Di loro lasciano trapelare poco o nulla, se non nomi e cognomi: il loro disco (d’esordio, si suppone) esce per la Skank Bloc, etichetta italiana ‘emigrata’ in Svizzera. Per il resto, nient’altro, o quasi. Comunque, i tre Professionisti sfornano un lavoro che molto deve al classico canzoniere italiano, quello degli anni ’60, per intenderci: non è un caso se il lavoro si apre con un pezzo intitolato ‘Che cosa c’è’, in un omaggio esplicito a Paoli, che però nel testo trova uno svolgimento meno lineare, ai confini del flusso di coscienza, del nonsense.
Una vena che nel corso del disco si farà ricorrente, ad accompagnarci al succedersi di suggestioni sonore che vanno dal reggae a profumi di bossa fino al country, complice il frequente uso dell’armonica.
Un lavoro che ai ’60 deve anche molta della sua componente più propriamente rockeggiante, con rimandi ai climi scanzonati del beat e, a chiudere il ciclo tornando a parlare dei testi, per un certo modo di tradurre il quotidiano in toni apparentemente leggeri, con una vago tono surreale, tra un aperitivo che si riempe di pioggia, scassinatori romantici e un benzinaio blues.
L’esito è ambivalente: il gioco è gradevole, i suoni di fattura più che discreta, notevole il tentativo di dare al lavoro un certo dinamismo tentando di cambiare più volte le carte in tavola, la scrittura pur se un pò acerba, non priva d’interesse; eppure nonostante tutto questo il disco perde fin troppo presto la propria presa, privo di quel ‘quid’ che gli permetta di piantare le tende nel lettore per non uscirne più; un ‘qualcosa’ che forse potrà derivare solo dall’ulteriore maturazione di un gruppo che sembra avere discrete potenzialità da realizzare.
IN COLLABORAZIONE CON LOSINGTODAY