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UNFAUNO, “INSECURITY” (PHONARCHIA DISCHI)

Romano, classe ’89, Fauno Lami giunge al traguardo del primo disco solista, dopo una precedente esperienza in gruppo, conclusa, appunto per intraprendere la propria esperienza in solo.

“Insecurity”, incertezza: il filo conduttore del disco è la ricerca di quel ‘tassello in più’ necessario a completare il mosaico: delle proprie idee, del proprio senso, forse della propria esistenza; quel qualcosa che si sente come mancante, fin da ragazzini e fin dalla prima traccia.

Una figura che ritorna quella del Fauno/UnFauno bambino, come se tutto per tanti (tutti?) nascesse da lì e in fondo la vita non fosse altro che una conseguenza di certe domande su sé e il mondo che ci ronzano in testa fin da ragazzini.

Il classico ‘viaggio esistenziale’, per certi versi: dalle domande dell’infanzia alle delusioni sentimentali dell’adolescenza, l’esperienza di un’occupazione scolastica come atto di ‘ribellione personale’, da contrapporre a troppi finti ‘ribelli’ e ‘alternativi’ di un oggi dove “il rock è morto e il punk è in coma etilico”; forse è per questo che da un punto di vista sonoro UnFauno sembra piuttosto guardare alla stagione della wave – post punk, tra i Joy Division (‘Firefly’) e una strizzata d’occhio a Trent Reznor (‘Fuori’) che si accompagnano a un’indole che, complice la decisa impronta autobiografica degli undini brani presenti, assume spesso connotati cantautorali, a tratti solo ‘autoriali’, data la presenza di due tracce totalmente parlate, una delle quali costruita su certi testi di Sorrentino, e dedicata a Roma che torna in controluce anche nella già citata ‘Non capisco’.

Passando per una dedica alla meditazione, altro grande interesse dell’autore (‘Angel of Light’), si arriva quasi al dunque in ‘Cadere’ metafora di chi alla fine, di certezze preferisce non averne, vivendo in una costante mancanza di equilibrio.

La soluzione, forse per certi versi prevedibile, è che non si può chiarire tutto, percorrendo ‘Strade Storte’ lungo le quali l’incertezza e il ‘qualcosa di mancante’, sono una necessità.

LORO 2

Sconfitto (per poco) alle elezioni, Berlusconi è sul punto di cedere, ma ritrovato lo smalto del venditore dei tempi migliori, rieccolo sulla breccia: via con la compravendita dei Senatori, con ‘favori’ annessi, coinvolgendo anche giovani ragazze da ‘sistemare’,  magari nelle fiction delle sue tv, e si continua con le feste in Sardegna, le ‘cene eleganti’ e quant’alto, con adeguata esposizione di corpi femminili (nulla a che vedere con la prima parte, però), mentre si conclude con poca gloria la parabola dell’arrivista Sergio Morra, fino a quando proprio una di queste giovani ragazze ha il coraggio di mettere ‘lui’ di fronte al suo essere patetico. Eppure, ‘lui’ continua a essere convinto di sé stesso e delle sue capacità, una testa ‘piena di progetti’ anche a 80 anni.
Torna al Governo, la moglie lo pianta con una piazzata che manco Travaglio e nel frattempo il terremoto de L’Aquila sembra aprire – forse – una voragine incolmabile tra ‘Lui’ e ‘noi’ gente ‘normale’.
Come si sperava, e si poteva prevedere, in questa seconda parte Sorrentino si concentra soprattutto su di ‘lui’, senza fare sconti, ma cercando di tratteggiare il lato ‘umano’ di una persona alla quale in fondo piace ‘divertirsi’ e che fa tutto ciò che i soldi gli permettono, senza riuscire ad accettare il fatto che una persona con un ruolo pubblico deve giocoforza porsi dei limiti anche nel privato. Una persona che alla fine, costruisce delle verità di comodo destinate non tanto agli altri, quanto innanzitutto a sé stesso, per evitare di ammettere le proprie debolezze.
La potenza dell’uomo sta nel fallimento di chi ogni volta ha cercato di accelerarne la fine politica e di chi ha cercato di ‘sfruttarlo’, cercando di ottenere più di quanto lui non  abbia voluto concedere.
Dopo aver visto tanti ‘Loro’ e tanto ‘Lui’, il finale sembra dedicato a ‘noi’, gente ‘normale’ coi propri problemi e a volte tragedie, lontanissimi da certo ‘mondi’… eppure, viene da pensare che proprio ‘noi’ abbiamo alla fine contribuito al suo successo, guardando le sue televisioni, comprando i suoi prodotti e alla fine votandolo.
Servillo (quasi) magistrale è al centro della scena; Elena Sofia Ricci, una Veronica Lario credibile (e che si spoglia pure lei) e poi tutto il resto della ciurma, tra la giovanissima Alice Pagani (una ‘promessa’?) e uno Scamarcio di fronte al quale per l’ennesima volta ci si chiede quali doti abbia a parte la bellezza donatagli da Madre Natura.
Certo, resta comunque l’idea di un film che non dice nulla di nuovo, perché alla fine in vent’anni e passa un’idea sul Berlusconi pubblico e privato ce la siamo fatta tutti; né abbiamo avuto chissà quali rilevazioni riguardo quanto poteva succedere in certe occasioni, o quali fossero e siano ancora le dinamiche di certi ambienti: il caro, vecchio detto sul ‘pelo di f*** e il carro di buoi’ non tramonta mai.
L’impressione finale, allora, è che di questo film resti soprattutto la ‘carne’ esposta ampiamente nella prima parte e in misura minore nella seconda: un’esposizione di nudi femminili e situazioni ‘al limite’ come raramente si è vista nel cinema italiano ‘serio’; certo funzionale alla storia, ma per certi versi eccessiva e a un certo punto noiosa. Io comunque se fossi in quelli di Pornhub a Sorrentino un film hard glielo proporrei…

