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CARCERI: DUE O TRE IDEE PER RISOLVERE LA SITUAZIONE

Ciclicamente in Italia si parla della situazione da terzo mondo delle carceri; lo si fa per lo più per due motivi: perché i radicali lanciano referendum e Pannella fa lo sciopero della fame e perché dall’UE arrivano in continuazione condanne sulla questione: ciclicamente si afferma che il problema va risolto (del tema si è occupato a più riprese anche Napolitano, prima di gettare la spugna di fronte all’inettitudine dei partiti), ma poi si propongono misure ‘di facciata’ che il problema non lo risolvono… il fatto è che il tema è poco sentito dai cittadini: la ‘vulgata’ secondo cui ‘in carcere si sta bene, c’hanno pure la tv’ è ancora diffusissima, radicata e dura a morire… e i partiti appresso… In questi giorni si parla pomposamente dell’ennesimo decreto battezzato come ‘svuotacarceri’: poi vai a vedere i dati e ti accorgi che qui non viene svuotato un bel niente, perché si parla più o meno di 4.000 detenuti quando in Italia bisognerebbe diminuire la popolazione carceraria di almeno 20.000 unità. I radicali continuano a proporre l’amnistia, tuttavia ho l’impressione che se prima non mutano i presupposti, l’amnistia serva a poco… i radicali certo hanno ragione da vendere quando dicono che attualmente esiste già un’amnistia ‘mascherata’: quella di chi, grazie alle proprie risorse economiche può permettersi avvocati che rinviano i processi alle calende greche, avvalendosi poi della prescrizione: è insomma il solito discorso della galera dove vanno solo i poveracci. Il problema però secondo me è un altro: poniamo il caso che abbiate lasciato il rubinetto del lavandino aperto e che l’acqua stia debordando. Cosa fate? La logica vuole che prima si chiuda il rubinetto e poi si faccia defluire l’acqua; si può fare ovviamente il contrario, se si riesce  a togliere più acqua di quanta ne esca dal rubinetto, ma ci si mette di più e nel frattempo di acqua se ne sprecano a litri. L’amnistia, l’indulto, vanno benissimo, ma se non si risolvono prima i problemi alla base del sovraffollamento, c’è il rischio che in pochi mesi si torni al punto di partenza, come peraltro è già successo, visto che la percentuale di ‘recidività’ degli ‘indultati’ o ‘amnistiati’ è elevatissima: chi esce, privo magari di una qualsiasi prospettiva, torna presto a delinquere e dunque è destinato a rientrare presto in carcere.

Per conto mio, ci sono due grandi aree di intervento dove agire: la prima, è la revisione delle leggi riguardanti la droga e l’immigrazione clandestina. Sono i due provvedimenti che, a detta di tutti, hanno provocato la crescita fuori controllo del numero dei carcerati; ora, io non conosco benissimo i due provvedimenti, ma ho l’impressione che siano eccessivamente punitivi: il drogato è un malato, e in galera ci dovrebbe andare solo se nuoce al prossimo; se vieni pescato in possesso di droga dovresti andare in comunità (a meno che tu non ne abbia un quantità abnorme, il che significa che spacci e allora dritto in galere); se però sotto l’effetto della droga scippi e rapini o ti metti al volante e investi una persona, allora commetti un reato e vai in galera. Per quanto concerne l’immigrazione clandestina, ancora peggio: perché qui siamo di fronte a dei poveracci che sono solo entrati illegalmente in Italia, magari sono bravissime persone che poi però vengono buttate in galera e ‘dentro’ diventano dei delinquenti; la soluzione? Riformare il sistema dei centri di accoglienza, creando una rete a sé stante che risponda alle esigenze dei clandestini (evitando ovviamente che tali strutture si trasformino in galere a loro volta).

