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LEGGE ELETTOR(AN)ALE

La legge elettorale appena approvata non mi piace; mi fa abbastanza schifo, in realtà: non tanto perché non corrisponda ai miei ‘desiderata’ (io sono un fautore del maggioritario di collegio, sul modello britannico, per intenderci): so bene che la ‘legge perfetta’ non esiste, quanto perché la legge appena approvata è quanto di più confuso e caotico, fatto di premi di maggioranza, capolista bloccati, preferenze…

Una legge è buona se si fa in fretta a spiegarla e capirla; una legge è fatta male quando per spiegarla e capirla ci vuole mezz’ora e forse manco basta; una legge fa schifo quando è stata volutamente scritta male, perché, come si dice,  ‘il diavolo è nei dettagli’, e questa legge è stata concepita in modo volutamente confuso per prendere in giro gli italiani, affermare una cosa, quando poi la realtà è molto diversa…

 
IL PREMIO DI MAGGIORANZA

Va premesso che la Legge di cui si parla, pur essendo ‘generale’, dovrebbe teoricamente valere solo per la Camera dei Deputati, visto che la riforma della Costituzione in corso di approvazione prevede che il Senato non sia più un organo eletto a suffragio universale, ma solo dai rappresentanti di Comuni e Regioni.
La legge elettorale appena approvata (non la chiamerò per nome, perché tutte le ‘latinizzazioni’ usate negli ultimi anni hanno svilito il latino, facendo rivoltare i padri del diritto nella tomba) può essere criticata per tre motivi principali: premio di maggioranza, capolista bloccati, preferenze; sono elementi non buoni o cattivi di per sé, il problema sta nell’uso che se ne fa.

Descrivendo questa legge si dice: “la sera delle elezioni si saprà chi ha vinto”, che è un principio giusto e sacroanto; l’obbiettivo viene raggiunto assegnando al partito che ha vinto il cosiddetto ‘premio di maggioranza’; ora: a me a sentire parlare di ‘premio’ già viene l’orticaria, perché sostanzialmente significa fare si che una quota di parlamentari non corrisponda effettivamente ai voti ottenuti. Comprendo però come in Italia, vista la tendenza alla frammentarietà della scena politica, il ‘premio’ possa anche essere ritenuto necessario; il problema sta nel fatto che questo premio è abnorme e ha pochi precedenti e analoghi all’estero.
Si dirà che per l’ottenimento del ‘premio’ bisogna raggiungere il 40 per cento dei voti: possibilità remota, ma che per esempio nelle ultime elezioni europee si è già verificata… Se nessuno raggiunge il 40 per cento (quindi, come osservava recentemente la costituzionalista Carlassare, non si tratta nemmeno di un premio di maggioranza, visto che il premio va non a chi raggiunge la maggioranza – 50% per cento + 1 – ma semplicemente a chi ottiene più voti: si dovrebbe dire: premio di maggioranza relativa, che è ben altro) i due partiti con più voti vanno al ballottaggio, ma anche qui da quanto ho capito il vincitore avrebbe comunque il premio.

Secondo: dare il premio al partito vincitore e non alla coalizione ha una discreta logica: si impedisce che partiti che contano poco possano avere un potere di ricatto nei confronti del Governo; però: cosa succede il gorno dopo le elezioni? E se un gruppo di parlamentari eletti nel partito che ha vinto va per i cavoli suoi e fonda un gruppo autonomo alla Camera, finendo per ricattare il Governo allo stesso modo? Pensate a quello che è successo col Nuovo Centro Destra, un partito non presente nella società, nato da una scissione parlamentare, che ha modificato gli equilibri di maggioranza e opposizione; cosa impedisce che al prossimo giro assisteremo allo stesso fenomeno?

 

I CAPOLISTA BLOCCATI

Quando apre la scheda, l’elettore si trova davanti i simboli dei partiti affiancati da un nome e da alcune righe ‘in bianco’; i nomi stampati sulle schede sono quelli dei ‘capolista’ dei partiti nei collegi: si tratta, almeno per quanto concerne i due, tre, partiti maggiori, di persone che in Parlamento ci andranno comunque. Poniamo il caso che in un collegio si presentino Gelmini per Forza Italia, Ruocco per M5S e Serracchiani per il PD: l’elettore sa già in partenza che qualsiasi sarà il suo voto, Gelmini, Ruocco e Serracchiani avranno comunque il loro scranno, a prescindere: i capolista (prevedibilmente saranno i ‘big’ dei vari partiti) sono candidati ‘privilegiati’ che sostanzialmente sfuggono al giudizio popolare perché nella Camera ci entreranno comunque: anche se non siamo di fronte all’estremo della precedente legge, in cui tutte le liste erano bloccate, dando vita ad un Parlamento di nominati, boss di corrente, amici degli amici, etc… Il sistema dei capolista bloccati permette comunque ad una quota di candidati di entrare alla Camera a prescindere.

