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CLINTON, SANDERS E GLI ALTRI

E’ cominciata la ‘grande corsa’ delle Primarie americane: piccole e grandi sorprese, come in fondo molto spesso succede quando dopo tante chiacchiere si passa al voto, e viene da notare come quasi ovunque poi il ‘popolo’ faccia di testa sua e smentisca spesso e volentieri le analisi dei cosiddetti ‘esperti’… quello del ‘politologo’ per inciso è uno di quegli ‘strani mestieri’ che in fondo si riducono all’espressione di opinioni personali, spesso nemmeno tanto circostanziate, da parte di presunti o sedicenti esperti che poi nell’80 per cento dei casi risultato attendibili quanto un qualsiasi sito di consigli sulle scommesse calcistiche. Chiuso l’inciso.

Le elezioni americane saranno sempre più tema dominante nei prossimi mesi, prima con le primarie, poi col confronto trai candidati designati e poi col voto… non entro in disamine; mi limito a osservare come al momento (e siamo solo all’inizio, in fondo) sembrerebbe profilarsi la stessa situazione di otto anni fa, con i democratici a dividersi la posta e i repubblicani ad agire di rimessa; la discesa in campo di un personaggio quanto meno ‘colorito’ come Trump ha dimostrato che tutto sommato gli Stati Uniti non sono messi tanto meglio di noi, quanto a credibilità dell’aspirante classe dirigente; mi stupisco, sinceramente, che trai repubblicani al momento non sia riuscito a sfondare uno come Rubio, che per età e storia personale potrebbe proporsi come una sorta di Obama di destra.

Hillary Clinton appare, ancora più di otto anni fa, la leader designata dei democratici: stavolta a metterle i bastoni tra le ruote non è un giovane afroamericano che incarna la speranza del possibile, ma  Bernie Sanders, un attempato signore che ha il fegato di definirsi socialista in una nazione in cui la parola è più o meno comunemente considerata un insulto e in un mondo dove ormai ben pochi hanno ancora il coraggio di definirsi tali.
Sanders sembra un uomo fuori dal mondo e dal tempo, ma forse ci vuole proprio una persona ‘esterna’, uno che non prende i soldi dalle grandi banche d’affari ma dai sindacati degli insegnanti e degli autotrasportatori per poter incarnare quel minimo di speranza residua in un mondo che non sia governato dalla finanza.
Clinton di certo non può incarnare quell’idea (basta solo leggere l’elenco dei suoi finanziatori per rendersene conto): la sua è la promessa di un mondo in cui banche e finanza sono sostanzialmente lasciate libere di continuare ad agire come hanno fatto finora, versando in cambio un ‘obolo’ a favore dei poveri; sembra una situazione ‘italiana’, con la pura estetica del volere piacere a tutti di ClintonRenzi e la fedeltà ai principi (col rischio di risultare antipatici a qualcuno) di SandersRodotà.

Ammetto peraltro che le mie sono analisi tendenziose e dettate dalla suprema antipatia che mi ispira Hillary Clinton: al contrario di tanti osservatori, il personaggio non mi piace per nulla; arrivismo a parte (ma è il meno: in quel mondo se non sei un arrivista non vai da nessuna parte), non capisco il principio secondo cui bisognerebbe in qualche modo tifare Hillary perché donna: che le donne al Governo facciano meglio degli uomini, portando pace e prosperità per tutti è un luogo comune: Thatcher in Gran Bretagna ha fatto danni, Merkel in Germania ha mostrato di essere disposta a mandare in fallimento mezza Europa solo per salvare la sua nazione, Roussef in Brasile sta annegando negli scandali e l’elenco potrebbe proseguire… mi sembra che il ‘buon Governo femminile’ sia più che altro un’eccezione (Bachelet in Cile? L’attuale leader della Corea del
Sud?).
A non convincermi di Clinton però sono soprattutto le motivazioni: in fondo Obama era mosso dall’ambizione di essere il primo Presidente afroamericano; Clinton, più che dall’essere la prima Presidente(ssa) donna, mi pare mossa soprattutto da uno spirito di rivalsa nei confronti del marito: la voglia di dimostrarsi migliore di Bill, dopo tutto quello che Bill le ha fatto.

