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MARINO E I SUOI BADANTI

Torno, cercando di essere breve, sulle questioni ‘romane’.
Il sindaco Marino nei giorni scorsi ha presentato il nuovo ‘restyling’ della propria giunta, volto, almeno nelle dichiarazioni, a segnare una ‘svolta’ che dovrebbe portare a qualche risultato concreto…
Non è dato di sapere quanto questa nuova fase durerà: l’impressione tuttavia è che almeno un paio dei nuovi nomi messi in giunta siano stati imposti ‘dall’alto’ con la funzione di ‘bombe ad orologeria’ pronte ad esplodere al momento giusto per causare l’ennesima crisi e portare Roma al voto, con l’obbiettivo, che tutti immaginano, di aggiungere la Capitale all’elenco dei ‘feudi’ renziani.
Al di là della strategia politica, le scelte appaiono equamente divise tra ‘positive’ e ‘negative’.

Cominciamo dalle brutte notizie: la scelta peggiore e deleteria è quella del nuovo vice Sindaco ed Assessore al Bilancio, Causi: tutti lo dipingono come un amministratore di ‘esperienza’, uno che conosce bene Roma, sia dal punto di vista amministrativo, avendo curato il bilancio anche con Veltroni, che politico.
L’impressione è che Causi sia stato imposto a Marino come si fai coi badanti per gli anziani: una sorta di deterrente alla ‘mania’ (insopportabile per il PD romano) del sindaco di fare di testa sua… L’impressione è che da ora in poi a Roma non si muoverà foglia che Causi non voglia.
Nonostante tutto, se Causi avesse dato prova senza ombra di dubbio di essere un buon amministratore, la cosa potrebbe anche avere dei lati positivi.
Il problema è che l’amministrazione Veltroni ha lasciato Roma con un buco di bilancio di dimensioni abnormi, uno degli elementi che hanno portato Roma nella situazione in cui è oggi… e chi curava il bilancio all’epoca di Veltroni? Proprio Causi… io non voglio portare il ragionamento su deduzioni sbagliate, le conclusioni tiratele voi.

Ai Trasporti, altro settore nevralgico della città, è stato portato Esposito, quello che ha fatto ‘carriera’ scagliandosi un giorno si e l’altro pure contro i No-Tav in Val di Susa… mi chiedo se il soggetto abbia le reali competenze per affrontare il caos del trasporto pubblico a Roma; in ogni caso, la ‘funzione politica’ di Esposito sembrerebbe essere quella di ‘riferire’ direttamente a Renzi su quello che succede a Roma, onde far capire al Presidente del Consiglio quando sarà il momento più adatto per staccare la spina all’amministrazione Marino.

Le notizie positive sono gli altri due nomi: Marco Rossi Doria, incaricato di curare Istruzione e Periferie, è un nome che ispira fiducia, per vissuto e competenza… certo, bisognerebbe intendersi sui ‘limiti geografici’ del termine ‘Periferie’: se per ‘periferia’ si intende ad esempio tutto ciò che è al di fuori del cosiddetto ‘anello ferroviario’ – chi conosce Roma sa di cosa parlo – parliamo di una superficie di territorio che equivale ai tre quarti del totale, forse qualcosa di più; se intendiamo le più classiche ‘borgate’, l’estensione si riduce, ma parliamo comunque almeno di un milione – un milione e mezzo di abitanti: mi chiedo che cosa preveda l’impegno di Doria per le ‘periferie’.

Ultimo nome quello di Luigina Di Liegro, nipote di Don Luigi, fondatore della Caritas: come lo zio, una vita spesa a favore degli ultimi e di altre ‘periferie’, quelle che Papa Bergoglio ha definito ‘esistenziali’: gli è stato assegnato l’Assessorato al Turismo, scelta non casuale, perché nei prossimi mesi ‘turismo’ a Roma vorrà dire soprattutto ‘Giubileo’, con evidenti implicazioni sotto il profilo dell’associazionismo religioso e delle opere di carità; anche in questo caso il profilo appare elevato, vedremo quali e quanti saranno gli spazi di manovra.

La nuova giunta Marino sembra comunque, sotto molti aspetti, una sorta di ‘Commissariamento politico’ del Comune: di certo Marino avrà meno libertà di prima nel proporre iniziative da molti considerate ‘estemporanee’ (ad esempio le pedonalizzazioni, l’allontamanento dei camion bar dalle aree turistiche, il registro delle unioni omosessuali) e avrà uno spazio di manovra limitato dalla presenza di una personalità ingombrante come quella di Causi e da quella di Esposito, in qualità di referente di Renzi.

L’impressione conclusiva è che a meno di grosse sorprese i prossimi mesi saranno volti a cercare di risolvere le urgenze rappresentate da trasporto pubblico e nettezza urbana, per poi staccare la spina nei primi mesi del 2016 ed andare al voto in primavera.

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ROMA, MARINO E LE (IM)POSSIBILI ALTERNATIVE

L’impressione è che difficilmente Roma potrà uscire in tempi brevi dalla situazione dove è finita, o dove è stata fatta finire.
C’è una degenerazione complessiva che ha portato noi cittadini romani dove siamo; negli ultimi vent’anni, chi ha governato Roma se n’è fregato della città e dei suoi abitanti: abbiamo seplicemente assistito ad un susseguirsi di sistemi di potere in cui sono stati occupati posti, distribuite poltrone, incarichi, assunzioni a parenti ed amici, soprattutto nei settori della nettezza urbana e del trasporto pubblico, che non potevano che portare ad un deterioramento dei servizi; nel frattempo, alcuni problemi ‘storici’, come quello dei Rom e dell’integrazione degli immigrati, sono stati lasciati incancrenire, creando ad arte ‘situazioni di emergenza’ per lucrare meglio grazie alle deroghe alle regole.

 

ROMA SPORCA, CITTADINI SPORCHI

Ognuno ha le sue colpe: da Veltroni che continuava a raccontare la favoletta di ‘Roma, città dell’accoglienza’, mentre nelle periferie cresceva l’insofferenza verso gli immigrati, e che invece di risolvere i problemi pensava alle ‘feste del cinema’, ad Alemanno, che sostanzialmente ha lasciato Roma come l’aveva trovata, senza aver risolto un solo problema.
La mancata soluzione dei problemi ha portato ad un generale incattivirsi della popolazione: i romani si lamentano del traffico e della città sporca, ma poi prendono l’automobile pure per andare al cesso e se trovano il cassonetto sotto casa pieno, pur di non farsi venti metri per raggiungere il successivo, buttano la spazzatura dove capita; è stato lanciato il servizio gratuito di raccolta dei rifiuti ingombranti a domicilio, ma televisori, frigori, poltrone, credenze e materassi continuano ad essere lasciati per strada, dove capita. Qualche settimana fa mi è capitato di parlare del problema con altri cittadini: la risposta è stata che “quelli sono gli svuotacantine che lasciano i mobili dove capita”; ecco: la colpa è sempre di qualcun altro…
Posti brutti rendono brutto pure chi li abita, che a sua volta contribuisce al degrado. L’impressione è che a fare schifo non sia solo Roma, ma spesso pure chi la abita; ha ragione da vendere Gassman a dire che i cittadini si devono muovere: la rivoluzione dovrebbe nasce dal basso, ma qui si continua a pretendere che a muoversi debba sempre essere qualcun altro.
Poco distante da casa mia c’è un giardinetto frequentato il giorno da mamme, bambini e anziani; di sera arrivano gruppetti di adolescenti o neo-maggiorenni che bevono e fumano lasciando in giro cicche e talvolta qualche coccio.
Considerazione numero uno: nel quartiere mancano luoghi di aggregazione ‘ad hoc’ per la gioventù.
Considerazione numero due: quei giovani non hanno ricevuto dai genitori un’educazione civica degna di questo nome.

