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RIO 2016: QUELLO CHE RESTA

L’irruenza giovanile di Fabio Basile – judo.
Il sorriso timido, quasi disarmante, di Niccolò Campriani, e il suo quasi scusarsi con l’avversario dopo la vittoria del secondo oro – tiro a segno.
L’abbraccio tra Diana Bacosi e Chiara Cainero, protagoniste di una finale tutta italiana – tiro a volo.
La concentrazione, la forza ‘calma’, l’intensità agonistica interiore dei ragazzi e delle ragazze del tiro con l’arco.
Le lacrime incredule di Gabriele Rossetti – tiro a volo – e liberatorie dii Elia Viviani – vincitore di un oro nel ciclismo su pista per una Nazione priva o quasi di velodromi dove allenarsi e gareggiare.
I sorrisi di Tania Cagnotto e Francesca Dallapè, dopo le medaglie tanto attese e finalmente arrivate, all’ultima gara.
Le lacrime trattenute di Federica Pellegrini, che vabbè, tanto simpatica non sarà, ma è pure lei una che si è fatta i suoi bravi sedici anni e passa di fatica e in fondo parlare di lei come se la medaglia fosse un ‘obbligo’ è stato anche ingeneroso.
La delusione di Vanessa Ferrari, la migliore ginnasta italiana della storia, per una medaglia sfuggita all’all’ultimo ‘atterraggio’ sulla pedana;
delle ragazze della ritmica, per un terzo posto sfuggito per 0,20 punti;
del pentathleta Riccardo De Luca, autore di una fantastica rimonta, finita sul più bello;
di Frank Chamizo, lotta libera, per un terzo posto che voleva essere qualcosa di più;
dei ragazzi della pallavolo, per un sogno dal quale sono stati svegliati fin troppo bruscamente;
della marciatrice Eleonora Anna Giorgi, che si è vista bloccare una gara per squalifica, il modo più crudele per chi pratica questa disciplina;
di Flavia Tartaglini, prima a una regata dalla fine e poi non arrivata nemmeno sul podio;                      I sorrisi amari del Settebello e del Setterosa, perchè contro quei ‘mostri’, al momento proprio di più non si poteva fare;
quelli di Rossella Fiamingo e Elisa di Francisca, per ciò che stava per essere e non è stato.
La dedica della nuotatrice di fondo Rachele Bruni, capace in due frasi di mostrare come si possa vivere con assoluta naturalezza un amore che in altri contesti diventerebbe un campo di battaglia tra fazioni.
Le testimonianze di quelli, per tutti cito Jeanine Cicognini – badminton, la cui partecipazione si è purtroppo ridotta solo a una comparsata, ma che avrebbero voluto sicuramente ottenere di più.
I saluti finali di Usain Bolt e Michael Phelps: la fine di due ‘regni’ nella storia delle Olimpiadi: ora si aprono due pagine completamente nuove;
l’inizio, invece, della ‘monarchia’ della stupefacente Simone Biles nella ginnastica.
Le inguardabili divise dell’Italia, all’insegna di blu scurissimo (o nero) che non c’entra nulla con lo storico azzurro, e con un ‘7’ dominante, a richiamare lo sponsor, che faceva pensare che la nostra fosse la rappresentativa dell”Armania’ e non dell’Italia: una scelta demenziale, per la quale naturalmente non pagherà nessuno.

Tutto il resto: gioie per medaglie vinte, rosicamenti per quelle mancate, o per quelle arrivate, ma che sarebbero potute essere più pesanti.
Abbiamo assistito ad atlete che durante una gara si fermano per sostenere un’avversaria in difficoltà e a proposte di matrimonio ai piedi del podio.

