Posts Tagged ‘Mario Turini’

FUMETTAZIONI 2.22

Brevi (più o meno) recensioni di letture disegnate.

MYTHOS – HULK
Paul Jenkins e Paulo Rivera (con stile pittorico) rileggono le origini di Hulk, in quello che è uno dei capitoli del progetto ‘Mythos’, che ripresentava le origini di alcuni dei più iconici personaggi della Marvel.
Voto: 7

MYTHOS – CAPTAIN AMERICA
Un riassunto della vita di ‘Cap’, dall’infanzia ‘mingherlina’ all’esperimento che lo renderà una bandiera dei più elevati americani in giro per il mondo, fino all’ibernazione, al risveglio e alla nuova vita di ‘Vendicatore’.
Il tandem Paul Jenkins – Paulo Rivera una garanzia.
Voto: 7

ANT, Vol. II
Dopo il buon riscontro della prima miniserie, Mario Gully e la sua creatura finiscono nel roster della Image, per questa serie regolare.
I primi numeri seguono la falsariga degli episodi precedenti, la protagonista Hannah alle prese con la ricerca della verità su sé stessa e il suo alter-ego, man ben presto tutto si aggroviglia, e soprattutto si perde progressivamente l’interrogativo di fondo, ossia se Hannah stia vivendo una realtà o sono una lunga proiezione della immaginazione.
L’arrivo di uno sceneggiatore aggiunto, Jeffrey Kaufman, non risolve la questione, anzi e così la serie resta monca, chiusa dopo il numero 11. Peccato.
Voto: 6

ANT UNLEASHED
Terzo tentativo, terzo flop. A qualche tempo di distanza dalla chiusura della prima serie regolare, interrotta senza un finale col numero 11, Mario Gully riproponeva la sua creatura, con Mario Turini a contribuire alla parte grafica.
Stavolta ci si gioca la carta dello ‘spiegone’, ma il risultato è che col numero 3 si chiude bottega, anche qui senza chiudere la storia.
Peccato, per un personaggio che aveva delle potenzialità, cui contribuiva anche un aspetto ‘sexy’, ma che poi non ha trovato mai la sua vera strada: l’idea di un personaggio che non si capisce se reale o solo frutto di una fantasia era anche azzeccata e molto intrigante, ma le buone idee di base non bastano, se non si riesce a svilupparle.
Ci sta provando attualmente Erik Larsen, che ha comprato da Gully i diritti, riprendendo le fila del discorso col numero 12 della seconda serie e poi con una nuova serie regolare, di cui sono usciti solo due numeri; a uno sguardo distratto non sembra suscitare la stessa curiosità dei precedenti.
Forse semplicemente Ant ha perso la sua occasione, rimanendo relegata al ricordo o alla (ri) scoperta casuale di pochi appassionati.
Voto: 5

UNITY
Megacrossover in 18 parti, distribuito su varie testate della Valiant, che negli anni ’90 assieme a Image e altri editori insidiò per qualche anno il dupolio Marvel – DC.
Protagonisti tutti i pesi massimi della casa, personaggi come Solar, X-O Manowar, Archer and Armstrong, Magnus Robotfighter, uniti contro la ‘supercattiva’ di turno, intenta a distruggere e ricostruire da capo l’intero creato.
Passo più lungo della gamba, che si risolve in una derivazione della mitologica “Crisis” della DC, con molto meno appeal grafico (ad esclusione di Barry Windsor Smith) e maggiore confusione narrativa, anche frutto della necessità di mantenere il focus dei singoli episodi sui titolari delle testate relative.
Alcuni ‘azzardi’ – rapporti incestuosi suggeriti tra la nemesi e il proprio figlio, alcune scene vagamente osé – peraltro poco funzionali ai fini della narrazione, non salvano la vicenda da qualche sbadiglio in attesa di un finale che cerca di essere originale, non riuscendoci del tutto.
La dimensione gargantuesca non paga: la sufficienza c’è, ma è stiracchiata.
Voto: 6

