Ok, le prime due notizie, buone o cattive, a seconda di come la si pensi ce le dà il titolo: dio c’è (come citano affermano certi cartelli autostradali) e ha scelto come luogo d’elezione la capitale belga.
I più saranno invece delusi o scontenti, sapendo che il dio in questione non è né quello vendicativo del Vecchio Testamento, né quello Misericordioso del nuovo… Più semplicemente, dio è una persona poco raccomandabile, iraconda, incline all’alcol, che vessa una moglie fin troppo remissiva e che passa il suo tempo davanti al computer, attraverso il quale decide le sorti dell’umanità… spesso con un atteggiamento cattivo, ai limiti del sadismo, visto che il nostro sembra aver inventato il genere umano per ammazzare il tempo, ma poi la cosa gli è sfuggita di mano, assumendo le dimensioni di un’abnorme scocciatura.
Prevedibile che uno così abbia seri problemi con la propria prole: il primo figlio, J.C., ha preso e se n’è andato tra gli uomini, cercando di riparare i torti commessi dal padre… s’è visto in seguito com’è andata finire…
La seconda, Ea, a dieci anni appena compiuti, stufa delle ingiustizie paterne, decide di andarsene pure lei, cercando di non commettere gli errori del fratello.
Così, prima di partire e di mandare in tilt il computer del padreterno invia a tutti gli uomini un messaggio via cellulare con la data della loro morte, restituendo loro la coscienza della caducità della vita e facendo così in modo che tutti vivano al meglio il tempo che gli rimane; nel contempo, si sceglie una sorta di ‘scrivano’ che dovrà aiutarla a redigere il Nuovo Nuovo Testamento, che stavolta non racconterà la sua vita, bensì quella dei suoi nuovi – sei – apostoli; nel frattempo, anche il Padreterno sarà costretto a scendere tra le sue creature, per cercare di rimediare ai – presunti – danni della figlia.
La vicenda si dipanerà raccontandoci le storie di quelle sei persone, l’impatto sulla loro esistenza dell’improvvisa coscienza dell’approssimarsi – più o meno imminente – della loro fine, che ne sancirà in varie maniere il ritorno stessso alla vita, uscendo dalle secche dell’aridità, della rassegnazione, delle ossessioni o del semplice grigiore quotidiano in modi in alcuni casi anche discretamente originali, mentre la seconda figlia di dio rivelerà le reali motivazioni e il piano più ampio, celato dietro il suo arrivo tra gli uomini…
Una commedia dai contorni favolistici, con qualche concessione all’esistenzialismo: “Dio esiste e vive a Bruxelles” è stato uno di quei ‘casi’ che, a dire il vero con una certa frequenza, ci vengono offerti dal cinema francofono: stavolta poi la pellicola è balzata agli onori delle cronache, perché, per il classico tremendo scherzo del destino, è uscita nelle sale proprio mentre nella realtà vera si scopriva che Bruxelles, più che di dio, sembra sia la città d’elezione degli jihadisti europei…
Un film in alcuni casi (leggi alla voce: Fabio Fazio) è stato osannato oltre i suoi limiti oggettivi, che lungo il suo dipanarsi si perde un po’ per strada e che a tratti risulta anche un filino lento, ma ciò non toglie che in fin dei conti lo spunto di partenza dà al film delle solide fondamentamenta su cui sostenersi; se vogliamo, il ‘secondo avvento’ non è una novità assoluta e la protagonista pur essendo una ragazzina non è l’emblema dell’innocenza e della bontà assoluta: anzi, sembra anch’essa abbastanza perplessa, forse troppo matura nella consapevolezza dei propri limiti.
Il nome di Jaco van Dormael dirà forse poco al grande pubblico italiano, ma il regista belga è da tempo entrato nelle grazie della critica e può vantare almeno un altro successo di botteghino, ormai una ventina di anni fa, con “L’ottavo giorno” (per chi se lo ricorda, una sorta di Rain Man all’europea in cui l’arido manager Daniel Auteuil ritrovava la propria umanità grazie all’incontro con un ragazzo affetto dalla Sindrome di Down); van Dormael ci racconta questa storia dal respiro ‘biblico’ con abbondanti dosi di ironia, giocando sul concetto della ‘predestinazione’: tutti sappiamo di dover morire prima o poi, ma non quando, e la mancanza di questo dettaglio finisce spesso per far perdere di vista l’obbiettivo di fando, conducendoci a vivere esistenze per lo più insensate; allo stesso tempo, buttando tutto all’aria ci mostra come, potendo sapere quanto tempo gli rimarrebbe, gli uomini butterebbero all’aria molte convenzioni sociali e perfino qualche tabù…
La giovanissima esordiente Pili Groyne come tutti – o quasi – i bambini, si trova a proprio agio davanti alla macchina da presa a dare vita al suo personaggio di messia 2.0; Benoit Poelvoorde si conferma un comico e un attore di razza, divertendosi a dare vita a un dio infame e neghittoso (la parte più spassosa del film manco a dirlo è costituita dalla esperienze terrene del padreterno); nel resto del cast si distingue – per la sola carismatica presenza – Catherine Deneuve, nel ruolo di una moglie annoiata che troverà la propria realizzazione nel modo più inaspettato…
Ho visto questo film quasi fuori tempo massimo, essendo uscito prima di Natale e che probabilmente verrà a giorni soppiantato dalla raffica di uscite post-festive: il consiglio è comunque di dargli un’occhiata in occasione di eventuali programmazioni televisive o uscite su altri supporti.