Posts Tagged ‘Frank Miller’

FUMETTAZIONI 5 / 2018

Brevi (più o meno) recensioni di letture disegnate.

 

INVINCIBLE 55

Un nuovo, spiazzante, voltafaccia lascia Invincible isolato in una realtà alternativa e in mezzo a un mare di guai.
Voto: 7
Riprendono le avventure di Wolf-Man, per la prima volta alle prese con una minaccia di tipo ‘classico’ che sembra aprirgli le porte della fama e del sostegno popolare.
Voto: 6,5

 

SUPERMAN: RED SON

… E se invece che nella ‘libera’ America, Superman fosse approdato sul suolo dell’Unione Sovietica?
Mark Millar, lo scrittore che più di tanti altri nel corso degli anni 2000 ha cercato di ‘svecchiare’ i supereroi, parte da quello che potrebbe essere un semplice ‘gioco’ da venti pagine e ne fa un mastodonte, che costruisce una storia supereroistica alternativa del ventesimo secolo e oltre, che mostra ancora una volta come la via per l’inferno sia lastricata di buone intenzioni, anche quelle di un Superman votato al ‘sol dell’avvenir’; finale ad effetto, che vuole spiazzare, ma che risulta un po’ forzato nel ricercare la ‘chiusura del cerchio’.
Una storia che ha raggiunto uno status di culto, una lettura ormai obbligata per ogni fan dell’Uomo d’Acciaio,
purtroppo limitata dai disegni di Dave Johnson, abbastanza anonimi.
Voto: 7

 

WOLVERINE: OLD MAN LOGAN

I ‘cattivi’ hanno vinto, gli eroi sono stati tutti eliminati, o quasi; Logan (una volta Wolverine) si è rifatto una famiglia e tira a campare, vessato dalla progenie di Hulk.
Un altro superstite, Occhio di Falco, gli proporrà una missione, nel corso della quale Logan potrebbe essere costretto a tirare fuori quegli artigli che non usa da mezzo secolo…
Una delle saghe di maggior successo di Wolverine, che ha ispirato (alla lontana) l’omonimo film, firmata da Mark Millar.
Chi segue i fumetti da almeno un po’ di tempo non può però che stufarsi presto, di fronte a un ‘gioco’ che non offre grossi spunti di novità rispetto a certi classici ‘futuri disperati’, periodicamente presentati dalla Marvel.
Lo sviluppo più che mai tetro e il sangue a fiumi appaiono fini a sé stessi, in una storia comunque impreziosita dai disegni di Steve McNiven.
Voto: 6,5

 

HOLY TERROR
Un vigilante e la sua ‘inseparabile’ avversaria; una catena di attacchi terroristici, preludio a un attentato ancora più devastante; una lotta senza quartiere e senza pietà.
Doveva essere l’ennesimo ritorno di Frank Miller su Batman, ma stavolta il tema era troppo ‘scabroso’ e così l’autore ha trovato un altro editore, cambiando nomi e riferimenti.
Il risultato è un attacco frontale non solo al terrorismo islamico, ma anche a una certa ‘ragion di Stato’ americana, a certe ipocrisie dei democratici…
Tanto è bastato perché l’opera sia stata accusata di ‘fascismo’ (termine sul cui abuso nei tempi attuali ci sarebbe da scrivere un manuale): cosa ci sarà di ‘fascista’ in un tizio mascherato che stermina dei terroristi…
Oggetto di discussione, piuttosto, è uno stile narrativo fin troppo scarno e un tratto che all’epoca – l’opera risale al 2011 – cominciava già a mostrare dei limiti (non è un mistero che Miller abbia avuto seri problemi di salute).
L’uso del bianco e nero conserva tuttavia ancora un certo fascino, in quella che è l’opera di un maestro (l’unico per un autografo del quale abbia fatto due ore e passa di fila, vent’anni e passa fa) che fa i conti col passare del tempo.
Voto: 7

 

THE WALKING DEAD 54
La guerra contro i Sussurratori si conclude con una vittoria solo apparente: all’orizzonte, una torma di morti viventi minaccia come non mai la fragile vita quotidiana ricreata dai protagonisti, mentre il ‘fronte’ delle varie comunità di sopravvissuti mostra le prime crepe e le prime volontà di sopraffazione…
Voto: 6,5

 

INVINCIBILE 56
Tornato a casa dopo essere sparito nel nulla per l’ennesima volta, il nostro Mark si vede dare il benservito da una Eve stanca di aspettare e per nulla disposta a crescere da sola il figlio/a di cui è in attesa, col partner in giro a salvare il mondo.
Non bastasse questo, il nostro è oggetto di un’autentica violenza sessuale da parte di Anissa, una dei viltrumiti in esilio sulla Terra, alla ricerca di un partner almeno ‘passabile’ per generare la propria discendenza.
Voto: 7

In appendice, numero interlocutorio per Wolf-Man, alle prese con la celebrità, la ricostruzione del rapporto con la figlia e una nuova possibile minaccia.
Voto: 6

 

HEART OF EMPIRE
A fine anni ’80 l’inglese Bryan Talbot col suo “Le Avventure di Luther Arkwright” dava vita a un’opera di culto della narrativa disegnata, un capolavoro a base di dimensioni parallele, esoterismo, superpoteri, etc… Purtroppo la complessità ha impedito che quest’opera e il duo autore entrassero di diritto in quel pantheon del fumetto popolare di cui fanno parte Alan Moore, Frank Miller e via dicendo.
Dieci anni dopo, alle soglie del 2000, Talbot tornava su quei personaggi, raccontandoci le vicissitudini di Victoria, figlia di Luther, erede al trono imperiale di un’Inghilterra che ha conquistato il mondo, intenta a sventare una minaccia che potrebbe distruggere il multiverso e a guardarsi le spalle da intrighi di palazzo assortiti.
Storia godibile, disegni eccelsi (per quanto forse un po’ appesantiti dal colore), ma siamo – prevedibilmente – molto lontani dagli esiti sorprendenti ed entusiasmanti dell’originale.
Voto: 7,5

 

THE ALIEN LEGION: A GREY DAY TO DIE

Un altro luogo, un altro tempo: legionari al servizio di un Governo interplanetario per arginare l’avanzata di un esercito di soldati semi-robotizzati, guidati da un nemico più conosciuto di quanto si pensi…
Quasi un pretesto, in fondo, per parlare di lealtà, solitudine, onore.
Un gradevole sci-fi firmato da autori che, pur non primissimo piano – Carl Potts e Alan Zelenetz – riescono comunque a imbastire una storia godibile.
Voto: 7

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Fumettazioni 4 / 2018

Brevi (più o meno) recensioni di letture disegnate.