La seconda area di azione è quella della carcerazione preventiva: i dati ci dicono che un’enorme porzione dei carcerati è in galera in attesa di giudizio; una situazione che, è del tutto evidente, è fuori da ogni legalità… Io capisco i famosi tre parametri che conducono alla custodia cautelare (pericolo di fuga, reiterazione del reato, inquinamento delle prove), ma cui siamo proprio ‘oltre’: la stragrande maggioranza dei detenuti in attesa di giudizio potrebbe benissimo trascorrere il periodo di attesa del processo ai domiciliari, evitando di affollare le carceri; in galera ci si deve andare se il reato di cui si è accusati è particolarmente grave (che ne so, mafia, terrorismo, evasione fiscale milionaria), altrimenti la carcerazione preventiva (che a volte si può protrarre per mesi o anni) diventa una sorta di ‘pena scontata ex ante’: e se poi chi ha scontato la carcerazione preventiva viene assolto? Chi glieli ridà i giorni persi? 

Insomma, si proceda su questi due ‘filoni’, si approvino modifiche a queste leggi per creare delle basi solide che evitino il ripetersi del problema alla radice; dopodiché si ‘resetti’ tutto con l’amnistia o l’indulto, ripartendo così da zero; e, approfittando del minore ingolfamento dei penitenziari, si proceda magari a un piano di ristrutturazioni e aperture di nuove strutture: una megalopoli come Roma ha solo due carceri, uno dei quali – Regina Coeli – si trova nel pieno centro cittadino avvia a diventare una sorta di ‘monumento nazionale’: per conto mio andrebbe chiuso e destinato ad altra funzione… 

Non sono un giurista, né un appassionato di diritto, ma queste non mi sembrano soluzioni che richiedano un grande profilo tecnico – giuridico: mi sembra piuttosto che si sia nell’ambito del semplice buon senso… una cosa che sembra essere mancata agli ultimi Ministri della Giustizia e ai partiti che li hanno collocati in quella funzione.

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CHI SARA’ IL NUOVO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA?

A una settimana dall’avvio dell’elezione del Presidente della Repubblica, tento di fare il punto della situazione; di nomi ne circolano tanti… pure troppi: vediamo di fare un pò d’ordine.

MONTI, ovvero: ‘dalle stelle alle stalle’ (o quasi, naturalmente con tutto il rispetto). A novembre la strada appariva chiara e ben delineata: Monti al Quirinale, uno dei suoi Ministri ‘tecnici’ (Passera o Riccardi i più gettonati) a capo di un Governo sostenuto da PD, PDL e centristi; poi, tutto all’aria: Berlusconi molla Monti, con questo privandosi dell’unica personalità del ‘mondo moderato’ che avesse una concreta possibilità di raggiungere la Presidenza; Monti dal canto suo per ripicca ‘scende in campo’, togliendo ai moderati voti preziosi e contribuendo all’attuale fase di stallo. Nonostante questo, Monti probabilmente resta ancora il Presidente più gradito ai ‘mercati’, alla Banca Mondiale, all’FMI, all’UE, alle agenzie di rating e alla Germania, che lo vedono ancora come il salvatore dell’Italia e dell’euro; difficile, molto difficile però che Berlusconi e Bersani cambino ancora una volta bandiera, appoggiando la sua elezione, e dando l’idea di un sistema politico italiano che piega ancora una volta la testa ai ‘desiderata’ di oltreconfine.

AMATO, D’ALEMA, VIOLANTE, ovvero: ‘quelli di sinistra graditi alla destra’ (e chiediamoci il perché…); ognuno a suo modo sarebbe un nome ‘plausibile’, ma per ognuno sembra difficile soprassedere a certi ‘difetti di base’: Amato è a tutti gli effetti un residuato della Prima Repubblica, D’Alema è sommamente antipatico a gran parte degli italiani, a cominciare proprio da quelli di sinistra, che non gli perdonano l’atteggiamento giudicato troppo ‘morbido’ nei confronti di Berlusconi, problema che condivide con Violante, che nonostante il passato in magistratura e nella commissione antimafia e la Presidenza della Camera, non sembra abbia il ‘phisique du role’ per arrivare al Quirinale.