Si possono fare tutti i fini ragionamenti politici che si vogliono, ma alla fine tutto si riduce alla persona e alle proprie esperienze: a inzio anni 2000 gli Stati Uniti hanno avuto un Presidente – Bush – mosso quasi esclusivamente dal conflitto irrisolto col padre e dalla smania di dimostrarsi migliore di lui: abbiamo visto i risultati…
Non vorrei facessimo il bis, ritrovandoci alla guida degli Stati Uniti una donna mossa da uno spirito di rivalsa nei confronti di un marito che l’ha cornificata.
Si dice fin troppo spesso che ‘il privato e pubblico’; troppo si dimentica che anche ‘il pubblico è privato’. Purtroppo.

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MA L’ITALIA DOV’È?

L’altro giorno guardavo le immagini di Merkel e Hollande a colloquio con Putin e mi chiedevo: E l’Italia?
Rapidamente, mi sono fatto un’altra domanda: ma ai tempi Renzi non aveva fatto un gran casino per avere la Mogherini ‘a capo della diplomazia europea’? Pensate a queste parole: ‘a capo della diplomazia europea’; poi la grana Ucraina va rapidamente peggiorando, e chi va ad incontrare Putin? Merkel e Hollande, ovvero: Germania e Francia. Non l’Europa. Germania e Francia.
Ora, ripetere l’ennesima pappardella sul fatto che l’Europa quando viene il momento delle ‘decisioni serie’, procede in ordine sparso e bla bla bla, sarebbe noioso e lo sappiamo tutti: è così da sempre e così sarà, chissà per quanto ancora.

Però, pensateci: ai tempi (si era, se non erro, dopo le elezioni europee, alla vigilia del semestre di Presidenza italiana UE), a sentire Renzi sembrava che dare alla Mogherini quell’incarico fosse questione di vita o di morte: in realtà poi molti osservatori già allora fecero notare come forse, anziché pretendere con tanta veemenza un ‘posto’ che – considerando lo stato della diplomazia UE – era poco più che ‘di rappresentanza’, fosse magari il caso di pretendere qualche commissario economico… ma no, Renzi pretendeva quel posto…
Bisogna dare il beneficio del dubbio a chiunque: magari la Mogherini in queste ore è attaccata al telefono escogitando una soluzione diplomatica eccezionale, ma è nei fatti che a incontrare Putin sono la Cancelliera tedesca e il Presidente francese. Non la Rappresentante (termine più che mai indicato: non ‘Ministro degli Esteri UE’, ma ‘Rappresentante’)  della politica estera UE Mogherini, che con tutto il rispetto sta assolvendo alla medesima funzione di tutti i suoi predecessori, ossia rilasciare dichiarazioni ad orolegeria all’insegna delle solite banalità.

Peraltro osserverei come l’Italia in tutta la questione ucraina stia rimediando la solita figuraccia: gran parte degli europei sono più o meno concordi sull’appoggiare l’Ucraina contro quella che a tutti gli effetti è una violazione della sua sovranità, anche fino a valutare la fornitura di armi, l’Italia è contraria… Attenzione, non in virtù di un impeto di ‘pacifismo’: i Ministri degli Esteri e della Difesa non si sono improvvisamente ammantati della bandiera arcobaleno della pace: come tutti possono immaginare, a monte ci sono interessi prettamente economici… la contiguità degli interessi economici italiani e russi non è certo venuta meno con la fine dei soggiorni di Putin nella villa di Berlusconi in Sardegna.

Sta succedendo, su scala molto più ampia, quanto già accaduto con la questione dei Marò, quando l’Italia, avendoli qui, lì rispedì prontamente in India perché c’erano in ballo ben altri interessi… a proposito dei marò: io non sono certo di quelli che dicono ‘liberate i nostri leoni’ e altre simili amenità; non sono di certo eroi, tuttavia sarebbe pure il caso che dopo tre anni si avviasse un processo e si formalizzassero delle accuse… anche in questo caso l’Italia ha accumulato figuracce a ripetizione; e il bello è che in Europa se ne fregano: approvano qualche risoluzione, ma il discorso di fondo è: vedetevela voi, sono affari vostri.

