Interessante e singolare, la parabola dei romani Monoma: col loro primo disco, “Cabaret meccanico?” avevano avuto modo di fare apprezzare la propria tendenza all’eclettismo, al giostrate tra elettronica, wave, prog e cantautorato; il successivo “E.LE.MENTI” aveva fatto segnare un primo cambio di direzione, appianando certe spigolosità, ma risultando nel complesso forse un pò troppo orientato a ricercare una ‘gradevolezza d’ascolto’. Poi… poi, si sa, come vanno le cose: se è vero che ‘il secondo disco è sempre il più importante…’, come cantava qualcuno, per i Monoma le cose non sono andate benissimo: tanti apprezzamenti ma (come spesso succede), senza i risultati sperati sotto il profilo delle vendite. Dopo varie vicissitudini, ripensamenti, scherzi del destino e nuovi entusiasmi, troppo lunghi da sperare, ritroviamo i Monoma oggi, reduci da una lunga parentesi trascorsa negli States a registrare il nuovo disco.
Un nuovo cambio di rotta, stavolta radicale: abbandonata l’elettronica in favore di una veste semiacustica, lasciato in patria l’idioma italico per abbracciare l’inglese, i Monoma si presentano con un disco esteticamente quasi ineccepibile, ma che sotto la veste, più che mai gradevolmente pop, mostra in trasparenza le doti del gruppo, capace ancora una volta di rinnovarsi.
Un disco registrato negli States che porta con se profumi da indie-pop del vecchio continente: la title track è quasi spiazzante, con quelli che appaiono lontani rimandi ai dEUS più recenti e meno abrasivi… il seguito del disco sembra da un lato continuare a guardare all’Europa, varcando la Manica, sembrando riconducibile di volta in volta alla breve ma intensa stagione del ‘new acoustic movement’, piuttosto che alla leggerezza indie di Badlt Drown Boy o ai Travis; dall’altro risentendo delle influenze d’oltreoceano, con qualche assolata suggestione ‘californiana’, lasciando anche lo spazio per una parentesi (Coffee & Rock ‘n’ Roll) un pò più sguaiatamente ludica.
Un disco che si lascia apprezzare, che forse alla lunga perde un pò la presa sull’ascolto: si ha come l’impressione che qua e là la scelta, pur efficace nel complesso, di ridurre i suoni all’essenziale, mostri un pò la corda e di volta in volta qualche arco, fiati, un synth, un pizzico di sonorità ‘giocattolate’ avrebbe dato alle singole portate qualche spezia in più.
Resta comunque il fatto che “Spreading Love & Sound” è un disco efficace, che ci mostra una band ormai rodata e capace, nuovamente, reinventarsi.
LOSINGTODAY