L’Italia conclude le Olimpiadi con lo stesso risultato di Londra 2012, sia per numero complessivo di medaglie che di ori; la prevalenza degli argenti rispetto ai bronzi segna un lievissimo miglioramento; la posizione nel medagliere, sia per ‘valore’ che per ‘numero di medaglie’ è analoga a quella del 2012.
Il classico risultato su cui si potrebbe discutere a lungo: per me però l’obbiettivo deve essere quello di migliorarsi sempre e l’Italia è rimasta sostanzialmente ferma.

Restiamo lontani dai nostri ‘avversari storici’: la Francia porta a casa 42 medaglie, la Germania 43; il Giappone, che per molti versi è simile a noi (una nazione demograficamente ‘vecchia’, con seri problemi economici, soprattutto di debito pubblico), vince 41 medaglie. La ‘piccola’ Nuova Zelanda (poco più di cinque milioni di abitanti), si porta a casa 18 medaglie; il Canada (fino a poco tempo fa una Nazione da ‘Olimpiadi Invernali’ o poco più) ne vince 22…

I problemi del sistema sportivo italiano sono sempre gli stessi: la sostanziale mancanza di ‘cultura sportiva’: il quotidiano più venduto parla di sport, ma alla fine le prime pagine sono dedicate quasi esclusivamente al calcio e ai motori (sulla cui reale ‘natura sportiva’ ci sarebbe molto da ridire).
Le tanto celebrate superstar italiane dell’NBA alle Olimpiadi manco ci sono arrivate (come del resto i ragazzini viziati del pallone); non si capisce nemmeno perché la pallacanestro qui sia considerata solo ‘roba da maschi’ e le ragazze non riescano mai a qualificarsi: ma che cosa abbiamo noi, meno della Spagna, per dire?

Abbiamo delle ‘eccellenze’, certo, sulle quali bisogna investire per diventare ancora più forti: la scherma, le discipline di ‘tiro’, la pallanuoto, la canoa e il canottaggio che stanno mostrando segni di ‘ripresa’, ma ci sono dei ‘casi’ disarmanti: ma qualcuno ha capito perché qui per dirne due, la pallamano e l’hockey su prato vengono del tutto ignorati, mentre in Francia e Germania, hanno una ben maggiore considerazione?

I ‘talenti’ vengono scoperti sempre o quasi per caso: quanti campioni si sono persi a causa di genitori patiti del ‘pallone’ che li hanno mandati a scuola calcio, fallendo, anzichè provare a fargli fare altro?
Una diffusa visione dello sport come ‘modo per fare soldi’, per cui genitori danno un pallone ai figli nella speranza che diventino i nuovi Totti, o peggio li mettono in sella a una minimoto, pensando che siano i nuovi Valentino Rossi.
Un ruolo poco incisivo, quando non totalmente latitante, della scuola, che dovrebbe individuare la ‘propensione sportiva’ dei ragazzini, ma che nei fatti va poco oltre piazzare una rete in mezzo alle palestre.
La cura delle attitudini sportive dei ragazzini lasciata a famiglie che non hanno alcun sostegno nelle scelte, a parte quello di qualche medico di famiglia illuminato che consiglia l’una o l’altra attività.
Un ‘sistema’ ancora basato sul modello, sempre più sorpassato, dei gruppi sportivi militari; gli scarsi investimenti dei privati.
La mancanza di strutture: certo, siamo pieni di piscine o palestre private, per carità, ma poi le palestre scolastiche e liceali hanno la proverbiale ‘rete da pallavolo’, o poco più; i parchi pubblici sono poco o nulla attrezzati, le piste ciclabili fanno a zig zag nel traffico, mancano gli impianti sportivi ‘specializzati’: che il nostro sport abbia ‘prodotto’ Cagnotto, Dallapè o Elia Viviani, vista la mancanza di strutture adeguate, ha del miracoloso.

Certo, uno potrebbe dire: ammazza, con tutti ‘sti problemi restiamo tra le dieci nazioni con più medaglie al mondo… a me piace pensare: chissà dove saremmo se in Italia avessimo una reale e diffusa ‘cultura sportiva’, con tutto ciò che da questa deriverebbe.