 
UACK! PRESENTA: VITA DA PAPERI 3

La ristampa dell’opera barksiana prosegue con una tipica parentesi western per Paperino e nipoti; il pezzo forte dell’albo è uno sketchboard con gli originali bozzetti di Barks accompagnato pagina per pagina dalla realizzazione finita di Daan Jippes; scelta affascinante, una ‘chicca’ per intenditori, che però alla fine occupa quasi mezzo albo.
Voto: 6

 
INVINCIBLE 53

Il ritorno di un vecchio nemico minaccia la parvenza di serenità famigliare trovata da Mark e Eve.
Voto: 6
Tech Jacket, mentre è alle prese con problemi di ‘incompatibiità anatomica’ tra specie aliene, affronta il nemico più pericoloso.
Voto: 6

 
GREENBERG THE VAMPIRE

Oscar Greenberg è uno scrittore ebreo con difficoltà d’ispirazione; incidentalmente, è anche un vampiro, vivendo questa condizione più o meno come una scocciatura… quando il fratello minore Morrie diventerà vittima dell possessione di una ‘vecchia conoscenza’ dello stesso Oscar, il protagonista dovrà fare i conti col suo retaggio, personale e culturale.
Un ‘gioiellino’ come ormai se ne vedono pochi, testimonianza di un’epoca in cui la Marvel aveva il coraggio di andare oltre il genere supereroistico, cimentandosi in altro e ‘sperimentando’. Jean Marc De Matteis gioca coi generi, mescola vampiri e umorismo ebraico, inserisce tra le pagine disegnate – da un Mark Bagder ‘pittorico’, quasi espressionista – stralci di racconti horror e sci-fi, sceneggiature cinematografiche e romanzo epistolare.
Voto: 7,5

 
TRINITY

Superman, Batman, Wonder Woman: la ‘trinità laica’ degli appassionati di supereroi qui alla prima collaborazione; nemico di turno Ra’s Al Ghul, spalleggiato dal grottesco Bizarro e dall’Amazzone ‘rinnegata’ Artemide. Una risalita alle radici del nucleo di quella che poi sarebbe diventata la Justice League (con un ‘cameo’ di un certo regnante sottomarino).
Scrive e disegna Matt Wagner, dando tridimensionalità ai personaggi e alle loro relazioni. Un capitolo irrinunciabile nella storia editoriale dei tre pilastri della DC Comics.
Voto: 8

 
SANDMAN MYSTERY THEATRE: IL FANTASMA DELLA FIERA

Mentre si svolge un’esposizione che mostra le ‘magnifiche sorti progressive’ dell’umanità, un efferato serial killer miete le proprie vittime nella comunità omosessuale…
Matt Wagner preme l’acceleratore in una delle storie più ‘nere’ del personaggio, pur senza cedere allo splatter, all’insegna di una violenza in gran parte solo ‘suggerita’ e per questo ancora più inquietante; ad aiutarlo, la coppia rodata Steven T. Seagle – Guy Davis ai disegni.
Voto: 7,5

 

THE WALKING DEAD 53

Seconda parte dello scontro coi ‘Sussurratori’; in mezzo alla solita sagra del cadavere ambulante, condita con ammazzamenti assortiti (come se già non ci fossero già abbastanza morti in giro), c’è tempo anche per una riflessione sulla triste sorte dei non morti, ex essere umani condannati a una condizione di non vita.
Voto: 6,5

 
WONDER WOMAN: AMAZONIA

Un’altra versione alternativa dell’Amazzone: stavolta siamo in un’Inghilterra vittoriana dai tratti distopici e troviamo la protagonista praticamente schiavizzata in una società patriarcale fino alle estreme conseguenze. Non ci vorrà molto prima che Diana, preso pieno possesso dei propri poteri, diventi una sorta di icona di liberazione femminile.
William Messner-Loebs mette in scena una godibile variazione sul tema, coadiuvato da un più che discreto Phil Winslade ai disegni.
Voto: 7,5

 
BIG GUY AND RUSTY, THE BOY ROBOT

Frank Miller omaggia la fantascienza giapponese: da Godzilla ad Astroboy, passando per i ‘robottoni’; quasi un gioco, un’escursione divertita in scenari lontanissimi dalle atmosfere abituali di Miller. Un’opera per appassionati e ‘completisti’, che acquisisce maggiore sostanza, grazie ai disegni ultra dettagliati di Geoff Darrow, come al solito una gioia per gli occhi.
Voto: 7

 
BATMAN: WHATEVER HAPPENED TO THE CAPED CRUSADER?

Una ‘veglia’: amici e alleati del ‘crociato incappucciato’ ne narrano le gesta e l’ultimo atto di eroismo, ognuno la sua versione.
Lo stesso Batman ne è spettatore, invisibile, silente e incapace di comprendere la situazione, affiancato da un’ulteriore, impalpabile, presenza… Neil Gaiman scrive l’ultima storia di Batman; non la ‘definitiva’, quando si parla di supereroi nulla è mai definitivo, ma uno degli apici della letteratura del ‘pipistrello’ analizzandone le motivazioni e l’essenza del suo essere eroe. Disegna Andy Kubert, anche omaggiando i grandi autori che l’hanno preceduto. Il volume è completato da un’altra manciata di storie, sempre Batman o i suoi avversari protagonisti, sempre Gaiman lo scrittore; tra i disegnatori, spicca Simon Bisley.
Voto: 8

 
INVINCIBLE 54

Un numero di ‘pausa’, un ordinario invito a cena per Mark e Eve a casa dei genitori del primo, per quanto ‘ordinaria’ può essere una cena in una base lunare e quando tuo padre è il neoeletto monarca di una popolo di spietati conquistatori interplanetari sulla via della redenzione…
Voto: 6,5
In appendice, chiusura del primo ciclo di storie di Tech Jacket, con i prevedibili fuochi artificiali e scontro finale col ‘cattivone’ di turno.
Voto: 6

 
SUPERMAN: WHATEVER HAPPENED TO THE MAN OF TOMORROW?

