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I DISCHI DEL 2020

Classifica dei migliori dischi dell’anno tra quelli recensiti sul blog.

  1. LALLA BERTOLINI, “LO STRANIERO”
  2. PANAEMILIANA, OMONIMO
  3. ELEPHANT BRAIN, “NIENTE DI SPECIALE”
  4. THE INCREDULOUS EYES, “MAD JOURNEY”
  5. SIMONA ARMENISE – ARES TAVOLAZZI, “LOTUS SEDIMENTATIONS”
  6. EMANUELE VIA & CHARLIE T., “RESINA”
  7. MEGANOIDI, “ MESCLA”
  8. ROSSELLA SENO, “PURA COME UNA BESTEMMIA”
  9. GIOSTRE, “GETTONI”
  10. UHURU REPUBLIC, “WELCOME TO UHURU REPUBLIC”
  11. UMBERTO T. , “NON CREDO BASTERÀ” EP
  12. THE FENCE “EVERYDAY”
  13. MEVSMYSELF “MITCLAN”
  14. EMILIANO MAZZONI, OMONIMO
  15. GAPPA, “PASSEGGERI”
  16. ROSGOS, “LOST IN THE DESERT”
  17. INNOCENTE, “#IOSONO”
  18. FALLEN, “OF MEMORIES AND HOPES”
  19. FALLEN, “THE WORLD OUTSIDE”
  20. EX MOGLIE, “SPREMUTA DI FEDI NUZIALI PINK EDITION”
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PLAYLIST 1 / 2020

Periodica selezione di brani tratti ai dischi recensiti sul blog.

 

Fushigi (Idea Of Something Mysterious)   Simona Armenise – Ares Tavolazzi

Mbuki-Mbuki   MeVsMyself

The World Outside   Fallen

My Recall   Brandes

Ombra   Buzzy Lao

Di corsa   Bloop

Vita   Giovanni Artegiani

Soffocare   Elephant Brain

Voglio vederti stare bene   Pattoni

Everyday   The Fence

Norvegia   Il Corpo Docenti

Non indugio   Meganoidi

MEVSMYSELF, “MITCLÀN”(ALTERJINGA / PANIDEA STUDIOS)

Il fascino della voce e dei suoi limiti: un filone musicale forse mai sufficientemente ‘indagato’, che può offrire spunti inaspettati.

Giorgio Pinardi, presenta il secondo capitolo del suo progetto MeVsMyself, a quattro anni di distanza dal precedente “Yggdrasil”.

Otto composizioni di varia lunghezza (si va da un paio di minuti fino a sforare i nove), registrate presso i Panidea Studios di Alessandria (Paolo Novelli),  ‘costruite’ attraverso una mastodontica opera di montaggio di centinaia di registrazioni, in cui la voce non è limitata alla sola componente interpretativa, ma diventa elemento melodico, armonico, ritmico.

Come forse si sarà immaginato, non ci troviamo davanti a ‘canzoni’ nel senso ‘occidentale’ del termine: dalla Mongolia all’Africa, passando per l’India e il Medio Oriente, Pinardi offre uno studio / lettura delle molteplici varietà dell’uso della voce nelle culture del ‘mondo’, risalendone alle radici ancestrali, i canti rituali, la connessione con la terra e gli elementi.

Si potrebbe immaginare a un disco per ‘fini intenditori’, quasi per ‘addetti ai lavori’, eppure, nonostante la sua obbiettiva ‘diversità’, dalla musica di ‘vasto (e anche meno vasto) consumo’, conserva un enorme potere di suggestione e connessione con l’ascoltatore che sia curioso abbia voglia di farsi accompagnare e affascinare, forse perché nella ricerca e nell’osservazione di certe tradizioni locali giunte più o meno intatte fino a noi, ritroviamo almeno in parte ciò che da noi col tempo si è (con qualche rara eccezione) irrimediabilmente perso.

La conclusione, che mi rendo conto è anche un po’ banale, è che dischi come questo ci fanno un po’ riscoprire la potenza originaria di quella ‘voce’ che è uno degli elementi che fondano la nostra appartenenza comune alla razza umana.