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THE EXTREMIST

di Peter Milligan (testi) e Tedd McKeever (disegni)

… L’estremista non è una persona, non è uno stato mentale… l’estremista è una condizione di vita.

Tre storie che s’intersecano, tre persone a vario titolo collegate, che nel corso della storia finiscono per inguainare i loro corpi nel costume ‘fetish’ dell’Estremista, una figura oscura e sfuggente, il cui compito è di eliminare quanti si mettano d’intralcio sul cammino dell’Ordine, un’organizzazione dedita alle più variegate perversioni sessuali, degni eredi di De Sade.
Lungo una storia non lineare, narrata attraverso flashback, raccontati in prima persona dai protagonisti, ci imbattiamo dapprima in Judith, che il costume dell’Estremista l’ha praticamente ereditato dal marito Jack: dopo averne assistito all’omicidio, apparentemente senza ragione, ne scoprirà la doppia vita, cercando poi di seguirne le tracce per capire chi l’abbia ucciso, ma anche lei, come lui, finirà per precipitare nel gorgo nel quel costume sembra aspirare chiunque lo indossi.
In seguito, assistiamo alla stessa storia di Jack; ultimo protagonista, Toni, che da semplice conoscente di Jack viene casualmente a conoscenza del suo segreto e poi di quello di Judith, fino ad un finale ai limiti dello shockante.
Facciamo un passo indietro: a metà anni ’80 un manipolo di scrittori, molti dei quali di scuola inglese, ma con alcune notabili eccezioni ‘Made in U.S.A’ come Frank Miller, si misero in testa di ‘svecchiare’ il genere supereroistico e divennero gli artefici dell’ultima, grande rivoluzione che ha riguardato il modo di concepire gli eroi in calzamaglia, i cui effetti perdurano ancora oggi. Il principio era il classico ‘uovo di Colombo’: se nel mondo fittizio in cui si muovono Superman o l’Uomo Ragno vedere delle persone scendere in strada per combattere il crimine rappresenta la quotidianità, nel ‘mondo normale’, non ci si metterebbe molto a concludere che infilarsi un costume per andare a prendere a pugni i malviventi sia segno di seri problemi mentali, probabilmente risultato di traumi di vario tipo, anche riconducibili alla sfera sessuale. Non a caso uno dei protagonisti di Watchmen, capolavoro di Alan Moore, è un represso che riesce ad avere rapporti sessuali solo se prima indossa il suo costume di battaglia.
Questa lunga digressione era necessaria per capire dove si inserisca The Extremist, l’opera forse più estrema (il gioco di parole è scontato quanto immediato) di Peter Milligan, (non a caso inglese pure lui), tra gli scrittori più originali degli ultimi anni in fatto di supereroi, pubblicata nel 1993. “The Extremist” porta, si può dire alle massime (per non dire ‘estreme’) conseguenze il discorso sui sottintesi sessuali dell’infilarsi un costume. Spesso si è accennato alle vaghe ascendenze fetish dei costumi di supereroi: Milligan esplicita il tutto azzerando la distanza; altrettanto spesso (come nel caso sopracitato di Watchmen ) si sono attribuiti connotati sessuali all’indossare un costume: anche in questo caso Milligan scoperchia il verminaio: il costume dell’Estremista smette in effetti di essere uno ‘scudo’ dietro al quale celare la propria identità, ma diviene quasi uno strumento per compierla: non a caso i due protagonisti principali della storia, Judith e Jack, a un certo punto perdono completamente la cognizione del proprio sè: le parti si invertono, perché il costume dell’Estremista diviene per loro lo strumento per raggiungere la propria piena identità, prima di tutto attraverso la liberazione di una sessualità fino a quel punto trattenuta sotto la superficie ‘perbenista’ dei vestiti della quotidianità, che in questo ribaltamento finiscono per acquisire essi stessi la consistenza – e la funzione – di maschere: dice ancora Judith: “Mi sono sentita come se fossi stata liberata. E’ il costume. Ti libera. Ti seduce. Ti stupra”.
Un baratro nel quale i protagonisti cadono, complice la quarta figura principale del racconto, l’ambiguo e più che mai perverso Patrick (o Pierre: anche lui pratica il ‘gioco dell’identità’, quale rifiuto di ogni convenzione sociale), un personaggio oscuro, lascivo, collegamento tra l’Ordine e l’Estremista. C’è dunque in partenza la tremenda fascinazione che il costume stesso, con la sua forza simbolica (come sottolinea anche il curatore dell’edizione italiana pubblicata dalla Lion, Marco Rastrelli), esercita sui malcapitati possessori fin dal primo sguardo; c’è la successiva trasformazione, seguita all’indossarlo; c’è la figura di Patrick, che con le sue macchinazioni e i suoi giochi mentali che rasentano il plagio, spinge i malcapitati su una strada senza ritorno di voluttà ed efferatezze; ma dove finisca il plagio e dove cominci la libera scelta non è chiaro, come la potenza del finale suggerisce: alla fine dunque, c’è il libero arbitrio e la volontà delle persone di spogliarsi delle proprie finzioni quotidiane, per raggiungere la propria identità, liberandosi di ogni tabù, omicidio compreso, che più che un prezzo da pagare, appare finire per essere un corollario voluto della propria mutazione. L’unico a non ‘caderci’ resistendo alla ‘tentazione’ e mostrando tutta la saldezza dei propri principi morali, è proprio Toni, capitato in tutto questo quasi per caso.
The Extremist è una storia oscura, che mostra come una realtà sotterranea, fatta di locali in cui tutto è praticamente lecito (protetta dalla connivenza delle alte sfere che ne fanno parte) si insinui nella vita quotidiana di persone normali, sconvolgendone le certezze e portandone alla luce i desideri inconsci.
Un’opera per molti versi disturbante (sensazione accresciuta dal disegno dai tratti stilizzati e deformati di un Tedd McKeever più che mai in forma), che non mancherà di mettere anche a disagio gli amanti dei supereroi in costume, lontana com’è da quella fantasmagoria e per la luce sinistra sotto alla quale mette quelle divise.
Ovviamente una lettura per ‘lettori maturi’, e un pò stupisce che il volume italiano non riporti alcuna indicazione in merito; del resto è comunque difficile che di fronte al tipo di disegno e alla mancanza di ‘scene d’azione’, le pagine possano riscuotere una qualsiasi attrattiva nei confronti del pubblico più giovane.