(che poi detto tra parentesi mi aspettavo di trovare in questi giorni di mancato aggiornamento un bello ‘0 visite’ e invece quella decina di persone di media al giorno è comunque passata). Ciò che è successo credo lo sappiano più o meno tutti: le Pussy Riot sono un trio russo di punk al femminile (peraltro la qualità della loro proposta musicale non è che sia tutto ‘sto che), che qualche mese fa si è esibita in una manifestazione di protesta estemporanea cantando un brano anti-Putin in una delle più importanti chiese russe. Apriti cielo: ragazze in galera, processo, condanna a passare due anni in una sorta di colonia penale che da quello che ho sentito ricorda molto quella descritta nel fim “Runaway Train – a 30 secondi dalla fine” . Indignazione ovunque, perché questo è l’ennesimo caso di plateale violazione dell’elementare diritto alla libertà di espressione in Russia: alla fine persino gli ortodossi, che – anche con un pò di ragione, a dire la verità – si erano incavolati per il gesto sacrilego, hanno invitato alla clemenza… In Russia, lo sappiamo tutti, vige una visione un pò particolare della democrazia: la democrazia va bene finché non si mette in discussione Putin: se qualcuno fa tanto anche solo per indispettirlo, via, buttato in galera. Nell’occasione delle proteste contro la sentenza per il caso in questione, tra l’altro, si è pure approfittato per mettere per l’ennesima volta sotto indagine l’ex campione di scacchi Kasparov, uno dei leader dell’opposizione, che già in passato ha avuto problemi: insomma in Russia l’opposizione la puoi fare, ma solo come piace a Putin (a tal proposito viene in mente la concezione di democrazia, Governo e opposizione che pare avere il nostro ex-Presidente del Consiglio, che di Putin è guarda caso grande amico). Le reazioni indignate per il trattamento delle tre Pussy Riot sono ovviamente partite dagli USA, hanno coinvolto vari rappresentanti dell’UE, hanno suscitato persino le dichiarazioni della Merkel. Nelle stesse ore cosa faceva Monti: snocciolava similitudini belliche per parlare della lotta all’evasione e si impelagava in un discorso senza capo né coda sulla necessità di rivedere la normativa sulle intercettazioni. Sul caso delle Pussy Riot e sulla questione dello stato della democrazia e della libertà di espressione in Russia, silenzio assoluto: e certo, perché guai a disturbare il manovratore, guai a mostrare la seppur minima titubanza nei confronti di Putin, che sennò quello ci chiude i rubinetti del gas e del petrolio; guarda caso (strana coincidenza…) il Governo italiano appare altrettanto defilato nei confronti della questione siriana: e non ci vuole molto a capire il motivo, visto che Putin è stato finora irremovibilmente a fianco del regime di Assad… Insomma, guai a indispettire ‘madre Russia’, che poi magari i miliardari non vengono più in Italia. In Russia un gruppo punk (ma dubito che Monti sappia cosa sia il punk, per lui credo che già Orietta Berti faccia troppa ‘caciara’) viene sbattuto in una colonia penale ben poco rassicurante, evidente violazione della libertà di espressione, ma a Monti interessa mettere fine agli ‘abusi’ sulle intercettazioni, limitando, tra l’altro il diritto dei cittadini ad essere informati, e qui le due cose si saldano: sempre di limitazioni alla libertà di espressione e informazione, si tratti. Un Monti ‘sovietico’, dunque: e in fondo a guardarlo, il ruolo di dirigente del PCUS gli sarebbe calzato a pennello.