Posts Tagged ‘Foo Fighters’

OSSO, FUSCO, ESTEBAN E MATILDE: SINGOLI

Osso
Habiba
World of Media Italy
Ossama Addahre è un figlio di nostri tempi: marocchino di origine, nato ia Castiglione delle Stiviere (provincia di Mantova), un pugno di singoli già all’attivo, riversa in quedto nuovo pezzo la sua identità multiculturale, tra una forte impronta del maghreb, un’elettronica che tende al dancefloor e un puzzle linguistico che mescola italiano, spagnolo, francese e – credo – anche lingua della sua terra d’origine.
Il risultato, anche se non originalissimo (la proposta sonora non nuova è applicata a una dedica d’amore abbastanza ‘consueta’), si lascia comunque apprezzare: si sente ‘aria di Mediterraneo’ e tanto può bastare.

Fusco
Maglia Azzurra in Rosa
Effeffe Edizioni
Una dedica alla Nazionale di calcio femminile, che tra l’altro esce mentre sono in corso gli Europei.
Su uno sfondo rockeggiante con qualche influenza di Foo Fighters, si imbastisce un testo dedicato ai sogni di bambina che si realizzano crescendo.
Senza nulla togliere, sarebbe ottima come sigla di un cartone animato dedicato a delle giovani calciatrici.
La definizione data di ‘Inno’ è un po’ eccessiva.

Esteban e Matilde
CBD
Visory Indie / Believe Digital
Più Esteban dell’Orto (palermitano di origini cilene), che la capitolina Matilde La Cava, in questo brano dedicato a una storia d’amore un filo travagliata: lui si comporta un po’ da str***o, lei ci resta male.
Tutto però resta abbozzato, poco approfondito: in meno di tre minuti di pop abbastanza canonico, non è che ci sia tempo.
Peccato, tra l’altro, perché i due sembrano pure funzionare; un maggior intreccio delle due voci in un pezzo meglio sviluppato sarebbe stato più efficace.

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IXIA, JUST JAKE, REVMAN, IL RE TARANTOLA, FACTANONVERBA, DONSON, GRID, FUSCO, MONALISA, CORPOCELESTE: SINGOLI

IL SINGOLO DELLA SETTIMANA

Ixia
Tutto ebbe inizio
Maqueta Records / Artist First
Poi improvvisamente ti capita un brano come questo e meno male che c’è qualcuno che riesce ancora a evadere dal minimo quotidiano e metterci un po’ di fantasia.
Patrizia Ceccarelli ha cominciato con l’hip hop, prima di innamorarsi a tutto il mondo legato alle leggende celtiche, musica compresa, assumendo il nome di Ixia, prima nei giochi di ruolo, poi nel suo lavoro di cantante.
Così, dopo aver pubblicato qualche anno fa un primo lavoro in inglese, “Catherine”, incentrato sul viaggio di una donna che vuole ‘schiarirsi le idee’ sui due spasimanti che le corrono dietro, e in attesa di un secondo disco, ecco la sfida di reinterpretare e in parte reinventare quel primo lavoro in italiano.
Azzardo, considerato che la musica centurione qui da noi non è certo in cima alle classifiche, pur potendo contare su un certo zoccolo duro di appassionati.
‘Tutto ebbe inizio’ ci narra ovviamente l’inizio della storia, coi suoni tipici del genere, mescolando suggestioni folk con vaghe allusioni progressive che fanno da contorno a una dolcezza vocale che è l’elemento dominante del brano. Che la voce in questione appartenga a chi ha la bellezza eterea di un personaggio uscito da qualche leggenda, è dettaglio magari marginale, che però completa il ‘quadro’.
Insomma, si può dire che bello che ogni tanto arriva chi ci porta in altre epoche, altri mondi?

GLI ‘ALTRI’

Just Jake
Adone e Afrodite
Cosmophonix Artist Development / Artist First
Sebbene somigli a un mero pretesto per raccontare una storia d’amore totalizzante quanto fugace che al suo termine lascia le consuete macerie emotive, va comunque apprezzato il riferimento mitologico, segno che ogni tanto i giovani artisti di oggi riescono a riversare in brano troppo spesso volti al rapido consumo qualche riferimento colto.
Ugualmente apprezzabile l’idea di girare un video in in teatro antico, non ho capito quale, con tanto di tanti di statue che sembrano osservare impassibili l’esibizione del giovane Just Jake, calabrese di origine, emiliano di adozione.
Siamo di fronte a una proposta abbastanza consueta, un pop con qualche suggestione latina che tende a scivolare verso rap e varie derivazioni, col contorno del solito ‘effetto’ applicato alla voce.
Le parole non spiccano per originalità, ma resta comunque la scelta di location e titolo, che se non altro mostra la volontà di ampliare l’orizzonte culturale.

