Secondo capitolo discografico di Massimiliano Cremona, piemontese di Verbania, qui coadiuvato, in sede produttiva e non solo, da Giuliano Dottori (nome ricorrente nella scena ‘indie’ italiana, sia come cantautore, solista e negli Amor Fou che come produttore).
Non si può che partire dal titolo del precedente lavoro, “Canzoni dalla nebbia”: perché anche in questo caso il filo conduttore dei dieci brani presenti è una certa atmosfera ovattata, sospesa, all’insegna di una dimensione intima dalla quale non tutto viene lasciato filtrare.
Riflessioni, considerazioni, soliloqui, spesso e volentieri dedicati ai rapporti sentimentali, per lo più in momenti di crisi; dediche ad amici; il disincanto come stile di vita e via di fuga rispetto a un mondo dal quale non si vuole essere incasellati; il dolore della perdita.
Un racconto di sé che passa attraverso un cantautorato per lo più volto ad un’essenzialità acustica, ma che non disdegna ogni tanto di darsi una veste più orientata al rock, magari attingendo alla lezione degli anni ’70, tra un flauto che riporta a vaghe suggestioni prog e un banjo e un’armonica che mescolano le brume piemontesi a quelle d’oltreoceano.
Un lavoro che apparentemente scorre via in modo agevole, ma che con questa sua componente indistinta, poco inquadrabile a un primo ascolto così come lo sono certi panorami nebbiosi a prima vista, invita a soffermarvisi con più attenzione.