L’Italia è ridotta all’inconsistenza diplomatica internazionale; sinceramente, rimpiango il Ministro Terzi, che forse in quell’accozzaglia di tecnocrati che guidati da Monti ci ha ridotto ai minimi termini era uno dei meno peggio: almeno aveva esperienza diplomatica… attualmente l’Italia affida la propria diplomazia a Mogherini e Gentiloni: la prima, sarà pure una donna brava e intelligente, ma appare completamente priva del carisma necessario: insomma, già il ruolo di capo della diplomazia UE è una incarico più che altro di ‘rappresentanza’, di nome e di fatto; ma poi pensate alla Mogherini e subito dopo alla Merkel e giungete alle vostre conclusioni Gentiloni per carità: uno che nel corso della sua esperienza politica è passato con disinvoltura da un incarico ad un altro: ma mi spiegate che cos’hanno in comune le poltrone di vice Sindaco di Roma, di Ministro delle Comunicazioni e di Ministro degli Esteri? I risultati sono sotto gli occhi di tutti: Merkel e Hollande parlano con Putin e Obama. Mogherini e Gentiloni rilasciano dichiarazioni. Renzi twitta.

TACI!!! L’AMICO TI ASCOLTA…

Ora: a me tutta ‘sta storia delle intercettazioni dell’elite mondiale mi sembra surreale e paradossale, se non un’autentica, enorme, buffonata… Scusate, ma… qual è il mestiere delle spie? Spiare. Cosa usano le spie per spiare? I metodi più avanzati che la tecnologia mette  a disposizione. Dunque? Dove sarebbe la novità? Non vorremmo mica inalberarci perché ‘il cellulare della signora Merkel era intercettato’? Che poi, dire ‘il cellulare della signora Merkel era intercettato’ non vuole dire nulla: a parte che bisogna capire il ‘come’ (le conversazioni, gli sms o semplicemente i numeri chiamanti e chiamati?); ma poi è appena il caso di capire ‘quale’ cellulare: insomma, già le persone ‘normali’ a volte hanno due, magari tre ‘telefonini’, figuriamoci la Cancelliera; e comunque: è cosa abbastanza nota che i personaggi di un certo livello cambino numero di cellulare con una certa frequenza… insomma, non è che la Merkel è una come gli altri, che tiene lo stesso apparecchio e lo stesso numero per anni…  Qualcuno dice: eeeeh, ma gli alleati non si intercettano. E dove sta scritto, scusate? E poi, ‘alleati’… il termine si presta a interpretazioni: Paesi ‘alleati’ in certe situazioni, non lo sono più in altre… pensate solo agli Stati Uniti e la Francia in occasione della guerra in Iraq: alleati per un verso, su fronti diametralmente opposti per l’altro.

Semmai, il problema nasce quando l’NSA, a quanto ci viene detto, intercetta le comunicazioni di milioni di persone comuni, senza manco chiedere il permesso… ma anche qui, a pensarci, viene da chiedere se ci di deve meravigliare… Pensate solo a quello che succede su Internet – se ne parlava qualche giorno fa con un’altra blogger – vi siete mai chiesti perché nella casella mail o sul profilo di FaceBook (per chi ce l’ha) appaiono promozioni che, guarda caso, sembrano fare riferimento alle nostre navigazioni? Perché quando navighiamo, siamo tutti intercettati: ci sono i cosiddetti ‘cookies’, che permettono a certi siti di monitorare le nostre abitudini di navigazione quando siamo connessi; FaceBook monitora costantemente le nostre attività, e ci propone banner pubblicitari ad hoc.

Allarghiamo ulteriormente il discorso: siamo lontani da un computer? Nessun problema, se abbiamo un cellulare appresso, i nostri spostamenti sono rilevati tramite GPS; le telecamere ‘di sicurezza’ che sono disseminate ovunque ci seguono ugualmente passo – passo (ogni tanto guardatevi NCIS, per capire…).  Siamo tutti intercettati, sempre: l’evoluzione tecnologica – purtroppo aggiungo – ha portato con sé la quasi totale sparizione del concetto di ‘diritto alla privatezza’; ora, mi dico che se c’è qualcuno che è ‘giusto’ intercettare, dal punto di vista dei servizi segreti, sono proprio i leader politici, non certo il cittadino comune…

