Un collettivo di musicisti provenienti da disparate esperienze, dal pop alla classica, passando per tutto il territorio dell’alternative (Afterhours e Calibro 35 tra gli altri) decide di dedicarsi al ‘liscio’.
Non rileggendolo, o sconvolgendolo con commistioni con altri generi, ma ripresentandolo tale e quale.
Un decennio circa di attività, svariate collaborazioni (Capossela, Agnelli), un vinile e un 45 giri all’attivo, L’Orchestrina torna con otto brani per altrettante ‘danze da balera’ (dal valzer alla mazurka, passando per cha cha cha, tango, rumba, e via dicendo), i cui titoli sono dedicati ai figli e figlie dei componenti del gruppo.
Testi all’insegna della leggerezza e del prendere con filosofia le amarezze della vita che spesso e volentieri strappano un sorriso, e quanto ce n’è bisogno, nei tempi attuali: li interpreta Francesca Bilotti, una voce d’altri tempi, accompagnata da fiati, archi e l’immancabile fisarmonica, cui si aggiunge talvolta una chitarra elettrica.
Eppure, nonostante una riproposizione del genere tanto fedele da essersi meritata l’uscita per la Casadei Sonora Edizioni, qua e là si avverte qualche vaga deviazione, qualcosa di sottilmente ‘fuori quadro’, come se L’Orchestrina spuntasse improvvisamente dalle nebbie di un film di Fellini e alla fine del disco in quelle nebbie fosse destinata a tornare.
La ricerca di un sentimento autentico da vivere compiutamente è al centro del nuovo brano di Mattia Faes: un testo che cerca di evadere dall’ordinario, accompagnato da un insieme sonoro di chitarra acustica, archi, fiati, una sezione ritmica quasi sottotraccia, tra Belle And Sebastien e certo neo folk nordamericano. Da (ri)ascoltare.
La giovane Vi Skin da Esperia (Frosinone) celebra l’Inter, fresca vincitrice del campionato.
Amore per i colori, passione per lo stare insieme, orgoglio Di appartenenza, all’insegna di un canonico pop all’insegna di sonore sintetiche. Solo per tifosi.
SayLar
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Greys Production
Ad anticipare un EP di prossima uscita per stato rapper di Novara, un pezzo che si stacca un po’ dalle consuetudini più ‘commerciali’ del genere, abbracciando sonorità oscure e ritmi più sostenuti: si sente vaga aria di crossover.
La citazione – esplicita, con tanto di dialogo riproposto a inizio pezzo – de “Il Corvo’, è il punto di partenza per una riflessione su sé stesso, ma senza scadere nell’autoreferenzialità, il proprio mondo, la propria terra.
È un rap diretto, ‘vecchio stampo’ , quello di YungestAlien, siciliano di Barcellona Pozzo di Gotto, che guarda ai migliori esempi del genere, in Italia e non solo.
Un ‘tango’ onirico, sull’onda del ricordo di un amore forse passato.
La giovane Tarsia torna con un brano che mescola pop, cantautorato e accenti jazz a evidenziare la qualità di voce e interpretazione; peccato che il contorno sonoro finisca per essere un po’ debole.
Influenzata per esplicita ammissione dalla scena berlinese, la nuova composizione di questo DJ e produttore bresciano fa parte di quel filone dance che cerca di coniugare il dancefloor alla ricerca di qualcosa in più da dire: un pezzo che, sul filo dell’ipnosi, assume connotati quasi onirici.
Giovane esponente della scena pop capitolina, Giamba torna facendosi dare man forte da Biondo, la cui corposa esperienza l’ha visto passare da “Amici” a “Sanremo”, fino alla recente prova ne “Il Fabbricante di Lacrime”.
Il risultato è il classico pezzo sentimentale in cui si cerca di porre rimedio a una relazione che sembra sul punto di finire.
Pop ampiamente condito di sintetizzatori, filtri vocali non troppo invasivi, nel caso genere si lascia ascoltare.
Dopo un disco di esordio nel 2021 e in attesa di un EP di prossima uscita, il capitolino Guidobaldi sforna un brano dedicato alle difficoltà della relazione all’epoca di smartphone e social, all’insegna di un’ironia dal retrogusto amaro.
Un mix di cantautorato e brit pop forse in questo caso un po’ troppo sbrigativo.
Metafore astronomico – sentimentali nel nuovo singolo di questo giovane cantautore pugliese, che però non sembra andare oltre un pop di maniera, di marca vagamente sanremese.