MONDIALI DI NUOTO: UN CONSUNTIVO

La bella medaglia di bronzo ottenuta ieri sera da Gregorio Paltrinieri nei 1500 stile libero, ha concluso a Barcellona un Mondiale di Nuoto – e delle discipline acquatiche –   che per l’Italia potrebbe definirsi ‘di transizione’: l’esito non è da buttare via, specie pensando al collasso delle Olimpiadi dello scorso anno, ma nemmeno di quelli da fare urlare al miracolo… tante situazioni diverse che danno l’impressione di un movimento che stia un pò ‘galleggiando’, in attesa di capire (come alcune delle sue ‘punte di diamante’) dove andare. Andiamo con ordine, disciplina per disciplina.

Sincronizzato.  La situazione è la solita descritta tante volte: ottimi tecnici, tanta buona volontà, ma la consapevolezza di un movimento che deve fare i conti con la scarsa popolarità della disciplina; siamo sempre lì, tra le prime del mondo, il podio non lo vediamo più col binocolo come una volta, bastano delle lenti da miope, ma l’impressione è che manchi qualcosa: forse proprio la classica ‘stella di valore assoluto’ che porti lo sport alla popolarità nazionale, come ha fatto Tania Cagnotto coi tuffi, dando al movimento di crescere.

Tuffi. Tania Cagnotto incornicia una prestazione maiuscola, con due argenti (uno dei quali per la miseria di 10 centesimi di punto non è diventato un oro) e un quarto posto: e per fortuna che era arrivata lì senza pressioni, dopo essersi presa un anno quasi ‘sabbatico’ dopo la delusione londinese: la riprova che a volte la ‘pressione’ finisce per fare più male che bene; in attesa di capire se Tania avrà voglia di continuare fino a Rio (3 anni sono lunghi, nello sport), i tuffi italiani non riescono ancora a trovare un ‘erede dichiarato / a’. Maria Marconi è arrivata vicinissima alla medaglia per due volte, senza poi riuscire ad agguantarla; trai maschi, Chiarabini è una promessa. Dovere di cronaca impone di ricordare che in questo Mondiale hanno esordito i Tuffi dalle grandi altezze: italiani  però assenti, in una disciplina che, per la sua spettacolarità, c’è da credere che acquisisca seguito e possa ambire a partecipale alle Olimpiadi.

Pallanuoto. A prima vista, la spedizione è stata un pò deludente: ragazze eliminate – ai rigori  – forse troppo presto rispetto al loro reale valore,  Settebello ai piedi del podio, annichilito dalla sorpresa Montenegro prima e dalla Croazia poi. Il Setterosa è una squadra giovane, in via di rodaggio, che ha dalla sua tutto il tempo per crescere; i maschi, Oro mondiale due anni fa e argento a Londra, si sono comunque mantenuti su standard più che discreti, sebbene le due sconfitte senza appello in semifinale e nella finalina per il bronzo suggeriscano la necessità di qualche correttivo.

Nuoto di fondo. Qualcosa, stavolta, non ha funzionato: è vero, l’unico oro dell’intera spedizione azzurra ai Mondiali è arrivato proprio da questa disciplina, per di più dalla massacrante 25 chilometri, vinta da Martina Grimaldi, ma nelle altre gare gli italiani, solitamente protagonisti, sono rimasti lontani dalla lotta per le medaglie. Una riflessione è d’obbligo.