 

MARINO, OBBIETTIVAMENTE

Marino obbiettivamente è una persona onesta.
Marino obbiettivamente non era preparato a governare una città come Roma.
Marino obbiettivamente ha dovuto governare non solo contro l’opposizione, ma anche contro gran parte del suo partito.
Marino obbiettivamente non poteva fare nulla più di ciò che ha fatto finora, visto lo stato in cui ha trovato Roma, gli ostacoli quotidiani messigli davanti anche dal suo partito, e il verminaio scoperchiato dalle inchieste.
Marino obbiettivamente ha chiuso – finalmente!!! – alle automobili private i Fori Imperiali, ha chiuso la megadiscarica di Malagrotta e mi risulta che da quando c’è lui, la cementificazione selvaggia della città si sia arrestata. Inoltre, sta cercando di arginare il fenomeno dell’abusivismo commerciale, dei venditori di souvenir e dei camion bar che affollano i monumenti. Qualche risultato si comincia a vedere, ma resta del lavoro da fare.
Marino obbiettivamente dovrebbe avere la possibilità, come chi l’ha preceduto, di governare Roma per almeno un intero mandato, per poi essere giudicato e riconfermato o mandato via dagli elettori.
Marino obbiettivamente non indagato, è stato attaccato da Renzi il quale invece negli ultimi mesi ha difeso a spada tratta tutta una serie di indagati.
Marino obbiettivamente potrebbe fare due – tre cose per farsi maggiormente ben volere dalla cittadinanza: si potrebbe cominciare col risistemare le strade – groviera, continuando con un po’ di pulizia in più e proseguendo con qualche intervento sul trasporto pubblico (cosa che sembra intenzionato a fare); per governare Roma, non è necessario un programma in dieci punti: la situazione è tale, che basterebbe prenderne tre, ma rispettarli tutti.
Marino obbiettivamente l’ho votato, e se fosse costretto ad andarsene mi dispiacerebbe.

 

VIA MARINO!!! OK. POI?

Si chiedono le dimissioni di Marino: d’accordo, e poi? Insomma, le alternative quali sono?

A destra:

Giorgia Meloni – Giorgia Meloni sta ad Alemanno come Salvini sta a Bossi, vuole presentarsi come una ‘destra nuova e presentabile’, ma alla fine la storia è la stessa, quella di una destra che a Roma ha sempre rosicato perché nonostante sia stata storicamente molto forte, non è mai – o quasi – riuscita a vincere… a sentire loro, quando fossero andati al governo della città, chissà che sarebbe successo; c’è andato Alemanno, e… non è successo niente: l’unico evento degno di nota in cinque anni fu la nevicata che bloccò la città, facendoci ridere dietro da mezza Italia (naturalmente, si assistè al solito scaricabarile, nessuno disposto ad assumersi un minimo di responsabilità); per il resto, niente a Roma è cambiato di una virgola; poi c’è il capitolo ‘penale’, sul quale non mi dilungo perché le inchieste sono in corso, ma quello che è successo a Roma negli ultimi anni ormai è risaputo.
Ora, col massimo rispetto per Giorgia Meloni, mi chiedo perché dovrei pensare che con lei le cose a Roma cambierebbero radicalmente: se Giorgia Meloni diventasse sindaco, ho l’impressione che assisteremmo semplicemente ad un cambio di sistema di potere, magari infarcito di quelli che si sono salvati dalle inchieste e che occuperebbero i posti lasciati liberi da quelli finiti in galera.
Alfio Marchini – Alfio Marchini si pone a metà strada tra il buonismo di Veltroni e una versione all’amatriciana del ‘ghe pensi mi’ berlusconiano, con l’aggiunta del fatto che sembra sia belloccio e riscuota successo presso il pubblico femminile; per il resto, Marchini resta l’erede di una dinastia di palazzinari, quindi c’è da aspettarsi che con lui sindaco, riprendano alla grande le colate di cemento… chissà, magari trasforma il Circo Massimo in un parcheggio e mette una palazzina al posto del Colosseo.
Versante PD: Boh!!!

Il PD non ha al momento un candidato alla possibile successione di Marino; in questo caso il nome non è nemmeno un problema, perché l’obbiettivo di Renzi è semplicemente quello di metterci uno dei suoi, per estendere la sua sfera di potere anche su Roma: chiunque verrà candidato dal PD, sarà un semplice pupazzo che farà le veci di Renzi.
Movimento Cinque Stelle

Sono stato e resto un elettore del MoVimento, ma non è che mi senta tenuto a seguirlo in tutto: continuo a pensare che Marino debba restare fino a fine mandato; detto questo, da elettore del MoVimento penso che M5S sia l’unica realtà che a Roma non rappresenta un sistema di potere fatto di interessi particolari, di combriccole, di gruppetti, etc… é il principale pregio del MoVimento e il principale limite: perché purtroppo a Roma negli ultimi vent’anni (e non solo) si è creata una situazione in cui se non hai un sistema di potere, qualche tipo di conventicola non solo economica, ma (come si è visto) anche più o meno criminale, alle spalle, difficilmente vinci.
Ci sarebbe da sperare in un sussulto d’orgoglio dei romani, ma come ho scritto prima, purtroppo noi romani siamo parte del problema; una possibile vittoria del MoVimento Cinque Stelle significherebbe che noi romani almeno avremmo fatto un piccolo esame di coscienza e che oltre a lamentarci di come vanno le cose, avremmo capito che per migliorare la città, si parte dal basso.

 

L’OPZIONE PIU’ LOGICA: IL COMMISSARIAMENTO

Se si vuole essere un minimo intellettualmente onesti, bisogna ammettere che la soluzione più logica è il commissariamento: chiamare ad esempio uno come Gratteri e dargli carta bianca.
Commissariamento che attenzione, non dovrebbe essere certo una buffonata di tre o quattro mesi: Roma va commissariata per tre o quattro anni, in modo da spezzare il circolo vizioso dell’alternanza tra sistemi di potere volti solo alla tutela di interessi circoscritti e non al bene della città e dei cittadini.
Diciamo che se arrivasse un Commissario, dovrebbe rimanere almeno fino alla primavera 2018, quando è prevista la prossima elezione del sindaco.
Il problema è che i partiti di destra e sinistra vedrebbero il commissariamento solo come un periodo in cui fare campagna elettorale, pochi mesi durante i quali litigarsi l’osso per conquistare gli ultimi brandelli di ‘ciccia’ rimasti da spolpare in città.

 

POSTILLA: MARINO, LA DESTRA E LE FOGNE

Vado per un attimo alle dichiarazioni di un mesetto fa: Marino ha ragione, la destra romana si dovrebbe vergognare del modo ipocrita e strumentale in cui sta affrontando la situazione; non si fermano davanti a niente: con la situazione che sta vivendo Roma, non trovano nulla di meglio che alzare il livello dello scontro, anche con quotidiane campagne di stampa che individuano in Marino il colpevole di tutti i mali di Roma, campagne di stampa che quotidianamente giocano sulla paura dei cittadini per il diverso, accrescendo l’ostilità innanzitutto contro i rom, poi contro gli immigrati, clandestini e non, e in misura minore (ma comunque con una certa ricorrenza) contro gli omosessuali, ‘rei’ di aver ottenuto da Marino il registro delle unioni civili.
La destra si è lamentata per il gergo da anni ’70 delle ‘fogne’, ma alla fine anche il linguaggio della destra a Roma continua ad essere lo stesso di quarant’anni fa: l’odio contro qualsiasi forma di ‘diversità’ (etnica, religiosa, di identità sessuale) di ‘deviazione’ rispetto ad una ‘norma’, ad una presunta ‘normalità’ che spesso assume i contorni ossessivi da patologia psichiatrica.
Dopo aver ‘sistemato’ zingari, africani e froci, magari cominceranno con i portatori di handicap poi con quelli con le orecchie a sventola, che portano gli occhiali, o che sono troppo magri o troppo grassi rispetto al loro concetto di ‘normalità’…
La destra a Roma vuole andare alle elezioni per ricominciare ad occupare poltrone, per realizzare nuovamente la propria ossessione personale di sogno di ‘conquista’ della città, mettendo nei posti chiave i picchiatori di quarant’anni fa che ne frattempo si sono rifatti una ‘verginità’…
La stessa ‘verginità’ che pretendono di avere oggi, chiedendo le dimissioni di Marino e facendo gli gnorri rispetto alle loro pesanti (anche se non esclusive) responsabilità rispetto alla situazione in cui è stata ridotta Roma.
Quindi alla luce di tutto ciò, mi sento di dire che parlando di ‘fogne’, Marino è stato pure troppo politicamente corretto.

