Posts Tagged ‘surrealismo’

MODIGLIANI SOUTINE E GLI ARTISTI MALEDETTI

La Collezione Netter

Roma, Fondazione Roma Museo – Palazzo Cipolla, fino al 6 aprile

Ancor prima dei quadri, quello che stupisce di questa esposizione è la qualità della’scenografia’; non ci sarebbe magari da stupirsi più di tanto, forse: non è la prima volta, del resto: senza nulla togliere agli altri, c’è da sottolineare come le mostre allestite presso la Fondazione Roma Museo abbiano sempre un occhio particolare per l’allestimento, quell’attenzione al ‘particolare’ che finisce per dare allo spettatore quel ‘quid in più’ rispetto ad altre situazioni. Entrando nella mostra dedicata alla scena parigina del primo ‘900 si viene introdotti in un ambiente raccolto, quasi in penombra, con una luce vagamente crepuscolare che mette ancora più in risalto le luci e i colori,  spesso sgargianti, delle opere esposte.

Le donne dallo sguardo enigmatico e i tratti quasi metafisici di Modigliani e i panorami vertiginosi di Soutine, dove lo scenario sembra quasi dilavare, precipitare nel vuoto, ma non solo; l’epopea artistica di Suzanne Valadon e le luci quasi abbaglianti di suo figlio Maurice Utrillo; i quadri di Maurice de Vlaminck, sui cui aleggia un’ombra di inquietudine, i colori brillanti di Derain, e ancora opere di Henry Hayden, Isaa Antcher, Moise Kiesling e altri offrono un quadro d’insieme di una scena che risentiva delle molteplici influenze degli anni precedenti, tra Impressionismo ed Espressionismo, coi primi cenni di astrattismo e surrealismo, tra enigmi ed inquietudini.

Una mostra che affascina e non annoia, grazie alla grande varietà e alternanza di soggetti e stili, che tiene costantemente viva l’attenzione; il prezzo del biglietto include l’audioguida gratuita, che assieme alle riflessioni su alcune delle opere esposte, raccoglie alcuni aneddoti raccontati dalla voce di Corrado Augias… personalmente comunque la sconsiglierei, non tanto per Augias, quanto per il fatto che girare con una cuffia nelle orecchie, l’audoiguida in mano e fare attenzione alle spiegazioni, fatalmente finisce per distrarre l’attenzione dalla osservazione e dalla suggestione dei quadri.

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LOUISE NEVELSON

MUSEO FONDAZIONE ROMA – PALAZZO SCIARRA

FINO AL 21 LUGLIO. I GIORNI 6 e 7 LUGLIO INGRESSO GRATUITO

Poco conosciuta dal grande pubblico di casa nostra, Louise Nevelson è uno dei ‘grandi nomi’ dell’arte della seconda metà del XX secolo; uno status cui è assurta dopo una vicenda umana e artistica non sempre facile. Nata in Russia, ma trasferitasi giovanissima assieme a tutta la famiglia negli Stati Uniti, fino agli anni ’50 Louise Nevelson ha vissuto gli stessi problemi di tutte le donne artiste della sua generazione, costrette a farsi largo in un mondo tipicamente maschile e maschilista; solo nella seconda parte del secolo, con l’evoluzione dei costumi e il riconoscimento a livello globale della sua opera, l’artista è riuscita a superare certi steccati, raggiungendo anche una certa popolarità nella madrepatria, grazie alle sue amicizie nel mondo dello spettacolo e della politica che ne hanno fatto un volto conosciuto anche presso i ‘non addetti ai lavori’.

La mostra in corso (ancora per poche settimane), presso la Fondazione Roma, in quel di Palazzo Sciarra (percorrendo via del Corso, poco prima di Galleria Colonna per chi viene da Piazza Venezia) rappresenta dunque un’occasione più unica che rara per conoscere l’opera di una delle grandi voci artistiche del secolo scorso. Tuttavia, in questa ancor più che in altre occasioni del genere è d’obbligo sottolineare l’avvertenza tipica di questo tipo di mostre: non sperate di trovarvi di fronte ad opere ‘intellegibili’. Louise Nevelson riprende da un lato la lezione cubista e dell’altro quella dada-surrealista del riutilizzo di materiali e oggetti di uso comune in altro contesto: la sua opera si è perlopiù snodata attraverso assemblaggi in legno, composti di parti di oggetti di uso comune montati su pannelli e dipinti nella stragrande maggioranza dei casi in nero.