 

LE PREFERENZE

Accanto ai capolista privilegiati, c’è la possibilità per l’elettore di esprimere una serie di preferenze: ogni partito proporrà liste di candidati (da quello che ho capito ognuna ne proporrà circa una decina, molti meno che in passato e questo può anche essere un elemento positivo), trai quali poter scegliere.
Ora: quello delle preferenze a prima vista è uno strumento positivo: se io conosco un candidato e mi fido di lui, gli do il voto. Il problema è che in Italia quasi sempre il voto di preferenza si è tradotto in una lotta senza quartiere trai candidati per ottenere il consenso, lotta che spesso è stata portata avanti con metodi poco leciti e col voto di scambio; il voto di preferenza è stato spessissimo il ‘grimaldello’ con cui le assocciazioni criminali hanno portato in Parlamento i loro referenti. Mi auguro che ciò non avvenga, che la selezione ‘a monte’ sia rigorosa, altrimenti ci ritroveremo con una Camera piena di gente che non penserà certo al benessere dei cittadini…

 

IN CONCLUSIONE

Il prossimo Parlamento potrà arà composto da tre tipologie di individui:

1) I capilista bloccati, nominati dalle segreterie di Partito e sottratti al giudizio popolare.

2) Gli eletti con le preferenze, espressione del reale voto dei cittadini, dei quali si può solo sperare che siano persone oneste.

3) Coloro che potrebbero entrare in Parlamento in forza del ‘premio di maggioranza’,  che rappresentano un ibrido: perché se da un lato hanno comunque ottenuto dei voti ‘reali’, dall’altro fanno parte di una quota di Parlamento che non corrisponde alla volontà complessiva del corpo elettorale; si potrebbe verificare questo caso, ad esempio: poniamo che il PD vinca le elezioni ed ottenga il Premio: potrà succedere che grazie a questo entrino in Parlamento rappresentanti del PD che hanno ottenuto meno preferenze di candidati di Forza Italia o M5S: non saprei come chiamarla, se non distorsione della volontà popolare.

Visto così, dunque, è difficile affermare che il prossimo Parlamento sarà il reale specchio della volontà degli elettori: sono stati conservati elementi di ampia discrezionalità per i capi partito che potranno in una certa misura portare in Parlamento chi piace a loro, a prescindere dal gradimento dell’elettorato, ed è stato stabilito un abnorme premio di maggioranza, anch’esso non corrispondente al voto reale… Il prossimo Parlamento diverrà quindi in buona misura una diretta emanazione del partito che ha vinto le elezioni e per estensione del suo leader: il che potrebbe portare l’Italia ad essere una ‘democrazia’ in cui il leader del partito che ha vinto le elezioni ha un potere pesantissimo sul Parlamento, mancando per il momento a fronte di questo i necessari contrappesi della Costituzione; con una legge elettorale del genere, non resta che sperare che il leader di turno del Partito vincitore sia una persona tranquilla e in buona fede, perché il giorno in cui questi dovesse essere un individuo autoritario e dalle tendenze un filo dittatoriali, allora saranno ca**i… come dite? Renzi corrisponde al profilo? E’ già… fate voi…
Ci viene detto che, approvata la legge elettorale, la Costituzione verrà in parte modificata per tenerne conto, ma a rigor di logica, prima viene la Costituzione e poi la legge elettorale, non il contrario… insomma, visto che in Italia le leggi elettorali si succedono con cadenza decennale, che facciamo? Cambiamo la Costituzione ogni volta che cambia la legge elettorale?
Resta il fatto che questa legge elettorale lascia seri dubbi per il suo essere macchinosa e per sottrarre gran parte del Parlamento alla volontà dell’elettorato.

Il finale è sempre lo stesso: ci troviamo di fronte ad un processo di riforme che il Governo Renzi sta portando avanti avendo come scopo l’ampliamento e la conservazione del proprio potere nel breve termine: si riforma la legge elettorale e poi gli si adatta la Costituzione perché così fa comodo, fregandosene delle conseguenze… tanto il programma di Renzi non è certo quello di ‘durare poco’: Renzi ce lo dovremo tenere ben al di là delle due legislature da lui ‘preventivate’ (fino al 2023): tra 15, 20, 40 sarà ancora qui trai piedi, e se non sarà lui, sarà uno dei ‘geni’ che lo circondano, magari una delle tante ‘bellocce da talk show’ che lui ha portato al potere solo in virtù dell’aspetto fisico gradevole…

Auguri a tutti.