 

FINALE

Il punto è che al di là delle ‘parti’, destra e sinistra dovrebbero riconoscere che nella situazione attuale eventuali elezioni non risolverebbero nulla: che PD da una parte e partiti di centro-destra dall’altra sono ancora troppo legati al mastodontico complesso di malaffare che ha dominato Roma negli ultimi per poter realisticamente aspirare al Governo della città.
Se fossero intellettualmente onesti darebbero il via libera ad un commissariamento di un paio d’anni, facendo nel contempo reale pulizia al loro interno (il PD con Barca ci ha provato, ma la sua relazione ha sollevato una caterva di contestazioni e temo che non porterà a nulla), ma purtroppo l’onestà intellettuale è al momento del tutto assente dalle iene della politica romana, che hanno già intravisto la possibilità di spolparsi il poco che resta appiccicato al cadavere.

ELEZIONI REGIONALI

L’impressione davanti alle imminenti elezioni regionali è quella di un generale abbassamento del livello dei candidati; ancora di più, di uno scadimento della politica ‘in sé’.
A dire la verità, non ci si capisce quasi più niente: politologi e filosofi ci hanno ampiammente spiegato come siamo ormai nel periodo della ‘post-ideologia’ e che è inutile ragionare secondo i ‘vecchi schemi’, sinistra-destra: tutto giusto, ma se alla fine delle ‘ideologie’, segue la fine delle ‘idee’ e il principio generale diventa solo: “tutto pur di andare al potere e rimanerci” qualcosa di sbagliato c’è. A me basterebbe alla fine che ci fosse una sinistra ‘progressista’ fautrice dell’ampiamento dei ‘diritti’ (civili, economici, al lavoro, all’istruzione) e una destra conservatrice che parta dai ‘doveri’, ma qui non c’è nemmeno più questo. Siamo davanti ad un semplice ‘mettere insieme’ tutto ed il contrario di tutto: intanto si conquisti il potere e poi vediamo.

E’ una storia che viene da lontano, una catena della quale Renzi è solo l’ultimo anello, cominciata con le ammucchiate uliviste, proseguita col principio del ma-anchismo veltroniano (ricordo che quando Veltroni era sindaco di Roma, poco ci mancò che si presentasse alle elezioni una lista dei ‘fascisti per Veltroni’) e con l’esiziale idea del PD, nato per mettere insieme tutti e che oggi forse si vorrebbe portare alle estreme conseguenze col ‘Partito della Nazione’. Il risultato è che se nelle candidature alle regionali si cerca uno straccio di principio, di idea, si fatica a trovarlo: è solo una gara a conquistare il potere. Non parlo per carità di patria di profili penali, di candidati incandidabili e di altri in odor di criminalità, perché si aprirebbe un capitolo troppo ampio…

Qualche giorno fa per caso mi sono imbattuto in un dibattito elettorale coi candidati della Campania: un cittadino che non ne sapesse nulla avrebbe concluso che Caldoro (candidato di centrodestra) fosse del PD e De Luca (candidato del PD) si presentasse per La Destra di Storace; stessa impressione, un filo annacquata, per la Puglia: anche qui Emiliano vuole dare l’idea dell’uomo ‘forte’: gli è stata contestata la candidatura di ex AN nella sua lista, la risposta è stata che “in Puglia si è sempre fatto così”, e che alla fine ‘accogliere chi ci sta’ non è poi una bestemmia. In Liguria, vivaddio, la ‘sinistra’ ha avuto un sussulto d’orgoglio rispetto alla candidatura PD della Paita in odore di Burlando, che sembra aver già ventilato la possibilità di un Governo con l’NCD, seguendo l’esempio di quello nazionale; piccolo inciso: se i liguri voteranno per chi sarà l’erede delle amministrazioni che negli ultimi 15 anni hanno massacrato il territorio, beh, alla prossima alluvione non si lamentassero… certo se l’alternativa deve essere Toti, quello che ‘Novi Ligure è in Liguria’ (errore da geografia di Terza Elementare), beh, non invidio i liguri… così come non invidio i veneti, costretti a scegliere tra uno Zaia che si è attribuito tutto il bene del Veneto attribuendo tutto il male al Governo centrale, un Tosi che non si sa dove voglia andare e Alessandra Moretti, quella che ‘per le politiche è importante andare dall’estetista’, quella che – ricordo – a Ballarò ebbe il coraggio di citare trai risultati delle giunte di sinistra a Roma, la terza linea della Metro, quando di quella linea non era ancora nemmeno attivo il breve tratto in funzione da solo pochi mesi a questa parte. Il livello insomma mi pare abbastanza infimo…

Non mi meraviglierei se, a questo giro, il MoVimento Cinque Stelle cominciasse ad ottenere risultati soddisfacenti anche sul piano locale; non parlo di vittorie ma, soprattutto in Liguria e in Puglia, c’è la possibilità di portare a casa un buon risultato. Certo, fossi un elettore delle regioni interessate, rispetto a duelli Zaia – Tosi – Moretti, Paita – Toti, Caldoro – De Luca, o Emiliano – Schitulli – Poli Bortone, andrei dritto su M5S: insomma, meglio la totale inesperienza condita con proposte magari un filo irrealistiche, che la lotta per il potere fine a sé stesso svuotata di ogni parvenza di contenuto ideale.

RENZI E LA DEMOCRAZIA

Pensando a Renzi, mi viene in mente ciò che Nanni Moretti, in un celebre discorso tenuto a Piazza San Giovanni, disse di Berlusconi: “E’ estraneo alla democrazia, non la capisce e non gli serve”… sottolineerei l’ironia di un leader totalmente antidemocratico alla guida di un Partito Democratico.

 

DECISIONE E DISCUSSIONE

Attenzione, Renzi parte da premesse molto condivisibili: è vero che in Italia c’è da sempre un surplus di dibattito, è vero che spesso qui da noi le discussioni non hanno mai fine e che ne derivano spesso provvedimenti annacquati che perdono gran parte della loro efficacia; è altrettanto vero che il simbolo di tutto questo è la sinistra: in un Paese che anche dopo 70 anni non ha ancora superato il ‘trauma’ dei vent’anni di dittatura, qualsiasi ‘decisionismo’ viene subito bollato come dittatorial-fascista: è successo a Craxi, è successo a Berlusconi, succede ora a Renzi; il problema è che se vediamo che fine hanno fatto Craxi e Berlusconi, forse obbiettare sugli atteggiamenti di Renzi non è così sbagliato… La sinistra da sempre discute, discute, discute e raramente arriva a soluzioni efficaci: non è un caso se in Italia ha governato sempre poco e quando lo ha fatto ha finito per collassare non per l’inefficacia dei propri provvedimenti, quanto per le discussioni interne. Renzi, insomma, ha ragione quando afferma di voler scardinare questo sistema.

 

RENZI: LA SCALATA NON DEMOCRATICA AL POTERE

Il problema non sta nelle premesse, ma nelle conseguenze e nei modi: l’estraneità di Renzi alla democrazia è resa evidente dal percorso che lo ha portato alla Presidenza del Consiglio: è diventato segretario del PD attraverso primarie che al meglio potrebbero definirsi come raffazzonate e approssimative; le primarie sono un ottimo strumento, ma così come sono state portate avanti dal PD in questi anni, sono totalmente prive di qualsiasi affidabilità; in seguito, Renzi è diventato Presidente del Consiglio senza alcuna legittimazione popolare o passaggio elettorale, in virtù di un sistema abberrante come quello italiano che permette a chicchessia di diventare Presidente del Consiglio senza passare attraverso il voto.

