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SCOLA E GLI ALTRI

Ogni volta che negli ultimi anni se n’è andato un ‘Grande’, gli appassionati hanno tenuto una sorta di ‘contabilità’ dei sopravvissuti… l’elenco ovviamente si è progressivamente assottigliato, sempre più agevole fare il conto dei rimasti.

La morte di Ettore Scola, sembra purtroppo segnare il momento in cui il contatore arriva all’inevitabile ‘0’.
L’impressione, è che non sia rimasto più nessuno… Oddio, magari a volerlo cercare, a voler ampliare il raggio d’azione, a voler includere a voler cercare dei ‘sopravvissuti’, si potrebbero magari citare i nomi di Wertmuller o Squitieri, ma purtroppo senza girarci troppo attorno, con Scola se ne va l’ultimo rappresentante dell’età dell’oro del cinema italiano.
Scola, Monicelli, Risi, Fellini; Gassman, Sordi, Mastroianni, Manfredi; a testimoniare quell’epoca è rimasta in larga parte la cosiddetta altra metà del cielo, per quanto ormai le grandi attrici italiane dell’epoca vivano tutte più o meno ritirate dalla ribalta, facendo capolino occasionalmente (con l’unica, triste, eccezione di Monica Vitti, vittima di una malattia che lascia privi di memoria e di identità).

La dipartita di Scola dà comunque l’idea che un capitolo sia definitivamente chiuso, aprendo una riflessione su ciò che il cinema italiano è stato, è e sarà. E’ forse il caso di evitare eccessivi ‘peana’, perché forse avere troppi rimpianti è anche sbagliato: non è, probabilmente, il cinema di oggi ad essere ‘mediocre’, quanto quello di allora ad essere di un’altra categoria… E’ vero che la ‘straordinarietà’ si raggiunge grazie alla ‘selezione naturale’: ed è un fatto che in Italia tra gli anni ’50 e i ’70 si produceva un numero di film che confrontato con l’oggi appare semplicemente fantascienza; è dunque naturale pensare che da un così ampio numero di registi, attori, produttori, alla fine emergessero delle ‘eccellenze’.

Ci sarebbe da discutere del ruolo della televisione, dell’evoluzione dei costumi, del sistema dei finanziamenti pubblici al cinema, ma la banale verità è che i tempi sono semplicemente mancati e che semplicemente nel corso della storia ci sono ‘età dell’oro’ destinate prima o poi a concludersi. Il passato sembra sempre migliore del presente.
Non che poi alla fine manchi gente della quale essere felici, nel cinema italiano di oggiM a ben vedere, anzi, l’elenco dei registi che negli ultimi dieci / vent’anni hanno offerto prove di livello non è manco tanto esiguo: in ordine sparso, citerei Moretti, Virzì, Sorrentino, Garrone, Giordana, Placido, Rubini Bellocchio, Tornatore, Salvatores…
Meno folta la lista degli attori: certo, c’è il ‘solito’ Servillo (che però comincia ad essere inflazionato), c’è un Kim Rossi Stuart che per me è l’unico attore della sua generazione che può realmente aspirare ad un confronto con i grandi del passato; c’è Elio Germano,  ci sono attori secondo me sopravvalutati (Mastandrea, Santamaria, Giallini) o sottovalutati (Battiston, Popolizio) altri che forse sono troppo legati al loro ‘essere belli’ (Scamarcio), altri ancora che nelle mani del regista giusto potrebbero ‘dare di più’ (Albanese).
Attrici come Jasmine Trinca, Giovanna Mezzogiorno, Margherita Buy o Maya Sansa portano avanti sono ottime esponenti del ‘fronte femminile’.

C’è, insomma, del buono anche nel cinema italiano di oggi, e forse non è nemmeno tanto difficile da cercare… Forse non è nemmeno un problema di mancanza di ‘storie’, anche se indubbiamente esiste la tendenza a chiudersi nelle famose ‘due camere e cucina’ citate da Tarantino, forse è solo un problema di ‘mancanza di mezzi’.

E’ un fatto che di cinema in Italia se ne faccia poco: se si fanno pochi film, viene meno anche quella ‘selezione naturale’ alla quale facevo riferimento sopra, gli autori, gli attori, le opere di livello diminuiscono… La gente va poco al cinema, anche se i dati dell’ultimo anno parlano di una lieve ripresa; chiudono le piccole sale, resistono i multisala ‘Luna Park’.

