio / DeaR afferma nell’introduzione al disco di aver voluto in qualche modo dare a questo materiale ‘una possibilità’: forse una vaga rivalsa per le stesse possibilità in precedenza negate, forse il volersi togliere lo sfizio di sentire certi pezzi girare su cd (altro supporto in fase di abbandono), fatto sta che, come in altri analoghi progetti caratterizzati dalla dimensione ‘extralarge’, resta l’impressione che al fondo ci sia un filo di volontà di stupire, forse di provocare o semplicemente di affermare che le raccolte di inediti e materiale ‘ripescato’ non possono e non devono essere solo appannaggio dei ‘soliti noti’.

FEDERICO FABI, PEGASO, FABIO COSIMO, LEFRASIINCOMPIUTE DI ELENA: SINGOLI

IL SINGOLO DELLA SETTIMANA

Federico Fabi
Un amore
ADA Music Italy
Un EP e un primo lavoro sulla lunga distanza all’attivo, il capitolino Federico Fabi preannuncia il prossimo disco con questo singolo.
Un ballata sentimentale per voce, armonica e chitarra, la tenerezza di un amore da poco sbocciato, un esperimento che porta entusiasmo; un sentimento senza ombre.

GLI ALTRI

Pegaso
Destino
Digital Distribution Bundle
Lui ha una personalità incasinata; lei probabilmente s’è stufata, e se n’è andata, ma magari a mettere le cose a posto provvederà il destino.
Francesco Iacobellis da Roma, in arte Pegaso, esordisce con una tipica ‘sviolinata’ in cui il lui di turno cerca di rimediare e di riallacciare una relazione.
Tutto abbastanza consueto, ma se non altro l’atmosfera sospesa, con suoni vagamente ambient e una vocalità che rinuncia a sparare parole a raffica in cui perfino l’autotune viene usato con misura, rendono il tutto un filo diverso dalla media di certa musica fatta da giovani per i giovani
Magari, un po’ più di sforzo sulle parole…

Fabio Cosimo
Fine della Crush
TRB rec
Come il titolo suggerisce, la storia è finita; si porta appresso, come di prammatica, il solito campionario, a partire dallo starci ancora male e da quel tanto di ‘dipendenza’ che spinge a seguire la ex sui ‘social…’
Fabio Cosimo ha già un po’ di esperienza alle spalle, e si sente: non è il classico brano buttato giù in cameretta con un microfono e due effetti, c’è il tentativo di cercare quanto meno una certa profondità sonora.
L’argomento certo è abusato e l’effetto di già sentito finisce per prendere il sopravvento.

LefrasiincompiutediElena
Moleskine
Romolo Dischi / ADA Music Italy
Dietro al nome indiscutibilmente originale, Raffaele Quarta, alias RafQu che con questo nuovo singolo anticipa l’uscita del secondo disco del suo progetto, nato nel 2017.
Dal qudrante nordest della Capitale, un indie rock abbastanza canonico, con qualche ascendenza post punk, per descrivere una relazione nella quale qualcosa comincia a non andare per il verso giusto.
Funziona, nel suo aderire formalmente al genere, pur mancando di un filo di ‘spinta’.

FEDERICO MECOZZI, ERASMO: SINGOLI; AL VOX: EP

IL SINGOLO DELLA SETTIMANA

Federico Mecozzi
The End Of The Day
Warner Music Italy
Spiagge al tramonto ed enigmatiche figure femminili che si muovono in superficie o danzano sott’acqua…
Video ‘proverbiale’, quasi prevedibile, quello che accompagna la nuova composizione di Federico Mecozzi, violinista e collaboratore di lunga data di Ludovico Einaudi, in procinto di pubblicare il secondo disco solista.
Uno sguardo che, come quello dei personaggi del video si allunga sui panorami sconfinati al di là del mare e nella serenità al di sotto di esso, il violino a tessere trame dai profumi mediterranei.
Suggestivo, pur nella sensazione del già sentito e già visto.

GLI ALTRI

Erasmo
Un Attimo
Last Floor Studio
Al confine sfumato tra il ‘parlare ritmato’ dell’hip hop e un cantautorato dai tratti indie, pugliese Erasmo continua nel percorso di avvicinamento all’esordio solista.
Attimi che lasciano intravedere sprazzi di eternità, nel costante disorientamento di un quotidiano che non offre punti fermi.
Parole in cui si avverte la ricerca ancora non conclusa di un equilibrio.
Il mood, quasi ‘scazzato’, forse non aiuta.

Al Vox
Pinocchio e il requiem quotidiano EP
PaKo Music Records
Due brani compongono la nuova uscita di Alberto Lupia da Genova, aliaS Al Vox.
‘Elettropinocchio’ è una sardonica rivisitazione del personaggio collodiano con qualche tratto di inquietudine, all’insegna di uno ‘spoken word’ accompagnato da scarni effetti elettronici.
Marca ‘bowiana’, se non altro nell’interpretazione vocale, per ‘Requiem for the World’, cinico sguardo sulla corrente decadenza, in cui l’elettronica si fa più corrosiva, all’insegna di qucbe suggestione post punk.
Progetto ancora alla ricerca di una sua compiutezza, con delle potenzialità.