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SE 80 EURO VI SEMBRAN TANTI (O POCHI)…

Cerchiamo, per un attimo, di andare oltre l’irritante sorrisino di condiscendenza dell’on. Picierno o le uscite demagogicamente calcolate di Piero Pelù; cerchiamo di capire le motivazioni del provvedimento, e la sua utilità.

Gli 80 euro: tanti? Pochi? Banalmente, la risposta è: dipende; per un single che abbia abitudini ‘sobrie’, gli 80 euro possono effettivamente consentire una decina di giorni di spesa; per una coppia in cui entrambi i componenti godano del provvedimento, sono un discreto aiuto; per una famiglia monoreddito di tre persone, non sono tutto ‘sto che: consentono a mala pena una serata cinema + pizza.

Il provvedimento, nelle intenzioni del Governo, produce benefici per coloro che hanno una certa ‘propensione al consumo’: detta in due parole, si è erogato il beneficio a coloro che – probabilmente – gli 80 euro li spenderanno, senza lasciarli a ‘riposare’ in banca, o sotto il proverbiale ‘materasso’; nell’ottica del Governo, ad esempio, i pensionati sono più orientati al risparmio, quindi se avessero ricevuto gli 80 euro, li avrebbero ‘conservati’; perché dare gli 80 euro ai lavoratori dipendenti, in busta paga? Perché questa è la soluzione più ‘rapida’ dal punto di vista tecnico… è ovvio che sarebbe stato più ‘giusto’ partire da chi ha redditi così bassi da non poter pagare le tasse, ma in quel caso, il problema è che si sarebbero dovuti erogare questi soldi tramite altri strumenti, con la necessità di controlli che avrebbero allungato i tempi: il problema è che Renzi di tempo non ne ha, deve produrre risultati entro le elezioni..

Cosa non funziona nel provvedimento:

1) Non tiene conto della situazione famigliare dei beneficiari: per esempio, potrebbe benissimo accadere che chi beneficia del provvedimento, abiti con una persona abbiente e danarosa; mettiamo che una persona che guadagni 1.500 al mese euro conviva o abiti con una persona che ne guadagni 10.000 al mese: il nucleo famigliare beneficerà del provvedimento, nonostante questo non incida più di tanto sulle finanze famigliari.

2) Non tiene conto di eventuali altri redditi: il nostro lavoratore dipendente potrebbe, ad esempio, aver ricevuto in eredità degli immobili che, affittati, gli fruttino qualche migliaio di euro al mese; anche in questo caso, il lavoratore beneficerà del provvedimento. Va detto che però il Governo ha specificato che in questo caso il contribuente non ha diritto al beneficio in busta paga, ma che deve essere lui a comunicarlo al datore di lavoro, eventualmente restituendo quanto indebitamente ricevuto quando pagherà le tasse… Recentemente ho letto un’affermazione di non so chi, che affermava che ‘contiamo sull’onestà dei contribuenti’… il che, in un Paese dove l’evasione fiscale assume le dimensioni che conosciamo, appare più che altro una dichiarazione di resa.

3) Il limite maggiore del provvedimento risiede però nella sua palese iniquità: ora, 1.500 al mese. Averceli. Nessuno nella mia ristretta cerchia di amici raggiunge tanto. Non voglio dire che 1.500 euro al mese siano roba da ricchi, però anche in questo caso tutto è relativo: certo, se si abita in affitto, questo se ne mangia come minimo la metà; se però si abita in una casa di proprietà, o comunque non si paga un affitto, il discorso cambia e 1.500 euro sono una discreta somma; si limita il provvedimento al ‘lavoro dipendente’, lasciando fuori dalla porta il mondo del lavoro, autonomo, atipico o delle pensioni… capisco anche che il Governo abbia preferito coinvolgere le tipologie di lavoratori ‘direttamente controllabili’ dal fisco, senza estendere il provvedimento a quelle categorie dove  l’evasione è più diffusa.. tuttavia non si può fare di tutta un’erba un fascio, affermando che i lavoratori autonomi siano tutti evasori a prescindere…