La gente va al cinema a vedere Zalone… si può discutere si vuole: Zalone non è nè un genio del cinema, né il simbolo dello sprofondo, è uno che offre ai suoi spettatori sano divertimento disimpegnato; non è che si possa fare una colpa al pubblico se vuole trascorrere un pomeriggio facendosi due risate e vedendo Zalone… forse il problema è la mancanza di alternative: Zalone, come altri, ha avuto successo godendo del traino della tv: oggi qualsiasi comico che abbia successo sul piccolo schermo ha ragionevoli speranze di raccogliere un discreto gruzzolo anche trasferito nelle sale; se un produttore fiuta l’affare non gli si può certo imputare di fare il suo mestiere, che è quello di fare soldi col cinema…
Semmai, ci si dovrebbe augurare che almeno una parte della caterva di soldi che Zalone e qualche altro raccolgono al cinema siano usati per finanziare prodotti magari meno ‘di cassetta’, ma che alla fine offrano anche alternative al pubblico.

Insomma: produco Zalone, faccio un sacco di soldi, e poi grazie a Zalone finanzio anche qualche opera prima, cerco di far emergere qualche altra realtà: questo il ragionamento che dovrebbe fare un produttore che sia veramente appassionato di cinema e non solo attaccato al denaro.

Certo che se poi al pubblico non offri delle alternative tra cui scegliere, ti credo che tutti vanno a vedere Zalone… lo andrà a vedere perfino gente poco interessata che di fronte alla mancanza di alternative (mi riferisco ai film italiani) si arrende e finisce per dire: vabbé, ci vanno tutti, vediamo che roba è…

Rimpiangiamo, quindi, il passato, ma il passato era il prodotto di un complesso di fattori che oggi non sono più gli stessi… Bisogna invece chiedersi se il cinema italiano, nelle condizioni date, stia offrendo il massimo delle sue potenzialità: e purtroppo bisogna concludere che così non è; che con un po’ più di coraggio e di voglia di investire si potrebbero sfruttare potenzialità inespresse, dare occasioni a scrittori, registi, attori.

Certo, per l’Italia come per altrove, vale la considerazione che alla fine televisione ed Internet sono ottimi canali per veicolare storie, ma non si vede perché il cinema dovrebbe arrendersi, visto e considerato che all’estero sul cinema si continua a puntare.

Se quindi è vero che ‘l’età dell’oro’ del cinema italiano è una stagione con dei connotati di stra-ordinarietà difficilmente ripetibili oggi, per non avere troppi rimpianti bisognerebbe almeno fare si che il cinema italiano di oggi si esprima al massimo delle sue potenzialità.

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ELEZIONI REGIONALI

L’impressione davanti alle imminenti elezioni regionali è quella di un generale abbassamento del livello dei candidati; ancora di più, di uno scadimento della politica ‘in sé’.
A dire la verità, non ci si capisce quasi più niente: politologi e filosofi ci hanno ampiammente spiegato come siamo ormai nel periodo della ‘post-ideologia’ e che è inutile ragionare secondo i ‘vecchi schemi’, sinistra-destra: tutto giusto, ma se alla fine delle ‘ideologie’, segue la fine delle ‘idee’ e il principio generale diventa solo: “tutto pur di andare al potere e rimanerci” qualcosa di sbagliato c’è. A me basterebbe alla fine che ci fosse una sinistra ‘progressista’ fautrice dell’ampiamento dei ‘diritti’ (civili, economici, al lavoro, all’istruzione) e una destra conservatrice che parta dai ‘doveri’, ma qui non c’è nemmeno più questo. Siamo davanti ad un semplice ‘mettere insieme’ tutto ed il contrario di tutto: intanto si conquisti il potere e poi vediamo.

E’ una storia che viene da lontano, una catena della quale Renzi è solo l’ultimo anello, cominciata con le ammucchiate uliviste, proseguita col principio del ma-anchismo veltroniano (ricordo che quando Veltroni era sindaco di Roma, poco ci mancò che si presentasse alle elezioni una lista dei ‘fascisti per Veltroni’) e con l’esiziale idea del PD, nato per mettere insieme tutti e che oggi forse si vorrebbe portare alle estreme conseguenze col ‘Partito della Nazione’. Il risultato è che se nelle candidature alle regionali si cerca uno straccio di principio, di idea, si fatica a trovarlo: è solo una gara a conquistare il potere. Non parlo per carità di patria di profili penali, di candidati incandidabili e di altri in odor di criminalità, perché si aprirebbe un capitolo troppo ampio…