Non capisco poi come proprio in Italia si dedichi tanto spazio alla questione: ci siamo già dimenticati che in Italia le conversazioni private, fino ad entrare in camera da letto,  di un Presidente del Consiglio non solo sono state intercettate, ma sono inopinatamente finite sulle prime pagine dei giornali, o nei programmi di prima serata? Alla domanda: “ma a noi di quello che si dicevano Berlusconi e Stefania D’Addario, che ca**o ce ne doveva fregare? ” Santoro, Scalfari & co. non hanno ancora risposto (ieri Scalfaro stava da Fazio… chissà se a Fazio gli è mai passato per la testa di fargli quella domanda).

Qualcuno – un Presidente americano, credo – una volta disse più o meno che un popolo che in virtù della propria ‘sicurezza’ è disposto a rinunciare alla propria libertà è un popolo che si merita di finire in schiavitù… negli ultimi dieci – quindici anni ci è stato detto in tutte le salse che alla libertà di tenerci per noi le nostre conversazioni possiamo – e dobbiamo – volentieri rinunciare, se è il prezzo da pagare per una maggiore sicurezza. Dopo l’11 settembre, col cosiddetto Patriot Act, l’amministrazione Bush ha deciso che per motivi di sicurezza era lecito ficcanasare nelle mail di chiunque; l’amministrazione Obama, pur apportando qualche modifica, ha mantenuto volentieri il sistema di rilevamento. Adesso improvvisamente, tutto questo non va più bene e questo attenzione, non perché intercettare il privato non vada bene, ma perché la NSA doveva ‘chiedere il permesso’: ovvero, intercettare le conversazioni di milioni di persone è giusto, ma solo se Hollande, Merkel o Letta danno il permesso: attenzione, non il cittadino comune francese, tedesco o italiano, ma i loro leader politici… scusate, ma dove sta scritto che un Presidente del Consiglio possa disporre liberamente in questo modo delle comunicazione private altrui, per poi inca**arsi, se ad essere intercettato è proprio lui? No, dico, ma ci rendiamo conto della demenzialità del principio? Siccome io sto all’Eliseo o a Palazzo Chigi, per me non vale lo stesso diritto alla privatezza dei comuni cittadini????

E poi ribadisco, il mestiere delle spie è spiare, da sempre, e probabilmente le conversazioni della signora Merkel hanno forse qualche rilevanza in più, che non le mail di un anonimo cittadino bavarese… e poi scusate, ma ve l’immaginate la NSA che chiede il permesso: scusa, ti dispiace se ti spio? Boh, a me sembra un circo; forse c’è solo il timore che le opinioni pubbliche mondiali comprendano improvvisamente la dimensione del fenomeno e ci si mette al riparo… in tutti i casi, alla base c’è la guerra per il possesso dei ‘dati sensibili’ delle persone, che già oggi genera un giro d’affari multimiliardario ed è uno dei business del presente e del futuro.

MA CHE COS’E’ QUESTO ‘POPULISMO’?

Credo sia il caso di domandarselo, se non altro perché negli ultimi decenni, quella di ‘populismo’ è stata un’accusa lanciata a destra e manca… spesso, mi viene da pensare, in maniere del tutto strumentale, volta in un certo senso a ‘depotenziare’ certe proposte… I lettori più attenti avranno già indovinato dove voglio andare a parare, ma, MoVimento Cinque Stelle a parte, secondo me il problema si pone a priori. La mia sensazione, esulando per un attimo dai casi specifici, è che negli ultimi anni qualsiasi proposta che sia stata anche solo di poco ‘fuori’ da certi ‘canoni’, sia stata sbrigativamente, con tanta disonestà intellettuale e in perfetta malafede, bollata di populismo; si taglia la testa al toro, insomma: appena qualcuno si alza ed esclama che ‘il re è nudo’, lo si taccia di populismo per evitare di scendere nel merito delle questioni. Guarda caso poi, l’accusa di populismo viene sempre dalla stessa parte: mi perdonino i simpatizzanti e gli elettori del PD, ma è un dato di fatto che è proprio questo, assieme ai suoi predecessori, ad aver usato più spesso il termine ‘populismo’ per derubricare, fin troppo sbrigativamente, le proposte altrui; spesso, aggiungo e ribadisco, proprio per non scendere nel merito delle questioni e magari nascondere la propria mancanza di idee…

