Ad Agnese Allegrini (Badminton), Mihai Bobocica e Wenling Tan – Monfardini (Tennistavolo) e a tutti i ragazzi e le ragazze solo brevemente comparsi alle Olimpiadi di Londra, rappresentando l’Italia che, tanto lontana dai riflettori, resta sconosciuta ai più, non riuscendo a godere nemmeno della breve e fulgida ribalta offerta da una medaglia olimpica.
A tutti gli atleti che sono scesi nelle strade e nei palazzetti, nelle piscine, sulle piste e sulle pedane a rappresentarci, e che magari sono partiti da Londra prima del previsto, delusi per una prestazione non all’altezza delle aspettative.
A Vanessa Ferrari, Tania Cagnotto, le ragazze della Ritmica, Roberto Cammarelle e Alberto Busnari, vittime delle logiche, spesso incomprensibili, delle giurie.
Alle squadre nazionali maschili di Pallavolo e Pallanuoto che ci hanno provato, ma che si sono trovate di fronte delle squadre più forti.
Ai maratoneti, ai triathleti e a tutti quelli che, pur rimanendo lontani dal podio, hanno comunque raggiunto dei buoni risultati, per loro e per noi.
A tutti quelli che ci hanno regalato la gioia di una medaglia.
A Luca Tesconi, che nel primo giorno di Olimpiadi ha subito tolto il numero ‘0’ dal medagliere.
A Mauro Nespoli, Marco Galiazzo, Michele Frangilli, che vincendo il primo oro mi hanno permesso subito di mettere il tricolore in terrazzo.
A Elisa Di Francisca, Arianna Errigo e Valentina Vezzali che ci hanno dato il brivido di vedere tre tricolori italiani issati nello stesso momento in una gara olimpica.
A Niccolò Campriani, che dopo un argento è andato in tv con tutta la serenità di questo mondo, dicendo: quello che ha vinto era più forte; allo stesso Niccolò, che qualche giorno dopo ha dimostrato di essere lui, il più forte.
A Jessica Rossi, che mi ha fatto vivere una delle emozioni più intense di queste Olimpiadi, con una vittoria epica e un record da delirio.
A Daniele Molmenti, che è venuto giù come un fulmine tra le rapide di quel torrente in piena, facendomi chiedere: ma come cavolo fa?
A Carlo Molfetta, che ci ha regalato l’ultimo oro di queste Olimpiadi e che assieme a Mauro Sarmiento ci ha mostrato come l’espressione ‘prendere la gente’ a calci in faccia possa essere il sinonimo di qualcosa di sportivo e positivo e non solo del disprezzo per il prossimo cui troppo spesso ci troviamo di fronte in Italia.
A Josefa Idem, che ci ha mostrato come avendo per rispetto per il proprio fisico a 48 anni si possano ancora raggiungere risultati eccezionali.
Alle ragazze della ritmica, che mi hanno tenuto col fiato sospeso (io col fiato sospeso per la ritmica, da non credere…).
A Marta Menegatti, Greta Cicolari, Paolo Nicolai e Daniele Lupo, che ci hanno fatto scoprire che tutte le spiagge che abbiamo in Italia non servono solo a starsene sbracati al sole.
A Martina Grimaldi che, almeno lei, ha dimostrato che gli italiani sanno ancora nuotare.
A Fabrizio Donato che, almeno lui, ha mostrato che gli italiani in fatto di atletica leggera sanno ancora combinare qualcosa.
A Marco Aurelio Fontana, che ha vinto una medaglia anche senza sellino.
Ai radiocronisti di RadioUno, che ci hanno fatto vivere l’Olimpiade con quell’intensità della quale la tv pubblica non è stata capace.
A tutti voi, che ci avete rappresentato e ci avete resi orgogliosi, per aver vinto o semplicemente per essere riusciti ad arrivare a Londra, una promessa: cercheremo di continuare a seguirvi, nei trafiletti di un giornale o tra le pieghe della programmazione televisiva, sperando di rivedervi tra quattro anni, a Rio De Janeiro.