Alan Moore scrive l’ultima, ipotetica storia di Superman, alle prese col crollo della propria vita, gli affetti di una vita messi a rischio da un nemico insospettabile… Un omaggio al miglior periodo della storia editoriale dell’Uomo d’Acciaio, non a caso a curare parte dei disegni è il disegnatore storico Curt Swann, assieme a lui George Perez.
Il volume è completato da altre due storie di Superman, sempre scritte da Moore, accompagnato ai disegni da Rick Weitch e da Dave Gibbons, a riformare la mitologica accoppiata di “Watchmen”.
Voto: 8

 
DR. STRANGE: INTO SHAMBALLAH

J. M. De Matteis scrive una storia dal sapore classico, con tutti gli elementi canonici del ‘Dottore’: il ritorno alle proprie origini, i viaggi fisici e astrali, il bene che si confonde col male, il ‘nulla è come sembra…’. Il risultato, anche grazie allo stile ‘pittorico’ di Dan Green, è entrato a buon diritto tra le storie indispensabili del personaggio.
Voto: 7,5

FUMETTAZIONI – 6

Brevi recensioni di letture disegnate

 

TESORI DISNEY INTERNATIONAL 2

I ‘capitoli aggiuntivi’ della Saga di Paperon de’ Paperoni, ancora una volta firmati da Don Rosa: ancora una volta un capolavoro, o quasi, specie nelle storie che ci mostrano la storia ‘d’amore’ con Doretta Doremì…
Voto: 8,5

 

I MIGLIORI ANNI DISNEY – 1970

Un numero ‘di ordinanza’, senza storie particolarmente memorabili; la lista degli autori è, come al solito, di prim’ordine: Carpi, Scarpa, Cavazzano, Cimino, Chendi e Bottaro tra gli altri,
Voto: 7

 

THE BOYS 44 – 45

Capitoli finali: Butcher porta avanti il suo piano di eliminazione di tutti quelli in possesso di superpoteri sul pianeta, includendo anche coloro che potenzialmente lo potrebbero diventare e toglie di mezzo altri due protagonisti storici della serie: a tentare di fermarlo è ormai rimasto il solo Hughie, ultimo e meno responsabile di tutta questa storia…
Qualcuno, credo Neil Gaiman, scrisse una volta che le storie per essere tali devono finire; The Boys giunge qui alla conclusione, lasciando quel tipico retrogusto amaro che provano gli appassionati quando viene il momento di salutare i personaggi, ma è proprio questo che dà più valore alle storie: i fumetti ‘eterni’, dove magari alla conclusione di un gruppo di storie, ne comincia subito un altro, coi personaggi che si comportano come se nulla fosse successo prima, beh, alla lunga annoiano.
Forse The Boys non rientrerà nel ristretto elenco dei ‘capolavori’, ma letto oggi (la ristampa in questione si conclude a circa cinque di distanza dalla fine originale della serie), rappresenta soprattutto il ‘canto del cigno’ di un certo modo di intendere i supereroi: dissacrante, iconoclasta, cinico quanto si vuole, ma tremendamente realistico… chi, essendo in possesso di superpoteri, non li userebbe immediatamente per compiere tutto ciò che ai comuni mortali è negato?
The Boys rappresenta idealmente l’ultimo residuo dell’epoca dei ‘supereroi revisionisti’ cominciata a metà anni ’80, in cui gli autori si chiedevano cosa sarebbe successo se gente con questi straordinari poteri fosse vissuta non nella New York idealizzata della Marvel, o nelle città inventate della DC (Metropolis per Superman, Gotham City per Batman), ma nel ‘mondo reale’, con tutte le conseguenze socio-politico-culturali del caso. Un ‘realismo’ che ha permesso a Garth Ennis e ai disegnatori che lo hanno accompagnato (a partire da Darick Robertson e John McCrea) di parlare di tutta una serie di temi scomodi, a cominciare dal dominio delle multinazionali e dal controllo dell’informazione.
The Boys è stato insomma l’ultimo fumetto in cui si è cercato di fare coi supereroi qualcosa che andasse oltre le scazzottate, sulla Terra o nello spazio; leggerlo oggi non può che rendere evidente lo stridio con ciò che i supereroi sono diventati oggi, poco più che ‘figurine’ buone per blockbuster cinematografici o televisivi, del tutto incapaci di andare oltre le loro gazzarre puerili.

Voto (all’intera serie: 90 numeri): 8

 

UACK! 26

Tanto Carl Barks, arricchito da una ‘perla’ di Don Rosa e qualche breve riempitivo, per un numero che forse propone pietre miliare, ma conserva gli standard elevati della collana.
Vot: 7

 

I GRANDI CLASSICI DISNEY 7

Numero dominato dalla storia – extra large “Pippo e i parastinchi di Olympia” di Scarpa e Cavazzano, omaggio alle Olimpiadi del ’72 rispolverata per l’occasione: basterebbe da sola a giustificare l’acquisto.
Voto: 7,5
Il resto dell’albo riporta i nomi dei fratelli Barosso, di Carpi, Perego, Gatto con l’aggiunta di Strobl, Lockman e Liggera.
Voto: 6,5

 

INVINCIBLE 31

Il primo ‘megacrossover’ sulle pagine di Invincible, con le ‘apparizioni straordinarie’ di una pletora di storici personaggi della casa editrice Image, a partire dai ‘capostipiti’ Spawn e Savage Dragon: un’interminabile scazzottata al termine della quale, per non farci mancare nulla, ecco arrivare un nuovo letale personaggio, animato da ben poco amichevoli intenzioni…
Voto: 6,5

In appendice, l’avvio di un nuovo ciclo di storie di Brit.
Voto: 6

 

THE WALKING DEAD 42

A rendere The Walking Dead il miglior fumetto americano pubblicato in Italia è soprattutto il passare del tempo: nel fumetto seriale, è raro che i personaggi crescano, invecchino, maturino; nei supereroi questo talvolta succede, ma poi perdiodicamente si fa in modo che tutto più o meno ricominci da zero.
Il tempo in The Walking Dead invece trascorre e la storia si evolve… All’inizio, Carl era poco più di un bambino: oggi lo ritroviamo in piena adolescenza, dopo aver vissuto vicende che l’hanno fatto crescere forse troppo in fretta, privandolo di tanto, anche fisicamente. Carl, in questo numero, smette definitivamente di essere un bambino, compie una scelta, per quanto impulsiva – perché legata ai sentimenti – ma finalmente decide di rischiare in prima persona, di abbandonare lo status quo per inseguire ciò che vuole, per combattere, forse per la prima volta in vita sua, per qualcosa di cui non vuole essere privato.
Voto: 7,5

 