Pioggia Rossa Dischi / Non Ti Seguo Records / Altafonte Italia
La Tomba come metafora della fine di una fase, in cui magari seppellire le esperienze negative per aprire un nuovo inizio.
A cinque anni e passa dall’EP di esordio, il trio genovese dei Saam torna con un singolo all’insegna di un post hardcore caracollante, convincente nei suoni, che potrebbe lasciarsi andare di più nelle parole e nell’interpretazione.
Due EP e un terzo in arrivo, collaborazioni dal vivo e non solo con artisti di primo piano, la Scooppiati Diversamente Band da ormai un decennio porta avanti un progetto che vai oltre il semplice ‘fatto musicale’, nel segno dell’integrazione tra ‘normodotazione’ e disabilità.
‘Liberatemi’ è un inno, appunto, alla liberazione dal dolore e la sofferenza, all’insegna di un pop rock solare dalle tinte quasi AOR, trainate dall’interpretazione di Ketti Giansiracusa, ed è quasi un peccato che la band non abbia premuto più decisamente il pedale del rock, come testimonia l’intro vagamente anni ’70 che lascia trasparire più ampie potenzialità.
Una dedica all’oggetto dei propri sentimenti, presente o forse no, a cavallo tra realtà e immaginazione, per un pezzo in cui si mescolano ascendenze r’n’b e il pop dimesso dalle tinte indie di Billie Eilish.
Convincono, la scelta stilistica e l’interpretazione di questa giovane italiana dalle ascendenze libanesi.
Qualche pezzo già all’attivo, Grace torna con un brano dedicato a una relazione ormai agLi sgoccioli, crollata sotto casa peso delle incompatibilità, della mancanza di sensibilità e dei tradimenti.
Terzo singolo per il ventenne marchigiano: in bilico tra trap e pop, Ladrone00 presenta un classico brano sentimentale dedicato alle ‘fiamme dell’amore’ con qualche incertezza per il futuro. Si avvertono delle potenzialità, ma tutto viene sbrigato forse troppo in fretta.
Dopo un EP e la riuscirà cover de ‘Gli Uccelli’ di Battiato, Hetra torna con una sorta di dedica a chi si lascia trasportare dalle emozioni, senza troppi compromessi, anche a rischio di perdersi o soffrire.
I ‘fiori di fuoco’ che bruciano in fretta dopo aver vissuto nel tempo di una fiammata.
Un brano dalle atmosfere ancestrali tutto incentrato sulla voce, accompagnata da un tappeto sonoro crepuscolare.
Un inno alla musica come strumento di fratellanza universale e allo stesso tempo la sfida di un brano lungo oltre cinque minuti in tempi nei quali la brevità è diventata quasi un obbligo.
Eric Mormile, napoletano, un pugno di singoli all’attivo, unisce il proprio dialetto cittadino a un pop che riporta agli anni ’80, tra synth e chitarre elettriche dal sapore molto vagamente fusion.
L’esito, accompagnato da un manipolo di amici ai cori, è tutto sommato apprezzabile, anche se qua e là un maggior lasciarsi andare nei suoni non avrebbe guastato.
Pare, rapper toscano di Forte dei Marmi, offre una versione abbastanza classica del genere, nei suoni, anche abbastanza essenziali, e nelle parole, all’insegna di una critica sociale che prende le mosse dal classico divario ricchi / poveri.
L’attitudine c’è, ma si rischia a tratti il luogo comune.
Un femminicidio dal punto di vista dell’assassino: il pentimento e l’esortazione a non ripetere il gesto.
Intento lodevole, tuttavia il brano dell’artista sardo, quasi uno spoken word con l’intervento del rapper Impulso, sembra fermarsi troppo in superficie, limitandosi ad un’ammissione di colpa.
L’esito così finisce per essere un po’ ‘generico’.
Esistenzialismo un filo troppo spiccio nel nuovo brano di questo cantautore della provincia di Roma.
Pop con synth dal sapore anni ’80 per un pezzo in cui tutto resta un po’ lì, complici i i due minuti di durata che offrono pochi spazi all’approfondimento.
Un pugno di singoli all’attivo, il romagnolo Enrico Garattoni presenta il suo nuovo progetto, articolato in una serie di brani che lo vedranno accompagnato di volta in volta da vari ospiti.
Qui lo affiancano i Bellanotte, duo del quale scopro far parte Barbara Suzzi, che avevo a suo tempo apprezzato tantissimo nel progetto tutto al femminile Io e La Tigre.
Ecco quindi questo singolo, che parla della felicità e del diritto a raggiungerla, con un bel po’ di rabbia verso un mondo che spesso ‘rema’ contro.