LORO 1

Sergio Morra (Riccardo Scamarcio) ambizioso e spregiudicato trafficone tarantino, giunge a Roma con l’avvenente moglie, mosso dall’obbiettivo di incontrare ‘lui’…
‘Lui’ nel frattempo è in Sardegna, momentaneamente escluso dal Governo, impegnato a cercare di tenere in piedi ciò che resta del suo matrimonio.
La prima parte del nuovo film di Sorrentino si divide in due ‘sezioni’: la prima, ci mostra un mondo decadente, con giovani donne disposte a usare senza tanti complimenti il proprio corpo per fare strada…
Siamo a due passi dalla Roma de “La Grande Bellezza”: lì la protagonista era la noia di una generazione di intellettuali falliti sotto il profilo ideale, qui quel divertimento ‘obbligato’ che rappresenta il raggiungimento del successo nel mondo politico ed economico.
Mi scuso per i ‘francesismi’, ma in sintesi ci viene presentata un’ora di troie, cocaina, tette, culi, strusciamenti (etero e lesbo).

Poi, negli ultimi 40 minuti, arriva Servillo – Berlusconi (così così il milanese, ottima la mimica) e il clima si rasserena, pur non tacendone l’arroganza, ignoranza e grettezza. L’idea di fondo è forse quella di presentare il mondo dei ‘loro’ che gli girano intorno come peggiore di ‘lui’ stesso, come le cronache tutto sommato ci hanno mostrato.
Resta comunque il dubbio di trovarsi davanti a una grande paraculata di Sorrentino che per oltre mezzo film non fa vedere altro che donne mezze (o tutte) nude, Kasia Smutniak inclusa (applausi).
Il prossimo, suggerirei direttamente un porno.
A restare su tutto è la prova di
Bentivoglio – Bondi: grandissimo.
Appuntamento a “Loro 2” per una più completa e corretta opinione.

SCOLA E GLI ALTRI

Ogni volta che negli ultimi anni se n’è andato un ‘Grande’, gli appassionati hanno tenuto una sorta di ‘contabilità’ dei sopravvissuti… l’elenco ovviamente si è progressivamente assottigliato, sempre più agevole fare il conto dei rimasti.

La morte di Ettore Scola, sembra purtroppo segnare il momento in cui il contatore arriva all’inevitabile ‘0’.
L’impressione, è che non sia rimasto più nessuno… Oddio, magari a volerlo cercare, a voler ampliare il raggio d’azione, a voler includere a voler cercare dei ‘sopravvissuti’, si potrebbero magari citare i nomi di Wertmuller o Squitieri, ma purtroppo senza girarci troppo attorno, con Scola se ne va l’ultimo rappresentante dell’età dell’oro del cinema italiano.
Scola, Monicelli, Risi, Fellini; Gassman, Sordi, Mastroianni, Manfredi; a testimoniare quell’epoca è rimasta in larga parte la cosiddetta altra metà del cielo, per quanto ormai le grandi attrici italiane dell’epoca vivano tutte più o meno ritirate dalla ribalta, facendo capolino occasionalmente (con l’unica, triste, eccezione di Monica Vitti, vittima di una malattia che lascia privi di memoria e di identità).

La dipartita di Scola dà comunque l’idea che un capitolo sia definitivamente chiuso, aprendo una riflessione su ciò che il cinema italiano è stato, è e sarà. E’ forse il caso di evitare eccessivi ‘peana’, perché forse avere troppi rimpianti è anche sbagliato: non è, probabilmente, il cinema di oggi ad essere ‘mediocre’, quanto quello di allora ad essere di un’altra categoria… E’ vero che la ‘straordinarietà’ si raggiunge grazie alla ‘selezione naturale’: ed è un fatto che in Italia tra gli anni ’50 e i ’70 si produceva un numero di film che confrontato con l’oggi appare semplicemente fantascienza; è dunque naturale pensare che da un così ampio numero di registi, attori, produttori, alla fine emergessero delle ‘eccellenze’.