Revman
Tra di noi

Poliziotto di professione, rapper per vocazione, Sebastiano Vitale da Palermo ha scelto la”Giornata internazionale contro l’omofobia, la biofobia e la transfobia”, per pubblicare il suo nuovo singolo, brano in cui una dedica sentimentale si mescola un messaggio sulla singolarità e specialità di ognuno, ampliando il proprio a un messaggio di comprensione tra gli esseri umani, al di là qualsiasi differenza.
Non è un caso quindi che nel video sia presente un abbraccio tra ragazzi vestiti con le bandiere di Russia e Ucraina.
Rap – pop discretamente orecchiabile, ma l’importante è il messaggio.

Il Re Tarantola feat. Spasio Derozer
Aiutiamoli a casa loro comprando le loro lauree
Il Piccio Records / Artist First
Pezzo che in origine doveva chiamarsi ‘Trota’… se cercate ‘laurea Trota’ su Internet, capirete tutto.
Un sano brano di punk rock, proposto da Manuel Bonzi, non un novellino (tre dischi e un EP all’attivo), in collaborazione con Spasio Derozer che dell’omonima band è il batterista, ma qui interviene ai cori.
Registrato a casa propria durante la clausura collettiva di due anni fa, dipinge con chitarre sferraglianti quadro in cui talvolta si immaginano lavori improbabili, per poi prendere atto che chi li fa sul serio, arriva fa qualche parte: le lauree sono materiale da compravendita…
Ogni tanto, ci vuole.

Factanonverba
Impossibile
Red Owl
Attivi, con alterne fortune, dalla seconda metà degli anni ’90, Marco Calisai e Paolo Vodret, sardi di Sassari, tornano con un rock alternativo con qualche venatura noise che invita a non guardarsi indietro, a rimpiangere il tempo magari sprecato, e a fermarsi a riflettere sulla necessità di un rapporto migliore e più ‘sano’ col tempo stesso.

Donson
Facile
Artist First
Si respira già aria d’estate, in questo nuovo singolo di Andrea Domini, alias Donson.
‘Facile’, ma ‘facile’ non è, il quotidiano coi suoi piccoli / grandi problemi, a cominciare da quelli sentimentali.
Pop sintetico, tinte solari, umori malinconici.

Grid
Nomade
Cosmophonix Artist Develpoment / Altafonte Italia
‘Nomade’ come simbolo di libertà: “Ho bisogno di cambiare quando chiama il vento”, canta (rtndendo all’hip hop) Fabiana Mattuzzi da Padova, con tutta la vitalità dei suoi vent’anni e anche una certa ‘consapevolezza’: già qualche singolo all’attivo, ma soprattutto un percorso avviato fin da ragazzina.
Libertà di percorrere la propria strada, viaggiare fisicamente, ma forse soprattutto interiormente…
Un pop dalle tinte estive che non rinuncia a una componente di ‘seduzione’: Grid è una bella ragazza e lo dimostra (senza esagerare) con la complicità di un video tipicamente ‘balneare’.

Fusco
Comfort Zone
Franco Fusco, o semplice Fusco, nel suo nuovo singolo invita l’acoltatore a muoversi e lasciare la sua ‘zona di conforto’.
Invito, diciamocelo, di questi tempi un po’ banalizzato, come se tutto dipendesse solo ed esclusivamente dal singolo e non da tutta un’altra serie di fattori che riguardano – in certi casi, purtroppo – il vivere all’interno di ‘gruppi sociali’ coi quali alla fine bisogna fare i conti…
La sostanza del messaggio può essere quindi più o meno condivisibile, la forma, un rock arioso a là Foo Fighters può risultare gradevole.

Monalisa
Fruit Joy
Gotham Dischi
Tormenti personali e pene d’amore dei trentenni di oggi, in questo singolo del trio dei Monalisa; l’incapacità di adeguarsi nei tempi attuali porta a rifugiarsi nel passato, nelle estati della propria infanzia, quando tutto sembrava più semplice…
Concetti non nuovissimi, espressi con un pop-rock dalla facile presa.