Qualche giorno fa per caso mi sono imbattuto in un dibattito elettorale coi candidati della Campania: un cittadino che non ne sapesse nulla avrebbe concluso che Caldoro (candidato di centrodestra) fosse del PD e De Luca (candidato del PD) si presentasse per La Destra di Storace; stessa impressione, un filo annacquata, per la Puglia: anche qui Emiliano vuole dare l’idea dell’uomo ‘forte’: gli è stata contestata la candidatura di ex AN nella sua lista, la risposta è stata che “in Puglia si è sempre fatto così”, e che alla fine ‘accogliere chi ci sta’ non è poi una bestemmia. In Liguria, vivaddio, la ‘sinistra’ ha avuto un sussulto d’orgoglio rispetto alla candidatura PD della Paita in odore di Burlando, che sembra aver già ventilato la possibilità di un Governo con l’NCD, seguendo l’esempio di quello nazionale; piccolo inciso: se i liguri voteranno per chi sarà l’erede delle amministrazioni che negli ultimi 15 anni hanno massacrato il territorio, beh, alla prossima alluvione non si lamentassero… certo se l’alternativa deve essere Toti, quello che ‘Novi Ligure è in Liguria’ (errore da geografia di Terza Elementare), beh, non invidio i liguri… così come non invidio i veneti, costretti a scegliere tra uno Zaia che si è attribuito tutto il bene del Veneto attribuendo tutto il male al Governo centrale, un Tosi che non si sa dove voglia andare e Alessandra Moretti, quella che ‘per le politiche è importante andare dall’estetista’, quella che – ricordo – a Ballarò ebbe il coraggio di citare trai risultati delle giunte di sinistra a Roma, la terza linea della Metro, quando di quella linea non era ancora nemmeno attivo il breve tratto in funzione da solo pochi mesi a questa parte. Il livello insomma mi pare abbastanza infimo…

Non mi meraviglierei se, a questo giro, il MoVimento Cinque Stelle cominciasse ad ottenere risultati soddisfacenti anche sul piano locale; non parlo di vittorie ma, soprattutto in Liguria e in Puglia, c’è la possibilità di portare a casa un buon risultato. Certo, fossi un elettore delle regioni interessate, rispetto a duelli Zaia – Tosi – Moretti, Paita – Toti, Caldoro – De Luca, o Emiliano – Schitulli – Poli Bortone, andrei dritto su M5S: insomma, meglio la totale inesperienza condita con proposte magari un filo irrealistiche, che la lotta per il potere fine a sé stesso svuotata di ogni parvenza di contenuto ideale.

SORRISETTI DI CONDISCENDENZA

Le categorie di persone che non sopporto sono svariate: in realtà considero più o meno da buttare il 90 per cento del genere umano, e comunque c’è una buona parte della popolazione mondiale che se fosse obliterata libererebbe spazio… non è detto che io ne faccia parte o no: fosse per me ovviamente mi salverei, ma non credo stia a me decidere. Vabbé, nichilismo a parte… tra le varie tipologie di persone che ritengo abbastanza insopportabili c’è quella del ‘sorrisetto di condiscendenza’… sono tutte quelle persone che, davanti ad un interlocutore che la pensi diversamente da loro, assumono l’atteggiamento della maestrina con lo scolaro scemo: lo guardano e sfoggiano il sorrisetto di condiscendenza – e di malcelata compassione – di chi, in possesso della verità assoluta, guarda all’altro come un povero idiota che non sa quello che dice… il classico atteggiamento di superiorità spocchiosa di chi preferisce atteggiarsi a detentore delle massime verità sulla vita, l’universo e tutto quanto di fronte ad poveri minus habens, privi di una qualsiasi capacità di discernimento. Ovviamente tale atteggiamento nasconde la mancanza di volontà di confrontarsi, forse per paura di vedere le proprie posizioni, spacciate come dogmi, miseramente sbugiardate.

Ora, fateci caso: il sorrisetto di condiscendenza è espressione largamente diffusa tra le ‘giovani donne rampanti del PD’:  Alessandra Moretti, Pina Picierno, Alessia Mosca, sembrano fatte con lo stampino; tutte uguali, tutte con lo stesso atteggiamento, magari con qualche differenza caratteriale: Picierno ha dei modi più sguaiati, tipici della classica ‘espansività’ meridionale, mentre Alessandra Moretti potrebbe essere la maestra di una scuola di suore del nordest, ed Alessia Mosca ha l’atteggiamento un filo più algido, tipico della ‘proverbiale’ concretezza lombarda… ma alla fine, sembrano uscite tutte dalla stessa scuola, le reazioni finiscono per essere le stesse: gli manca il ditino alzato, che per fortuna ci risparmiano, ma la conclusione è sempre la solita: messe alle strette, ecco che s’innalzano sul piedistallo e sfoderano il sorrisino con cui mettere a tacere l’uditorio scemo di fronte cui, povere malcapitate detentrici della verità assoluta, sono state  messe di fronte.