Le alternative c’erano, e andavano valutate seriamente: ne cito solo tre: un aumento delle detrazioni sulle spese sanitarie; un aumento, anche di poco, della soglia al di sotto della quale non si pagano le tasse; un intervento sull’IVA, magari procedendo col ‘bisturi’ e intervenendo su certe tipologie di prodotto: in fondo, la riduzione dell’IVA, uguale per tutti, porta benefici soprattutto ai meno abbienti…  Il problema è che credo che Padoan e lo stesso Renzi avessero ben presente la possibilità di alternative più eque agli ’80 euro al mese a chi ne guadagna 1.500′ ed è qui che viene alla luce la natura eminentemente ‘politica’ del provvedimento: qualsiasi alternativa, infatti, avrebbe richiesto più tempo, e Renzi di tempo non ne ha; deve portare risultati concreti in tempi brevi, è costretto non solo a far vincere al PD le elezioni europee, ma a fargliele vincere bene, e con ampio margine; gli ’80 euro’ hanno acquisito un peso sempre maggiore man mano che il Governo Renzi si è andato dimostrando incapace di approvare provvedimenti in altri settori: le riforme istituzionali andranno alle calende greche, di legge elettorale non si parla più, il decreto lavoro si sta rivelando un groviglio di misure incoerenti, volte non a migliorare l’occupazione, a far restare unita la maggioranza; la riforma della P.A. è al momento una lista di buoni propositi, mentre sullo scenario internazionale, il Governo sta mostrando una disarmante mancanza di iniziativa, ‘accodandosi’ a ciò che viene detto a Washington o Bruxelles. La questione – carceri e Giustizia in genere  è al palo: molto presto vedremo il Ministro Orlando a “Chi l’ha visto”… quella degli immigrati che giungono sulle coste, pure.

I famosi ‘gufi’, Renzi li vede solo nella sua immaginazione: qui non è questione di ‘tifare contro’, è questione di essere finora di fronte ad un Governo che, finora, ha puntato esclusivamente sull’effetto-annuncio…  il che, a dirla tutta, mi ricorda qualcun altro…

LE ESPULSIONI DAL MOVIMENTO CINQUE STELLE: CONSIDERAZIONI A LATERE

1) Considerate il momento storico in tutto ciò accade;

2) Considerate come, nonostante la popolarità di Renzi, il centrodestra sia in testa nei sondaggi;

3) Considerate come, nonostante ciò che ci dicono, anche il nuovo progetto di legge elettorale, dà un certo peso alle alleanze;

4) Considerate come l’esperienza abbia insegnato come le coalizioni prendano più voti dei grandi partiti ‘accorpati’;

5) Considerate come, in forza di quanto esposto al punto 4, il centrodestra italiano si è ampiamente attrezzato: Forza Italia, NCD, FDI,  più probabilmente Lega e Casini; e infatti i sondaggi gli danno ragione;

6) Considerate come il PD al momento possa contare sulla sola alleanza – ipotetica – con SEL, più, forse Scelta Civica.

Ne consegue che il PD ha la stretta necessità, in vista delle elezioni che si terranno probabilmente  a primavera 2015, di avere un qualche ‘terzo pilastro’ nella propria alleanza; in questo quadro si inscrive la ‘diaspora’ dal MoVimento Cinque Stelle, che ovviamente era in preparazione da tempo, organizzata sottobanco con tutta probabilità da Civati e dallo stesso Renzi, al fine di creare una sorta di nuovo ‘gruppo’ (e più in là, partito), capace di ‘attrarre’ sia l’elettorato del PD civatiano e deluso dal modo in cui Renzi è arrivato al Governo, sia l’elettorato deluso dal MoVimento Cinque Stelle; non è per niente un caso che tutto ciò succeda quando Renzi sale al Governo e quando Civati esprime tutto il suo malumore. Dietrologia? Forse, ma la tempistica è sospetta. Mi pare evidente che si sia aspettato il ‘casus belli’, che i quattro espulsi per mesi abbiano continuato a ‘tirare la corda’ , con distinguo, contestazioni, prese di distanza fino a farla spezzare, creando poi a catena tutta la situazione attuale, ben sapendo che se fossero stati ‘cacciati’, la cosa non sarebbe finita lì.

Tutto ciò va derubricato come ‘strategia politica’ e in fondo in tutto ciò non c’è nulla di male (Berlusconi ha creato la scissione con Fratelli d’Italia con lo stesso fine: fare in modo che i voti dell’elettorato di destra deluso da lui, restino comunque nell’orbita della coalizione); in tutto questo, non c’è peraltro nulla di male in fondo; l’unica cosa su cui avrei da ridire è anche ancora una volta tutto ciò viene propagandato come ‘mancanza di democrazia’ all’interno del MoVimento, quando hanno votato 40.000 persone, con lo stesso metodo attraverso cui ad esempio Grillo e Casaleggio sono stati smentiti più volte in passato dalla base; ora: non è che se la base vota contro Grillo e Casaleggio è libera e se invece vota come la pensano loro, allora non c’è democrazia… attenzione, peraltro, a riempirsi la bocca con la parola ‘democrazia’, visto e considerato che i fatti mostrano come in Italia a potersi definire realmente ‘democratici’ sono in pochi: di certo non il PD, che ha deciso di cambiare il Governo dell’Italia attraverso il voto di meno di 200 persone.

