Frank Past (Francesco Pastore) con la partecipazione di Listanera (Daniele Bomboi) propone un omaggio alla Capitale all’insegna di un pop con aspirazioni cantautorali; un po’ Marco Comodi per la voce roca, un po’ gli Stadio per certe soluzioni sonore.
Sì conclude qui un percorso in cinque tappe, raccolte sotto il nome di ‘Ciclo degli Incubi’, cominciato nel 2021; Pietro Ceppi, in arte Pecci, suggerisce l’idea di abbracciare ogni tanto i propri incubi, perché a volte posso nascondere sorprese inaspettate e nuovo modo di guardare a sé stessi e al futuro.
A cavallo tra ‘urban’ e trap, con un autotune che come spesso accade, sembra privare di personalità la voce, Pecci offre un pezzo che si fa almeno gradire per il ritmo compassato e le sonorità ‘sospese’.
Eliseo
Mille Litigi
Volturno
L’umore è assai scazzato, e l’impressione è che veramente il casertano Eliseo abbia buttato giù il suo nuovo brano dopo aver litigato con la ‘lei’ di turno, con tanto di frasi circostanza sull’essersi ‘rotto’ e il non essere capito.
Un tappeto sintetico ai limiti dell’evanescenza, appare un brano che vive sulla scorta di un momento, nel quale alla comprensibile immediatezza di un’emozione non è seguito quel tanto di riflessione necessaria a dargli corpo, prova ne sia la durata di appena due minuti.
La giovane Ninfea, alias Asia Strangis da Lamezia Terme, torna con un delicato pezzo dedicato alle paure e le incertezze che caratterizzano un momento difficile: si aspetta la ‘Fine dell’Inverno’, sperando che le cose migliorino e di trovare dentro di sé la forza di andare avanti.
Quasi un pezzo ‘a capella’, la voce, con qualche tratto fanciullesco, flebilmente sostenuta da un tappeto elettronico.
Il sentimento c’è, e in buona parte raggiunge l’ascoltatore.
Come il titolo suggerisce, la presa d’atto dell’impossibilità di una relazione, con recriminazioni, ma anche con l’atteggiamento liberatorio di chi si è tolto un peso.
Nicolas Neri da Ravenna, alias PlatoNico, propone i concetti con un synth pop dall’inclinazione dance dalla facile presa.
Un arrangiamento volto al rock più commerciale, con ‘chitarroni’ a iosa, fa da contorno a una classica dedica sentimentale, che il marchigiano Aziz Gazzella, in arte Jamie, indirizza alla ‘lei’ che ha sempre in testa e non vorrebbe che ne uscisse.
Un pop diretto per nelle parole e ammiccante quanto basta nei suoni, peccato solo l’insistito uso dell’autotune.
Claudio Rigo
Luce
Piano e voce per descrivere una relazione e i suoi effetti sul quotidiano, campionario di ciò che si ha e che altrimenti sarebbe mancato.
Nuovo episodio del cammino di Claudio Rigo, imprenditore che non ha rinunciato alle proprie aspirazioni artistiche.
Periodica selezione di brani e singoli ripresi dalla recensioni del blog. Come al solito, preciso che non si tratta di una classifica vera e propria, anche se i brani sono comunque ‘ordinati’ in modo crescente di gradimento…
Yanomamyy, ‘Assassina’
Ninfea, ‘A Testa Alta (Part II)’
Nochia, ‘Sabato Nero’
Bento, ‘Follow’
Carolei, ‘Porca Vacca’
Weid, ‘Abisso’
Agape, ‘Medusa’
Mirco Olivastri, ‘Incenso e Rosa’
Arianna Chiara, ‘Se non ricordo’
Tommaso La Notte, ‘Passano i treni’
AltamareA, ‘Discorsi e domande’
Onceweresixty, ‘Summer’
Bloop, ‘Anni di piombo’
Nicolò Piccinni & Gli Internauti, ‘Un dono puro’
Il Geometra, ‘Per quel che resta’
‘900 ‘Dolore’
Zerella, ‘Se Dio vuole’
Manuela Ciunna, ‘Vicè’
Luca Ciarla, ‘Cantata Walk’
Alis, ‘Tutto ha un prezzo’
Sarai, ‘Gif’
Isaac, ‘Attraverso lo specchio’
Sebastian, ‘Non vado al fresco’
DNGR, ‘Cinque Minuti’
Trunchell, Etc., ‘Emily Norton’
Circolo Lehmann, ‘Adriatica’
Nevilton, ‘Illumina’
Sis, ‘Hunter’
Mattia Cortivo Leonardi, ‘Prelude in C Major, Op.3’
Marco Benati da Carpi, classe ’81, un passato da ‘rockettaro’, prima di venire ‘fulminato sulla via di Damasco’ e dedicarsi a un rap con riflessi cantautorali – lui stesso si definisce ‘rappautore’ – e far uscire con questa formula ben tre dischi, cui è seguita una manciata di singoli, questo ultimo in ordine di tempo.