MARINI, ovvero: ‘quello che in mancanza d’altro è perfetto per il ruolo’ (pure troppo); a ben vedere le caratteristiche per la Presidenza le ha tutte: una prima carriera nel mondo del lavoro (diventanto un leader sindacale di primo piano), poi il passaggio in politica, arrivando fino alla Presidenza del Senato. ‘Una vita da mediatore’, si potrebbe dire, parafrasando Ligabue: teoricamente è la migliore scelta possibile, se si vuole un Presidente ‘facilitatore’ che crei le condizioni per un Governo PD-PDL. Giocano a suo sfavore l’età (non so se gli italiani dopo Scalfaro, Ciampi e Napolitano gradirebbero un altro Presidente ottuagenario) e il fatto di essere finito sostanzialmente fuori dalla scena politica dopo le ultime elezioni, che gli darebbe l’aria di quello che, uscito dalla porta, viene fatto rientrare dalla finestra.

PRODI, ovvero: ‘il sogno del PD e di Bersani’: due esperienze di Governo e soprattutto un corposo cursus honorum all’estero, culminato con la Presidenza della Commissione Europea; ineccepibile sotto il profilo istituzionale, ha il suo punto debole nel suscitare giudizi opposti in Patria: Napolitano pur essendo un ex comunista, godeva del riconoscimento anche dalla parte opposta; Prodi è un nome che ancora oggi divide, soprattutto per la gestione del tasso di cambio euro – lira che in molti considerano una sconfitta e un cedimento nei confronti della Germania.

LETTA – BERLUSCONI I ‘sogni del PDL… e di Berlusconi’: detto che le possibilità che il Cavaliere diventi Presidente della Repubblica sono le stesse che ha la Roma di vincere lo scudetto, Letta resta ad oggi l’unico nome di una certa ‘serietà’ che può presentare il PDL; tuttavia Letta non è un politico di carriera, né un ‘tecnico’ di rango: è semplicemente un ex giornalista e direttore di giornale che poi per gran parte della sua vita è stato il principale consigliere politico di Berlusconi: basta questo per portarlo alla Presidenza della Repubblica?

RODOTA’ – ZAGREBELSKY sono i due nomi principali sui quali potrebbe esserci una convergenza PD – M5S come già avvenuto in occasione dell’elezione dei Presidenti delle Camere; condividono il fatto di essere giuristi di primo livello, e quello di essere stati sempre in prima linea nella denuncia dei ‘rischi di autoritarismo’ del Governo berlusconiano (a proposito, sottolineerei come proprio loro, visti come paladini della democrazia, siano i preferiti da parte di attivisti ed elettori del MoVimento Cinque Stelle, da altri accusato esplicitamente di essere una formazione di stampo fascista). Rodotà ha forse qualche possibilità in più, perché più conosciuto al grande pubblico e per aver tenuto negli anni un atteggiamento forse un filo meno militante.

BONINO, ovvero: ‘il jolly’, il nome sul quale potrebbero trovarsi d’accordo veramente tutti (e questo già la mette potenzialmente fuori gioco), se il principio fosse quello del ‘usiamo l’elezione del Presidente della Repubblica per lanciare un segnale di cambiamento all’elettorato’ . Donna e radicale, più volte Ministro, Emma Bonino unisce la popolarità trasversale in Italia (superiore a quella di Prodi) ad un ampio riconoscimento a livello internazionale, dove ha ricoperto incarichi sia all’UE che all’ONU. Emma Bonino al Quirinale sarebbe un sogno che appare troppo, troppo bello per poter diventare realtà e i sogni si sa svaniscono all’alba. Potrebbe avere possibilità concrete se non si limitasse a prendere voti sparsi, ma se divenisse la candidata ufficiale del M5S, o del PDL che potrebbe fare il suo nome per il solo gusto di mettere i bastoni tra le ruote a Prodi.

ALTRI: Di nomi ne sono stati fatti tanti: per il PDL, quelli di Pera o Martino, ma appaiono nomi buttati lì ‘tanto per’; qualche chance in più potrebbe avere Anna Finocchiaro per il PD (che potrebbe anche giocarsi le carte Veltroni o Bindi, dei quali, stranamente, negli ultimi tempi non si parla granché); bisognerà poi vedere cosa farà il MoVimento Cinque Stelle, presso il quale i nomi più gettonati sarebbero quelli di Rodotà, Zagrebelsky e Bonino, cui si aggiungo ipotesi più fantasione come quelle di Strada o Gabanelli; si sono fatti i nomi di De Rita, Presidente del Censis, o delle ex Ministre montiane
Severino e Cancellieri, di Onida, uno dei ‘dieci saggi’ di Napolitano; il mondo della cultura vedrebbe bene il professor Salvatore Settis, in un Paese che solo su cultura, scienza e ambiente può fondare la propria ripresa; sono stati ipotizzati i nomi degli attuali Presidenti delle Camere, Grasso e Boldrini.
Mi unisco anche io al gioco, buttando lì i nomi, da completa fantascienza, del Nobel Carlo Rubbia e dell’archeologo Andrea Carandini, per il discorso che l’Italia non può non ripartire da scienza o cultura.