IL CAVALIERE OSCURO COLPISCE ANCORA

I sequel sono un brutto affare – specie se l’originale è un capolavoro – anche nel mondo nel fumetto, anche se a curarli è lo stesso autore dell’originale e anche se l’autore in questione è Frank Miller.
Uscito nei primi anni 2000, questo seguito ideale del “Ritorno del Cavaliere Oscuro” vede un Batman ancora più invecchiato ed acciaccato scatenare la rivoluzione per abbattere una dittatura globale fondata sui media, dietro alla quale si celano due ben noti supercattivi… Ad aiutarlo, oltre alla Carrie della storia precedente (non più Robin ma in altro costume), un esercito di voleterosi ragazzotti e un pugno di eroi ripescati dal passato; della partita finirà per essere anche un Superman sempre più disilluso e schiavo del ricatto di chi gestisce nell’ombra le sorti del mondo, almeno fino a quando non entrerà in ballo la sua progenie.
Il limite principale de “Il Cavaliere Oscuro colpisce ancora” è nel suo essere un’operazione squisitamente commerciale: non è l’opera di un autore ambizioso che vuole squadernare il genere; è il lavoro di un onesto e abile mestierante che ha ceduto di fronte alle offerte economiche dell’editore.
L’esito è una storia che, sebbene per fascino e per ‘idee’ superi comunque una bella fetta di ciò che si può leggere oggi in tema di superuomini in costume, presa a sé risulta tirata via, sia sotto il profilo narrativo, che procede a strattoni, in modo a tratti confusionari, sia dal lato grafico, in cui Miller sembra avere tante idee (dai disegni che evocano i geroglifici egiziani a scene che strizzano l’occhio a certa arte contemporanea, passando per le caricature da giornale satirico e i manga giapponesi) che però vengono affastellate quasi alla rinfusa, col risultato di un alternarsi tra tavole che conservano la potente evocatività del primo capitolo e altre delle quali che semplicemente sono disegnate male.
“Il Cavaliere Oscuro colpisce ancora” sarebbe potuto essere un capolavoro, se solo Miller avesse veramente avuto la ‘spinta creativa’ di scriverlo: ma appare del tutto evidente che questa è semplicemente un’opera guidata da più ‘pragmatiche’ motivazioni…

Voto: 6,5

 

TESORI DISNEY INTERNATIONAL 3

Dopo due numeri dedicati all’Uomo dei Paperi Carl Barks, spazio all’Uomo dei Topi, Floyd Gottfredson: tre lunghe storie, originarimente nelle strisce quotidiane, che fissano le radici della pluridecennale carriera da detective di Topolino, qui nelle tradizionali braghette rosse coi bottoni gialli.
Siamo negli anni ’30, una vita fa (forse anche due): una storia di rivalità sentimentali che si tinge di giallo (voto: 7); la prima avventura poliziesca in tandem con lo stralunato Pippo (voto: 7); ma, soprattutto, il primo, epico scontro con Macchia Nera: una pietra miliare. Voto: 8,5

 

DISNEY DEFINITIVE COLLECTION 12 – FANTOMIUS VOLUME 4

Prosegue (e si conclude, per il momento, raggiungendo quanto pubblicato nella prima metà del 2016) la ristampa delle storie dedicate a Fantomius, ‘antesignano’ di Paperinik ai primi del ‘900, del quale il giustiziere mascherato raccoglierà l’eredità ai giorni nostri.
Marco Gervasio, che si è assunto gli oneri – raccogliendo poi gli onori – di sviluppare il personaggio inizialmente solo citato nelle storie della Disney, nelle quattro storie porta il nostro sulle orme di Cagliostro e Francis Drake, alla scoperta di Atlantide ri-scoperta di legami famigliari in precedenza perduti, fino al ritorno a Paperopoli e all’incontro – scontro con un giovane e già ricchissimo papero…
Gervasio muove con abilità protagonista e comprimari sui quali ormai lavora con sicurezza da tempo, confermandosi una delle penne – e matite – più interessanti dell’attuale scuola Disney italiana.
Voto: 7

FUMETTAZIONI 5

Brevi recensioni delle ultime letture disegnate.

 

ELEKTRA:  ASSASSIN

Frank Miller è un giovane autore in rampa di lancio, quando nel 1981 sulle pagine di Devil crea Elektra, personaggio destinato a diventare tra i più iconici degli ultimi 30 anni e passa della Marvel.
E’ il 1986 quando Miller, fresco del successo planetario de Il Ritorno del Cavaliere Oscuro, tra le opere che hanno contribuito a rivoltare come un calzino il concetto di giustiziere in calzamaglia, torna a seguire le vicende del personaggio, in un thriller fantapolitico che mescola ninja, cyborg assassini e possessioni demoniache; ai disegni, un Bill Sienkiewicz che, da par suo, mostra una volta di più come un ‘fumetto di genere’ possa essere la sede per sperimentazioni grafiche senza limiti, o quasi.
Il risultato è ancora oggi strabiliante: a 30 anni di distanza, “Elektra Assassin” non ha perso un briciolo della sua potenza narrativa e grafica, potendo essere inserito a buon diritto nella stretta cerchia delle pietre miliari del genere, e non solo.

Voto: 9,5

 

I GRANDI CLASSICI DISNEY 5

La ‘perla’ dell’albo stavolta è la lunga versione ‘papera’ dell’Isola del Tesoro, anno 1959, coi disegni di un Luciano Bottaro in stato di grazia, autore anche dei testi assieme a Carlo Chendi, storia che da sola vale tutto l’albo.
Voto: 8,5

Il resto delle storie è più o meno ‘di ordinanza’, col solito manipolo di autori storici: si distinguono un giallo con elementi di fantascienza con Topolino e Pippo protagonisti (di Pavese / De Vita) e l’ultimo capitolo delle vicende spazial / sentimentali di Paperino e Reginella, con lo scrittore Rodolfo Cimino affiancato stavolta dal non esaltante spagnolo Antoni Bancells Pujadas.