Ci sarebbe da discutere del ruolo della televisione, dell’evoluzione dei costumi, del sistema dei finanziamenti pubblici al cinema, ma la banale verità è che i tempi sono semplicemente mancati e che semplicemente nel corso della storia ci sono ‘età dell’oro’ destinate prima o poi a concludersi. Il passato sembra sempre migliore del presente.
Non che poi alla fine manchi gente della quale essere felici, nel cinema italiano di oggiM a ben vedere, anzi, l’elenco dei registi che negli ultimi dieci / vent’anni hanno offerto prove di livello non è manco tanto esiguo: in ordine sparso, citerei Moretti, Virzì, Sorrentino, Garrone, Giordana, Placido, Rubini Bellocchio, Tornatore, Salvatores…
Meno folta la lista degli attori: certo, c’è il ‘solito’ Servillo (che però comincia ad essere inflazionato), c’è un Kim Rossi Stuart che per me è l’unico attore della sua generazione che può realmente aspirare ad un confronto con i grandi del passato; c’è Elio Germano,  ci sono attori secondo me sopravvalutati (Mastandrea, Santamaria, Giallini) o sottovalutati (Battiston, Popolizio) altri che forse sono troppo legati al loro ‘essere belli’ (Scamarcio), altri ancora che nelle mani del regista giusto potrebbero ‘dare di più’ (Albanese).
Attrici come Jasmine Trinca, Giovanna Mezzogiorno, Margherita Buy o Maya Sansa portano avanti sono ottime esponenti del ‘fronte femminile’.

C’è, insomma, del buono anche nel cinema italiano di oggi, e forse non è nemmeno tanto difficile da cercare… Forse non è nemmeno un problema di mancanza di ‘storie’, anche se indubbiamente esiste la tendenza a chiudersi nelle famose ‘due camere e cucina’ citate da Tarantino, forse è solo un problema di ‘mancanza di mezzi’.

E’ un fatto che di cinema in Italia se ne faccia poco: se si fanno pochi film, viene meno anche quella ‘selezione naturale’ alla quale facevo riferimento sopra, gli autori, gli attori, le opere di livello diminuiscono… La gente va poco al cinema, anche se i dati dell’ultimo anno parlano di una lieve ripresa; chiudono le piccole sale, resistono i multisala ‘Luna Park’.

La gente va al cinema a vedere Zalone… si può discutere si vuole: Zalone non è nè un genio del cinema, né il simbolo dello sprofondo, è uno che offre ai suoi spettatori sano divertimento disimpegnato; non è che si possa fare una colpa al pubblico se vuole trascorrere un pomeriggio facendosi due risate e vedendo Zalone… forse il problema è la mancanza di alternative: Zalone, come altri, ha avuto successo godendo del traino della tv: oggi qualsiasi comico che abbia successo sul piccolo schermo ha ragionevoli speranze di raccogliere un discreto gruzzolo anche trasferito nelle sale; se un produttore fiuta l’affare non gli si può certo imputare di fare il suo mestiere, che è quello di fare soldi col cinema…
Semmai, ci si dovrebbe augurare che almeno una parte della caterva di soldi che Zalone e qualche altro raccolgono al cinema siano usati per finanziare prodotti magari meno ‘di cassetta’, ma che alla fine offrano anche alternative al pubblico.

Insomma: produco Zalone, faccio un sacco di soldi, e poi grazie a Zalone finanzio anche qualche opera prima, cerco di far emergere qualche altra realtà: questo il ragionamento che dovrebbe fare un produttore che sia veramente appassionato di cinema e non solo attaccato al denaro.

Certo che se poi al pubblico non offri delle alternative tra cui scegliere, ti credo che tutti vanno a vedere Zalone… lo andrà a vedere perfino gente poco interessata che di fronte alla mancanza di alternative (mi riferisco ai film italiani) si arrende e finisce per dire: vabbé, ci vanno tutti, vediamo che roba è…

Rimpiangiamo, quindi, il passato, ma il passato era il prodotto di un complesso di fattori che oggi non sono più gli stessi… Bisogna invece chiedersi se il cinema italiano, nelle condizioni date, stia offrendo il massimo delle sue potenzialità: e purtroppo bisogna concludere che così non è; che con un po’ più di coraggio e di voglia di investire si potrebbero sfruttare potenzialità inespresse, dare occasioni a scrittori, registi, attori.

Certo, per l’Italia come per altrove, vale la considerazione che alla fine televisione ed Internet sono ottimi canali per veicolare storie, ma non si vede perché il cinema dovrebbe arrendersi, visto e considerato che all’estero sul cinema si continua a puntare.

Se quindi è vero che ‘l’età dell’oro’ del cinema italiano è una stagione con dei connotati di stra-ordinarietà difficilmente ripetibili oggi, per non avere troppi rimpianti bisognerebbe almeno fare si che il cinema italiano di oggi si esprima al massimo delle sue potenzialità.

W LA GRANDE BELLEZZA!!

La Grande Bellezza è un film che non ho amato; non starò ad elencare i motivi, chi vuole può leggersi la recensione qui sul blog, basta cercarla, non è questa l’occasione. E’ invece il caso di festeggiare perché, al di là di come la si pensi, credo che un Oscar è sempre un Oscar e vincerlo fa ‘morale’, specie per il cinema italiano che da tanti anni ne era ‘a secco’. Quindi:

W LA GRANDE BELLEZZA!!!