Emma Bonino è indubbiamente il nome migliore, che unisce prestigio internazionale a una certa ‘popolarità’ tra gli italiani… i partiti per una volta potrebbero fare uno strappo alla regola e considerare anche gli umori che circolano fuori dal Palazzo, con un atto di ‘riconciliazione’ e diciamocelo anche di immagine; altrimenti ho l’impressione che la Presidenza se la giocheranno Prodi o Marini: il primo, se il PD forzerà la mano per non dare l’idea al proprio elettorato di ‘inciuciare’ col PDL; il secondo se, viceversa, lo stesso PD sceglierà, per quieto vivere non ‘fare tutto da solo’ e scegliere un Presidente che agisca da ‘facilitatore’ nei rapporti col PDL, anche se a ben vedere lo stesso ruolo di ‘pontiere-pompiere’ potrebbe essere coperto efficacemente anche da Emma Bonino.

IL MIO VOTO AI RADICALI

Non sono mai stato un elettore da ‘scelta fissa’: non so perché, ma non mi sono mai identificato con un solo Partito, il mio voto ideale andrebbe a un ‘Frankenstein’  che condividesse parti dei programmi di vari partiti… fortunatamente in mio aiuto è spesso arrivato il fatto che in occasione delle elezioni ti vengono recapitate almeno due schede, quando non di più e allora posso ‘spalmare’ il voto trai miei preferiti. Ordunque si vota tra tre settimane circa (sembrano poche non sono nulla) e sono ancora abbastanza indeciso sulle scelte da fare; tuttavia una decisione l’ho presa: alle regionali del Lazio voterò per il candidato del Partito Radicale, ovvero della Lista Amnistia, Giustizia e Libertà, Giuseppe Rossodivita; il motivo è presto detto: qualche giorno fa gli ex consiglieri regionali radicali del Lazio hanno restituito 360.000 euro di fondi avanzati dalla precedente legislatura. Credo che mai come oggi, al netto di programmi, alleanze, ideali, valgano gli esempi concreti:  lo scandalo dell’uso dei fondi erogati ai gruppi consiglieri del Lazio è qualcosa che grida vendetta e dovrebbe far vergognare innanzitutto chi nel Lazio ci abita; allora, ben vengano gli esempi: se da un lato c’è chi ha usato denaro pubblico per comprarsi case e macchine organizzare pranzi e feste incentrate sull’antica Roma, dall’altra c’è chi restituisce ciò che è avanzato, peraltro portando resoconti particolareggiati di come è stato speso il resto; non stupisce che l’iniziativa provenga da coloro che il verminaio hanno scoperto, gli stessi che il candidato Presidente della Regione del PD non ha voluto candidare in virtù di un ‘principio del rinnovamento’ tutto da vedere, al quale si sarebbe potuto benissimo derogare nel caso di chi ha contribuito a portare alla luce il malaffare… Quindi scelto di votare radicale, anche perché il passato del candidato del MoVimento Cinque Stelle (la mia prima scelta iniziale) è troppo caratterizzato politicamente da una militanza in Rifondazione Comunista: non che ci sia niente di male, ma se il MoVimento afferma di voler candidare chi non ha mai fatto politica, poi non mi può presentare uno che è stato attivista di un partito. Il voto alle regionali è dunque deciso, adesso devo decidere chi votare alle elezioni per il Parlamento…