Voto: 6,5

 

INVINCIBLE 29 – 30

Nonostante si caratterizzi per il primo crossover tra le due testate che compongono l’albo, quella del titolare e Wolf-Man, il numero 29 risulta alla fine abbastanza interlocutorio, confermando comunque come Kirkman riesca a dipingere un eroe più che mai umano, scatti d’ira inclusi. Voto: 6,5

Il numero successivo vede i due tornare ognuno alle proprie vicende: nel caso di Invincible, una delle consuete storie dal finale – shock cui Kirkman ci dovrebbe ormai aver abituato, ma alle quali non ci si abitua mai .Voto: 7

Wolf-Man conclude il  secondo ciclo narrativo, anche qui con un colpo di scena, ma abbastanza ‘telefonato’. Voto: 6

 

100 BULLETS 23 – 25

Un misterioso individuo se ne va in giro dando a persone finite nei casini una valigetta contenente una pistola e cento proiettili non rintracciabili, e i documenti che provano le responsabilità di coloro che gli hanno ‘rovinato la vita’: i prescelti talvolta accettano di seguire la via della vendetta, in altre occasioni oppongono un cortese rifiuto… Tuttavia, le reali motivazioni del misterioso individuo, ‘Mr. Graves’, non sono legate alla semplice offerta di un’occasione di vendicarsi, ma si inseriscono in un disegno più ampio, che affonda le radici nella stessa Storia Americana e che riguarda il dominio di una ristretta cerchia di famiglie – il ‘Trust’ – sugli Stati Uniti e un nucleo di killer, i ‘Minutemen’, creati dalla stessa cerchia come una sorta di ‘deterrente’ a ogni possibile faida tra le famiglie stesse… Almeno fino a quando i patti interni tra le famiglie e tra il ‘Trust’ e Graves e i suoi vengono meno, dando il via a una reazione a catena e a una spirale di sangue che non potrà che portare al più classico degli ‘shodown’ finali….
Una delle ultime grandi serie della Vertigo, uscita negli anni 2000 e oggetto di una ristampa che arriva alla conclusione (cento, non a caso, i numeri della serie originale, venticinque quelli della versione italiana in questione), scritta da Brian Azzarello, una delle maggiori ‘penne’ del fumetto americano degli ultimi vent’anni e disegnata dall’altrettanto prestigioso suo sodale storico Edoardo Risso.
In questi ultimi tre numeri i nodi vengono finalmente al pettine, e ‘Mr Graves’ deve forse, finalmente, fare i conti col sé stesso, mentre i membri storici del ‘Trust’ finiscono per trovarsi di fronte al fatto che il tempo passa e che per loro si profila l’accantonamento da parte delle scalpitanti nuove generazioni… Il pulp di Ellroy e Leonard che per certi versi incontra la disillusione di “C’era una volta in America”.

Voto (all’intera serie, 100 numeri) 8,5

 

LILITH 16

La serie scritta e disegnata da Luca Enoch, uscite a cadenza semestrale, si avvia alla conclusione (durata prevista: 18 numeri).
In poche parole: Lyca, alias Lilith in un futuro distopico, in cui il genere umano è stato pressoché annientato dall’improvvisa comparsa dello ‘spiromorfo’;
Lilith è venuta al mondo ed è stata cresciuta con un unico scopo: viaggiare all’indietro nel tempo ed estirpare di volta in volta i ‘semi’ dello spiromorfo, eliminando i loro ‘ospiti’ umani, con l’effetto collaterale di cambiare la storia.
Le battute conclusive della storia di Lilith sono ambientate nell’America dei Pionieri e di un post-guerra di secessione in cui le colonie ribelli hanno perso, mentre la parte occidentale del continente è stata colonizzata dai giapponesi.
La cornice è come al solito attenta, con Luca Enoch che come al solito è attento a costruire una ‘storia alternativa’ che sia credibile; i disegni come al solito sono all’altezza, ma tra le pagine si comincia ad avvertire una certa stanchezza, come se in fondo l’autore cominciasse a non vedere l’ora di ‘liberarsi’ del personaggio… dopo tutto, parliamo di una serie che va avanti da otto anni.

Voto: 6,5

 

THE BOYS 43

Si, insomma: lo ‘scontro finale’ c’era stato nello scorso numero: allora? Allora, forse, anche se stiamo parlando di Garth Ennis, ci si poteva aspettare che negli ultimi numeri si chiudessero le ‘questioni in sospeso’… Solo che è di Garth Ennis che stiamo parlando, e possibile che dopo tanti anni ci si attenda ancora qualcosa di ‘normale’?
Certo, effettivamente c’è una ‘questione in sospeso da chiudere’: è l’ossessione di Butcher (il ‘capo’ dei Boys) per i ‘superumani’.. archiviato il capitolo della vendetta personale, è ora di passare ai massimi sistem: se gli individui con superpoteri sono pericolosi, lo sono a prescindere; anche se si tratta dei tuoi compagni di strada, quelli che ti hanno aiutato nella missione, quelli che sono diventati in un certo senso la tua famiglia.
E il sangue, tornerà a scorrere, se possibile più copioso di prima…

Voto: 7,5

 

THE WALKING DEAD 41

I nostri protagonisti cominciano a fare i conti con i ‘Sussurranti’: persone che hanno deciso di sopravvivere all’epidemia zombie, letteralmente confondendosi coi ‘non morti’, utilizzando ‘maschere’ fatte coi resti di altri cadaveri…
Al di là della minaccia però, continua la riflessione sulla mutazione della società: nel mondo moderno, la ‘democrazia’ prevede per il cambio di governo le elezioni… certo non sempre, a volte il voto popolare viene usato come carta straccia e persone regolarmente elette vengono cacciate via; in genere in maniera incruenta, almeno nelle democrazie occidentali.
In una società disgregata dalla minaccia dei non morti, viene meno anche questa regola, con un sostanziale ritorno a modalità che in fondo hanno fatto parte del vivere comune per svariati millenni… Per cui se il modo di governare risulta sgradito, beh: la strada più breve e comoda è pensare di eliminare fisicamente la persona in questione…

Voto: 7,5

 

RONIN

Lo scontro tra un Ronin e la sua demoniaca nemesi si trasferisce per il suo epilogo da Giappone medievale ad un futuro non troppo lontano, nel quale gli uomini, totalmente dipendenti dalla tecnologia, rischiano di esserne definitivamente soppiantati.
1983: nonostante si sia già fatto apprezzare per il suo primo ciclo di storie su Devil, Frank Miller non ha ancora acquisito lo status ‘leggendario’ che conquisterà grazie a opere come Il Ritorno del Cavaliere Oscuro, Elektra: Assassin, o Born Again, secondo lotto di storie del ‘Diavolo Rosso’.
“Ronin” è l’opera di un autore ambizioso, già in buona parte consapevole delle proprie capacità, ma sfrontato fino all’autoreferenzialità, quasi incurante nei confronti del pubblico.
Un’opera che unisce elementi tipici del ‘superuomo’ del fumetto U.S.A. al gusto per il fumetto europeo e, naturalmente, giapponese.
L’opera di quello che diventerà un maestro e un punto di riferimento per un paio di generazioni di autori, che in controluce mostra buona parte di ciò che verrà in seguito, ma che nel contempo soffre ancora di alcuni limiti, a cominciare da una narrazione che, volendo forse essere ‘ellittica’, finisce per essere frastagliata e disorientante.
Siamo comunque dalle parti dell’eccellenza – soprattutto nei disegni – pun non raggiungendola pinenamente.