ROSGOS, “CIRCLES” (BEAUTIFUL LOSERS)

‘Cerchi’, in questo caso quelli infernali.
Si scende nelle profondità di una relazione vissuta tra varie paure e insicurezze, perdersi, ritrovarsi…
Nove i brani, come i gironi infernali, titoli analoghi, nel segno di testi che traggono dai peccati puniti suggestioni ma che riportano tutto alla dimensione amorosa, spesso carnale, costantemente emotiva.
Amore passionale, quanto mai umano nelle sue debolezze…
Rock crepuscolare: Mark Lanegan è uno dei riferimenti dichiarati di un disco che spesso va a ‘lavare i panni’ nelle acque oscure degli anni ’80, tra gothic e post punk.
Il secondo lavoro di RosGos, alias Maurizio Vaiani, coinvolge per suoni ed emozioni.

UNFAUNO, “INSECURITY” (PHONARCHIA DISCHI)

Romano, classe ’89, Fauno Lami giunge al traguardo del primo disco solista, dopo una precedente esperienza in gruppo, conclusa, appunto per intraprendere la propria esperienza in solo.

“Insecurity”, incertezza: il filo conduttore del disco è la ricerca di quel ‘tassello in più’ necessario a completare il mosaico: delle proprie idee, del proprio senso, forse della propria esistenza; quel qualcosa che si sente come mancante, fin da ragazzini e fin dalla prima traccia.

Una figura che ritorna quella del Fauno/UnFauno bambino, come se tutto per tanti (tutti?) nascesse da lì e in fondo la vita non fosse altro che una conseguenza di certe domande su sé e il mondo che ci ronzano in testa fin da ragazzini.

Il classico ‘viaggio esistenziale’, per certi versi: dalle domande dell’infanzia alle delusioni sentimentali dell’adolescenza, l’esperienza di un’occupazione scolastica come atto di ‘ribellione personale’, da contrapporre a troppi finti ‘ribelli’ e ‘alternativi’ di un oggi dove “il rock è morto e il punk è in coma etilico”; forse è per questo che da un punto di vista sonoro UnFauno sembra piuttosto guardare alla stagione della wave – post punk, tra i Joy Division (‘Firefly’) e una strizzata d’occhio a Trent Reznor (‘Fuori’) che si accompagnano a un’indole che, complice la decisa impronta autobiografica degli undini brani presenti, assume spesso connotati cantautorali, a tratti solo ‘autoriali’, data la presenza di due tracce totalmente parlate, una delle quali costruita su certi testi di Sorrentino, e dedicata a Roma che torna in controluce anche nella già citata ‘Non capisco’.

Passando per una dedica alla meditazione, altro grande interesse dell’autore (‘Angel of Light’), si arriva quasi al dunque in ‘Cadere’ metafora di chi alla fine, di certezze preferisce non averne, vivendo in una costante mancanza di equilibrio.

La soluzione, forse per certi versi prevedibile, è che non si può chiarire tutto, percorrendo ‘Strade Storte’ lungo le quali l’incertezza e il ‘qualcosa di mancante’, sono una necessità.

SOMEDAY, “UNA GIORNATA BREVE” (AUTOPRODOTTO / LIBELLULA MUSIC)

Secondo lavoro per i torinesi Someday, una via di mezzo tra un EP e un lavoro più lungo, che vede proseguire la collaborazione con Cristiano Lo Mele dei Perturbazione in qualità di produttore e la scelta importante di passare dall’inglese all’italiano.

“Una giornata breve”, una tra le tante di chi assistere allo scorrere del tempo e al trascorrere della propria esistenza senza averne il controllo, facendosela sfuggire tra le mani, osservandola come uno spettatore esterno, nella proverbiale impressione di stare vivendo la vita di qualcun altro.

I sei brani ruotano attorno a questo concetto di fondo, tra immaginazione e momenti onirici, impressioni frammentarie e ‘non detti’, che il più delle volte toccano la sfera sentimentale, con una costante aura di rimpianto, per il ‘ciò che sarebbe potuto essere e non è stato’.

Il quartetto torinese si esprime con sonorità radicate in tutto uno scenario ‘indie’ che mescola suggestioni vagamente post punk, aperture dreampop, momenti più volti a un certo ‘rock alternativo’ degli anni ’90, pur senza eccessi rumoristici, conservando anzi il gusto della melodia, nel segno di un appeal fondato sul pulsare del basso e sull’uso accorto dei synth.

Il brano conclusivo è una cover tradotta di ‘Feel’ dei norvegesi Motorpsycho, da quasi trent’anni band di culto della scena rock alternativa.

Un lavoro quasi ineccepibile nella forma, ma al quale forse, manca qualche abrasione, qualche momento di ‘rilascio’ in più, restituendo alla fine un’impressione di ‘energia trattenuta’.