Un catalogo di ‘bellezza’ ricercata non nell’immediato, ma sotto traccia, cercando di gettare lo sguardo, assieme agli altri sensi, laddove questi normalmente non si soffermano.
Un rap che vuole dunque essere ‘pensato’, che rinuncia ad ogni ‘filtro vocale’, per dedicarsi alla semplice parola, ricordando poi alla fine per certi versi il ‘solito’ Jovanotti (o Lorenzo Cherubini che dir si voglia).
La ‘confezione’ ha un certo appeal (anche se gli interventi del sodale Nicholas Manfredini appaiono abbastanza superflui), ma l’impressione è che nel tentativo di invitare a uscire dall’immediato per cercare maggiore profondità (non limitarsi a guardare, ma fermarsi a osservare), si cada un filo troppo spesso in certi clichè, tra cose belle viste con gli occhi chiusi, profumi non sentiti solo col naso, capacità di volare acquisite mentre si sente di stare precipitando, etc…
Il pezzo ha un ‘senso’, ma forse il modo di comunicarlo finisce per essere un po’ scontato.
Tuasorellaminore
Ken e Barbie
Romolo Dischi / Pirames International
Uscito in realtà a luglio, questo nuovo pezzo di Tuasorellaminore (provenienza: Bari, vero nome: sconosciuto), viene ora accompagnato da un video, girato tra Milano e Roma da Cristina Brizzi.
‘Ken e Barbie’, ovvero: come si era e come si diventa e come, a volte, si può cercare di non cambiare.
Tuasorellaminore prende di petto il classico ‘logorio della vita moderna’, rivendicando il contatto mantenuto col proprio ‘io fanciullesco’… tuttavia, mentre con carattere la nostra ricorda come da ragazzina facesse ‘scopare Ken e Barbie’ e avesse scritto la prima canzone a 8 anni, viene da interrogarsi: è veramente la Tuasorellaminore ad aver conservato lo spirito della fanciullezza, respingendo certi meccanismi più o meno ‘alienanti’ dell’età adulta, o era piuttosto la lei bambina ad essere già molto sveglia e intelligente e ad avere dei tratti ‘adulti’?
Sia come sia, il pezzo, che conferma peraltro tutte le doti già mostrate in precedenza (ad esempio in ‘Fahrenheit’), di scrittura, vocali e di ‘costruzione’ di uno stile a cavallo tra soul / r’n’b ed elettronica, appare un efficace invito a non dimenticare ciò che si era, continuando se possibile ad essere un po’ ragazzini e a non buttare tutta la propria fanciullezza alle ortiche con l’avvento della maturità.
La giovanissima (17 anni compiuti da poco) Asia Strangis, al secolo Ninfea, nata a Lamezia Terme, ma poi trasferitasi in provincia di Trento, tre singoli all’attivo, torna con questa ‘riedizione’ del suo primo pezzo.
Una lettera a sé stessa in una fase critica come quella del passaggio all’età adulta, dove le insicurezze superano di gran lunga le certezze e dove l’ancora di salvezza proverbialmente viene offerta dall’Amore, ampiamente inteso: ovviamente di chi si ama o da cui si è amati, ma anche di un’amicizia o quello materno, ancora importante a quell’età.
Ne esce un pezzo che certo, non evadendo troppo dalla ‘consuetudine’, riesce comunque a offrire questa immagine adolescenziale, in cui la ‘Ninfea’ cantante (e in parte già cantautrice) avviata verso la maturità, incontra la ‘Asia’ ancora un po’ bambina, alla cerca di un’identità e di un”affermazione’.
Il piano di Emanuele Via e il sax di Danilo Guido per questo intenso strumentale, che accompagna ed è accompagnato dal video curato dal torinese Giorgio Bianco e da Denis Mancuso, calabrese di Acri; proprio le strade del borgo in provincia di Cosenza fanno da sfondo alle note: strade vuote e silenziose, le botteghe degli artigiani, i mestieri che vanno scomparendo. Una riflessione in musica su una ‘Afonia’ che non è solo l’incubo di chi usa la voce per esprimere la propria arte, ma è anche il silenzio che cala sui rumori prodotti da mestieri antichi in via di estinzione o nelle strade dei tanti piccoli borghi progressivamente abbandonati. Il ‘convitato di pietra’ è ovviamente la situazione che stiamo vivendo, in cui il ‘silenzio’ è imposto dalle circorstanze (o magari da normative più o meno ‘miopi’): l’attore che si esprime solo, privo della parola, ma ancora di più l’immagine, per certi versi struggente, di una ballerina che si esibisce in un teatro antico davanti a spalti deserti, valgono più delle mille parole che in questo video cedono il passo alla sola musica.