Nuoto: a impreziosire la spedizione azzurra è stata, manco a dirlo, ancora una volta Federica Pellegrini, col suo argento nei 200 stile libero: sulla medaglia inaspettata in tanti hanno ampiamente parlato; per  Federica appare valere lo stesso discorso di Tania Cagnotto: se si gareggia più liberi da tensioni, forse si ottengono risultati migliori; l’esordio di Pellegrini nel dorso non è stato entusiasmante, ma c’è tempo per lavorarci. A salvare la baracca è poi arrivato il terzo posto di Paltrinieri, che almeno ha dato l’idea che Federica Pellegrini non sia l’unica a sobbarcarsi il peso del nuoto italiano; ottima la prestazione di Rivolta, una bella speranza; per il resto, gli atleti più quotati (Scozzoli, Bianchi) per motivi diversi hanno offerto prestazioni al di sotto della attese; la spedizione azzurra si è caratterizzata per tante qualificazioni sfuggite per un soffio… In prospettiva, comunque, c’è materiale su cui lavorare: Pellegrini e Paltrinieri, Scozzoli e Bianchi (se si riprenderanno), Rivolta (se si confermerà), senza contare la dorsista Arianna Barbieri, qui assente, costituiscono un buon numero di atleti in grado di competere ad alti livelli: i ‘se’ però sono ancora tanti, forse troppi: speriamo che le buone prospettive trovino conferma.

CECILIA CAMELLINI

Il nome di Cecilia Camellini sta, fortunatamente, circolando parecchio in questi giorni: indubbiamente è il segnale che qualcosa si sta muovendo: gli organi di informazione stanno cominciando a dedicare anche alle Paralimpiadi gli spazi che meritano: ricordo che solo fino a qualche anno fa tutto era relegato nelle classiche ‘brevi’ , in massimo cinque righe:  con soddisfazione noto che invece stavolta le notizie stanno ottenendo un rango quasi analogo a quello dato alle imprese degli atleti ‘normodotati’. Così improvvisamente succede che ci accorgiamo di avere in casa un autentico fenomeno: una ragazza capace di nuotare le finali di 100 e 50 stile libero a un giorno di distanza e di vincerle entrambe con altrettanti record del mondo. Questa ventenne modenese sta insomma riscattando il nuoto italiano dal flop delle Olimpiadi, meno male che c’è lei verrebbe da dire…  Evitiamo i sottintesi: Cecilia Camellini nuota alle Paralimpiadi perché cieca dalla nascita, ok; questo ovviamente, non nascondiamocelo, porta un surplus ‘emozionale’ rispetto alle sue imprese: si tratti di commozione, ammirazione, o anche – purtroppo – di pietà: dipende dalle persone.  Ecco, però a me piace anche sottolineare che di tutto questo bisognerebbe farne a meno: le gare paralimpiche, per i non vedenti così come per gli amputati e per tutti gli altri, sono codificate in modo rigoroso, ci sono norme, regolamenti, etc… Io quindi credo che bisogni considerare le sue come imprese sportive come quelle di qualsiasi altro: Cecilia Camellini è insomma la migliore della sua categoria, guardiamo a questo e non lasciamo che il suo handicap influisca sul giudizio sulle sue imprese. Ecco perché credo che un giorno bisognerà arrivare a vedere le Olimpiadi mescolate con le Paralimpiadi, gli atleti sfilare assieme, il medagliere unificato: perché fino a quando i due eventi saranno separati, ci sarà sempre quest’idea del mondo paralimpico come qualcosa ‘a parte’, mentre alla fine siamo sempre a lì: che siano normodotati o portatori di disabilità, al fondo c’è sempre la stessa logica: gente che si fa un mazzo così per riuscire a competere ai massimi livelli nella propria disciplina. Peraltro seguendo in tv le gare paralimpiche mi sono accordo di un fenomeno particolare: dopo cinque minuti che le guardi, ti dimentichi della disabilità: nel nuoto magari questa è meno evidente (gli handicap, per quanto gravi, sono ‘nascosti’ dall’acqua); ma quando vedi le gare di atletica alle protesi non ci fai manco più caso e addirittura di fronte al basket in carrozzina, finisci per fare poco caso pure al ‘mezzo’: insomma, il fatto atletico prende presto il sopravvento sul fatto ‘fisico’… Quindi festeggiamo la Camellini, non perché ‘poverina è cieca’, ma perché ha vinto due ori stabilendo altrettanti record del mondo: segno che il nuoto italiano qualcosa da dire ancora ce l’ha.