Corpoceleste
Oblio
Massimo Bartolucci, un paio di singoli all’attivo, sceglie ‘Corpoceleste’ come pseudonimo per il suo nuovo progetto, inaugurandolo con questo singolo.
Un fantasma è la presenza silenziosa del video simbolo, forse, di tutti coloro che vorrebbero essere ‘altro’ da ciò che sono e, non riuscendovi, finiscono in esistenze evanescenti, consegnandosi, appunto, all’oblio.
Pop con qualche aspirazione cantautorale, che per suoni e stile vocale fatica a discostarsi da tante altre proposte del genere: del resto Corpoceleste è giovane e ha ancora tempo per trovare un proprio stile.

WEID, LANDERS, FRANCESCO MORRONE, JIMMY INGRASSIA, ELEPHANTS IN THE ROOM, WHITE EAR: SINGOLI

Weid (feat. I fly)
Va bene così
TRB Rec
Non sempre, anzi, a dire la verità, ben poche volte, le storie d’amore hanno un lieto fine; così, davanti all’impossibilità di andare avanti o peggio, di forzare la situazione non resta che dire: “Va bene così”: ci si rassegna e si va avanti.
Il nuovo singolo di Simone Maritano da Torino, in arte Weid, riesce tutto sommato a inquadrare efficacemente la situazione, nella forma di un pop vagamente etereo.
Insomma: la voce è la sua e c’è almeno il tentativo di andare oltre certe rime fin troppo scontate.

Landers
Grazie
Vanchiglia Dischi
‘Grazie’ è una parola che forse non si dice abbastanza, per cui forse ogni tanto è il caso di trovare un motivo per ringraziare – qualcuno o qualcosa – e magari da qui ripartire, per tenere duro davanti alle difficoltà e vivere una vita che non può vedere solo sognata.
Una sorta di inno alla (r)esistenza, che Landers (alias Maurizio Squillari da Torino, classe ’89), interpreta e suona all’insegna di un rock dai ritmi incalzanti e la vena arrembante: il piede insomma si muove, e anche se la vicinanza ai Foo Fighters è probabilmente eccessiva, si lascia ascoltare.

Francesco Morrone
Persone Sole
Believe Digital
Calabrese di nascita, girovago per vocazione, Francesco Morrone prosegue con le anticipazioni del suo primo disco sulla lunga distanza (per lui già un EP all’attivo).
Omaggio ai momenti di solitudine (e probabilmente il cantautore ne ha vissuti più d’uno,) in cui è possibile cogliere momenti di autentica felicità, forse perché in un mondo in cui si è sempre più ‘social’, stare per conto proprio diventa un valore
Brano a tratti evanescente, la grana fine di chitarra e voce che lo avvicina a certo neofolk americano.

Jimmy Ingrassia
Momenti
I momenti sono le parentesi di serenità da ritrovare, quelle in cui si è anche un pizzico inconscenti o inconsapevoli, un po’ come si è da ragazzini (da qui la copertina con il cantautore a un anno di età); la strada di quella ricerca passa per la consapevolezza di sé, dei propri errori, della necessità di dover cambiare perché le cose cambino.
Un appello, anche abbastanza accorato al farsi coraggio per poter ritrovare i momenti di leggerezza, più che mai necessari nei tempi attuali.
Voce e piano per il cantautore siciliano, ma ormai romano acquisito, dato che nella Capitale ha compiuto quasi tutto il suo percorso artistico (che l’ha portato tra l’altro a pubblicare qualche anno fa un primo album) che lo avvicinano inevitabilmente a ciò che la ‘scuola romana’ ha proposto negli ultimi tempi, a metà strada tra il cantautorato da ‘club’ di un Niccolò Fabi (con cui Ingrassia condivide tra l’altro l’ampia e riccioluta chioma) e l’attitudine più spiccatamente ‘stradaiola’ di un Fabrizio Moro.

Elephants In The Room
I Love It
MZK Lab
Giovane trio capitolino di belle speranze, gli Elephants In The Room raccontano una vicenda sentimentale, per una volta a lieto fine, con un funk rock di facile ascolto che li avvicina molto agli ultimi Red Hot Chili Peppers.
Una discreta capacità dietro agli strumenti, una vena solare che ogni tanto non guasta.
Promettenti.