FIRMATE PER I RADICALI

Sui Radicali, lo so, si può o meno dissentire: anche in occasione dello sciopero della fame e della sete di Pannella qui si sono confrontati pareri diversi sul senso e sull’efficacia delle loro iniziative e dei loro ‘strumenti di lotta’. Ieri poi è arrivata questa ‘bomba’ di una ‘trattativa’ in corso tra Pannella e Storace per le regionali del Lazio,che peraltro ha provocato una frattura nel partito, con Emma Bonino a capo di coloro – e sono tanti – che sono nettamente contrari all’ipotesi. L’idea peraltro non stupisce più di tanto: una delle linee – guida dei Radicali è sempre stata quella di salire su qualsiasi ‘autobus’ gli aprisse le porte, senza starsi tanto a preoccupare del ‘colore politico’ o della mancanza di coerenza: il fine di entrare in Parlamento a difendere le proprie rivendicazioni, giustifica sempre i mezzi… anche se, devo dire, un apparentamento con Storace sarebbe molto duro da mandare giù anche per me, che ho sempre compreso, non sempre condividendo, il metodo… In questi giorni però c’è un tema più urgente, che supera ogni questione: i radicali sono nuovamente impegnati nella strenua lotta per poter presentarsi alle elezioni, stavolta raccogliendo le firme per la lista ‘Amnistia Giustizia Libertà’. Ora: si può essere o meno d’accordo coi radicali, con le loro strategia politiche, con le loro lotte (in questo caso, con l’amnistia), ma credo non si possa negare l’importanza della loro presenza in Parlamento: i radicali (e questo è il motivo per cui spesso li ho votati) sono gli unici ad aver sempre mantenuto una certa coerenza, gli unici ad aver sempre, testardamente continuato a rompere le scatole su questioni che tutti gli altri trovano in genere molto facile sorvolare. Ricordiamoci che, per limitarci ai tempi più recenti, sono stati i radicali a scoperchiare il verminaio dei finanziamenti ai gruppi politici nella Regione Lazio, o a denunciare lo scandalo delle firme false di ‘Firmigoni’. I radicali le cose le fanno sempre a norma di legge, in modo che nulla gli possa essere contestato: ecco perché per loro è sempre più difficile che per altri raccogliere le firme; c’è chi trova più rapido e facile scrivere firme a cavolo, sicuro dei controlli poco accurati e chi preferisce rispettare la legge a priori. C’è chi preferisce rendicontare tutte le proprie spese e chi preferisce gestire allegramente il denaro pubblico, sicuro dell’impunità… la differenza trai radicali e gli altri è tutta qui; per questo, credo che a prescindere da come la si pensi sui radicali, si debba contribuire alla loro possibilità di presentarsi alle elezioni, dopodiché si può scegliere o meno di votarli, ma l’importante è che questa scelta ci sia. Per chi vuole, qui è possibile consultare l’elenco dei tavoli dove è possibile firmare:

http://www.amnistiagiustizialiberta.it/

DOMANI AVVENNE

Febbraio – Marzo 2013. Elezioni: si vota col ‘porcellum’  PD primo partito, MoVimento 5 Stelle al secondo posto; nelle elezioni locali, il MoVimento conquista Roma e la Regione Lazio. Entrano in Parlamento PD, MoVimento 5 Stelle, PDL, Sel e Lega; ce la fa per il rotto della cuffia anche la lista messa insieme da Casini, Fini e Montezemolo. Il PD offre qualche seggio anche ai ‘reduci’ dell’IDV, a Emma Bonino e altri due radicali. Napolitano  dà l’incarico a Bersani, che forma un Governo assieme a Sel con l’appoggio esterno dei centristi.  Il PDL, dopo il ritiro di Berlusconi  e la vittoria di Alfano alle primarie, vede l’ascesa di Giorgia Meloni.

Aprile – Maggio 2013. Monti viene eletto Presidente della Repubblica; Casini e i suoi passano all’opposizione, il Governo è sempre più in difficoltà, anche a causa dei parlamentari centristi del PD; il MoVimento Cinque Stelle riesce a fare passare una serie di provvedimenti in tema di ambiente e banda larga.

Giugno. Crisi di Governo: dopo una serie di bocciature in aula, Bersani dà le dimissioni; Monti offre l’incarico all’ex Ministro Riccardi, che riesce a formare un Governo con l’appoggio di PD, PDL, centristi, Sel e Lega; unico partito di opposizione, il MoVimento Cinque Stelle.