Negli ultimi vent’anni, dal PDS al PD, sono stati di volta in volta definiti populisti Berlusconi, la ‘sinistra radicale’, il MoVimento Cinque Stelle… come si vede, senza distinzioni, tra destra e sinistra… Secondo me col tempo si è confuso, ovviamente in modo voluto ‘popolare’ con ‘populismo’: col tempo, qualsiasi proposta che risultasse gradita al ‘popolo’ è stata bollata come ‘populista’. Eppure, ma il dovere dei partiti politici non dovrebbe proprio essere quello di proporre proposte che ‘facciano piacere’ al popolo?  Insomma, a questo punto dovremmo affermare che persino Obama sia ‘populista’ quando propone una riforma sanitaria assai costosa, rischiosa per le casse pubbliche, ma in fondo giusta perché offre garanzie a una parte della popolazione che ne è priva… poi è chiaro che dopo la proposta c’è la realizzazione concreta, è lì come si dice ‘casca l’asino’, si capisce se una parte politica è in grado o meno di dare seguito alle proprie proposte… e sotto questo profilo, negli ultimi vent’anni, non abbiamo visto grandi cose; guardiamo solo all’attuale Governo: sia PDL che PD avevano giurato e spergiurato che avrebbero portato a termine almeno due provvedimenti immediati: la legge elettorale e la riforma del finanziamento pubblico dei partiti; di nuova legge elettorale, nemmeno l’ombra; la riforma del finanziamento pubblico si sta rivelando un’autentica presa per i fondelli; mi pare quindi che, a prescindere dal ‘populismo’ o meno delle proposte, poi alla fine il punto sia la loro effettiva realizzazione: banalmente, è la democrazia.

Ma poi, mi chiedo: c’è veramente qualcosa di male, nel fare proposte populiste, ossia gradite al popolo? C’è veramente qualcosa di antidemocratico, in questo? O forse per essere lodati per la serietà delle proposte, basta presentare provvedimenti che siano innanzitutto graditi a organizzazioni internazionali non democraticamente elette (Banca Mondiale, FMI, Commissione Europea), o alle varie conventicole che prosperano in Italia? Qual è il senso della democrazia: farsi eleggere per far star meglio la generalità popolazione o per far star meglio solo alcuni? E ancora: ma le proposte serie e ‘rigorose’ portano veramente benefici? Prendiamo l’ultimo caso  (escluso Letta, ancora in carica): di ‘Governo serio e non populista’: Mario Monti è senz’altro l’ultimo a poter essere accusato di populismo, anzi tutto il contrario: per lui parlano i dati elettorali (a proposito: che fine ingloriosa, quella di Mario Monti e Scelta Civica); il Governo Monti ha approvato provvedimenti del tutto invisi al popolo, da esso accettati con fin troppa acquiescenza; i risultati? Deleteri, a partire da un aggravamento mostruoso della recessione, l’aumento della disoccupazione, il calo dei consumi, dei redditi e delle condizioni di vita della maggioranza della popolazione, l’ulteriore arricchimento della porzione già più benestante. Allora? Come la mettiamo? Se questi sono i risultati della ‘politica seria non populista’, ha senso chiedersi se quella realmente ‘populista’  – o ‘popolare’ – non sia migliore. Almeno i ‘populisti’ vanno al Governo in forza di una reale legittimazione democratica, non come Monti che al Governo ci è andato in forza delle pressioni di un Governo straniero (quello tedesco) e delle organizzazioni internazionali non elette da nessuno; poniamoci la domanda: è meglio abdicare alla democrazia pur di aver un Governo ‘serio e responsabile’, che poi peggiora, come si è visto, la situazione, o tenersi il ‘populismo’, ma prodotto da un processo autenticamente democratico?