White Ear feat. Vincenzo Destradis
Empty
Pirames International
Originario di Brindisi, ma trapiantato a Bologna da ormai vent’anni, il producer e polistrumentista Davide Fasulo, in arte White Ear è ormai un’apprezzata figura nel mondo delle ‘manipolazioni sonore’, con svariate collaborazioni all’attivo, anche con artisti di primo piano.
Il suo nuovo singolo, in cui si avvale della voce di Vincenzo Destradis, è un’ondeggiante risacca dedicata allo ‘svuotamento spirituale’ che segue una storia d’amore finita, ma anche qualsiasi evento che produca un impatto emotivo negativo.
Un pezzo crepuscolare, ma non eccessivamente dolente: siamo oltre la fase delle emozioni incontrollate, in quella sorta di limbo, di ‘camera di compensazione’ in cui si ha solo voglia di lasciarsi galleggiare, senza pensare a nulla.
Una consistenza liquida e rarefatta, su cui staglia il falsetto di Destradis.
Suggestivo.

ATLANTE, PAURE / VERITÀ (PAN MUSIC / LIBELLULA MUSIC)

Secondo lavoro per questo trio di stanza a Torino, dedito a un mix di rock ed elettronica.

“Paure / Verità”: sensazioni ed emozioni che nella vita sono spesso e volentieri collegate, le une nascendo o trovando significato nelle altre.

Si affrontano le proprie paure e si scopre magari qualcosa di ‘vero’ su sé stessi o al contrario, cercando certe ‘verità’ si finisca per affrontare le proprie paure.

Tutto ciò, nelle parole della band, partendo da due elementi – cardine: l’Amore e il Tempo: anch’essi intimamente legati, nel loro svolgersi e ripetersi, con alti e bassi.

Nove brani in cui riflessioni sui sentimenti, specie sullo svolgersi di ‘storie’ spesso destinate a concludersi nello stesso momento in cui cominciano, e sul senso di vuoto lasciato dopo la loro fine, trovano un ampliamento in altrettante considerazioni sullo svolgersi dell’esistenza in generale, prendendo in parte le mosse dalla visione offerta da Terzani ne “La fine è il mio inizio”, qui tradotto ne “L’inizio è la mia fine”.

La formula sonora, come accennato, cerca di coniugare rock ed elettronica, sulla scorta di artisti come Bon Iver, riprendendo la lezione ‘alternative’ dei Verdena nel contempo guardando a una certa scena cantautorale (loro stessi citano Niccolò Fabi).

Qua e là, tentativi maggiormente ‘radio friendly’ (vagamente à la Foo Fighters), qualche ballata malinconica (accenni di Afterhours) si mescolano episodi all’insegna di tentativi sperimentali.

THE BLACK ANIMALS, “SAMURAI” (STORMY WEATHER / LIBELLULA MUSIC)

Nati su iniziativa di Alberto Fabi, già nei Cardio e ne Il testimone, i The Black Animals offrono nel loro esordio uno di quei dischi che ogni tanto, come dire ‘ci vogliono’. Diretti, compatti, privi di fronzoli, i dieci pezzi che compongono “Samurai” sono altrettante stilettate, schegge lanciate a 360° gradi dalla vena esplosiva del quartetto.

Nirvana e Foo Fighters i ‘numi tutelari’ citati esplicitamente dal gruppo, ai quali volendo si possono aggiungere i primi Marlene Kuntz, senza dimenticare la lezione degli anni ’70, con qualche spezia new wave e, per avvicinarsi ai giorni nostri, certi gruppi del revival garage di inizio millennio (vedi alla voce: Black Rebel Motorcycle Club).

Riferimenti a parte, “Samurai” è un disco godibile soprattutto nel suo essere potentemente ‘chitarristico’: che si tratti di un blues ipermuscolare, o di distorsioni, di frustate elettriche o di muri sonori, sono le chitarre a guidare le danze, a occupare la scena dall’inizio alla fine, accompagnate da una solida sezione ritmica e accompagnando una vocalità dall’attitudine arrembante, che al momento giusto non si tira indietro dallo sbraitare dietro al microfono.

Un lavoro per lo più introspettivo, che parla di mancanza di equilibrio e di paure, di vuoti (interiori) di cui liberarsi, di “troppe voglie e poca volontà”, di cambiamenti che trovano un ostacolo nei gusci rassicuranti che spesso ci si costruisce intorno.

Si finisce, insomma, per ripiegarsi in un proprio microcosmo esistenziale, ostaggio delle proprie paure, tramontato ogni sogno ‘comunitario’ di una “generazione che non sa che pesci pigliare”, la cui “rivoluzione s’è persa in un paese che non sa che fare”, “in questo paese che non sa e non sa superare ciò che era e che mai sarà”… L’ancora di salvezza risiede, alla fine, nei sentimenti e nell’amore, per quanto anch’esso tribolato e sospeso tra realtà e immaginazione.