Voto: 8

 

I GRANDI CLASSICI DISNEY 6

I testi di Guido Martina dominano la selezione del mese, con tre parodie (Romeo e Giulietta, Madama Butterfly e Aida) reinterpretate dai paperi, ma soprattutto con l’avventura in tre parti di Paperino al Tour de France, disegni di Giuseppe Perego, risalente al 1954, che all’epoca (piena età dell’oro del ciclismo) fu un autentico boom.
Il resto del sommario è più o meno di ‘ordinanza’, con un paio di storie made in U.S.A. e qualche riempitivo; nell’elenco dei disegnatori si segnalano
Romano Scarpa, Giovan Battista Carpi, Luciano Capitanio e Sergio Asteriti.

Voto: 7,5

 

RAT-MAN 115

Terzo episodio dei dieci che dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) segnare la conclusione della serie.
Amo poco quegli autori che nei loro libri (o fumetti) parlano troppo di sé stessi: ogni autore, è vero, mette un po’ di sé nei suoi personaggi, ma quando il personale prende il sopravvento, scivolando nell’autobiografia, il discorso cambia; certo ci sono le notabili eccezioni come Zerocalcare, ma lì è tutt’altro discorso.
Leo Ortolani nel suo Rat-Man ha messo sempre molto di sé; a volte troppo, ma almeno lo solvava l’ironia; in questa storia Ortolani all’ironia non rinuncia, ma purtroppo non rinuncia nemmeno alla sterile polemica contro chi, in un passato più o meno recente, l’ha accusato di aver smesso di scrivere le storie ‘divertenti e basta’ di una volta, per addentrarsi troppo spesso in territori ‘seri’.
Pareri soggettivi: per me un autore ha tutto il diritto di cambiare come vuole il ‘clima’ delle sue storie; tuttavia, esporsi al giudizio del pubblico fa comunque parte del gioco e dare seguito alle polemiche mi sembra abbastanza inutile, specie quando poi, polemiche a parte, si dimostra di avere poco da dire.
Il problema principale di questo numero, come dei precedenti, è infatti che l’autore non sembra avere più nulla di originale da dire, continuando a girare sempre attorno ai soliti discorsi, o riproponendo idee già viste altrove.

Voto: 5,5

BATMAN CONTRO SUPERMAN

Si, ‘CONTRO’: perché a dirla tutta, io già non capisco perché si sia ricorsi a quella stupida ‘v’ in luogo del più corretto ‘vs’ (versus); capisco ancora meno perché, avendo a disposizione in italiano un efficace ‘contro’, non lo si debba usare.

Le domande di fondo sono due. La prima: può un essere alieno con poteri che lo rendono più simile a un dio che a un umano, essere lasciato libero di scorrazzare su e giù per il pianeta, decidendo lui se e quando intervenire?
Per molti, la risposta è: no; tra questi, anche Bruce Wayne / Batman, il quale ha peraltro assistito più o meno impotente alla semi-distruzione di Metropolis nello scontro tra Superman e Zod.
Il secondo interrogativo: può un uomo, indossando i panni del giustiziere, ergersi a giudice, giuria e boia, ponendosi al di sopra delle leggi degli uomini? Per molti, la risposta è: no; tra questi, Clark Kent / Kal El / Superman, il quale cresciuto nel classicissimo rispetto dei valori di pace, fratellanza, giustizia, mamma, e torta di mele, considera quella dell’Uomo Pipistrello una pericolosa deriva.

Lo scontro è prevedibile, specie se il giovane, geniale, visionario e un filo schizoide Lex Luthor tira i fili per rendere il confronto inevitabile e approfittarne… botte da orbi prima che i due capiscano di essere stati ‘gabbati’ (e comunque: lascia stare mamma), appena in tempo per unire le forze contro una nuova, letale contro la quale verranno affiancati da una nuova alleata, mentre all’orizzonte si staglia un nemico indefinito e probabilmente molto più pericoloso del bimbominkia Luthor, ma anche nuovi e preziosi alleati.

A dirla tutta, non sapevo nemmeno se questo film l’avrei visto, alla fine, per almeno un paio di motivi: il mio essere bastiancontrario, innanzitutto, l’evitare spesso e volentieri ‘i film che vedono tutti’; e poi, il fatto che, nonostante ami i fumetti, ritenga che questa storia dei cinecomics stia facendo male sia al fumetto che al cinema… poi alla fine mi sono convinto ad andare, cogliendo l’occasione del biglietto a 3 euro, poco prima che il film uscisse dalla programmazione.
Ho lasciato che la polvere si posasse, soprattutto che si azzittasse l’insopportabile chiacchiericcio delle discussioni da nerd, delle quali a dirla tutta mi sono anche un po’ rotto: frequentando Facebook nei giorni immediatamente successivi all’uscita del film, sembrava di essere di fronte a un massimo sistema: se lo stesso coinvolgimento fosse provocato dal referendum sulle trivelle, l’Italia sarebbe un posto migliore… Invece a generare discussioni sono due fessi in calzamaglia che si prendono a botte…

Detto questo: la mia impressione è che Batman contro Superman sarebbe potuto essere un film migliore; non che sia brutto, intendiamoci, ma a me sembra che, con ciò che si aveva a disposizione, il risultato sia stato inferiore al possibile.  ‘Costruito’ male: nella prima metà della storia non succede nulla o quasi e le stesse cose potevano essere raccontare con buoni venti minuti / mezz’ora di meno; per contro, nella seconda metà del film succede tutto e troppo in fretta, in modo addirittura quasi troppo frettoloso.
Insomma: io avrei chiuso la prima parte con lo scontro tra Batman e Superman, e dilatato nella seconda quello trai tre protagonisti e Doomsday; invece, tutto è stato concentrato, quasi tirato via, alla fine.
Superflua e quasi fastidiosa l’ennesima ri-narrazione delle origini di Batman; congegnata male, tanto da apparire un allungamento del brodo, tutta la parte relativa al ‘complotto politico’; decisamente delineato male Lex Luthor, dipinto come un mezzo pazzo paranoico con tratti, a cominciare dalla risatina isterica, che lo avvicinano fin troppo al Joker (con cui non c’entra nulla); poco riuscita l’introduzione di Wonder Woman; perfino la colonna sonora di Hans Zimmer a tratti sembra abbastanza sottotono, priva di qualcosa in quanto ad epicità.
Un film in cui forse è stata messa fin troppa carne al fuoco se parliamo delle opere di riferimento, creando un ‘mischione’ tra Il Ritorno del Cavaliere Oscuro di Miller, il videogioco Injustice, la saga della Morte di Superman.

