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TOMMASO

Il ‘Tommaso’ del titolo è un umo sulla quarantina che si trova in un pantano esistenziale, incapace di mantenere rapporti di coppia a lungo termine perché puntualmente si accorge (o si autoconvince) che la compagna di turno ‘non è la donna della sua vita’ e dunque è inutile proseguire la relazione;  parallelamente il nostro si perde in sogni ad occhi aperti, avventure sessuali immaginate con belle donne incrociate per strada.
Non meglio vanno le cose sul piano lavorativo: la carriera di attore a un punto morto, le ambizioni da regista destinate a restare frustrate.
Seguiamo Tommaso tra la fine di una relazione, la nascita, sviluppo e conclusione di una seconda, una terza nemmeno sbocciata con una donna molto più giovane, ma molto più ‘sveglia’, che lo costringe a venire a patti con certi suoi traumi irrisolti, a cominciare a quello con la madre, quarto personaggio femminile del film…
Il tema era anche interessante: un uomo fragile alle prese con la propria incapacità di relazionarsi con le donne (e qui ho provato anche una certa empatia), rapporti di coppia in cui l’elemento ‘problematico’ è il ‘maschio’… tuttavia Kim Rossi Stuart (qui alla seconda regia, a una decina di anni di distanza da “Anche libero va bene”) lo svolge in maniera indecisa, per certi versi inconcludente, alternando in modo poco riuscito commedia e dramma, facendo immaginare che molto vi sia di autobiografico, ma senza chiarirlo completamente, lasciando progressivamente spazio a un elemento onirico che diventa chiave per risolvere conflitti irrisolti del protagonista.
Fin troppa esplicita l’influenza ‘morettiana’: nella prima parte del film Rossi Stuart finisce addirittura per essere vestito e pettinato come Moretti, mentre l’impronta del regista romano è evidente anche nelle sequenze dedicate alla psicoterapia.
Il film risulta così essere un mix poco riuscito di ingredienti che singolarmente presi o dosati in maniera diversa, avrebbero potuto avere miglior esito.
L’interpretazione di Rossi Stuart a tratti è fin troppo sopra le righe, segno forse di una difficoltà del nostro a stare contemporaneamente davanti e dietro la macchina da presa.
Film affollato di donne, peraltro spesso e volentieri svestite: ad essere cattivo potrei osservare che di “Tommaso” ricorderò soprattutto il nudo integrale gentilmente concesso da Cristiana Capotondi, che ringrazio sentitamente… attrice che peraltro qui lascia almeno intravedere capacità di attrice rimaste ‘narcotizzate’ in troppe fiction televisive.
Ridotta e poco influente la partecipazione di Jasmine Trinca, che però non esita a mostrarci anche lei le sue grazie, così come la più giovane Camilla Diana, nel ruolo più fresco e divertente del film.
Kim Rossi Stuart si è così trovato ‘tra le mani’ attrici molto piacenti e poco vestite… del resto non è che lui sia così proprio ‘brutto’…
Quarta donna del lotto, nel ruolo della madre, Dagmar Lassander, attrice nota qui da noi negli anni ’70 per le partecipazioni a varii film di genere, che torna sul set dopo oltre vent’anni di assenza.

SCOLA E GLI ALTRI

Ogni volta che negli ultimi anni se n’è andato un ‘Grande’, gli appassionati hanno tenuto una sorta di ‘contabilità’ dei sopravvissuti… l’elenco ovviamente si è progressivamente assottigliato, sempre più agevole fare il conto dei rimasti.

La morte di Ettore Scola, sembra purtroppo segnare il momento in cui il contatore arriva all’inevitabile ‘0’.
L’impressione, è che non sia rimasto più nessuno… Oddio, magari a volerlo cercare, a voler ampliare il raggio d’azione, a voler includere a voler cercare dei ‘sopravvissuti’, si potrebbero magari citare i nomi di Wertmuller o Squitieri, ma purtroppo senza girarci troppo attorno, con Scola se ne va l’ultimo rappresentante dell’età dell’oro del cinema italiano.
Scola, Monicelli, Risi, Fellini; Gassman, Sordi, Mastroianni, Manfredi; a testimoniare quell’epoca è rimasta in larga parte la cosiddetta altra metà del cielo, per quanto ormai le grandi attrici italiane dell’epoca vivano tutte più o meno ritirate dalla ribalta, facendo capolino occasionalmente (con l’unica, triste, eccezione di Monica Vitti, vittima di una malattia che lascia privi di memoria e di identità).

La dipartita di Scola dà comunque l’idea che un capitolo sia definitivamente chiuso, aprendo una riflessione su ciò che il cinema italiano è stato, è e sarà. E’ forse il caso di evitare eccessivi ‘peana’, perché forse avere troppi rimpianti è anche sbagliato: non è, probabilmente, il cinema di oggi ad essere ‘mediocre’, quanto quello di allora ad essere di un’altra categoria… E’ vero che la ‘straordinarietà’ si raggiunge grazie alla ‘selezione naturale’: ed è un fatto che in Italia tra gli anni ’50 e i ’70 si produceva un numero di film che confrontato con l’oggi appare semplicemente fantascienza; è dunque naturale pensare che da un così ampio numero di registi, attori, produttori, alla fine emergessero delle ‘eccellenze’.