Chiaramente, la nomina di Renzi alla Presidenza del Consiglio non ha nulla di incostituzionale: il problema è che uno che ha scalato il potere in questo modo (se vogliamo anche un po’ vigliacchetto, all’insegna dei vari enricostaisereno e via dicendo), dovrebbe magari procedere in modo un filo più cauto e dialogante…
Invece Renzi si comporta come il bullo di classe, sicuro che nessuno abbia il coraggio di andare fino in fondo rompendogli i co***oni… O meglio, gli unici che hanno il coraggio di farlo sono quelli di M5S; gli altri, tutti accodati: NCD che usa obbedir tacendo, Forza Italia che fino a qualche mese fa era pappa e ciccia con lui… e la ‘minoranza interna’.

 

LA SINISTRA DAI LEADER ELETTI E SEGATI A MATTEO RENZI

Ora: la storia della sinistra degli ultimi anni è fatta di segretari ‘acclamati’ che poi dal giorno successivo all’elezioni si sono visti segare la poltrona dalle ‘minoranze interne’ (in virtù del fatto che a sinistra bisogna sempre mettere in discussione la dirigenza, perché ogni parvenza di ‘decisionismo’ è giudicata come fascista e dittatoriale); a forza di tirare la corda però, è arrivato il momento che questo modo di agire (che negli ultimi anni ha danneggiato moltissimo non solo la sinistra, ma tutta l’Italia, vedasi l’ingloriosa fine fatta dai Governi Prodi), ha smesso di funzionare… ha smesso di funzionare, perché il PD non è il PCI, il PDS o i DS, è altro: non un partito di ‘sinistra’, ma un ‘partito del niente’: si è passati dalla pura ideologia alla mancanza di qualsiasi principio; il PD è un partito volto solo ed esclusivamente alla conquista ed alla conservazione del potere, pronto a raccogliere al suo interno chiunque per raggiungere lo scopo: può non piacere; se non vi piace, scrivete a Veltroni, il ‘genio’ che ha inventato ‘sto partito e protestate.
Quindi: il ‘segare la sedia’ funzionava con un partito di sinistra in cui la discussione aveva sempre la meglio sulla decisione; col PD, ‘partito del potere’ il metodo non funziona più, specie se a guidarlo è uno come Renzi, che di sinistra, non ha nulla; Renzi il quale si è portato appresso una pletora di persone uguali a lui, gente che adesso sta al Governo, ai vertici del Partito, o che va nei talk show televisivi, che di sinistra, destra o centro non ha nulla, mossa solo dal desiderio di apparire e di farsi bella a favore di telecamera: il nulla eletto a sistema di potere.

Il fatto è che la ‘minoranza PD’ dovrebbe essere ribattezzata ‘minorati PD’, una massa di ritardati che hanno pensato di poter applicare a Renzi gli stessi metodi del passato, accorgendosi troppo tardi di essere fuori tempo e sostanzialmente finendo per prendersela nel didietro. Il problema poi, è che di minoranza PD non ce n’è una, ma almeno tre o quattro, che non sono riuscite a fare ‘massa critica’; in più, vi è stato un errore di comunicazione: il messaggio che arriva all’opinione pubblica è che la minoranza PD non sia realmente interessata al merito delle questioni, ma rompa il ca**o per il solo gusto di farlo, o magari con l’obbiettivo di ottenere qualche poltrona… certo, va riconosciuto a Speranza di averla mollata, una poltrona, ma ha comunque lasciato un incarico, quello di Presidente del gruppo PD, ‘onorario’ o quasi…

 

RENZI SPACCATUTTO

Tutto ciò ha finito per dare mano libera a Renzi, che ha potuto continuare a comportarsi nel suo solito modo precarivatore, arrogante e prepotente, da bullo di classe… fino a mettere la fiducia sulla legge elettorale. Ora, io non entro nel merito: a me la legge elettorale, così come la riforma del senato, fanno del tutto schifo, perché ritengo, per vari motivi, che siano funzionali non alla migliore selezione della classe politica o al funzionamento delle istituzioni, ma al potere del Presidente del Consiglio, e mi fermo qui. Renzi dice che mettere la fiducia sulla legge elettorale ‘è normale’: ma se in Italia la stessa cosa è avvenuta solo con Mussolini e la cosiddetta ‘Legge truffa’, tanto normale alla fine non è…

Aggiungo: Renzi afferma di voler andare alle elezioni solo nel 2018; la nuova legge elettorale sarebbe stata ugualmente approvata nel giro di pochi mesi, attraverso le ordinarie procedure parlamentari… Perché allora Renzi mette la fiducia? Perché è un prepotente e utilizza una legge importante come quella che regola l’elezione del Parlamento, per sbarazzarsi una volta per tutte dei minorati della minoranza interna. Ora, quale concezione pensate che abbia della democrazia una persona che usa una legge elettorale, per ‘regolare i conti’ col proprio partito? Non una concezione alta, sicuramente: Renzi è estraneo alla democrazia, non la capisce e non gli serve… o meglio, forse la capisce fin troppo bene e se ne serve sostanzialmente per farsi i ca**i suoi.
Il tutto, inserito in un contesto in cui il Governo mette la fiducia un giorno si e l’altro pure con la scusa del ‘non c’è tempo’, esautorando nei fatti il Parlamento, come hanno fatto i Governi Berlusconi, Monti e Letta in precedenza, e allora ci sarebbe da chiedersi che ca**o li paghiamo a fare 10.000 euro e passa al mese i parlamentari: forse per andare nei talk show televisivi?

 

L’ESITO

La legge elettorale passerà comunque e Renzi potrà dire di aver vinto; la stragrande maggioranza dei minorati della minoranza PD alla fine chinerà il capo, come ha sempre fatto; chi non voterà la fiducia, sia pure solo per mostrare un minimo di serietà, dovrebbe dimettersi dal PD e dal gruppo parlamentare (sarebbe gradito che si dimettessero pure da parlamentari, ma questo non accadrà, perché non avrebbero di che campare); di certo, dopo aver annunciato il ‘non voto’ alla fiducia, Bersani, Speranza e Civati non possono continuare a far parte del PD come se niente fosse, pena perdere quell’ultimo brandello di credibilità che gli è rimasta: ormai Bersani sembra l’imitazione di Crozza che imita Bersani; Civati è da anni che dice ‘me ne vado’, ma siccome non sa dove andare, resta lì; Speranza non ho idea di che intenzioni abbia; Letta ha già annunciato di mollare la poltrona di parlamentare, liberandosi le mani rispetto a Governo e parlamento.

In tutti i casi, l’Italia sarà quasi completamente in mano a un bullo arrogante il cui unico scopo è ingrassare il proprio potere, con buona pace degli italiani.
Auguri a tutti.