I lati positivi, per contro, cominciano da un Ben Affleck praticamente perfetto per il ruolo, con una faccia marmorea, indurita dalla lotta e dalle perdite e proseguono con un Jeremy Irons che dà vita forse al miglior Alfred visto finora sul grande schermo, e terminano – ovviamente – con le scene di lotta che comunque sono più che soddisfacenti, per quanto forse troppo brevi.
Gal Gadot, prevedibilmente, è più credibile quando veste i panni della sofisticata Diana Prince, che non quando indossa l’armatura di Wonder Woman; del personaggio di Luthor ho già detto: Jesse Eisenberg è comunque bravo, ma è il personaggio ad essere stato scritto male; il resto, è puro contorno, con le apparizioni ‘di ordinanza’ di Amy Adams e Laurence Fishburne, la partecipazione di Diane Lane e il cameo di Kevin Costner. Henry Cavill non si sforza nemmeno più di tanto: questo Superman alla fine potrebbe essere interpretato da chiunque abbia un minimo di prestanza fisica e forse nemmeno quella, visto che possono soccorrere gli effetti speciali.

“Batman contro Superman” appare in fondo come una sorta di ‘film di transizione’, una sorta di ‘passaggio obbligato’: la fusione delle saghe dei due ‘pesi massimi’ della DC, l’introduzione – abbozzata – di Wonder Woman, prossima protagonista di un film tutto suo (e allora capiremo quali saranno le reali capacità di Gadot) e la ‘presentazione’ degli altri tre componenti che andranno a in seguito a formare la Justice League.
Forse, tutti i limiti del film nascono proprio dal suo essere in un certo ‘necessario’ all’interno della più ampia narrazione cinematografica dell’universo DC: un film che trae la sua ragion d’essere, più che dal film in sé, dal suo inserimento in una contesto narrativo più ampio: un film che se vogliamo ‘dipende’ in larga parte da ciò che è venuto prima e da ciò che verrà dopo… Un lavoro in una certa misura più ‘dovuto’ che ‘voluto’, con tutte le conseguenze del caso.

WOLVERINE – L’IMMORTALE

L’immortalità è uno degli eterni sogni dell’umanità… tuttavia, ottenerla può trasformarsi in una maledizione, se ciò vuol dire vedere progressivamente scomparire i propri cari; lo sa bene Logan – Wolverine che l’ha imparato a proprie spese nel corso della sua già lunga esistenza e che (dopo i tragici eventi di X-Men: Conflitto finale) ha deciso di ritrarsi a vivere nei boschi, in uno stato semibestiale, tormentato dagli incubi in cui torna a fargli visita il suo perduto amore Jean.

A far tornare Logan alla civiltà sarà una sua vecchia conoscenza, un giapponese divenuto magnate della tecnologia, apparentemente in possesso di una ‘cura’ per l’immortalità del protagonista (che a dirla tutta, immortale non è, essendo ‘solo’ dotato di un fattore di guarigione che permette al suo corpo di ‘autoripararsi’: più che all’immortalità siamo di fronte ad un invecchiamento molto rallentato, ma queste sono forse questioni da nerd che al grande pubblico interessano poco… va peraltro ricordato che ‘L’Immortale’ è una delle classiche incomprensibili aggiunte della distribuzione italiana, il film originariamente s’intitola The Wolverine e basta) , ma che nasconde ben altri fini e che porterà il nostro nel bel mezzo di una lotta per la successione, con tanto di Yakuza e ninja assortiti.

Alla quinta apparizione nei panni del ‘mutante artigliato’ (senza contare il cameo in X-Men: l’inizio) e con la sesta (il prossimo film dedicato agli ‘uomini X’) già in rampa di lancio, Hugh Jackman non sembra per nulla stufo del personaggio che ne ha lanciato la carriera, culminata con la nomination agli Oscar di qualche mese fa. L’attore australiano torna sul luogo del delitto e, forse ancora di più che nel film dedicato alle origini di Wolverine, si assume il compito di portare sulle spalle tutto il peso del prodotto finale: “Wolverine l’immortale”  non offre altro se non due ore di sano divertimento (seppure con una parte centrale con troppi ‘tempi morti’), ma nulla di più. L’assoluta mancanza di pretese è forse il miglior pregio di un film che si svolge all’insegna dei moduli consolidati del genere – l’action movie tout-court ancor più di quello ‘cinesupereroistico’ – senza regalare alcun sussulto, almeno non agli spettatori più smaliziati.

Il maggior difetto del film sta forse nella scelta di  un regista, James Mangold e di sceneggiatori, Mark Bomback e Christopher McQuarrie, che per quanto validi a livello generale, sembrano non aver compreso che i film dedicati ai supereroi sono qualcosa di diverso rispetto ai normali film d’azione; oppure, c’è da temere, è il trend che ormai finisce per identificare i due generi con poco riguardo per le conseguenze… del resto basta pensare al modo, fin troppo ‘libero’, in cui è stato trattato il materiale di riferimento (una bellissima saga firmata da Chris Claremont e Frank Miller), non solo prendendosi delle libertà rispetto alla scansione temporale di certi avvenimenti nella serie originale, ma anche pasticciando (come ormai avviene fin troppo spesso) con le caratteristiche di certi personaggi, che peraltro con la saga originale non c’entravano nulla, ripresi da altre storie di ambientazione nipponica del personaggio.

Un ulteriore campanello d’allarme sull’evoluzione di un ‘sotto-genere’ che, se originariamente era tenuto a un certo rigore nel rispettare storie e protagonisti, dovendo attirare inizialmente soprattutto lo zoccolo duro degli appassionati, col progressivo successo dei vari film dedicati ai supereroi e l’allargamento ad una platea molto più vasta, la maggior parte della quale nulla sa dei ‘trascorsi cartacei’ dei protagonisti, finisce per prendersi fin troppe libertà creative: e il risultato in questo caso è il totale stravolgimento di character come Silver Samurai e Vyper… discorsi da nerd, forse, ma in fondo anche i fumetti in qualità di opere letterarie, esigerebbero forse un maggior rispetto.