Al di là della filosofia politica, la domanda di fondo resta: perché proposte autenticamente ‘popolari’ e gradite alla maggioranza della popolazione, vengono archiviate come ‘populismo’, a causa magari del fatto che la loro applicazione concreta darebbe fastidio a qualche consorteria, conventicola, gruppetto, che in Italia fa il bello e il cattivo tempo solo in forza della propria influenza sulla politica, fondamentalmente basata sui soldi? Dire ‘abbassiamo le tasse’ è populismo? Dire ‘mi dispiace, ma le tasse aumenteranno’ (come ad esempio pare avverrà nel Lazio e Roma) è ‘responsabile’. Proporre una visione alternativa, come fa il MoVimento Cinque Stelle (che poi alla fin fine alternativo lo è fino a un certo punto, visto che il 75 per cento del suo programma alle elezioni corrispondeva a quello di PDL, PD e Scelta Civica) è populista, mentre dire ‘restiamo come stiamo’, continuando con la politica di una tassazione abnorme, del finanziamento pubblico dei partiti e dei giornali, della legge elettorale che così com’è sta benissimo a tutti, e l’elenco potrebbe proseguire, invece è ‘serio e e responsabile’? Ancora: se Grillo dice ‘aboliamo il finannziamento pubblico’ è populista, se lo dicono Renzi o Brunetta ‘bene, bravi, bis’? C’è troppa confusione, in giro; troppa malafede e troppa disonestà intellettuale. Bollare qualsia proposta volta a modificare lo status quo come ‘populista’ è troppo facile e in fondo, offensivo nei confronti dell’intelligenza delle persone.

OK, ANCORA OBAMA. PREFERIVATE L’ALTRO?

Ho notato in giro una certa qual freddezza mista a scetticismo, davanti alla rielezione di Obama… addirittura ho avuto la sensazione che in molti pensassero, che vabbé, lui o l’altro pari sarebbero stati (in fondo, sembrano pensare alcuni, gli Stati Uniti sono sempre brutti, cattivi e imperialisti a prescindere da chi governi). Nonostante lo spazio dedicato dai media all’evento, si respirava anche un’aria da: “ma ti pare che Obama perde?”… nonostante i media stessa abbiano, con qualche ragione, posto l’accento sulla buona quota di imprevedibilità che circondava queste elezioni… Un’atmosfera per certi versi simile a quella di otto anni fa, quando nonostante la rimonta di Kerry, tutti in fondo pensavano che Bush Jr. nonostante tutto ce l’avrebbe fatta… Non so, è come se a livello più o meno intuitivo, esistessero delle ‘facce da Presidente’ per cui, al netto dei programmi, uno si fa l’idea che uno dei contendenti ha appunto la ‘faccia da Presidente’. Ecco: Obama ha la faccia da Presidente, Romney e McCaine, no. Così come purtroppo non l’aveva John Kerry, che perse contro Bush Jr nel 2004. Poi c’è un altro discorso: ormai mi pare di poter dire che gli americani pensino che per poter attuare il suo programma, a un Presidente servano minimo due mandati: a mia memoria, da Reagan in poi, con la sola eccezione di Bush Sr., ogni Presidente americano ha avuto due mandati: insomma, queste sono state idealmente delle ‘elezioni di medio termine’, una sorta di ‘tagliando’; in parte credo sia contato anche il fatto che ‘uno dei due lo conoscevamo già’: in effetti quando a scontrarsi sono due ‘facce nuove’, la fascinazione delle presidenziali americane è infinitamente maggiore.  A parte tutto questo, mi pare comunque, che attorno alla rielezione di Obama ci sia stata fin troppa disattenzione… come se si pensasse che, in mancanza d’altro, teniamoci lui. Eppure, a me non pare che la presidenza Obama sia stata così negativa: mi pare ad esempio che sia stato il Presidente meno guerrafondaio da vent’anni e passa a questa parte; ha fatto approvare la riforma sanitaria, ‘monca’ probabilmente, ma meglio di niente; ha cercato di non far defungere l’industria dell’auto; si è ritrovato in mano i ‘cocci’ lasciati dal predecessore. Gli può essere  imputato il fatto di non aver lanciato la ‘rivoluzione verde’ sulle rinnovabili che aveva promesso, e di non aver magari usato il ‘pugno di ferro’ con la finanza, ma Obama non è certo Ferrero…  Sinceramente poi mi sembra che in troppi abbiano sottovalutato i rischi dell’elezione di Romney: lungi da me affermare che i repubblicani sono guerrafondai e i democratici pacifisti, ma insomma a me nulla riesce a togliermi dalla testa che con Romney alla Casa Bianca un attacco israeliano all’Iran sarebbe stato più vicino, e infatti dalle parti di Israele non mi sembra siano stati molto contenti della rielezione di Obama. Non, al netto di tutte le polemiche o gli errori, mi dà più fiducia che il Presidente USA sia Obama, piuttosto che uno straricco Romney che avrebbe riportato tutto indietro all’insegna del ‘se non sei ricco, affari tuoi’.  Troppo semplicistico? Probabilmente, ma continuo a pensare che la rielezione di Obama sia stata molto, molto, positiva.