Avessero ragione, l’atteggiamento sarebbe comunque sbagliato ed irritante, ma poi ad ascoltarle ci si rende che manco quello che dicono rappresenta poi la verità che il loro atteggiamento sembrerebbe sottintendere: insomma, ho sentito Alessandra Moretti a Ballarò citare la Metro C trai risultati delle giunte di sinistra a Roma… ecco, non vorrei dire niente, ma la Metro C a Roma è ben lungi dall’essere conclusa, e chissà se lo sarà mai… almeno, informarsi prima di parlare… però poi che vuoi che sia, tanto alle brutte c’è sempre il sorrisetto di condiscendenza pronto all’uso: qualsiasi cosa io dica, è la verità, e se tu la pensi diversamente sei un poveretto che non sai quello che pensi…

LA NEVE A ROMA…

…tanto bello vederla cadere e imbiancare tetti e monumenti, quanto meno piacevole doverla spalare: abitando all’ultimo piano, me se n’è ammassata un bel pò in terrazzo; avrei potuto lasciarla lì, ma non mi sono fidato di eventuali ‘gelate’, così ieri pomeriggio mi sono armato di secchi e paletta, e sono riuscito a eliminarne la gran parte. Esperienza personale a parte, vorrei fare qualche considerazione su quello che è successo.
Che Roma abbia fatto una figuraccia, è abbastanza assodato, soprattutto a livello nazionale, con i cittadini settentrionali a riderci appresso per quella che può bollarsi come minimo come ‘scarsa previdenza’.
Che qualcosa sia andato storto, appare sicuro, e non mi riferisco a quella percentuale di caos che in una città dove non nevica mai è ampiamente prevedibile e accettabile: mi riferisco invece alle conseguenze più ‘drammatiche’ (gente bloccata per ore sul Grande Raccordo Anulare), o comiche, come le pale per spazzare distribuite in piazza.
Qualcosa nella ‘catena di comando’ deve essere andato storto. Il sindaco Alemanno ha sicuramente delle colpe, se non dirette, almeno indirette: il suo scaricare la colpa sulla Protezione Civile appare mettere in mostra un nervo scoperto.
La questione dei millimetri di pioggia che si trasformano in centimetri di neve appare ridicola, i casi sono due: o alla Protezione Civile non hanno pensato a informare di quella ‘traduzione”, o al Comune di Roma manca gente competente che sappia che un conto sono i millimetri di pioggia, un conto i centimetri di neve.
Il duetto visto oggi pomeriggio dalla Annunziata ribadisce le posizioni: secondo Alemanno la Protezione Civile non è stata abbastanza chiara nell’illustrare i rischi, secondo Gabrielli il Comune di Roma e gli altri enti coinvolti non hanno colto la gravità.
Il problema secondo me è che un sindaco non può affidare tutto a ciò che gli dice la Protezione Civile: che a Roma sarebbe nevicato era dato praticamente per sicuro dalla stragrande maggioranza delle previsioni metereologiche degli ultimi giorni (a proposito: mi chiedo quanti automobilisti siano stati tanto previdenti da mettere le catene nel portabagagli per ogni evenienza: è lo stesso discorso del sindaco, non si può affidare la propria esistenza agli altri, sarebbe il caso di usare autonomamente il cervello, ogni tanto…); allora, a prescindere da ciò che dica la Protezione Civile, se io sono un sindaco e in certe situazioni ho una responsabilità, prendo comunque dei provvedimenti a prescindere: se non altro, tengo pronti a entrare in azione in qualsiasi momento gli spazzaneve per liberare il Raccordo e le arterie stradali più importanti, e faccio spargere il sale prima, poi se nevica, bene, sennò, sono stato comunque previdente; e, aggiungerei, cerco di fare in modo che i mezzi pubblici siano anch’essi dotati di catene e funzionino a dovere (ieri, il giorno dopo la nevicata, mi risulta che di auto ne girassero ben pochi). Non si può pendere dai comunicati della Protezione Civile: sarebbe il caso, ogni tanto, di accendere il cervello e agire per cavoli propri (il sindaco ne ha il potere); non è una questione di chissà quale livello tecnico, sarebbe bastato un pò di buon senso. Cosa della quale evidentemente il sindaco di Roma non è granché dotato.

P.S. In tutto questo casino sollevato su Alemanno, ci si sta dimenticando di quell’altro genio di Moretti, l’A.D. di Ferrovie dello Stato:  i casi di passeggeri restati per ore bloccati sui treni sono allucinanti, ma  naturalmente si giustificherà il tutto con ‘l’eccezionalità delle condizioni’…