Se non altro, Jackman è come al solito efficace, attorniato da un cast in cui i partecipanti, soprattutto le protagoniste femminili, se la cavano abbastanza discretamente, nonostante si siano trovati a partecipare ad un film non indimenticabile.

THE EXTREMIST

di Peter Milligan (testi) e Tedd McKeever (disegni)

… L’estremista non è una persona, non è uno stato mentale… l’estremista è una condizione di vita.

Tre storie che s’intersecano, tre persone a vario titolo collegate, che nel corso della storia finiscono per inguainare i loro corpi nel costume ‘fetish’ dell’Estremista, una figura oscura e sfuggente, il cui compito è di eliminare quanti si mettano d’intralcio sul cammino dell’Ordine, un’organizzazione dedita alle più variegate perversioni sessuali, degni eredi di De Sade.
Lungo una storia non lineare, narrata attraverso flashback, raccontati in prima persona dai protagonisti, ci imbattiamo dapprima in Judith, che il costume dell’Estremista l’ha praticamente ereditato dal marito Jack: dopo averne assistito all’omicidio, apparentemente senza ragione, ne scoprirà la doppia vita, cercando poi di seguirne le tracce per capire chi l’abbia ucciso, ma anche lei, come lui, finirà per precipitare nel gorgo nel quel costume sembra aspirare chiunque lo indossi.
In seguito, assistiamo alla stessa storia di Jack; ultimo protagonista, Toni, che da semplice conoscente di Jack viene casualmente a conoscenza del suo segreto e poi di quello di Judith, fino ad un finale ai limiti dello shockante.
Facciamo un passo indietro: a metà anni ’80 un manipolo di scrittori, molti dei quali di scuola inglese, ma con alcune notabili eccezioni ‘Made in U.S.A’ come Frank Miller, si misero in testa di ‘svecchiare’ il genere supereroistico e divennero gli artefici dell’ultima, grande rivoluzione che ha riguardato il modo di concepire gli eroi in calzamaglia, i cui effetti perdurano ancora oggi. Il principio era il classico ‘uovo di Colombo’: se nel mondo fittizio in cui si muovono Superman o l’Uomo Ragno vedere delle persone scendere in strada per combattere il crimine rappresenta la quotidianità, nel ‘mondo normale’, non ci si metterebbe molto a concludere che infilarsi un costume per andare a prendere a pugni i malviventi sia segno di seri problemi mentali, probabilmente risultato di traumi di vario tipo, anche riconducibili alla sfera sessuale. Non a caso uno dei protagonisti di Watchmen, capolavoro di Alan Moore, è un represso che riesce ad avere rapporti sessuali solo se prima indossa il suo costume di battaglia.
Questa lunga digressione era necessaria per capire dove si inserisca The Extremist, l’opera forse più estrema (il gioco di parole è scontato quanto immediato) di Peter Milligan, (non a caso inglese pure lui), tra gli scrittori più originali degli ultimi anni in fatto di supereroi, pubblicata nel 1993. “The Extremist” porta, si può dire alle massime (per non dire ‘estreme’) conseguenze il discorso sui sottintesi sessuali dell’infilarsi un costume. Spesso si è accennato alle vaghe ascendenze fetish dei costumi di supereroi: Milligan esplicita il tutto azzerando la distanza; altrettanto spesso (come nel caso sopracitato di Watchmen ) si sono attribuiti connotati sessuali all’indossare un costume: anche in questo caso Milligan scoperchia il verminaio: il costume dell’Estremista smette in effetti di essere uno ‘scudo’ dietro al quale celare la propria identità, ma diviene quasi uno strumento per compierla: non a caso i due protagonisti principali della storia, Judith e Jack, a un certo punto perdono completamente la cognizione del proprio sè: le parti si invertono, perché il costume dell’Estremista diviene per loro lo strumento per raggiungere la propria piena identità, prima di tutto attraverso la liberazione di una sessualità fino a quel punto trattenuta sotto la superficie ‘perbenista’ dei vestiti della quotidianità, che in questo ribaltamento finiscono per acquisire essi stessi la consistenza – e la funzione – di maschere: dice ancora Judith: “Mi sono sentita come se fossi stata liberata. E’ il costume. Ti libera. Ti seduce. Ti stupra”.
Un baratro nel quale i protagonisti cadono, complice la quarta figura principale del racconto, l’ambiguo e più che mai perverso Patrick (o Pierre: anche lui pratica il ‘gioco dell’identità’, quale rifiuto di ogni convenzione sociale), un personaggio oscuro, lascivo, collegamento tra l’Ordine e l’Estremista. C’è dunque in partenza la tremenda fascinazione che il costume stesso, con la sua forza simbolica (come sottolinea anche il curatore dell’edizione italiana pubblicata dalla Lion, Marco Rastrelli), esercita sui malcapitati possessori fin dal primo sguardo; c’è la successiva trasformazione, seguita all’indossarlo; c’è la figura di Patrick, che con le sue macchinazioni e i suoi giochi mentali che rasentano il plagio, spinge i malcapitati su una strada senza ritorno di voluttà ed efferatezze; ma dove finisca il plagio e dove cominci la libera scelta non è chiaro, come la potenza del finale suggerisce: alla fine dunque, c’è il libero arbitrio e la volontà delle persone di spogliarsi delle proprie finzioni quotidiane, per raggiungere la propria identità, liberandosi di ogni tabù, omicidio compreso, che più che un prezzo da pagare, appare finire per essere un corollario voluto della propria mutazione. L’unico a non ‘caderci’ resistendo alla ‘tentazione’ e mostrando tutta la saldezza dei propri principi morali, è proprio Toni, capitato in tutto questo quasi per caso.
The Extremist è una storia oscura, che mostra come una realtà sotterranea, fatta di locali in cui tutto è praticamente lecito (protetta dalla connivenza delle alte sfere che ne fanno parte) si insinui nella vita quotidiana di persone normali, sconvolgendone le certezze e portandone alla luce i desideri inconsci.
Un’opera per molti versi disturbante (sensazione accresciuta dal disegno dai tratti stilizzati e deformati di un Tedd McKeever più che mai in forma), che non mancherà di mettere anche a disagio gli amanti dei supereroi in costume, lontana com’è da quella fantasmagoria e per la luce sinistra sotto alla quale mette quelle divise.
Ovviamente una lettura per ‘lettori maturi’, e un pò stupisce che il volume italiano non riporti alcuna indicazione in merito; del resto è comunque difficile che di fronte al tipo di disegno e alla mancanza di ‘scene d’azione’, le pagine possano riscuotere una qualsiasi attrattiva nei confronti del pubblico più giovane.