La speranza è l’ultima a morire, ma alla fine non c’è da stupirsi se il referendum sia fallito.
Se il quorum non viene raggiunto, significa una cosa sola: che il tema del referendum a quasi il 70 per cento degli elettori interessava poco o nulla.
Non è solo la questione della ‘tecnicità’ del referendum, né degli inviti al non voto; il problema di fondo è che la maggior parte degli italiani è più o meno totalmente priva di una coscienza ambientale.
A parte il fatto che non si vede perché un elettore debba rinunciare ad andare a votare perché un referendum è ‘troppo complicato e tecnico e queste cose deve deciderle il Parlamento’: poteva essere vero una volta; oggi, con Internet, era possibile informarsi, capire le ragioni del ‘Si’ e del ‘No’ e farsi un’opinione; uno potrebbe anche pensare che i cittadini si siano comunque informati, decidendo di abbracciare le ragioni del ‘non voto’; possibile, ma secondo me improbabile, se si pensa al livello di consapevolezza e coscienza ambientale dell’italiano ‘medio’.
Diciamocela tutta: molti italiani, specie i più anziani – e l’Italia è una Nazione di vecchi – hanno grosse difficoltà a raccogliere la cacca del loro cane; fanno la raccolta differenziata di malavoglia, spesso e volentieri solo se non c’è altra strada e quando possibile non la fanno proprio; se trovano un cassonetto pieno, buttano la spazzatura lì dove capita; se trovano un volantino sul parabrezza dell’auto, lo accartocciano e lo buttano per terra; abbandonano sui marciapiedi materassi, frigoriferi, mobilio assortito.
Allora ‘perché meravigliarsi?’ diventa una domanda scontata dalla risposta ancora più banale, rispetto al fallimento di un referendum che, considerando il livello di alfabetizzazione ambientale della maggior parte degli italiani, era obbiettivamente complicato.
Il tema non interessa, né appassiona: la campagna referendaria è servita forse ad accrescere la consapevolezza che al largo delle coste dell’Adriatico sorge una serie di potenziali ‘bombe ecologiche’: che finora non sia successo nulla è affermazione veritiera, ma che non elimina i rischi, anzi: l’esperienza e la statistica ci dicono che ovunque sono sorte piattaforme di trivellazione, prima o poi qualcosa di grave è successo: non è questione di sé, ma di quando…
Poi vabbé, ognuno ha detto la sua: ho sentito parlare di inutilità del referendum, del fatto che ‘a prescindere’, quelle piattaforme sarebbero comunque restate attive per trent’anni e passa… Aggiungiamoci pure che, anche se avesse vinto il ‘Si’, prima o poi qualcuno avrebbe surrettiziamente cercato di inficiare il risultato con leggi ad hoc, come è sempre successo in Italia ogni volta che i referendum hanno dato risultati indesiderati, come sta succedendo per la privatizzazione dei servizi idrici, tra l’altro.
Il referendum quindi forse non era nemmeno importante in sé e per il risultato che avrebbe offerto: il referendum invece ha offerto un ottimo quadro della coscienza ambientale degli italiani, e il risultato è ineccepibile: alla maggioranza degli italiani dell’ambiente non gliene frega nulla; viene da pensare di cosa gli freghi: sostanzialmente, del portafoglio: anche il referendum sull’acqua è stato ‘vinto’, non per la questione ‘di principio’ dell’acqua pubblica: è stato vinto perché la maggioranza degli italiani ha avuto paura che con il via libera dato ai privati la bolletta dell’acqua esplodesse; per il resto, la maggioranza degli italiani dell’acqua se ne frega: si spreca acqua a tonnellate, dalle abitazioni private ai campi; la rete idrica è un colabrodo ma alla fine a nessuno importa più di tanto.
Alla maggioranza degli italiani informarsi sull’ambiente non gli interessa: gli frega tantissimo di squadre di calcio, tablet, smartphone, talent show, parabole, gossip, ma non dell’ambiente. Le città sono fatte a misura di automobilista, non certo di pedone, ciclista o utente dei mezzi pubblici. La maggioranza degli italiani butta il cervello all’ammasso senza farsi mai domande su nulla; anche quando si deve votare, cerca sempre l’uomo forte che pensi al posto loro, che gli eviti la fatica di usare il contenuto della scatola cranica per attività più complicate che non seguire le ricette dei cuochi in televisione.
Quindi alla fine, la speranza c’era, ma la realtà non stupisce: l’augurio è che prima o poi davvero una delle bombe ecologiche che sorgono nell’Adriatico esploda, ma forse nemmeno quello servirebbe: dopo tutto, gli italiani vanno sull’Adriatico per andare in discoteca, non certo per il mare: per quello, alla fine, c’è Sharm…
In conclusione, credo che l’unico modo per tenere in vita l’istituto referendario in Italia, sia l’eliminazione del quorum: ovviamente, anche il ‘non voto’ rappresenta una scelta, che tuttavia credo tradisca nella maggior parte dei casi un sostanziale poco coinvolgimento nei temi trattati; allora, credo che anche la maggior parte degli astenuti sarebbe d’accordo sul fatto che su certi temi possano e debbano decidere coloro che sono informati, a prescindere dal loro numero; anzi, forse il fatto che certe questioni possano essere decise da una qualsiasi minoranza di persone, finirebbe per spingere i poco interessati a informarsi, farsi un’opinione ed esprimerla.