OGNI ESTATE

Per la maggior parte delle persone, l’estate è sinonimo di relax, svago, divertimento: lasciamo perdere il discorso dei ‘forzati delle ferie’, di quelli che come si usa dire, tornano più stressati di quando sono partiti: alla fine, anche a loro, l’estate offre parentesi di ‘leggerezza’. Le mie estati sono, da anni, l’occasione per guardarmi allo specchio e riflettere su una situazione di vita che passano gli anni ed è sempre la stessa, quindi considerando che il passaggio del tempo è comunque un fattore negativo, il quadro peggiora ogni anno. Al fondo delle cose c’è sempre il classico ‘come ho fatto a ridurmi così?’. Da anni non vado in vacanza: è tutta una catena, cominciata negli anni dell’Università, in cui non si sapeva mai che fine fare, causa appelli; gli stessi anni in cui, superati i venti, andare in vacanza coi miei era diventato del tutto improponibile. Poi, i discorsi sono quelli: certo c’è una questione di mancanza di soldi, cui si somma la mancanza di gente con cui andarci in vacanza… Poi c’è la solita scusa, che siccome io non ho un lavoro ‘normale’ sul quale stressarmi come tutti gli altri, allora di tutte ste vacanze non ho bisogno.  E scava e scava, alla fine il motivo sta tutto nella mia incapacità di cambiare, di ‘deragliare’ da una ‘norma’. Vivo 365 giorni all’anno in un mondo autocostruito, edificato su ritmi tutti uguali, incapace di cambiare. Prendiamo uno degli aspetti più piacevoli, la piscina: ma vi pare possibile che da 15 anni e passa a ‘sta parte io ogni autunno mi re-iscrivo in piscina? Manco dovessi farlo per agonismo. No. Trovata una sorta di ‘attività fisica d’elezione’, guai a deragliare… ci sono persone che negli stessi anni credo abbiano cambiato uno sport l’anno, magari arrivando pure  a provare il badminton… Io, no. Alla fine si tratta di ‘mancanza di palle’,  semplicemente… l’accontentarsi, il non aspirare ad altro, il farsi bastare ciò che si ha, persino il ‘bastare a se stessi’. Potrei dare la ‘colpa’ ai miei, ma alla fine ho sempre creduto che ognuno in fondo sia artefice del proprio destino, che, al netto del luogo dove casualmente veniamo al mondo, poi la strada ce la costruiamo noi, cominciando più presto di quanto s’immagini. Potrei dire che è stata una ‘somma’, che uno come me avrebbe avuto bisogno attorno a sè di una famiglia che lo prendesse, in senso figurato,  ‘a calci’, spingendolo fuori dalla palude, anche solo crescendolo insegnandogli di non accontentarsi, di aspirare sempre a qualcosa di meglio. Così, per tanti motivi, non è stato… ma non posso scaricare tutto sugli altri, ci ho messo del mio, insomma: ripeto, ognuno percorre la propria strada alla fine. La mia strada mi ha portato qui, a una vita all’insegna dell’accontentarsi, del ‘non lamentiamoci che c’è chi sta peggio’, di passatempi (i fumetti, la musica,  i libri, etc..), tutti sedentari, di una ‘cura del fisico’ che si è fossilizzata sul nuoto (la corsa talvolta d’estate). Tutto scontato, tutto meccanizzato. Nessun coraggio di cambiare, di evadere, di uscire dalla routine.  Così arriva l’estate, e io resto qui, privo della spinta necessaria a partire, forse conscio del fatto che tre, cinque, dieci, quindici giorni da qualche parte non cambierebbero certo un loop destinato a ricominciare; conscio del fatto che in vacanza, solo e senza ‘spirito d’avventura’, anche nei contatti con le persone, finirei per annoiarmi. Restiamo qui, accontentiamoci di girare per il centro di Roma, confondendoci trai turisti (ti pare poco!! dirà qualcuno, ma la questione non è proprio questa). Sono passati i venti, sono passati i 30, si avvicinano i 40… tutto sempre uguale, la vita corre e io resto fermo.

