Ambient synth drone movements: quando ci si trova di fronte a lavori poco incasellabili, ad esperienze sonore se vogliamo ‘difficili’, o semplicemente lontane dal consueto, a territori musicali ‘di confine’, non resta che affidarsi alla definizione che lo stesso autore dà della propria musica.
Dietro a Monologue si cela, Marie e Le Rose: artefice unica, autrice ed esecutrice di queste cinque composizioni, tutte – ad eccezione della conclusiva, ‘Indya (Caesura)’ senza titolo, contraddistinte solo da una sigla; più che una serie di brani, un flusso che si snoda lungo i circa 43 minuti di durata quasi senza soluzione di continuità che procede col passo lento e la consistenza viscosa di una colata magmatica.
Immaginate uno di quei documentari che si soffermano a lungo su paesaggi a prima vista immutabili, in cui i cambiamenti si succedono in maniera impercettibile; cercare ora di intuire come tutto ciò si possa tradurre nei suoni e forse potrete avere un’idea della proposta di MonoLogue… oppure, più semplicemente, andate al link del progetto e fatevi un’idea…
Lungo lo scorrere placido degli scenari sonori costruiti da synth, riverberi ed effetti vari si stagliano rarefatte linee melodiche, cori da monastero, sonorità che sembrano provenire da lontano oriente, suggestioni industriali, in un procedere talvolta ipnotico, a sfiorare territori onirici.
“The Sea From The Trees”, il mare dagli alberi: titolo evocativo per un lavoro dal quale ci si deve fare avvolgere, lasciando la mente libera di farsi suggestionare, immaginando.