RENZI, LA LEGGE ELETTORALE E IL ‘SOLITO’ PD

PRIMO TEMPO. Considerazioni in ordine sparso sul progetto di legge elettorale ‘Renzi – Berlusconi’:

1) Le liste ‘bloccate’ corte: non mi sembrano uno scandalo, ma una via di mezzo, tutto sommato discreta, tra il sistema delle ‘preferenze’ (che in Italia è sempre stato sinonimo di ‘feudi elettorali’ nonché di voto di scambio, malaffare e infiltrazioni malavitose assortite) e quello delle liste abnormi; più in generale, il problema non sta nella ‘scelta del menù’, ma negli ‘ingredienti’. Sia le preferenze che le liste bloccate non garantiscono la ‘trasparenza assoluta’. Il sistema migliore sarebbe stato quello di un solo candidato per ogni lista, in quel modo si avrebbe il massimo controllo possibile da parte dell’elettore… Se i candidati venissero scelti con le primarie, sarebbe un passo avanti, ma il problema di fondo rimarrebbe: se i candidati alle primarie, per dire, sono tutti analfabeti, o tutti malavitosi, il problema si riproporrebbe.

2) La possibilità data ai partiti di presentarsi in coalizioni, ripropone pari pari il problema dell’incidenza dei piccoli partiti su un eventuale Governo. I casi sono due: o si procede con le coalizioni, che negli ultimi vent’anni in Italia hanno fatto solo danni, o si va per singoli partiti: il sistema Renzi – Berlusconi non risolve il problema di fondo, checché ne dicano loro.

3) Il doppio turno, assieme alle coalizioni, appare evidentemente un sistema per sbarrare la strada al MoVimento Cinque Stelle: per prima cosa infatti il sistema favorisce la formazione di assembramenti di partiti, quando è risaputo che M5S va sempre da solo; secondo, il doppio turno favorisce l’appoggio ‘esterno’: in poche parole, nella fantascientifica ipotesi in cui M5S andasse al ballottaggio con FI-NCD-FI-LEGA e soci, o al ballottaggio con PD (solo o in compagnia), è ovvio che i partiti ‘tradizionali’ si spalleggerebbero, invitando gli elettori a turarsi il naso contro il ‘nemico comune’ rappresentato dal ‘pericoloso populismo di M5S’. Non prendiamoci in giro: i partiti tradizionali stanno insieme al Governo da due anni e passa, ormai sono pappa e ciccia…

 

SECONDO TEMPO. Il ‘solito’ PD

Il PD mette ancora una volta in scena la commedia di bassa lega cui ci ha abituato negli ultimi anni:  appena eletto un segretario, si comincia subito a brigare per liberarsene. La piazzata esibita da Cuperlo l’altro giorno è ridicola e infantile, una cosa che manco all’asilo di infanzia. Non gioco più, me ne vado. Peccato che Cuperlo sapesse benissimo ‘chi’ fosse Renzi, la sua smania accentratrice, la sua sete di potere; perché allora accettare la Presidenza? Semplice, per potere, alla prima occasione, fare la scenata plateale, mettersi in mostra, conquistarsi i titoli dei giornali. Sono le solite guerra di potere cui abbiamo assistito negli ultimi anni. Ora: a me Renzi un pò convince, un pò no. Credo che il suo dire che ‘è ora di decidere sia sacrosanto’, specie se dall’altra parte abbiamo il PD dei Cuperlo e dei Fassina che è quello del discutiamo, discutiamo, discutiamo, facciamo notte, e… alla fine non decidiamo nulla e rimandiamo. Se Renzi è accusato di essere un ‘decisionista’ (noto peraltro che la mia impressione che Renzi sia una sorta di nuovo Craxi cominci a prendere piede), è altrettanto vero che il principale limite del PD sia stato l’in-decisionismo. Non dimentichiamoci che in tutti questi anni il PD è stato impegnato a discutere, discutere, discutere al proprio interno, il più delle volte su sofismi che poco avevano a che fare con la vita quotidiana dei cittadini italiani; il PD ha passato il tempo a guardarsi le scarpe mentre il mondo intorno girava, salvo alzare improvvisamente lo sguardo e ritrovarsi Piazza San Giovanni riempita da Beppe Grillo…

Io posso capire che nel PD serpeggi il terrore che Renzi voglia un partito ‘del leader’ modello – PDL; è una paura comprensibile (poi se sia veramente dovuta alla volontà ‘di democrazia’ o piuttosto alla paura di assistere a carriere ‘sbarrate’, non saprei); però, mi dico: Renzi è segretario da nemmeno due mesi; ha senso cominciare subito con le polemiche, le scenate, la guerra interna?  Non è forse meglio ‘lasciarlo lavorare’, vedere se e quali risultati raggiunge, e piuttosto che perdere tempo con le sceneggiate e le bambinate, ricominciare a guardarsi intorno, a lavorare sul territorio, a parlare con le persone per intercettarne i malumori e malessere? L’impressione è di trovarsi di fronte ad un film (di serie – Z) già visto: il mondo va avanti, ma il PD preferisce starsi a guardare le scarpe, perché l’importante è  ‘il Partito’, mentre per le persone comuni c’è sempre tempo…

RENZI: ED ORA?