E IL NUOTO ANNASPA…

Le Olimpiadi stanno procedendo grosso modo come mi aspettavo: dopo il ‘botto’ iniziale, c’era da aspettarsi un rallentamento. Le Olimpiadi non vanno mai ‘perfettamente’: le sorprese sono dietro l’angolo, qualche controprestazione c’è da metterla in conto, così ovviamente come qualche sorpresa, in cui spero anche io. I consuntivi si faranno alla fine, ma qualche riflessione sul nuoto, fin da adesso, credo si possa farla, anche considerando che dopo le dichiarazioni di Magnini, un pò tutti hanno detto la loro, dando il via ad una sorta di ‘resa dei conti’. Non voglio dilungarmi sulla Pellegrini: personalmente ritengo che lei in quanto atleta, abbia sbagliato delle scelte, come quella di cambiare allenatori a raffica. Come persona, poco m’importa: non mi è simpaticissima, ma ho tifato per lei perché m’interessa che vinca, non il suo carattere. Certo, il baraccone gossipparo che le si è sollevato attorno non credo abbia giovato, e ho il dubbio che qualcuno attorno a lei non l’abbia consigliata benissimo su come gestire la cosa. Però sono affari suoi. Io credo che la Pellegrini debba essere citata per un altro motivo, di cui lei ha poca o nessuna responsabilità: la Pellegrini, da almeno tre anni a questa parte, è un alibi. Devo essere onesto, provo un pò di soddisfazione, a dire “io l’avevo detto”, anche se ovviamente il pronostico non era positivo. Tre anni fa, ai Mondiali di Nuoto di Roma ’09,  le avvisaglie di un ‘tramonto’ del nuoto italiano c’erano tutte: dietro alla Pellegrini e alla Filippi, si intravedeva poco o nulla. Io lo dissi all’epoca, che era meglio che qualcuno ne prendesse atto e corresse ai ripari. Invece, è successo l’esatto contrario: il nuoto italiano si è adagiato sugli allori della Pellegrini, “tanto le medaglie le vince lei”. Sorpresa sorpresa, arriva il momento in cui la Pellegrini, per vari motivi, non vince, e allora tutti si accorgono improvvisamente che il nuoto italiano è poca cosa.
Di certo, non si potevano pretendere i miracoli da Magnini, uno che già nel 2009 era finito nelle retrovie del nuoto che conta; ai Mondiali di Roma, piuttosto, gareggiò tutta una serie di giovani promesse: ricordo, tra gli altri, la Scarcella e la Di Pietro tra le donne, Giorgetti tra gli uomini; non uno di loro è cresciuto fino a raggiungere dimensioni non dico Mondiali, ma nemmeno europee. Qualcosa che non va, c’è. Certo nel frattempo sono usciti fuori Scozzoli, che comunque in queste Olimpiadi ha mostrato di non essere ancora prontissimo e Paltrinieri (deve ancora gareggiare, vedremo), ma l’impressione è che siano i classici ‘fenomeni’ esplosi improvvisamente. Piuttosto, ci sarebbe da chiedersi come mai si sia lasciato perdere per strada  un talento come quello della Filippi: va bene che è stata vessata dagli infortuni e ha anche vissuto un periodo di crisi, ma proprio in questi casi doveva esserci qualcuno a sostenerla. L’impressione è che nel nuoto italiano si ricorra fin troppo spesso all’improvvisazione: si aspetta che esploda il ‘fenomeno’ e ci si affida a lui; non c’è alcuna capacità di prendere atleti di livello medio e farli crescere. Guardiamo alla Francia: sono pieni di fenomeni. Da cosa dipende? Non certo dalla genetica, o da quello che mangiano. I francesi sono bravi a prendere i loro talenti e  a farli crescere. Credo sia ora che in Italia ci si renda conto che bisogna cambiare marcia: il nuoto, come tutto lo sport, sta cambiando: nuovi Paesi si affacciano alla ribalta, la competizione è più serrata. Non credo si possa continuare a sperare che esploda qualcuno, trincerandosi magari dietro al discorso che ‘è una questione di cicli, mancano i talenti’: i talenti escono fuori pure in Italia, li abbiamo noi come i francesi; il problema vero è quello di riuscire a valorizzarli adeguatamente.