MATTARELLA PRESIDENTE

Sergio Mattarella è il sesto Presidente della Repubblica all’elezione del quale riesco ad assistere: quando sono nato, nel 1974, c’era Leone, ma di lui non ho alcun ricordo, ero veramente troppo piccolo; poi arrivò Pertini, che è stato il Presidente dell’infanzia della mia generazione: tutti i nati in quel periodo lo ricordano sui luoghi delle stragi (la stazione di Bologna), delle catastrofi (il terremoto dell’Irpinia), delle tragedie (Vermicino), ma le immagini che tutti credo abbiano impresse sono quelle della finale di Spagna ’82; di Cossiga ricordo soprattutto il periodo finale, quello delle ‘esternazioni’; poi arrivò Scalfaro, un personaggio con empatia pari a zero, tutto chiuso in un’interpretazione ‘missionaria’, quasi ‘sacrale’ del proprio ruolo; ottimo il ricordo di Ciampi, che ha dedicato la sua Presidenza a riscoprire un certo orgoglio nazionale… e poi arriviamo a Napolitano: ottimo fino a quando non ha ritenuto di doversi sostituire alla ‘politica’, ponendo le sue convinzioni personali davanti a tutto: incapace di capire fino in fondo la società, come ha dimostrato il non aver nemmeno cercato di comprendere fino in fondo il ‘fenomeno’ rappresentato dal MoVimento Cinque Stelle: meglio in fondo i Governi e le riforme sostenuti dal pluriindagato Berlusconi, che non dare una possibilità  gente nuova ed onesta…

E adesso, Mattarella: poteva andare peggio, molto peggio: a me in fondo bastava che non venisse eletto Amato; tutti gli altri per me pari erano; certo, avrei digerito poco anche un Veltroni od un Casini, ma insomma, sempre meglio di Amato. Mattarella mi convince: non solo, ovviamente, per la vicenda umana, legata all’uccisione del fratello; anche per come viene descritto: a me quelli ‘riservati’, ‘schivi’, che magari si tengono le risate e le battute per i momenti privati tra amici e famigliari mi sono sempre piaciuti: a me i politici che se la ridono tra di loro in genere mi fanno venire il voltastomaco, mi danno l’idea di quelli in fondo fanno tutti parte della stessa ‘combriccola’… poi ovviamente nella sua nuova veste sarà costretto a ridere in pubblico, a stringere mani, etc…, ma l’indole di fondo, resta. In due giorni ho sentito Mattarella dire due volte “è sufficiente questo”: mi piace questo riferimento all’essenzialità, questo voler evitare tanti giri di parole, questo sentire non necessario e superfluo rispondere a tutti e tutto. Devo dire che, tra l’altro, dopo Scalfaro, Ciampi e Napolitano, uno che ha ancora tutti i capelli in testa mi fa pure piacere…

Spero, sinceramente, in un nuoo Ciampi: uno che giri l’Italia cercando di ricreare un minimo di ‘sentire comune’; ho qualche timore che possa essere un nuovo Scalfaro, troppo assorto nel proprio ruolo di ‘custode della Costituzione’ per accorgersi di altro; spero, mi auguro, una maggiore elasticità mentale di chi l’ha preceduto, una maggiore apertura nei confronti della società; non so se e quanto Mattarella sappia usare il computer e sia solito navigare in Internet, per dire; mi incoraggia però il fatto che abbia sei nipoti, che forse gli avranno già spiegato e magari ‘insegnato’ qualcosa.

Ho ascoltato il discorso: ‘canovaccio’ prevedibile, un mix di messaggi ‘politici’ destinati al Parlamento e di riferimenti ‘alti’ e in parte ‘accorati’, indirizzati ai cittadini in ascolto; poteva essere un discorso molto più banale, retorico e scontato, poteva essere però più vivace, coraggioso, ‘moderno’: in fondo Mattarella non è una cariatide, ma è comunque un uomo di oltre 70 anni, che probabilmente ha in comune la sua generazione la difficoltà di correre appresso ad un mondo che forse corre troppo veloce. Attendo ora di vedere quale sarà il suo stile, il suo atteggiamento, le sue decisioni, ma ad un primo impatto, a me Mattarella piace. In tutti i casi, buon lavoro.

E’ RICOMINCIATA LA GUERRA A MARINO

Quello che è successo a Roma la notte dell’ultimo dell’anno – la defezione in massa dei vigili urbani per ‘malattia’, cui per amor di precisione bisogna aggiungere quella degli autisti di una delle linee della metropolitana – ci dice una cosa sola: la guerra contro il sindaco Marino è ricominciata. Si chiude ‘in bellezza’ il 2014, annunciando nel contempo un 2015 di ‘guerra totale’.

L’obbiettivo mi pare fosse abbastanza chiaro: qui le ‘rivendicazioni di categoria’ – vere o presunte – c’entrano poco o nulla: c’entrava invece – e molto – il voler gettare la città nel caos; si voleva, abbastanza ovviamente, offrire la testa di Marino su un piatto d’argento alla destra romana e ai ‘mammasantissima’ del PD capitolino, dare loro l’occasione per un nuovo attacco concentrico contro il ‘sindaco alieno’; per fortuna, tutto è andato bene, il che dovrebbe far pensare i romani riguardo la reale utilità dell’attuale corpo di polizia municipale…

I lettori abituali di questo blog ricorderanno forse quello che scrissi a suo tempo, in occasione di tutta la gazzarra sollevata per il ‘caso Tor Sapienza’: Ignazio Marino a Roma sta sulle scatole a molti: ovviamente alla destra, che alla fine fa il suo mestiere, per quando nel solito modo rozzo e discretamente becero, più da ‘curva da stadio’ che non da Palazzo Senatorio, tipico dei destrorsi romani; ma anche anche alle ‘alte sfere del PD’: Marino la dirigenza del PD non l’ha mai voluto, perché estraneo alla politica maneggiona su cui il centrosinistra a Roma ha campato negli ultimi vent’anni; Marino è stato scelto dalla base, che proprio non ne poteva più, reagendo con un moto d’orgoglio contro i candidati epigoni dei Rutelli e dei Veltroni.

Ci erano quasi riusciti, a farlo fuori, dopo lo scandalo – mai totalmente chiarito – delle multe non pagate (ma dovute o meno?) e dopo il caos scoppiato a Tor Sapienza (anche in quel caso, restano non pochi sospetti di un qualcosa montato ad arte)… poi però è scoppiato il bubbone di Mafia Capitale, sono venute alla luce le connivenze tra una bella fetta della politica romana – di ogni versante – e il sistema gestito da Carminati, Buzzi e soci… e guarda caso, chi ne è uscito meglio? Proprio il ‘sindaco alieno’, la cui elezione, oltre alla destra ed ai ‘capoccia’ del PD capitolino, ha rotto le uova nel paniere proprio al ‘Cecato’ e alla sua cricca: non aggiungo altro, fatevi qualche domanda.

E’ trascorsa qualche settimana di tregua: si è aspettato che passasse qualche tempo senza notizie clamorose di nuovi indagati od arrestati, e poi si è ripartiti alla carica: stavolta si è ricorso alle armi pesanti, uno dei tre grandi ‘corpi’ che a Roma vengono usati quando si vuole mettere alle strette chi governa la città: i vigili, i conducenti dei mezzi pubblici (in parte coinvolti anche la notte dell’ultimo dell’anno), i tassisti; è stato lanciato un chiaro messaggio al sindaco: questo è solo l’inizio, aspettati un 2015 di fuoco, perché non ci fermeremo fino a quando non ti avremo tolto di mezzo.
Scommettiamo che nei prossimi mesi sarà una raffica di agitazioni di vigili, scioperi dei mezzi pubblici, manifestazioni dei tassisti, accompagnate dal berciare almeno ‘autentico’ degli esponenti della destra romana e dalle più ‘composte’ – ma quanto ipocrite!!! – richieste del PD di ‘cambiare passo’, mentre a farne le spese saranno i soli comuni cittadini?

Si cercherà di far passare Marino come un incapace, come il nemico pubblico numero uno… l’augurio è che i romani intelligenti e ‘pensanti’ siano coscienti del fatto che attualmente il problema di Roma non è certo Marino, e che il marcio sta altrove, nei luoghi in cui destra e sinistra intessevano amabilmente relazioni con Carminati, Buzzi e soci… auguriamoci tutti che Marino resti dov’è adesso, perché l’alternativa non potrebbe essere altra, se non quella di un referente di Carminati e soci…

P.S. A proposito, non mi risulta che alcuno dei coinvolti nel caso ‘Mafia Capitale’ sia stato ancora espulso dai partiti di appartenenza, il che la dice lunga su quale sia lo stato della politica a Roma.