Quel che è detto è detto, quel che fatto è fatto… il risultato delle primarie sta tutto nei numeri: 3.000.000 circa di votanti, un plebiscito per Renzi… più che delle analisi sul ‘ciò che è stato’, sono curioso per il ‘ciò che sarà’. Gli analisti sostengono che se Renzi non è stupido, lascerà lavorare Letta, senza rischiare di buttare tutto all’aria… nel suo discorso di ieri, Renzi ha rimarcato ancora una volta l’urgenza della nuova  legge elettorale e di una riforma che semplifichi e renda più agile e meno costosa l’architettura istituzionale italiana. Bene, ma i tempi? Possibile che il solo arrivo di Renzi alla segreteria segni un’accelerazione in tal senso? E se, poniamo, Renzi davvero in uno – due mesi, dovesse raggiungere i due obbiettivi, allora che succederà? Sono abbastanza sicuro che il neo-segretario non abbia intenzione di andare a votare con l’attuale legge elettorale (qualunque essa sia, visto che appurata l’incostituzionalità di quella vigente, non si è ancora capito se, poniamo, ritorni in vigore quella precedente); tuttavia, se Renzi dovesse ottenere in tempi brevi la nuova legge elettorale,  non sono così sicuro che lasci proseguire Letta.

Renzi è ambizioso, e sappiamo bene che ha deciso di fare il segretario solo perché questo è uno step ‘intermedio’ che si è frapposto tra lui e il Governo; altrimenti del PD se ne sarebbe fregato. Ora: attualmente Renzi è il politico più popolare in Italia, a occhio e croce i sondaggi vedranno ad esempio, tornare M5S sotto al 20% proprio per l’effetto – Renzi; la destra è allo sbando, il centro inesistente; Renzi può contare su un vantaggio competitivo allucinante, vantaggio che però è destinato ad assottigliarsi per il solo passare del tempo. Votare nel 2015 per Renzi significherebbe: 1) Esporsi al logoramento del sostegno di un Governo che continuerà  ad operare come ha fatto finora, puntando tutto sul rigore dei conti, con poco o nullo spazio per la riduzione delle tasse; 2) Di conseguenze esporsi alle critiche del MoVimento Cinque Stelle; 3) Permettere al campo del centrodestra di riorganizzarsi.

Domanda: gli conviene tutto questo? La risposta non può che essere negativa, e allora io ho tanto l’impressione che non appena Renzi porterà a casa la legge elettorale, cercherà il ‘casus belli’ per far cadere il Governo, magari prendendo a pretesto la politica fiscale o altro; di tempo ce n’è obbiettivamente poco, ma ce n’è… e davvero pensate che Renzi non sia intrigato dall’idea di presentarsi in Europa come il nuovo Capo del Governo in occasione del semestre di Presidente italiana UE? Lo ribadisco, l’uomo è ambizioso, e a restare per oltre un anno ad occuparsi delle beghe di partito, proprio non ce lo vedo.

MA CHE COS’E’ QUESTO ‘POPULISMO’?

Credo sia il caso di domandarselo, se non altro perché negli ultimi decenni, quella di ‘populismo’ è stata un’accusa lanciata a destra e manca… spesso, mi viene da pensare, in maniere del tutto strumentale, volta in un certo senso a ‘depotenziare’ certe proposte… I lettori più attenti avranno già indovinato dove voglio andare a parare, ma, MoVimento Cinque Stelle a parte, secondo me il problema si pone a priori. La mia sensazione, esulando per un attimo dai casi specifici, è che negli ultimi anni qualsiasi proposta che sia stata anche solo di poco ‘fuori’ da certi ‘canoni’, sia stata sbrigativamente, con tanta disonestà intellettuale e in perfetta malafede, bollata di populismo; si taglia la testa al toro, insomma: appena qualcuno si alza ed esclama che ‘il re è nudo’, lo si taccia di populismo per evitare di scendere nel merito delle questioni. Guarda caso poi, l’accusa di populismo viene sempre dalla stessa parte: mi perdonino i simpatizzanti e gli elettori del PD, ma è un dato di fatto che è proprio questo, assieme ai suoi predecessori, ad aver usato più spesso il termine ‘populismo’ per derubricare, fin troppo sbrigativamente, le proposte altrui; spesso, aggiungo e ribadisco, proprio per non scendere nel merito delle questioni e magari nascondere la propria mancanza di idee…