I The Black Animals assemblano un disco diretto, viscerale nei suoni e nelle parole, a tratti addirittura sofferto: ancora una volta un lavoro che offre il ritratto di una generazione disorientata e, nuovamente, divisa tra il bisogno di fuga e il peso delle proprie insicurezze che le impedisce di spiegare le ali.

HIGH FREQUENCY (NEW MODEL LABEL)

Disco d’esordio per questa band marchigiana, autrice di un lavoro di onesto ‘hard rock’ degli anni ’00, radicato in certe sonorità tipiche della fine del secolo scorso, soprattutto tra gli eredi del grunge: del resto a citare i Foo Fighters (attualmente forse il migliore gruppo rock dal vivo in circolazione ) e Nickelback sono proprio loro.

Detto questo, non rimane granché da dire: gli High Frequency non cercano l’effetto-novità, non si affannano all ricerca del ‘colpo di teatro’, non mollano gli ormeggi alla volta di terre poco esplorate rimanendo saldamente ancorati alla terra ferma. Non che tutto ciò sia un male, in questo caso, anzi: i quattro (più uno) marchigiani, propongono un rock senza fronzoli, in cui i punti di riferimento pur essendo scoperti non vengono mai scopiazzati, puntando tutto su un’immediatezza d’impatto, affidata più a suoni d’insieme che non all’estro dei solisti, pilotando il tutto con un cantato discretamente convincente.

Il disco finisce così per scorrere via liscio e diretto, forse un tantino prevedibile, ma con una sua efficacia: del resto, it’s only Rock ‘n’ Roll…

IN COLLABORAZIONE CON LOSINGTODAY

POST, “FAKE FROM ANOTHER PLACE” (NEW MODEL LABEL)

Il secondo lavoro sulla lunga distanza dei torinesi Post arriva a cinque anni di distanza del precedente, all’indomani del quale la band decideva di compiere un brusco cambio di rotta ‘linguistica’ abbandonando l’italiano e optando per l’inglese, alla ricerca di un ampliamento dei propri orizzonti. Dopo varie vicissitudini eccoli quindi tornare con quello che appare in definitiva essere il primo capitolo di una nuova storia.
L’esperienza però resta, e in questi dodici brani il quartetto appare cogliere pienamente il bersaglio, offrendo all’ascoltatore una riuscita lettura di certi stilemi new wave / post punk, adeguatamente irrobustiti con un ampia dose di ‘proteine rock’, dei giorni nostri. Volendo fare dei paragoni (con le dovute proporzioni), si potrebbe pensare ai Foo Fighters che si mettano a coverizzare Killing Joke e soci.
L’esito è apprezzabile, il disco scorre via veloce, regalando più di un momento in cui, pur sfoderando un elevato appeal (volendo anche radiofonico), la band non varca mai il limite del facile ammiccamento.
Tra chitarre arrembanti, e una sezione ritmica che tiene saldamente le redini del ritmo, trovano spazio anche qualche effetto elettronico ed episodicamente un piano, ad accrescere lo spessore sonoro della situazione, accompagnando una vocalità sempre all’altezza.
Un lavoro riuscito, per una band che mostra di avere più di una freccia da scoccare.

IN COLLABORAZIONE CON: LOSINGTODAY

BEFORE THE CRASH, “UPON THE IMPACT” (AUTOPRODOTTO)

C’era una volta il ‘grunge’… e a ormai vent’anni di distanza, ci si ritrova a parlare delle influenze che quel periodo continua a far sentire sulla ‘musica che gira intorno’: stavolta è il turno di questo quartetto del New Ampshire.

Musicisti già ampiamente ‘rodati’, che danno vita a un disco che riprende l’humus di quell’esperienza, tra post – punk, rumorismo, un pizzico di psichedelia, privandolo di quella bella dose di ‘furia’ che lo caratterizzava.

Il risultato potrebbe essere definito un disco di ‘AOR’ alternativo, all’insegna di suoni che ondeggiano tra pesantezza e distorsione, senza rinunciare ad un discreto appeal melodico e, in qualche caso, ‘radio friendly’.

I Before The Crash finiscono per ricordare certi gruppi di fine anni ’90 (i Creed, se qualcuno se li ricorda), o magari i Foo Fighters, in quello che è, seppur un lavoro gradevole, ma che tutto sommato finisce per essere ‘archiviato’ abbastanza in fretta, per la sua sostanziale mancanza di originalità.

IN COLLABORAZIONE CON: LOSINGTODAY