L’esposizione di Palazzo Sciarra non poteva così che riproporre questo concetto, mostrando una teoria di opere di varie dimensioni: il nero è il colore dominante, ma vi è spazio per qualche opera in bianco, oro o su cui è applicata la tecnica del collage; gli assemblaggi in legno riempono la stragrande maggioranza del percorso espositivo, ma vi è spazio anche per qualche scultura dal sapore ‘ancestrale’ (l’arte precolombiana è stata un’altra grande fonte d’ispirazione per l’artista), un pugno di disegni, un trittico di serigrafie.

Talvolta, le esposizioni di arte contemporanea hanno un ‘quid’ di attrattivo anche per chi non è ‘amante’ del genere: spesso le l’originalità delle ‘trovate’ e delle ‘invenzioni’, l’estro artistico sopperiscono alla sottile perplessità che accompagna costantemente la visione di certe opere; tuttavia, non è proprio questo il caso: anzi, viene da dire che l’esposizione si rivela veramente ‘utile’ soprattutto per chi i più avvezzi al ‘genere’, che quindi possono accettare di buon grado di trovarsi davanti ad una serie di opere attenzione ‘non tutte uguali’, ma che piuttosto usano tutte la medesima tecnica e i medesimi materiali, con l’ulteriore ‘appesantimento’ di un monocromatismo che alla lunga può stancare…

Per chi ha tempo e voglia, può comunque costituire un elemento non indifferente di attrazione il fatto che i prossimo 6 e 7 luglio l’ingresso sarà gratuito: un’opzione vivamente consigliata soprattutto a chi in genere non bazzica filoni artistici di questo tipo.

DALI’ UN ARTISTA UN GENIO

Roma – Complesso del Vittoriano, fino al 1 Luglio 2012

Una mostra che fin da subito è stata definita ‘un evento’, e stavolta senza esagerare, visto che a prendere il puro dato ‘anagrafico’ era una sessantina d’anni o giù di lì che Roma non assisteva a una personale di Dalì di queste dimensioni. L’esposizione è introdotta da una bella galleria di ritratti fotografici realizzati da Philip Halsman, che fin da subito mettono in risalto il lato più ironico dell’artista, ulteriormente evidenziato dalla successiva ‘anticamera’, in cui in vari brevi video è lo stesso artista a presentarsi. L’esposizione vera e propria è divista in tre segmenti: nel primo, si indaga il rapporto che ha a lungo e in varie fasi legato Dalì all’Italia, con i quadri densi di simbolismo che riprendono l’arte classica, piuttosto che l’opera di Raffaello o Michelangelo. Lo spettatore viene poi gettato nel labrinto di simboli surrealisti dell’autore, con uno dei celeberrimi quadri all’insegna degli ‘orologi squagliati’, o il celeberrimo ‘Spellbound’ , utilizzato da Hitchcock nella scenografia del film omonimo (l’italiano “Io ti salverò”). La terza e ultima sezione è invece dedicata ai progetti che Dalì ha portato avanti parallelamente alla pittura: ecco esposti ad esempio i costumi realizzati per l’allestimento di “Rosalinda o Come vi piace” diretto da Visconti, i costumi ideati in occasione di una festa organizzata in occasione di uno dei tanti Carnevale veneziani; ancora, vari oggetti di design, fino ad una Vespa autografata a un paio di ragazzi che nel corso di una vacanza estiva erano passati a rendergli omaggio.
L’esposizione dà modo al visitatore di conoscere anche alcuni lati meno conosciuti dell’opera di Dalì, attraverso i bozzetti realizzati per alcune edizioni di una “Vita” di Cellini e per il “Don Chisciotte”, poi pubblicato in Italia negli anni ’60 dalla rivista “Tempo”. La mostra è conclusa dal breve cartone animato che, abbozzato da Dalì assieme a Walt Disney per “Fantasia”, è stato effettivamente realizzato solo nel 2004, affiancato da un’esilarante storia disegnata per Topolino dal grande Giorgio Cavazzano, in cui Topolino, Pippo e Paperino compiono un viaggio delirante nell’universo surrealista dell’autore. La mostra è dunque di quelle da non perdere, arricchita da numerosi contributi video provenienti dalla teche RAI, ma soprattutto corredata da un apparato editoriale come raramente se ne vedono in queste occasioni: ogni opera accompagnata da alcune note esplicative che aiutano lo spettatore a orientarsi trai simboli dell’arte di Dalì, ovviamente, come sempre avviene nel caso di questo tipo di arte, lasciandolo libero di darne la personale interpretazione.

“Autoritratto con pancetta”

“Angelus (Inspirat en Millet)”

“La Madonna di Port Ligat”

“Dematerializzazione vicino al naso di Nerone”

 

“Progetto per Spellbound”