Negli ultimi vent’anni, dal PDS al PD, sono stati di volta in volta definiti populisti Berlusconi, la ‘sinistra radicale’, il MoVimento Cinque Stelle… come si vede, senza distinzioni, tra destra e sinistra… Secondo me col tempo si è confuso, ovviamente in modo voluto ‘popolare’ con ‘populismo’: col tempo, qualsiasi proposta che risultasse gradita al ‘popolo’ è stata bollata come ‘populista’. Eppure, ma il dovere dei partiti politici non dovrebbe proprio essere quello di proporre proposte che ‘facciano piacere’ al popolo?  Insomma, a questo punto dovremmo affermare che persino Obama sia ‘populista’ quando propone una riforma sanitaria assai costosa, rischiosa per le casse pubbliche, ma in fondo giusta perché offre garanzie a una parte della popolazione che ne è priva… poi è chiaro che dopo la proposta c’è la realizzazione concreta, è lì come si dice ‘casca l’asino’, si capisce se una parte politica è in grado o meno di dare seguito alle proprie proposte… e sotto questo profilo, negli ultimi vent’anni, non abbiamo visto grandi cose; guardiamo solo all’attuale Governo: sia PDL che PD avevano giurato e spergiurato che avrebbero portato a termine almeno due provvedimenti immediati: la legge elettorale e la riforma del finanziamento pubblico dei partiti; di nuova legge elettorale, nemmeno l’ombra; la riforma del finanziamento pubblico si sta rivelando un’autentica presa per i fondelli; mi pare quindi che, a prescindere dal ‘populismo’ o meno delle proposte, poi alla fine il punto sia la loro effettiva realizzazione: banalmente, è la democrazia.

Ma poi, mi chiedo: c’è veramente qualcosa di male, nel fare proposte populiste, ossia gradite al popolo? C’è veramente qualcosa di antidemocratico, in questo? O forse per essere lodati per la serietà delle proposte, basta presentare provvedimenti che siano innanzitutto graditi a organizzazioni internazionali non democraticamente elette (Banca Mondiale, FMI, Commissione Europea), o alle varie conventicole che prosperano in Italia? Qual è il senso della democrazia: farsi eleggere per far star meglio la generalità popolazione o per far star meglio solo alcuni? E ancora: ma le proposte serie e ‘rigorose’ portano veramente benefici? Prendiamo l’ultimo caso  (escluso Letta, ancora in carica): di ‘Governo serio e non populista’: Mario Monti è senz’altro l’ultimo a poter essere accusato di populismo, anzi tutto il contrario: per lui parlano i dati elettorali (a proposito: che fine ingloriosa, quella di Mario Monti e Scelta Civica); il Governo Monti ha approvato provvedimenti del tutto invisi al popolo, da esso accettati con fin troppa acquiescenza; i risultati? Deleteri, a partire da un aggravamento mostruoso della recessione, l’aumento della disoccupazione, il calo dei consumi, dei redditi e delle condizioni di vita della maggioranza della popolazione, l’ulteriore arricchimento della porzione già più benestante. Allora? Come la mettiamo? Se questi sono i risultati della ‘politica seria non populista’, ha senso chiedersi se quella realmente ‘populista’  – o ‘popolare’ – non sia migliore. Almeno i ‘populisti’ vanno al Governo in forza di una reale legittimazione democratica, non come Monti che al Governo ci è andato in forza delle pressioni di un Governo straniero (quello tedesco) e delle organizzazioni internazionali non elette da nessuno; poniamoci la domanda: è meglio abdicare alla democrazia pur di aver un Governo ‘serio e responsabile’, che poi peggiora, come si è visto, la situazione, o tenersi il ‘populismo’, ma prodotto da un processo autenticamente democratico?

Al di là della filosofia politica, la domanda di fondo resta: perché proposte autenticamente ‘popolari’ e gradite alla maggioranza della popolazione, vengono archiviate come ‘populismo’, a causa magari del fatto che la loro applicazione concreta darebbe fastidio a qualche consorteria, conventicola, gruppetto, che in Italia fa il bello e il cattivo tempo solo in forza della propria influenza sulla politica, fondamentalmente basata sui soldi? Dire ‘abbassiamo le tasse’ è populismo? Dire ‘mi dispiace, ma le tasse aumenteranno’ (come ad esempio pare avverrà nel Lazio e Roma) è ‘responsabile’. Proporre una visione alternativa, come fa il MoVimento Cinque Stelle (che poi alla fin fine alternativo lo è fino a un certo punto, visto che il 75 per cento del suo programma alle elezioni corrispondeva a quello di PDL, PD e Scelta Civica) è populista, mentre dire ‘restiamo come stiamo’, continuando con la politica di una tassazione abnorme, del finanziamento pubblico dei partiti e dei giornali, della legge elettorale che così com’è sta benissimo a tutti, e l’elenco potrebbe proseguire, invece è ‘serio e e responsabile’? Ancora: se Grillo dice ‘aboliamo il finannziamento pubblico’ è populista, se lo dicono Renzi o Brunetta ‘bene, bravi, bis’? C’è troppa confusione, in giro; troppa malafede e troppa disonestà intellettuale. Bollare qualsia proposta volta a modificare lo status quo come ‘populista’ è troppo facile e in fondo, offensivo nei confronti dell’intelligenza delle persone.