Ci sarebbe da discutere del ruolo della televisione, dell’evoluzione dei costumi, del sistema dei finanziamenti pubblici al cinema, ma la banale verità è che i tempi sono semplicemente mancati e che semplicemente nel corso della storia ci sono ‘età dell’oro’ destinate prima o poi a concludersi. Il passato sembra sempre migliore del presente.
Non che poi alla fine manchi gente della quale essere felici, nel cinema italiano di oggiM a ben vedere, anzi, l’elenco dei registi che negli ultimi dieci / vent’anni hanno offerto prove di livello non è manco tanto esiguo: in ordine sparso, citerei Moretti, Virzì, Sorrentino, Garrone, Giordana, Placido, Rubini Bellocchio, Tornatore, Salvatores…
Meno folta la lista degli attori: certo, c’è il ‘solito’ Servillo (che però comincia ad essere inflazionato), c’è un Kim Rossi Stuart che per me è l’unico attore della sua generazione che può realmente aspirare ad un confronto con i grandi del passato; c’è Elio Germano,  ci sono attori secondo me sopravvalutati (Mastandrea, Santamaria, Giallini) o sottovalutati (Battiston, Popolizio) altri che forse sono troppo legati al loro ‘essere belli’ (Scamarcio), altri ancora che nelle mani del regista giusto potrebbero ‘dare di più’ (Albanese).
Attrici come Jasmine Trinca, Giovanna Mezzogiorno, Margherita Buy o Maya Sansa portano avanti sono ottime esponenti del ‘fronte femminile’.

C’è, insomma, del buono anche nel cinema italiano di oggi, e forse non è nemmeno tanto difficile da cercare… Forse non è nemmeno un problema di mancanza di ‘storie’, anche se indubbiamente esiste la tendenza a chiudersi nelle famose ‘due camere e cucina’ citate da Tarantino, forse è solo un problema di ‘mancanza di mezzi’.

E’ un fatto che di cinema in Italia se ne faccia poco: se si fanno pochi film, viene meno anche quella ‘selezione naturale’ alla quale facevo riferimento sopra, gli autori, gli attori, le opere di livello diminuiscono… La gente va poco al cinema, anche se i dati dell’ultimo anno parlano di una lieve ripresa; chiudono le piccole sale, resistono i multisala ‘Luna Park’.

La gente va al cinema a vedere Zalone… si può discutere si vuole: Zalone non è nè un genio del cinema, né il simbolo dello sprofondo, è uno che offre ai suoi spettatori sano divertimento disimpegnato; non è che si possa fare una colpa al pubblico se vuole trascorrere un pomeriggio facendosi due risate e vedendo Zalone… forse il problema è la mancanza di alternative: Zalone, come altri, ha avuto successo godendo del traino della tv: oggi qualsiasi comico che abbia successo sul piccolo schermo ha ragionevoli speranze di raccogliere un discreto gruzzolo anche trasferito nelle sale; se un produttore fiuta l’affare non gli si può certo imputare di fare il suo mestiere, che è quello di fare soldi col cinema…
Semmai, ci si dovrebbe augurare che almeno una parte della caterva di soldi che Zalone e qualche altro raccolgono al cinema siano usati per finanziare prodotti magari meno ‘di cassetta’, ma che alla fine offrano anche alternative al pubblico.

Insomma: produco Zalone, faccio un sacco di soldi, e poi grazie a Zalone finanzio anche qualche opera prima, cerco di far emergere qualche altra realtà: questo il ragionamento che dovrebbe fare un produttore che sia veramente appassionato di cinema e non solo attaccato al denaro.

Certo che se poi al pubblico non offri delle alternative tra cui scegliere, ti credo che tutti vanno a vedere Zalone… lo andrà a vedere perfino gente poco interessata che di fronte alla mancanza di alternative (mi riferisco ai film italiani) si arrende e finisce per dire: vabbé, ci vanno tutti, vediamo che roba è…

Rimpiangiamo, quindi, il passato, ma il passato era il prodotto di un complesso di fattori che oggi non sono più gli stessi… Bisogna invece chiedersi se il cinema italiano, nelle condizioni date, stia offrendo il massimo delle sue potenzialità: e purtroppo bisogna concludere che così non è; che con un po’ più di coraggio e di voglia di investire si potrebbero sfruttare potenzialità inespresse, dare occasioni a scrittori, registi, attori.

Certo, per l’Italia come per altrove, vale la considerazione che alla fine televisione ed Internet sono ottimi canali per veicolare storie, ma non si vede perché il cinema dovrebbe arrendersi, visto e considerato che all’estero sul cinema si continua a puntare.

Se quindi è vero che ‘l’età dell’oro’ del cinema italiano è una stagione con dei connotati di stra-ordinarietà difficilmente ripetibili oggi, per non avere troppi rimpianti bisognerebbe almeno fare si che il cinema italiano di oggi si esprima al massimo delle sue potenzialità.