Un indie – pop ‘elettrizzato’ da spezie punk, che ricorda tanto altro, dai Prozac+ in poi.
Arrivano i primi caldi e si apre ufficialmente la stagione dei tormentoni primavera / estate 2024.
I fratelli (non gemelli, anche se lo sembrano e ci giocano su) Ferrini si buttano nella mischia, col classico brano a base di apprezzamenti che scivolano rapidamente in allusioni sessuali manco troppo sottintese, come si evince dal titolo.
Pop con quel tanto di immancabile dance necessaria per essere ballato qua e là nei prossimi mesi.
Secondo ‘assaggio’ dell’esordio sulla lunga distanza in uscita a maggio.
A metà a metà strada tra Colapesce e Di Martino e Depeche Mode, questo di Matera confeziona un synth pop dalla grana rarefatta e l’atmosfera sospesa ad accompagnare un testo ellittico, frammenti parlati di un soliloquio.
La difficoltà di comprendere e di comprendersi, quando si tratta di faccende sentimentali e non solo, nel nuovo singolo di Cortese.
Lo spid come metafora del ‘codice’ che ognuno si porta dentro e che permette di capirsi; a volte, si finisce per rinunciare, limitandosi a osservare in silenzio.
Il gioco sul contrasto tra una tessitura chitarristica solare, che evoca a tratti gli spazi visti dal finestrino di un treno che attraversa la val Padana e le parole a descrivere la situazione difficile di chi si richiude in sé stesso, ritraendosi in un ambiente casalingo, perché stufo delle tribolazioni del quotidiano.
Siciliano da tempo a Bologna, Licciardi sforna un nuovo singolo ispirato esplicitamente a certo neo folk americano.
Alla vigilia dell’uscita del suo nuovo disco, Luca Fol ha presentato questa allegra anticipazione.
Pensieri sparsi sull’onda dei sentimenti e della riflessione su sé stessi, il ‘Diktat’ del titolo sembrerebbe essere quello di lasciarsi e lasciare andare, senza troppe complicazioni.
Un pop rock decisamente solare per un brano dall’attitudine ludica e vagamente surreale.
Un trio misto romano – pugliese per un’esortazione a seguire la propria strada, senza curarsi di chi prova a contenere le proprie aspirazioni o abbassare le proprie aspettative.
I Lumied esibiscono una ventata di pop rock interpretata da una vocalità femminile con una discreta attitudine.
Viviamo tempi oscuri: il Pianeta se la passa male e anche l’umanità non sta messa benissimo.
Il secondo capitolo della biografia musicale del progetto di Cecilia Miradoli e Max Tarenzi è incentrato sulla ricerca di una ‘scintilla’, che ad accenderla siamo noi o qualcun altro, che diventa l’unico sentiero percorribile se non si vuole definitivamente mollare la presa e lasciarci sommergere dalle acque limacciose dello scoraggiamento, di un futuro visto come ineluttabile, forse di un filo di autocommiserazione.
Non che il percorso sia agevole, date le condizioni.
Dieci i brani presenti, lungo i quali si ricorre a un ampio campionario di sonorità che a partire dalla new wave e il post punk, attraverso shoegaze, dreampop e trip hop ci hanno accompagnato per ormai quasi mezzo secolo.
“A Sparkle In The Dark Water” diventa così un lavoro in costante oscillare tra pessimismo cosmico e speranza , tra la presa d’atto dell’esistente, che non invita alla speranza nemmeno i giovani, ‘rose congelate’ in un eterno presente che ostacola anche il ‘guardare lontano’ che dovrebbe essere tipico delle giovani generazioni, e la convinzione che una via di uscita esista e risieda nel riscoprire ciò che ci rende simili come esseri umani: le speranze che ci accomunano, la capacità di sognare, l’empatia che – anche non sempre – ci spinge a prenderci cura dell’altro.
Sensazioni tradotte dalla voce di Cecilia Miradoli, in una cornice stilistica personale rievoca a tratti Siouxsie o Beth Gibbons, affiancata in dialogo costante dalle tessiture chitarristiche di Max Tarenzi, in una gamma di consistenze che va dalla ruvidità, quasi sfiorando il noise, fino all’evanescenza.
Certo, a giudicare da ciò che succede in giro, in un momento in cui le divisioni sembrano aver preso ampiamente il sopravvento, a partire dalle guerre che sono ormai diventate un triste aggiornamento quotidiano, non c’è da stare allegri nemmeno pensando alle potenzialità dei rapporti umani…