GRILLO E LE CAMPAGNE ELETTORALI (AMERICANE)

Le reazioni al mio post qui sotto, e le concomitanti elezioni americane, mi hanno portato a qualche riflessione… penso a Grillo a all’accusa che tutti gli imputano, quella di voler evitare il confronto, costringendo al silenzio ‘catodico’ anche i suoi attivisti… penso al concetto di ‘confronto’ che abbiamo in Italia: ormai da anni questo coincide più o meno come partecipare  a un talk show in cui si ripetono sempre le stesse dinamiche… Parla uno, parlano tutti gli altri, dopo venti minuti ti ridanno la parola e nel frattempo il pubblico si è pure scordato di quello che hai detto prima.  In un commento al post precedente qualcuno ha sostenuto che Grillo non evita solo il confronto televisivo,  ma qualsiasi tipo di confronto: ho osservato che di questo non abbiamo ancora la prova: nessuno per esempio ha proposto a Grillo o a chi per lui un dibattito pubblico, che ne so, in Piazza del Popolo a Roma. Poi penso alle campagne elettorali americane, quelle che ogni volta vengono descritte come la massima espressione della democrazie, e mi viene da fare qualche osservazione: ad esempio, il talk show politico non mi pare un ‘genere’ molto praticato nelle televisioni U.S.A. (e anche in quelle di molti altri Paesi mi pare, anzi, ho l’impressione che questo florilegio di programmi tv dove peraltro vanno sempre le solite 15 – 20 persone siano una peculiarità tutta italiana). Le televisioni vengono invece utilizzate – in abbondanza – per trasmettere spot pubblicitari, ovviamente strapagati: a questo punto ci sarebbe molto da dire sulla ‘limpidezza’ della democrazia americana, se alla fine chi più ha soldi più si promuove. Naturalmente si tratta di spot dove altro che ‘civile confronto’, addirittura spesso piuttosto che propositivi sono tutti orientati alla denigrazione dell’avversario… Poi è arrivato Obama, che ha ‘scoperto’ Internet: e infatti nel 2008 Obama ha vinto la campagna elettorale grazie all’uso massiccio della Rete e non ai miliardi spesi per gli spot pubblicitari… In aggiunta, ovviamente al ‘mazzo’ fattosi tenendo comizi in lungo e in largo per gli States… Tutto ciò a me ricorda qualcuno, non so a voi… E i confronti? Già, i confronti: nella tanto osannata democrazia americana, il confronto non è certo il fulcro della campagna elettorale. Certo, i tre dibattiti trai candidati in diretta tv sono autentici ‘eventi’ (a proposito, noi in Italia è un’epoca, dagli ultimi dibattiti Berlusconi -Prodi che non vediamo un confronto del genere), ma poi le statistiche ci dicono che gran parte degli elettori scelgono per chi votare prima dei dibattiti. Come? Non certo coi dibattiti televisivi; piuttosto, coi comizi pubblici, gli spot pubblicitari, Internet. L’impressione, insomma, è che negli U.S.A. nessuno si meraviglierebbe del modo di condurre le campagne elettorali di Grillo; qualcuno dirà che ‘siamo in Italia non negli USA’, ma così comincia il gioco dei ‘distinguo’, degli esempi che sono buoni o cattivi a seconda dei casi.  Resta il fatto che a vedere ciò che accade oltreoceano, Grillo appare tutto, fuorché un alieno… e a ben vedere, sono agli a essere ‘vecchi’.