P.P.S. Qualcuno si chiederà perché io difenda a spada tratta Marino: sottolineo che non sono né suo amico, né suo parente, ma visto che l’ho votato, vorrei vederlo all’opera per cinque anni per vedere che combina; mi chiedo secondo quale principio Alemanno abbia potuto non-governare Roma per cinque anni e invece Marino debba andarsene dopo manco due anni. In secondo luogo provo un’istintiva simpatia per tutti quelli che vengono lasciati soli, scaricati e che si trovano contro anche quelli da cui teoricamente dovrebbero essere appoggiati; rendetevi conto: Marino sta governando una città come Roma avendo una bella fetta del PD che gli rema contro, solo perché al Campidoglio c’è lui e non Gentiloni o Sassoli…

CHE SUCCEDE A ROMA?

Io non so quale sia l’impressione che si siano formati i non romani su quanto successo a Roma negli ultimi giorni (mi riferisco a quanto avvenuto a Tor Sapienza) ad uso e consumo di chi non abita qui, e come spunto di riflessione per i cittadini romani, esprimo solo una considerazione: non fatevi fregare, è tutta fuffa. A Tor Sapienza è successo poco o nulla, e quanto è successo, se non proprio montato ad arte, è stato strumentalizzato contro il sindaco Marino.

Tor Sapienza è una periferia come ce ne sono tante altre, a Roma e nel resto d’Italia, specie nelle grandi città; un quartiere nato ‘bene’, anche, al contrario di altri mostri urbanistici, che però è stato progressivamente abbandonato dai servizi pubblici: mezzi di trasporo, pulizia, illuminazione… così, Tor Sapienza è diventato un ‘brutto posto’… e i posti brutti rendono brutta pure la gente che ci abita; tutto qui: gli abitanti di Tor Sapienza sono gli abitanti di una zona degradata, con servizi pubblici inefficienti, in cui la criminalità – dalla prostituzione alla spaccio di droga – ormai fa come gli pare e piace.

Quanto successo nei giorni scorsi potrebbe essere considerato la tipica ‘goccia che fa traboccare il vaso’: in sé un centro di accoglienza per immigrati non costituisce un problema; se però il centro si aggiunge ai campi rom, allo spaccio e alla prostituzione, diventa un problema; e questo è un modo di vedere le cose. Si potrebbe però ragionare diversamente: chiediamoci il perché di una tale cagnara per una struttura di accoglienza che non ha nulla di criminale; e chiediamoci perché ad esempio non si è sollevato casino per la prostituzione o lo spaccio… forse perché prendersela con dei minorenni lontani migliaia di chilometri da casa è più facile che prendere di mira chi spaccia, temendo delle ritorsioni.

C’è qualcosa che non va: io ho il forte sospetto che, oltre all’esasperazione dei cittadini, sotto ci sia altro; ho il forte sospetto che le proteste dei giorni scorsi siano state aizzate da qualcuno – sia chiaro: di questo non ho prove, sono solo sensazioni – cogliendo l’occasione dell’aria particolare che si respira a Roma dal punto di vista politico. L’impressione è che il sindaco Marino sia destinato a cadere in tempi brevi; sono mesi che sembra si cerchi il ‘casus belli’ per liberarsi di un sindaco che ormai la sua stessa parte politica ritiene troppo ingombrante perché fa troppo di testa sua; e guarda caso, negli ultimi giorni è uscita fuori prima la strana vicenda dei permessi di sosta per la sua Panda al centro che non si sa che fine abbiano fatto; e poi esplode la questione di Tor Sapienza: la tempistica è talmente perfetta che non può non destare sospetti…

Qualcuno si chiederà perché ormai l’intero panorama politico romano vuole liberarsi di Marino… o meglio, perché la destra se ne voglia liberare è chiarissimo, un po’ meno chiare – forse – sono le motivazioni del suo stesso partito. Ora: su Ignazio Marino ne sono state dette tante, a torto od a ragione; naturalmente, Marino non è stato il miglior sindaco di Roma, ma manco il peggiore: è un anno e mezzo che sta dove sta, non è nemmeno a metà mandato ed un giudizio, se si vuole essere un minimo intellettualmente onesti, è del tutto prematuro. Il punto è che Marino non fa parte di nessuna delle conventicole della sinistra romana: è stato eletto alle primarie proprio perché gli elettori di sinistra ne avevano piene le palle dei giochetti di potere dei politici capitolini, perché la prospettiva di avere come sindaco Sassoli, arrivano fresco fresco dal Parlamento Europeo o  – peggio mi sento – Gentiloni (quello che adesso ha aggiunto alla sua collezione di poltrone quella di Ministro degli Esteri) sembrava ai più deleteria.

Marino, coi debiti distinguo, sembrava una sorta di ‘grillino infiltrato’ in seno alla sinistra romana… uno che dice le cose che pensa, uno non legato alle liturgie, uno non ammanicato coi palazzinari e via dicendo… il PD se lo è ritrovato, ed è stato costretto a tenerselo, ma dal momento in cui Marino è salito al Campidoglio, il suo stesso partito ha cominciato a remargli contro per toglierselo dai piedi. Quello che dà fastidio soprattutto al PD, è che Marino fa di testa sua senza chiedere nulla a nessuno: magari sbaglia, ma vivaddio non si fa imporre la linea da chicchessia… per questo, sono mesi che il PD sta brigando per levarselo dalle palle, e quello che è successo a Roma in questi giorni sta dando al PD romano l’occasione che aspettava: in parole povere:  al PD degli abitanti di Tor Sapienza non gliene frega un ca**o, gli frega usare qunato successo a Tor Sapienza per defenestrare Marino, per metterci magari al posto Zingaretti (il fratello di Montalbano), attuale Presidente della Regione Lazio, e dare il via al classico giro di poltrone; guarda caso, infatti, Zingaretti in questi mesi è stato zitto e buono, col classico atteggiamento ‘paravento’ di chi aspetta l’occasione giusta per farsi avanti: mai una parola sul sindaco di Roma, contro o a favore: Zingaretti è quello che fa lo gnorri proprio perché la sa lunga… non dice una parola, perché non vuole bruciarsi; non prende posizione, perché aspetta che qualcuno vada da lui col cappello in mano a chiedergli di fare il salvatore della patria. Va sottolineato peraltro che c’è una scuola di pensiero secondo cui Zingaretti potrebbe essere una sorta di anti-Renzi all’interno del PD, e la visibilità che gli darebbe la poltrona di sindaco di Roma gli tornerebbe molto utile.

Ignazio Marino probabilmente non riesce manco a fare tutto ciò che vorrebbe, perché ha contro non solo l’opposizione, ma anche il suo partito… in questa situazione secondo me si è venuta a creare una sorta di ‘santa alleanza’ contro il sindaco, che va da CasaPound al PD, tutti accomunati dal desiderio di liberarsi di Marino e rimettere in gioco le poltrone della capitale… e siccome a me le situazioni in cui tutti si coalizzano contro una persona sola mi danno il voltastomaco, allora io dico che proprio per questo Marino deve restare dove sta: la sola prospettiva di tornare ad elezioni e vedere salire al Campidoglio il fratello di Montalbano che parla con la zeppola o l’imprenditore Marchini o Giorgia Meloni a me dà la nausea. Ancora più nauseante, se possibile, è il fatto che per far fuori Marino stiano venendo strumentalizzate le legittime rivendicazioni di cittadini che hanno problemi incancreniti, la responsabilità dei quali è divisa più o meno equamente da chi ha preceduto l’attuale sindaco: i signori Rutelli, Veltroni ed Alemanno; però si scarica tutto su chi sta al Campidoglio da un anno e mezzo, solo perché sta sui co***oni ai ‘capi’ del PD romano…

L’impressione è comunque veramente brutta, e non mi meraviglierei se in Primavera si riandasse a votare per il Sindaco; tanto, dato che si voterà pure per il Parlamento, una scheda in più che vuoi che sia…

