Curioso o forse no, che questo collettivo di producers e strumentisti che si è battezzato ‘Stellare‘ abbia scelto come primo progetto un disco tutto dedicato all’acqua, frutto di due residenze presso il Museo Galata del Mare e l’Acquario di Genova: in fondo, si ricorda spesso che mentre siamo impegnati alla corsa verso Marte e all’esplorazione del cosmo, conosciamo in fondo ben poco di ciò che succede nelle profondità marine…
Il titolo, “Wave” non nasconde invece sorprese: il moto delle onde, il rollio delle barche, il linguaggio delle balene, i suoni prodotti dalle creature del mare sono la base su cui sono stati costruiti suoni e idee: i dieci brani presenti, quasi completamente strumentali, offrono un unico, continuo movimento, un andare e tornare, l’ipnotico movimento di una risacca sonora dal quale farsi prendere e lasciare.
‘Ambient’ è ovviamente la prima parola che viene in mente, seguita a ruota da ‘psichedelia’, ma tra le pieghe sonore del disco è possibile trovare ascendenze new wave, allusioni a certe sperimentazioni elettroniche, a tratti anche qualche suggestione da dancefloor.
Titoli a tema, dalle ‘profondità’ che aprono il disco (‘From the Depths’) al ‘Mare Calmo’ che lo chiude: in mezzo, ritornano i riferimenti all’acqua, mentre due composizioni sono dedicati alle balene.
Se la maggior parte del lavoro appare quella produttiva di ‘costruzione’ del suono, non mancano gli strumenti più ‘canonici’, a cominciare dal sassofono di Moritz Schuster o dalle chitarre di Federico Dragogna (Ministri), proseguendo con archi, pianoforte tastiere.
Ale Bravo, FiloQ, Raffaele Rebaudengo, Francesco Bacci aka Lowtopic, Guido Affini, Alberto Bof completano la squadra che ha concorso alla realizzazione del progetto, passato attraverso studi creati appositamente in location acquatiche utilizzando, tra gli altri, microfoni subacquei posti a 12 metri di profondità, o percussioni estemporanee trovate sul posto.
‘Suggestivo’ è il termine più immediato e più che mai indicato, per un’immersione che permetta di ‘staccare’ dalle ansie del quotidiano.
Posts Tagged ‘wave’
15 Mag
STELLARE, “WAVE” (AUTOPRODOTTO / LIBELLULA MUSIC)
30 Dic
INVERS, “DAL PEGGIORE DEI TUOI FIGLI” (VINA RECORDS)
Disco d’esordio per gli Invers, quartetto proveniente da Biella; la formula, in parte, è quella ascrivibile a band di maggiore successo come Il Teatro degli Orrori: liriche incendiarie declamate – più che cantate – che si stagliano su una componente sonora che attualizza certe sonorità eighties, punk e post: c’è già chi l’ha battezzato ‘revival post-punk’, ma si sa che le etichette lasciano il tempo che trovano…
Più interessante soffermarsi sugli esiti del disco che, fin dal titolo, “Dal peggiore dei tuoi figli”, lascia intravedere il filo conduttore dello sguardo corrosivo gettato sulla società circostante: la dedica è diretta all’Italia, della quale la ‘voce narrante’ esalta il solito campionario di nequizie e piccinerie…
Il tutto accompagnato da una buona dose di ‘pompa’, all’insegna di chitarre dal sapore wave, talvolta dotate di un’attitudine leggermente più sferragliante, a veleggiare sul solido terreno costruito da una classica sezione ritmica ‘quadrata’.
Undici tracce che in fondo appaiono funzionare (meno la cover di Mio fratello è figlio unico di Gateano, che lascia il tempo che trova) per quanto i suoi elementi costitutivi – sonori e testuali – non siano dotati di tutti i crismi dell’originalità: lo si può insomma considerare un buon inizio, in attesa che la band trovi un’impronta stilistica più marcatamente autonoma.
IN COLLABORAZIONE CON LOSINGTODAY
2 Giu
METIBLA, “HELL HOLES” (AUTOPRODOTTO)
Nato nei primi anni 2000 da un’idea del videomaker Riccardo Ponis, il progetto Metibla dà finalmente alla luce il primo lavoro sulla lunga distanza, anche grazie alla collaborazione di un un manipolo di musicisti trai quali spiccano Paolo Alvano (già voce e basso e nei Kardia) e Giovanni Bottone (Inferno). “Hell Holes” è disco dalle coordinate evanescenti: in continuo mutamento, la formula sonora della band prende le mosse da un avvio oscuro, dominato da chitarre wave, che nella seconda traccia vira decisamente, esplodendo in un garage-punk rock che ricorda da vicino l’ondata dei gruppi scandinavi a cavallo tra anni 90 e 2000 (Hellacopters, Turbonegro), per poi nuovamente deviare, abbracciando territori più genericamente ‘indie’, ma sempre all’insegna di una certa varietà di suggestioni, tra le leggerezze quasi pop, abrasioni chitarrisitiche più marcate, escursioni in territori elettronici.
Mix sonoro che accompagna brani in cui ricorre un certo ‘male di vivere’ (Crack, Fool, Pain, Grave sweet grave) o caratterizzati da umori malinconici (Cross the rain), per un lavoro che, apprezzabile in più d’uno dei suoi episodi singolarmente presi, soffre di una certa mancanza di omogeneità se ascoltato nel suo complesso: conseguenza prevedibile di un disco che fa comunque della sua ‘flessibilità stilistica’anche la sua miglior dote.