È il 1942 quando, in un incidente mai del tutto chiarito, a Buggerru, paesino della costa ovest della Sardegna, un siluro vagante colpisce la banchina del piccolo porto, causando la morte di due bambini; se ne salva un terzo che però porterà per tutta la vita i segni dell’accaduto, sfociando nella follia.
Il ‘Ravot’ del titolo è lui, che Alek Hidell, al secondo Dario Licciardi, partito proprio da quel paesino per intraprendere una carriera da musicista e producer, ha conosciuto direttamente e a cui ha voluto dedicare questo lavoro.
Un concept album di elettronica ‘sperimentale ma non troppo’, che abbraccia una varietà di stili, umori e climi, pur rimanendo sempre sospeso sul filo dell’inquietudine, come se ci fosse sempre qualcosa di oscuro all’orizzonte, anche negli episodi più solari.
I synth la fanno da padrone, con esiti che ondeggiando tra suggestioni dello sperimentalismo anni ’70, momenti di rarefazione e ‘aperture’ che in alcune parentesi, per quanto alla lontana, possono ricordare Vangelis (l’impressione da ‘colonna sonora’ è ricorrente e forse prevedibile, vista la natura di ‘racconto per suoni’ del progetto) in un insieme sonoro in cui ampio spazio hanno i campionamenti, anche vocali.
Si passa da momenti in cui quasi si sfiora il ‘dancefloor’ (anche con quale suggestione africana) a parentesi di più profonda riflessione, e ci si lascia volentieri coinvolgere in questo tentativo di raccontare la vicenda di un ‘sopravvissuto’ e in qualche modo di entrare nel suo mondo interiore, irrimediabilmente sconvolto dalla tragedia.