IMMENSE!!!

A vedere la cerimonia di premiazione, c’era quasi da non crederci: tre tricolori, a mia memoria, è la prima volta: ci sono riuscite Elisa di Francisca, Arianna Errigo e Valentina Vezzali, che hanno monopolizzato il podio del fioretto femminile. L’impresa l’ha compiuta ancora una volta Valentina, che ha strappato il bronzo piazzando una serie fulminante di stoccate in finale di incontro, e poi quella decisiva nel minuto supplementare. Nella finale, dopo aver accumulato un discreto vantaggio, Elisa di Francisca ha subito il ritorno della Errigo, prima di vincere l’oro anche lei alla ‘prima stoccata’ nel minuto supplementare. GRANDIOSO. La prima giornata delle Olimpiadi è partita, per l’Italia, col ‘botto’:  a rompere il ghiaccio, nel primo pomeriggio, è stato Luca Tesconi, argento inatteso nella pistola da dieci metri; per la cronaca, Tesconi è stato anche l’ultimo azzurro a ottenere la qualificazione olimpica. Un paio d’ore più tardi sono stati i nostri arceri: Matteo Galiazzo, Michele Frangilli e Mauro Nespoli hanno vinto il primo oro per l’Italia. Già così la prima giornata sarebbe stata soddisfacente; ma poi è arrivata l’impresa delle fiorettiste e allora anche la vittoria nell’arco è finita un pò in secondo piano. La sorpresa di giornata è la sconfitta degli inglesi nella gara di ciclismo su strada, dove Cavendish era il vincitore annunciato: niente da fare, invece: oro al kazako Vinokourov che ha indovinato la fuga giusta assieme al colombiano Uran; terzo si piazza il norvegese Kristoff.  Altra sorpresa quella di Michael Phelps, rimasto ai piedi del podio dei 400 metri misti. Un paio di notazioni per finire: bella la cerimonia d’apertura: i cinque cerchi olimpici che escono dalla fonderia, Mister Bean in “Momenti di Gloria” e l’assemblaggio del braciere in diretta i momenti migliori. La RAI sta superando le peggiori previsioni: io sono ancora qui a chiedermi, visto che oltre a RaiDue ‘rete olimpica’, ci sono altri due canali dedicati allo sport, questi non vengano utilizzati, continuando a proporre repliche inutili: potevano servire a  trasmettere altri eventi, nei quali gli italiani non fossero impegnati: come al solito, nel caso della Rai la realtà batte anche le peggiori fantasie…