DAGLI ADDOSSO ALL’INFAME

Vabbè, ormai si è capito quale sarà il tema dominante della prossima campagna elettorale: da una parte il MoVimento Cinque Stelle, dall’altra tutti gli altri. Una cosa del genere non si era mai visti: dai ‘fascisti’ duri e puri ai comunisti da centro sociale occupato, con tutto quello che sta in mezzo, è un fronte compatto che ha un solo, unico obbiettivo: s***dare Grillo e cercare di toglierselo dai piedi. Mi chiedo (scherzando, ma mica poi tanto), quanto ci vorrà prima che qualcuno cominci a sparare… Per intanto, è abbastanza lampante come alla base della totale incapacità dell’attuale Parlamento di produrre una legge elettorale seria, vi sia il problema – Grillo: non fatevi distrarre dalle questioni dei sistemi elettorali, delle preferenze, dei premi di maggioranza: il problema vero, sul quale si sono incagliati ‘lorsignori’ e dal quale non riescono a uscire, è che non riescono a trovare una soluzione decente che riesca a depotenziare il MoVimento Cinque Stelle. Nel frattempo, chiunque si sente in dovere di dare lezioni di democrazia a Grillo e al MoVimento, persino il PD che alla faccia del ‘partito democratico’, poco ci mancò che mando alla gogna i parlamentari radicali perché si erano espressi diversamente dalla ‘disciplina di partito’ (alla fine, scava, scava, vai a vedere che c’è sempre baffone Stalin dietro l’angolo). L’ennesima canea anti-grilliana, capeggiata da illustri ingegni come l’ultraottuagenario Eugenio Scalfari (che detto tra parentesi il fatto che la Mondadori gli abbia dedicato un Meridiano è una vergogna nazionale), uno che probabilmente non sa manco come si accende un PC, a seguito di tutto il casino generato dalla partecipazione del consigliere comunale bolognese Salsi a Ballarò. E rispunta il solito, stantio problema della partecipazione degli esponenti del MoVimento ai talk show televisivi. Del rapporto tra Grillo e la tv, ho già parlato; peraltro i fatti gli danno ragione, visto che il non partecipare, ma lasciare tutto alla comunicazione via Internet o nelle piazze, dando modo ai cittadini di fare confronti per conto loro sta funzionando. Grillo si è certamente esibito in commenti poco eleganti, ma lo conosciamo e fa parte del personaggio; da parte sua Federica Salsi o chi per lei sono liberissimi di andare dove credono, a farsi allegramente massacrare dai professionisti del video, quella pregevole compagnia di giro composta da una ventina di persone che infestano a turno i talk show televisivi. Però poi non si lamenti la Salsi delle reazioni.  Il punto è che si è capito che Grillo ha ragione: la presenza in tv dei rappresentanti dei MoVimento non paga e non porta un voto in più rispetto a quelli che arrivano normalmente. Non paga soprattutto perché i rappresentanti del MoVimento sono al di fuori del ‘giochino delle parti’ che viene inscenato puntualmente nei salotti televisivi, dove la gente fa finta di litigare come se si fosse a Forum e poi magari se ne va a cena insieme. Il MoVimento Cinque Stelle sta sulle palle a tutti: allora mi chiedo perché una qualsiasi persona sana di mente dovrebbe andare in tv davanti al plotone d’esecuzione dei Gasparri, delle Finocchiaro, delle Gelmini o dei Letta; ma per quale motivo? Grillo ha parlato, con maleducazione, di ‘punto G’, ma è indubbio che la fascinazione del video giochi un ruolo in tutta la faccenda. Il MoVimento Cinque Stelle ha deciso di usare come canali di propaganda Internet e le Piazze: non vedo che male ci sia, anche perché a dirla tutta quelli che oggi sembrano ritenere la tv il paradiso della democrazia, fino a ieri berciavano contro lo stesso tubo catodico, oggetto della dittatura berlusconiana.  Allora per favore, la si faccia finita con questa storia di Grillo che non è democratico perché non va in tv; e aggiungo: visto e considerato che si è dimostrato che andare in tv è più un danno che altro (non per incapacità dei rappresentanti del MoVimento, ma per il loro essere meno avvezzi ai tempi televisivi di altri), non ci si lamenti se chi in tv nonostante tutto ci va lo stesso, poi venga sonoramente rampognato…