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DELUDED BY LESBIANS, “FOTOROMANZI” (NEW MODEL LABEL)

Considerazione numero uno: non importa quando una band italiana possa essere definirsi ‘indie’, alternativa, lontana anni luce dalle melodie del ‘bel canto’ tricolore: la tradizione è un fatto e, volenti o nolenti, prima o poi bisogna farci i conti.

Considerazione numero due: le cover di per sé sono sempre rischiose; la cover è fondamentalmente un omaggio, è il ‘primo passo’ :la quasi totalità di coloro che imbracciano un qualsiasi strumento musicale comincia col suonare pezzi di altri, ma quando una band ha avviato il proprio percorso, impegnarsi nel reinterpretare è il più delle volte un azzardo, perché il più delle volte, la copia – specie se ‘conforme’ e totalmente ricalcata sull’originale, al suo cospetto impallidisce…

Diverso il discorso quando la cover l’originale lo sconvolge, dandogli una nuova personalità…

E’ il caso (e ci siamo arrivati, finalmente), del terzo lavoro dei milanesi Deluded By Lesbians, che dopo essersi imposti all’attenzione del pubblico grazie a un nome indubbiamente originale e aver dato alle stampe due dischi sulla lunga distanza (il più recente, “Heavy Medal”, si caratterizzava per essere un disco doppio, in cui gli stessi brani venivano interpretati in italiano e poi in inglese), decide di dedicarsi a questo, divertissement, col quale si tolgono di dosso l’impiccio di dover confrontarsi col ‘canzoniere’ italiano degli ultimi ottant’anni, o giù di lì.

“Fotoromanzi”: titolo ‘vintage’ che evoca le storie d’amore travagliata dei ‘giornaletti’ che nel secolo scorso hanno costituito per decenni un filone di successo della narrativa popolare: titolo scelto non a caso, perché qui di canzoni d’amore si tratta, e non poteva essere altrimenti, in un lavoro dedicato ai successi della storia della canzone italiana: attenzione, nonostante alcuni ‘grossi calibri’, qui non parliamo della tradizione cantautorale, dei ‘pesi massimi’ etc… qui parliamo dei ‘grandi successi’, di brani e autori che puntualmente troviamo nelle compilation vendute nelle ‘ceste’ degli autogrill…

Canzoni coverizzate alla maniera dei Deluded By Lesbians, facendo ricorso a punk rock (con qualche accenno hardcore), indie, una punta di stoner, una spolverata di metal.

L’apertura del disco non poteva che essere affidata a Fotoromanza di Gianna Nannini; seguono, in ordine sparso, Cuore Matto di Little Tony, Vacanze Romane dei Matia Bazar e la più recente Se tu non torni di Bosè; si risale fino agli anni ’30 con Parlami d’Amore Mariù; immancabile l’inno nazionale Nel blu dipinto di blu; parentesi ‘autoriale’ con Il cielo in una stanza; non poteva mancare un episodio jovanottiano con Serenata rap (che in versione pompata risulta assai più gradevole dell’originale)… ma il vero pezzo – simbolo, quello che in una compilation del genere non poteva mancare, è l’imprescindibile Felicità di Al Bano e Romina.

Accompagnato da un booklet in cui i tre componenti della band inscenano un vero e proprio fotoromanzo – la storia di un matrimonio contrastato, “Fotoromanzi” ha almeno due meriti: il primo è quello di dare anche agli ascoltatori più ortodossi il pretesto di ascoltare certi brani e certi autori senza troppi sensi di colpa… anche se questo vuol dopo anni passati a scansare le hit da classifica, ritrovarsi a scapocciare con Serenata rap o Miguel Bosè; il secondo, è mettere in luce una questione, tanto banale quanto poco evidenziata: questi brani possono non piacere, lasciare indifferenti o (molto più spesso, per quanto mi riguarda) far venire l’orticaria, ma se poi trasfigurati in versione punk rock finiscono per funzionare in certi casi perfino meglio, allora vuol dire che forse, in fondo, tolti gli arrangiamenti edulcorati e lasciate da parte le facili emozioni, questi pezzi continuano a possedere un certo valore intrinseco…

 

 

DAVIDE FERRARIO, “F” (LIBELLULA MUSIC)

Al primo disco solista, Davide Ferrario arriva dopo aver già percorso una lunga strada, che l’ha portato a Sanremo nel 2007 con gli Fsc e a collaborare con vari ‘big’ della musica italiana, tra cui Litfiba e Gianna Nannini. L’incontro decisivo è però stato quello con Franco Battiato che, oltre ad avviare con lui una collaborazione costante, l’ha anche portato in tour, permettendogli di esibirsi col brano “Non capiranno”, qui presente.

I dodici brani che compongono “F” si muovono tra coordinate abbastanza definite: il cantautorato italiano, da un parte, un rock spesso colorato di elettronica dall’altro.

La formula ricorda, a tratti, i Subsonica, ma il paragone è puramente indicativo: Ferrario evita infatti di pigiare l’acceleratore, oltre a mostrare una vena intimista e, in un certo senso, meno ‘piaciona’, rispetto al gruppo torinese pur cedendo, in qualche episodio alle tentazioni di un synth-pop un tantino ammiccante.

A dominare sono invece toni per lo più crepuscolari, più adatti a fare da contorno sonoro a una scrittura che appare in un certo frammentaria sospesa: i brani sembrano estrapolati da brandelli di conversazioni, considerazioni tra sé e sé, appunti. Un apparente ‘disordine’ che trova la sua corrispondenza nel booklet, in cui i singoli testi sono presentati di volta in volta, come stralci di file scritti al computer, pagine di diari, lunghi sms, note prese sul primo foglio che capita, quasi a restituire l’immediatezza – e la casualità – del processo creativo.

Una scrittura che appare convincente che nel suo essere sospesa e nel suo lasciare spazio al ‘non detto’ restituisce un’impressione di immediatezza, di mancanza di ‘filtri’.

Nel complesso, è un disco che convince, pur lasciando l’impressione che la scelta della formula sonora non abbia reso sufficientemente alla componente testuale, in un certo senso depotenziadola: nel corso dell’ascolto si avverte la mancanza di una maggiore incisività, di una differenziazione che desse una veste sonora più caratterizzante ai singoli brani. Al suo esordio Davide Ferrario mostra di avere comunque tutte le carte in regola per proseguire in maniera più che positiva la propria carriera.

IN COLLABORAZIONE CON LOSINGTODAY