Ricci & Dylan Saturno e il tuo nome Believe Music / Visory Records
Reduci entrambi da edizioni più o meno recenti di “X-Factor”, Ruggero Ricci e Dylan (Luppi) uniscono le forze per questo brano che riflette sui sentimenti, le relazioni e i modi di viverli. Non solo Saturno, in un brano che tira in ballo il Sole, la Luna, la gravità e i palloni aerospaziali, in una metafora utilizza le dimensioni cosmiche per descrivere le complicazioni dei rapporti tra esseri umani su questo piccolo pianeta. La cifra stilistica, tra reminiscenze soul e r’n’b, è un po’ quella tipica dei ‘talent’, in un filone che ha trovato in Marco Mengoni l’esponente più rappresentativo. Ascolto magari gradevole: il limite forse non è tanto nella scrittura, quanto in una produzione che finisce per dare l’idea di pezzi che siano un po’ fatti con lo ‘stampino’.
Nuovo singolo, il secondo dopo ‘Solo un filtro’, per questo giovane cantautore (lui stesso cerca di dare il giusto peso al termine) di Tempio Pausania (Sassari). Titolo abbastanza indicativo di un brano che invita a vivere la vita con la leggerezza e il ‘brivido’ che precede un bacio, forse a esprimere la necessità di momenti di vera ‘libertà’ in un periodo che per tanti motivi non invita certo alla leggerezza. Brano tipicamente ‘pop’ che non chiede e non pretende nulla più che, appunto, un ascolto leggero e senza troppe ‘disamine’.
Davide Malafede Fotografia The Bluestone Records / Believe Digital
Romano, classe ’92, Davide Malafede esordisce con questo singolo, che parte dal passato, riflette sul presente, esorta a guardare al futuro. Una fotografia un po’ malmessa, ‘ciancicata’ diremmo qui a Roma, magari perché conservata in un portafogli, testimonianza di un passato felice in compagnia degli amici. Si parte da qui, dall’immagine di accompagnamento, per un pezzo che si sofferma sugli anni che passano, sulle difficoltà di una vita che regala poco, specie a chi nasce privo di ‘privilegi’ e deve conquistarsi tutto, sul percorso fatto e su quello ancora da fare. Letta così ci si potrebbe aspettare anche un brano ‘tosto’, ‘incavolato’, invece Malafede sceglie la strada della pacatezza, quasi che superata ogni recriminazione, si prendesse semplicemente atto di tutto: di un passato ‘a ostacoli’, di un presente ancora ‘non stabile’, di un futuro incerto per la maggior parte delle persone, che va comunque affrontato, ognuno a suo modo.
Terza singola uscita per la sedicenne Ninfea, al secolo Asia Strangis, nata a Lamezia Terme, ma cresciuta fin da piccola in Trentino. Il brano nasce come reazione e volontà di raccontare le reazione dei coetanei di Asia a questo difficile periodo, in cui le privazioni del contatto umano e della socialità si fanno sentire soprattutto sui più giovani. Si apre con l’immagine di uno stare “A braccia conserte in una piazza dove tutto è una minaccia” e si chiude con un reiterato “Aiutami, aiutami, aiutami”. La voce è grintosa e ‘di carattere’ anche se inevitabilmente acerba e ancora con qualche accento infantile, il brano è movimentato e orecchiabile, ma tutto questo non nasconde il suo essere, forse e soprattutto, una richiesta di aiuto. L’interlocutore è indefinito, ma alcuni passaggi – “Vorrei possedere i tuoi valori” – suggeriscono qualcuno più ‘maturo’, si parla dei propri rimpianti e di una condizione in cui “Non ci sentiamo mai abbastanza / anche quando poi ci basta / Perché sentirsi così grandi / È un’emozione da giganti”: le classiche ‘emozioni forti’ della gioventù, la crescita e alla fine la necessità (che magari spesso resta inespressa) di avere un sostegno, davanti a un mondo che già per un adolescente è complicato, figuriamoci poi in questa situazione. Restano certo impresse una voce e una verve interpretativa promettenti, ma ancora di più la richiesta d’aiuto che, pur non espressa in modo dolente, è difficile da ignorare, anche da chi non ha figli, nel suo essere specchio di ciò che i più giovani hanno vissuto in più di un anno di limitazioni.