CRNG, “QUALCOSA A CUI CREDERE” (NEW MODEL LABEL)

Secondo lavoro sulla lunga distanza per il quartetto fiorentino dei CRNG , che starebbe per ‘carnage’, ma intendiamoci: qui niente ‘splatter’ o sangue a fiumi…

Disco dalla lunga gestazione, iniziata addirittura prima dell’esordio, su cui ha inciso tutto ciò che è venuto dopo, soddisfazioni, delusioni, sogni realizzati, speranze rimaste in sospeso; in mezzo, una sorta di ritiro tra le montagne abruzzesi, per focalizzare meglio il tutto.

La formula è tutto sommato confermata: un rock arrembante che mescola spezie di varia provenienza, cercando magari di mollare maggiormente gli ormeggi, abbandonare i ‘rassicuranti’ lidi dei propri riferimenti – soprattutto ‘eighty’ – e cercare un’impronta stilistica maggiormente autonoma. Non che certi accenti new wave, post punk e a tratti post hardcore siano del tutto assenti, anzi; ma in questo caso si avverte la volontà di farsene meno ‘trainare’, di ‘maneggiarli’ meglio.

Undici brani: più frequenti certe ‘tirate’, compatte e decise, all’insegna dei classici ‘tre minuti o poco più’, ideali per qualche passaggio radiofonico, ma spazio anche per episodi un po’ articolati, che si prendono più tempo e danno l’idea che il gruppo quanto meno provi ad esplorare terreni un po’ meno ‘agevoli’.

Tentativi di ‘avanzamento’ che si riflettono anche sulla scrittura – nuovamente, in italiano – con testi che appaiono maggiormente improntati alla riflessione, pur conservando a tratti una certa immediatezza ‘viscerale’, pilotata da una certa ‘ansia di comunicazione’.

Molta introspezione, tra incognite e indecisioni sul futuro, la ricerca del proprio ‘posto nel mondo’ – indicativo il titolo del disco – è più che mai indicativo, che inevitabilmente coinvolge anche le relazioni personali e sentimentali.

I CRNG appaiono insomma a metà del guado: decisi a dare alla propria proposta una maggiore ‘identità’ e a dotarsi degli strumenti tecnici e creativi necessari allo scopo; un percorso ben avviato, ma con della strada ancora da fare.

TWOAS4, “MAREA GLUMA” (LIBELLULA MUSIC / AUDIOGLOBE)

Secondo lavoro per la creatura del cantante e chitarrista Oscar Corsetti accompagnato da Alan Schiaretti e Luminita Ilie.

Si prendono le mosse dal precedente lavoro, “Audrey in Pain English” , e non solo da un punto di vista cronologico: la continuità, anche concettuale, è sancita dalla title – track, versione in rumeno del brano conclusivo del disco precedente.

Un lavoro che rappresenta la componente sonora di un progetto multidisciplinare che include la scrittura, attraverso il racconto incluso nel booklet, una sorta di taccuino di riflessioni e appunti ‘di vita’, forse un po’ difficile da fruire, viste la ridotta dimensione dei caratteri, e la grafica, con una serie di quadri – eseguiti con varie tecniche – che accompagnano quel testo.

Un disco stratificato, per un verso strettamente legato all’attività dal vivo della band, tra rielaborazioni del proprio repertorio, prime esecuzioni in studio di pezzi abitualmente suonati nei live e che per l’altro riprende idee e materiali anche abbastanza remoti.

Disco dalla gestazione in parte complicata – Schiaretti (batteria e tastiere) ha abbandonato il progetto, anche se dopo aver comunque suonato le proprie parti – in parte arricchita dalla partecipazione di alcuni ospiti esterni, a cominciare da Andrea Bergesio ( Ezio Bosso, Eskinzo, Marco Notari) e dal suo apporto essenziale in sede di elaborazione del materiale di partenza passando a Stefano Vivaldi, in passato bassista nei Baustelle, il cantante, musicista e videomaker londinese Jon Roseman (già al lavoro con Dylan, Rolling Stones, Queen).

Undici brani, caratterizzati da un approccio multilingue, tra inglese, italiano e il rumeno di Luminita Ilie, in cui si mescolano new wave e no wave, post punk e art rock; con un cantato che più volte si avvicina al parlato (vengono in mente i ‘soliti’ Massimo Volume e Offlaga Disco Pax) e che nel suo snodarsi trasmette l’impressione di trovarsi, più che di fronte a un semplice disco, a una sorta di installazione, di performance, in questo ricordando a tratti i primi CCCP.

Frustate elettriche, abrasioni, accenni industriali, passando per una cover obliqua di ‘I wanna be your dog degli Stooges’, e sfocando nella rilettura post apocalittica dell’’Ave Maria’ di Gounod.

Un lavoro che richiede attenzione, che tiene l’ascoltatore sulla corda, i cui mutamenti di registro linguistico costituiscono il primo elemento di stimolazione; un lavoro che vive sia nella sua autonoma identità sia nel suo essere parte del più ampio progetto che mescola suoni, parole e grafica.