SINISTRA E ‘FIGURINE’

In tempi di spiccata personalizzazione della politica, non dovrebbe stupire né scandalizzare più di tanto che diversi partiti ricorrano a volti più o meno noti del mondo dello spettacolo o della cultura più ampiamente intesa per ottenere qualche voto in più: abitudine peraltro radicata nella politica italiana, basti pensare, andando molto a ritroso nel tempo, ai casi di Gino Paoli, dell’ex calciatore Massimo Mauro, o di Gerry Scotti… Iva Zanicchi non è certo una novità, dunque… C’è però qualcuno che stavolta si è superato: sto parlando della Lista Tsipras, infarcita di personaggi più o meno noti al ‘grande pubblico’, se non ‘di massa’ sicuramente degli elettori di sinistra che leggono Repubblica o L’Unità e che ascoltato Radio3… La lista comprende l’attore Ivano Marescotti, la giornalista e conduttrice radiofonica Loredanna Lipperini, il giornalista Curzio Maltese, l’attore Moni Ovadia, la scrittrice Lorella Zanardo…

Sembra un po’ il segno dei tempi e della confusione: in fondo quella di scegliere ‘facce’ piuttosto che ‘idee’ è una caratteristica tipica della destra: a destra c’è sempre stato principio per cui alla fine la storia la fanno ‘gli uomini’, c’è sempre stata la ricerca spasmodica di un ‘leader’ appresso al quale andare, che indicasse la strada; a sinistra è diverso:  almeno in linea teorica, la sinistra rifiuta l’idea dell’uomo ‘forte’, del ‘salvatore’, per dare la precedenza alle idee. Questo concetto di fondo ha avuto delle notevoli eccezioni: senza voler rivangare Stalin e ‘Il Migliore’ Togliatti, basta guardare a tempi più recenti, con la quasi santificazione di Berlinguer, persona onesta e modesta, che probabilmente avrebbe poco gradito questo continuo essere tirato in ballo ad ogni occasione;  nel corso degli anni questa fissazione per le ‘figurine’ si è sempre più radicata a sinistra… parlo di ‘figurine’ non a caso:  proprio Veltroni quando era direttore dell’Unità fece allegare al giornale le ristampe degli albi dei calciatori della Panini… nella sinistra italiana c’è sempre questa fissazione per i ‘pantheon di riferimento ‘, per i ‘volti’, per le ‘persone’… poi quando la politica si è fatta ancora più ‘personale’ tutto si è accentuato: negli ultimi la sinistra più che inquadrare meglio le proprie idee nel post-comunismo, è stata impegnata alla ricerca dei ‘salvatori della Patria’… forse perché in fondo è più comodo, affidarsi a ‘qualcuno’, per poi – come è puntualmente sempre successo – demolirlo a forza di critiche e di distinguo… è come se a sinistra prima si cercasse il ‘leader di riferimento’ e poi una volta trovatolo, lo si distruggesse, per dimostrare di non essere delle ‘pecore’ come i militanti di destra, che in effetti il leader se lo scelgono e se lo tengono per vent’anni per volta (è successo per Mussolini, per Almirante e poi per Berlusconi, in misura minore per Fini, con tutti i distinguo dei casi).

Questione del leader a parte, la tendenza della sinistra a trovare delle ‘figurine’ da presentare alle elezioni si è sempre più radicata negli ultimi anni, basta solo ricordare l’elenco dei giornalisti finiti sugli scranni del Parlamento italiano o di quello europeo: Santoro, Sassoli, Gruber… Ora ci prova, con Tsipras, Curzio Maltese, editorialista di Repubblica: sarebbe stato interessante chiedere cosa avrebbe pensato di tutto ciò uno come Montanelli, che nel Parlamento non ci sarebbe entrato manco se nominato Senatore a vita. Lo stesso discorso vale per Marescotti, Ovadia, Lipperini: c’è da chiedersi, nel caso fossero eletti, cosa farebbero? Rinuncerebbero, lasciando il passo a chi li segue in lista, o accetterebbero lo scranno? In entrambi i casi, ci sarebbe da obiettare: nel  primo avrebbero semplicemente accettato il ruolo di ‘specchietto per le allodole’; nel secondo, ci sarebbe da tirare in ballo la questione della competenza: ora, questo è un territorio spinoso, in cui qualunque partito o movimento si presenti alle elezioni potrebbe essere criticato (è di questi giorni addirittura la notizia dell’arresto di un candidato del Nuovo Centro Destra); è vero che spesso il Parlamento Europeo – almeno in Italia – è usato per sistemare trombati, amici, e quant’altro; però mi chiedo, veramente e con tutto il rispetto: ma Maltese, Ovadia, Marescotti e Lipperini che ci andrebbero a fare, al Parlamento Europeo? Ognuno certo nel suo campo è valido e competente, ma dubito fortemente che il cinema, il teatro o i libri siano temi di rilevanza europea: le politiche culturali sono spesso non solo nazionali, ma addirittura locali. Marescotti e Ovadia sarebbero probabilmente dei validissimi assessori alla cultura, ma al Parlamento Europeo non ce li vedo granché…

Tra le ‘figurine’ presentate dalla Lista Tsipras l’unica che forse ha le doti per l’incarico è Lorella Zanardo, anche se va detto che le sue battaglie contro l’abuso dell’utilizzo del corpo femminile nei media avrebbero più senso in Italia, dove in effetti è il caso di porsi la questione, piuttosto che su scala europea, dove il problema mi sembra meno pronunciato.

Tutto questo discorso per dire che secondo me, dopo essersi affidata alla ‘figurina’ di Ingroia alle ultime elezioni e aver preso una tranvata colossale, la sinistra italiana continua a perseverare nell’errore, pensando che volti noti possano portare un pugno di voti in più… mi chiedo se invece non sarebbe stato il caso di procedere ad una selezione tra iscritti e militanti, da effettuarsi online o ‘di persona’, selezionando persone dall’elevato profilo tecnico (suppongo che di esperti in questioni comunitarie, con conoscenza delle lingue straniere, se ne trovino anche a sinistra): sarebbe stato comunque un modo di azzerare tutto e ricominciare da capo, dalla base… invece, si ricorre all’album dell figurine. Vabbé, contenti loro.

IN BARCA COL PD

Ieri sera alla Festa del PD in corso nel mio quartiere, ho assistito ad un incontro con Fabrizio Barca: per chi non lo sapesse, Barca, Ministro per la Coesione Territoriale nel Governo Monti; conclusa quell’esperienza, si è iscritto al PD (il padre di Barca fu tra l’altro un famoso partigiano comunista e in seguito senatore e direttore dell’unità), lanciando un suo documento programmatico volto a ‘rifondare’ il Partito, o quanto meno a riportare al centro della linea politica i temi sociali, oltre a volerlo riorganizzare complessivamente. Barca ha pubblicato il suo documento online (io non l’ho letto, ma lo si trova abbastanza facilmente), indirizzandolo soprattutto alla ‘base’, e in seguito si è impegnato in un lungo ‘tour’ per presentarlo in tutta Italia.

A dire la verità, sono venuto via dall’evento di ieri con molti dubbi in più rispetto alla (apparente) convinzione che Barca mi aveva trasmesso in certe sue apparizioni televisive: il problema è che da una parte ci sono le analisi e le proposte, dall’altra però ci sono le ‘intenzioni’. Ora: sulle analisi Barca è fortissimo (e ci mancherebbe pure, visto il suo curriculum di studi e professionale), specie quanto riflette sul modo in cui la dirigenza del PD, specie quella di matrice comunista, appare frettolosamente aver buttato via ‘il bambino con l’acqua sporca’ dopo l’89, senza portarsi dietro ciò che di buono era insito nella ‘scuola’ comunista; altrettanto efficace è la su disamina della più recente esperienza dei laburisti di Blair, che lui reputa fallimentare nei risultati, anche se per certi versi efficace sul fronte di certi ‘strumenti’… l’attacco al ‘blairismo’ è ovviamente una critica implicita a Renzi… Sulle proposte, beh, c’è molto di sensato: l’idea di un partito la cui dirigenza recepisca costantemente i suggerimenti della base e allo stesso tempo un partito che dialoghi costantemente con l’opinione pubblica: discorso non nuovo e se vogliamo sostanzialmente banale, non fosse per il fatto che il PD di tutto ciò se n’è sbattuto (e continua a sbattersene), concentrandosi sulla lotta per la leadership.