MOONSHADOW
Moonshadow è il classico fumetto universalmente giudicato come un capolavoro, che non può mancare nella biblioteca di ogni appassionato, etc…
Jean Marc De Matteis, uno che a cavallo tra gli ’80 e i ’90 ha regalato agli appassionati di supereroi, tra le altre, delle indimenticabili sequenze dell’Uomo Ragno e Capitan America, molla il genere e si butta a capofitto in un vortice a cavallo tra fantasy, “Alice nel Paese delle Meraviglie” e “Oliver Twist”, sci-fi e Pinocchio, raccontandoci le alterne vicende dell’omonimo protagonista: un tipico ‘romanzo di formazione’: dramma, gloria, guerra, bizzarrie assortite, dall’infanzia al passaggio all’età adulta (la storia è raccontata dal protagonista, anziano) in quella che viene definita una ‘Fiaba per adulti’, cui si aggiunge un’appendice (superflua) che ci narra sinteticamente cosa è successo successivamente.
Il problema è che De Matteis non è né Carroll, né Dickens né Collodi, non è un maestro di sci-fi, né un gigante del fantasy, anche se quest’opera ha portato molti ad annoverarlo nelle categorie.
Introducendo “Moonshadow”, l’autore afferma come quest’opera sia la sua più personale, in cui si è preso la libertà creativa che i confini angusti di maschere e mantelli non gli avevano consentito.
Sono parole sentite altre volte: l’autore di ‘genere’ che per essere sé stesso scrive tutt’altro.
J.M. De Matteis secondo me resta però innanzitutto uno scrittore di supereroi (che tra l’altro l’hanno portato alla fama, qualcosa vorrà dire) e in questo non può e non deve esserci nulla di male.
Ovvio che sapendo scrivere e non essendo uno ‘scarparo’, “Moonshadow” non è certo un fumetto di serie B.
Tuttavia, mi pare difficile definire ‘capolavoro’ un guazzabuglio poco digeribile (500 pagine, originariamente uscite in svariati albi singoli) di episodi ed eventi che si affastellano uno dietro l’altro, narrati per lo più con le didascalie di una voce fuori campo (siamo al confine tra romanzo illustrato e fumetto), con un lettering in corsivo che risulta ancora più indigesto.
Impreziosito – e sostenuto – dall’estro pittorico di John J. Muth (e, in qualche episodio, Kenth Williams o George Pratt) “Moonshadow”, più che un esercizio di libertà espressiva, appare la ‘solita’ ricerca da parte di uno scrittore ‘di genere’ dell’accettazione da parte della ‘Serie A’, del ‘Salotto Buono’, del ‘posto a sedere alla Tavola dei Grandi’.
C’è questa situazione per cui prima o poi chi scrive fumetti ‘di genere’ è chiamato – o si sente quasi obbligato – a dover dimostrare di saper fare altro, per ottenere una sorta di bollino o sentirsi dire “OK: sei dei nostri”.
C’è il pregiudizio diffuso nei confronti dei supereroi che si porta appresso il complesso d’inferiorità da parte di chi li scrive.
È triste, in fondo, perché lo sforzo di aprire la mente verso altri generi dovrebbe essere di chi legge, non di chi scrive.
Non dubito che De Matteis fosse sincero: il fumetto di supereroi, come succede per altri generi, ha dei codici e pone dei limiti, che però possono essere allo stesso tempo stimoli alla creatività.
Io però non mi sento di unirmi al coro: per me “Moonshadow” non è un capolavoro e soprattutto non è ‘il capolavoro’ di De Matteis: per quello forse consiglierei “L’ultima caccia di Kraven”, saga dell’Uomo Ragno che non arriva 150 pagine: molte meno, ma quanta più forza nella lettura di due personaggi e del loro rapporto.
Certo, non posso discutere un giudizio ampiamente diffuso tra gente di cui va riconosciuta l’affidabilità: “Moonshadow” può essere considerato un capolavoro; pur pensandola diversamente, ne caldeggio comunque la lettura, perché banalmente è l’unico modo per farsene un’idea.
Voto: 6,5

SPIDER-MAN: LIFE STORY
La vita dell’Uomo Ragno dagli anni ’60 al primo decennio del nuovo secolo, raccontata
infrangendo la regola aurea del genere (e non solo): i supereroi non invecchiano.
Seguiamo così decennio per decennio le vicende di Peter Parker, dalla fine di Gwen Stacy alla ‘possessione’ da parte del Doctor Octopus, passando per la ‘famigerata’ ‘Saga del Clone’, modificate tenendo conto del passare del tempo, l’Uomo Ragno che invecchia, i figli che arrivano e crescono, nessun intervento soprannaturale che azzeri la relazione con MJ…
Un divertissement riuscito solo in parte, a tratti un po’ frettoloso, che dovendo scegliere una storia / saga per decennio ha dovuto magari scegliere alcune saghe ‘deboli’ ed escluderne di magari più rilevanti.
Scrive Chip Zdarsky, disegna Mark Bagley, tra coloro che hanno lasciato la loro impronta nell’evoluzione grafica del ‘Ragno’.
Voto: 6

SHE-HULK (2014) 7 – 12
Sequenza di numeri che conclude la serie del 2014 dedicata alla ‘gigantessa verde’, personaggio ritornato recentemente a far parlare di sé per una (a quanto pare, poco riuscita) serie tv.
Al centro, un processo a Captain America per un ‘fattaccio’ successo quando non aveva ancora assunto il ‘Siero del Supersoldato’; in tribunale Jennifer dovrà vedersela con Matt Murdoch (alias Devil).
Gli altri numeri sono abbastanza ‘d’ordinanza’, ma il giudizio sulla serie, scritta da Charles Soule e curata nella grafica da Kevin Wada e Xavier Pulido, resta tutto sommato positivo: la scelta di mescolare legal thriller, ironia e qualche cazzotto, tutto sommato ha pagato.
Voto: 6,5

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