I GIOCHI SONO APERTI

Almeno ufficiosamente, i ‘Giochi della XXX Olimpiade’ cominciano oggi, con le prime partite del torneo femminile di calcio. L’inaugurazione, come credo tutti o quasi sappiano ci sarà però venerdì. Sono giochi ‘strani’: basterebbe solo accennare ai fatti aberranti cui si sta assistendo in questi giorni, lo strapotere dei marchi, il divieto di usare il richiamo alle Olimpiadi se non autorizzati, le polemiche sui viaggi in seconda classe riservati a certe rappresentative femminili mentre le squadre maschili hanno tutti i comfort… gli esempi potrebbero continuare. Sono Olimpiadi ‘strane’ perché il clima non è certo dei migliori: io le Olimpiadi le ho sempre seguite, sono uno di quegli avvenimenti che è ancora in grado di emozionarmi, ma quest’anno è tutto più ovattato, ci sono troppe incognite… C’è anche l’impressione che ‘l’esclusività olimpica’ sia venuta meno: una volta, certi sport in televisione li potevi vedere solo ogni quattro anni; oggi, col digitale terrestre, perfino la RAI in chiaro ti fa vedere l’hockey su prato, la pallamano, lo judo o le gare di tiro. L’Italia si presenta a ranghi ridotti rispetto al recente passato, anche per la mancanza di alcune squadre, come quelle di calcio o basket.  Sul numero, e il ‘colore’, delle medaglie, secondo me c’è da farsi poche illusioni: con buona approssimazione, credo sarà un successo se arriveremo ai venti podi, azzardo sei ori, sette argenti e sette bronzi. La concorrenza è sempre più globale:  Cina, Stati Uniti e Russia fuori portata, ovviamente; alle loro spalle forse arriverà la Gran Bretagna ospitante,  a giocarsi il quarto posto con Germania e Australia; il Giappone dovrebbe proseguire il trend positivo degli ultimi anni; la Francia dovrebbe riuscire a fare ancora una volta meglio di noi. L’Italia può aspirare ad entrare nella Top 10 (a Pechino fu nona, sia per numero di medaglie complessivo, che per ori), ma dovrà fare i conti con la concorrenza di alcuni Stati dell’ex est, come Ucraina e Bielorussia, con la Spagna; occhio alla Corea del Sud e, soprattutto, al Brasile che potrebbe offrire delle sorprese. Il problema è che queste sono Nazioni in ascesa, in Italia è tutto fermo da anni: pochi investimenti, pochi impianti, un sistema sportivo in cui la scuola fa poco o nulla, lasciando gran parte del lavoro ai genitori; poi quando gli atleti crescono, arrivano le varie società legate alle forze armate: per carità, lodevole e nobilissimo impegno, ma lo schema appare ormai datato. Le speranze di medaglia sono le solite: scherma e tiro, qualcosa forse dal canottaggio; la pallanuoto può ben figurare sia trai maschi che tra le femmine; le pallavoliste sono tra le favorite, gli uomini una possibile sorpresa; le ragazze della ritmica negli ultimi anni sono andate avanti come un rullo compressore; qualcosa potrebbe arrivare dalla ginnastica e dagli sport ‘di combattimento’ (Judo, Pugilato, Taekwondo). Nell’atletica, assente Andrew Howe (un grande talento buttato praticamente alle ortiche da una gestione scriteriata da parte di chi doveva farlo crescere), abbiamo praticamente la sola Di Martino (nell’alto una concorrente in meno, la superfavorita croata Vlasic), anche se io uno sguardo alla gara del salto triplo maschile (e perché no, pure femminile) glielo darei. Nel nuoto c’è ovviamente la Pellegrini, insieme a lei Scozzoli con Paltrinieri possibile outsider; per Alessia Filippi è già stata un’impresa esserci. Nel tennis (mancherà Nadal) dopo tempo immemorabile, abbiamo qualche chance: il doppio Errani – Vinci è trai migliori del mondo. Con tutta probabilità comunque, queste Olimpiadi confermeranno il trend del prevalenza dello sport italiano femminile rispetto a quello maschile… anzi, ho l’impressione che stavolta si parlerà di autentico predominio, Questo il quadro generale,  più o meno: la mia speranza è come al solito di vedere qualche oro inatteso: ve lo ricordate a Pechino Andrea Minguzzi nella lotta greco-romana? E allora, via ai Giochi. Nonostante tutto, le Olimpiadi restano ancora le Olimpiadi: per quanto possibile, godiamocele.