Fin qui, tutto più o meno bene; il problema nasce sulle ‘intenzioni’: la domanda di fondo da porsi è: “ma cosa vuole Barca?”. Ora: ieri Barca ha affermato, testuali parole, di voler ricoprire il ruolo di ‘quello che rompe le balle’, ovvero, di quello che spinge il partito a parlare di idee, e non di nomi. In secondo luogo, a domanda precisa, Barca ha accuratamente evitato di esprimere qualsiasi commento sui candidati alla guida del PD, ribadendo che lui vuole che si parli di ‘idee’ (specie quelle presenti nel suo documento) e non di nomi… a un’ulteriore domanda, sulla sua possibile candidatura, ha risposto, più o meno: “ma vi pare che io, arrivato nel PD da qualche mese, ho l’arroganza di chiederne la leadership”? Discorso che reggerebbe pure, ma allora, viene da porsi una domanda: perché mai un ex Ministro, appena approdato nel PD, dovrebbe darsi la pena di scrivere un ‘documento’ programmatico che sostanzialmente sa tanto di ‘principi organizzativi di una nuova segreteria’ e si dovrebbe ammazzare di fatica per girare su e giù per lo Stivale a presentarlo, in un’attività che lui stesso ieri sera ha definito ‘quasi da campagna elettorale’? Qualcosa non torna.  Certo, c’è da credere alla buona fede fino a prova contraria, ma mi sembra abbastanza improbabile che Fabrizio Barca si sia fatto un mazzo così durante questi mesi solo per poi starsene seduto buono buono durante il prossimo Congresso e alzarsi solo per snocciolare il suo discorso… un conto è credere alla buona fede, un conto è passare per stupidi: insomma, la politica la conosciamo tutti: nessun politico quando fa un’affermazione, intende mai esattamente quello che ha detto, anzi… e io mi chiedo perché Fabrizio Barca dovrebbe essere diverso.

La mia impressione è che lui effettivamente non si candiderà, ma che tutto questo giro gli serva per costruirsi un consenso all’interno del Partito, da usare magari quando qualcuno gli chiederà di candidarsi: un pò come fece Veltroni, che dopo aver giurato e spergiurato che mai avrebbe guidato il PD, al primo soffiare di brezza si presentò ‘abile ed arruolato’ a ricoprire la carica (per inciso: Veltroni in Africa ancora ci deve andare). In realtà il ‘materiale’ c’è: perché se è vero che attualmente la gran parte della dirigenza del PD si è ormai accodata a Renzi, per puro opportunismo, la base Renzi lo detesta: ieri era chiarissimo l’umore di una platea di elettori e militanti che pendeva dalle labbra di Barca (il quale conoscendo i suoi polli, sapeva benissimo quali corde toccare), sperando che annunciasse di essere l’anti Renzi. La base del PD, almeno quella di tradizione di sinistra, ‘dura  e pura’ (a proposito, ieri gli under 40 si contavano sulla punta delle dita, e gli Under 30 erano più o meno non pervenuti, del resto Barca ha quasi 60 anni), Renzi non lo vuole: uno degli spettatori, intervenuto per una domanda, ha affermato che Renzi gli fa lo stesso effetto di una colonscopia… 😉 Ho l’impressione che lo scollamento tra una base che chiede una cosa, e la dirigenza che se ne sbatte i co***oni nel PD stia continuando a peggiorare; ecco perché Barca secondo me potrebbe anche avere uno ‘spazio di manovra’, con un colpo di teatro che potrebbe togliere di mezzo tutti i ‘nani’ (con tutto il rispetto per Cuperlo, Civati e gli altri) che rischiano di essere spazzati via dal sindaco di Firenze, con una postilla: non per nulla detto che Renzi e Barca debba esserci per forza un conflitto, anzi: secondo me Barca potrebbe tranquillamente fare il Segretario (a lui al momento secondo me interessa quello), mentre Renzi lo vedo molto più adatto a fare in candidato Premier… ma questa, al momento è fantascienza: l’unica cosa certa è che è difficile, molto difficile, che in occasione del prossimo congresso del PD, dopo tutta la fatica di questi mesi, Barca si accomodi in platea, assistendo silente al trionfo di Renzi.

VARIE ED EVENTUALI SU M5S E PD

1) Che le cose nel MoVimento non stiano andando come preventivato, è indubbio. Il risultato elettorale comunale è stato dipinto dalla stampa (tutta, con poche eccezioni) e dai ‘fini analisti’ (gente del calibro di Folli, Battista, Sorgi, Gruber, insomma ci siamo capiti), come un mezzo fallimento… tuttavia M5S resta il terzo partito in Italia e per conto mio il 15 per cento è un dato molto più vicino a quello ‘fisiologico’ di una formazione politica di questo tipo, rispetto alla valanga del 25 per cento delle politiche. Nonostante questo, le cose non stanno andando benissimo: certo la stampa ci mette del suo, la disinformazione impera, tutto il ‘sistema’ è volto alla distruzione di un MoVimento visto sostanzialmente come ‘estraneo’, non tanto alla ‘democrazia’, quando al ‘sistema’ dei partiti, che a sua volta si rispecchia in quello dell’informazione… la mia impressione è che però il MoVimento tutto questo doveva metterlo in conto, predisponendo le difese necessarie, cosa che non è stata fatta: si è caduti con tutte le scarpe nel ‘trappolone’. Che poi Grillo non potesse pretendere di controllare decine di parlamentari era nell’ordine delle cose; che tra questi ci siano dei ‘para**li’ è altrettanto fisiologico; fare processi sommari, che sanno tanto di comunismo vecchio stampo, di ‘tribunali del popolo’ è però una cretinata… A questo punto, meglio davvero lasciare la parola ai militanti su Internet.

2) Il PD è sempre lo stesso PD: gli basta vincere le elezioni e subito tutti si disinteressano di tutto e ricominciano i giochini di potere personale, miseri, squallidi, patetici e demenziali; mentre Berlusconi si ‘intitola’ i risultati del Governo (a guida PD) e anzi, rilancia certe idee come l osforamento del tetto del debito, il PD è tutto preso dalle proprie beghe di cortile: Epifani da ‘traghettatore’ si sta già trasformando in possibile candidato alla segreteria (il potere ingrossa l’ego), il resto è tutta una lotta tra renziani e bersaniani, con lo ‘smacchiatore’ che cerca di tornare in sella vaneggiando di improbabili alleanze coi ‘cinquestelle dissidenti’ (dei quali beninteso vuole solo i voti, che del loro programma gli frega poco o nulla), mentre gente come D’Alema e Veltroni è tornata a sgomitare per farsi spazio e ‘rampanti’ in età avanzata come Barca non s’è ancora capito cosa vogliano, mentre il Fonzie della Piazza della Signoria sembra vivere un momento di confusione… Il problema del PD non è comunque l’aumento dell’IVA (quello già ci pensa il prode Zanonato a confermarlo a priori): il vero problema è se il segretario del partito possa o meno coincidere col candidato Premier… Complimenti.

P.S. Nel frattempo Ingroia ci ha fatto sapere che finalmente ha deciso cosa fare da grande: abbandona definitivamente la magistratura per darsi anima e corpo al suo nuovo progetto politico: Azione Civile (che fantasia); ora, sapendo che finalmente l’ennesimo magistrato ha scelto definitivamente di andare alla ricerca di uno scranno parlamentare, dormiremo tutti più tranquilli.