… o meglio, ho solo visto le impagabili esibizioni di Elio E Le Storie Tese, e qualcosa di contorno, ad esempio il moscissimo Crozza e il discreto Bisio… ma per il resto, poco o nulla, per vari motivi: il primo è più importante è che da tempo non sopporto Fazio e il suo buonismo ecumenico… da quel poco che ho visto, il Festival è stato perfettamente in linea con lo stile televisivo di Fazio: cultura e popolare, ‘alto e basso’ mescolati in maniera un pò ‘paraventa’, con quel pizzico di ‘temi sociali’ messi lì, perché Sanremo è ‘lo specchio dell’Italia’ e quindi anche un pò di impegno ci vuole… Che poi Fazio quando era stato chiamato per il compito aveva strombazzato a destra e manca che non avrebbe fatto un Sanremo all’insegna dei ‘talent’ e poi guarda caso i talent gli sono rientrati dalla finestra e hanno pure vinto… Sul blog della brava Smilepie leggevo poco fa il riepilogo delle ultime vittorie con tanto di piazzamenti sanremesi: nelle ultime cinque edizioni, il trionfo del ‘talent’: Carta, Scanu, Emma, Mengoni… l’unica eccezione la vittoria di Vecchioni nel 2011 (e non parliamo delle piazze d’onore). Purtroppo è ciò che vuole il pubblico, non c’è ‘giuria di qualità’ che tenga, dato che per dire Elio E Le Storie Tese sono arrivati secondi solo perché pompati dalla stessa giuria: il loro è un brano che al grande pubblico sembra ‘caruccio’, ma nulla a che fare col ‘pathos’ (tra molte virgolette) di Mengoni; oltretutto, c’è da pensare che la stragrande maggioranza il senso di ‘La canzone mononota’ manco l’abbia del tutto capito, e comunque: vuoi mettere Mengoni… Che poi vabbè, quando ha interpretato Tenco è stato pure dignitoso… D’altra parte, da ormai vent’anni buoni siamo qui a chiederci a che serva Sanremo, visto che cambiando le formule il risultato raramente muta. E’ inutile pensare a un SuperSanremo col ‘meglio del meglio’, perché non succederà mai, visto che i ‘big’ raramente accettano di mettersi in competizione tra loro; è inutile pensare a un Sanremo all’insegna della qualità, perché in fondo per quella ci sono già il Premio Tenco o il Recanati. Il problema sta forse nel fatto che si spesso e volentieri si presenta Sanremo come lo ‘stato dell’arte’ della canzone (e spesso, per estensione, della musica) italiana, ma questo poi in effetti non è… Certo, non nego che alla fine a ben vedere gran parte del gusto sia accontentato: ci sono i talent, c’è la canzone ‘nazional-popolare’ (quest’anno rappresentata -nomen, omen – da Maria Nazionale), ci sono i ‘cantatutori impegnati’ (ma viene da osservare che ormai i vari Silvestri, Gazzè o Cristicchi siano diventati degli habituè, dei tipici fenomeni sanremesi, come una volta erano Cutugno, Al Bano o Peppino di Capri), ci sono i classici gruppi che ‘non c’entrano un cavolo, ma che mostrano che in Italia c’è anche altro (Almamegretta, Marta Sui Tubi, che poi lo spettatore tipico sanremese si chiede dove sia Marta, visto che sono tutti uomini, chi sia Marta e soprattutto perché stia sui Tubi). Il tutto per poi giungere alla conclusione che da cinque anni il Festival è dominato dai talent show: il che secondo me costituisce un problema, perché alla fine tutto sommato Sanremo potrebbe costituire una di quelle occasioni in cui si può mostrare che in Italia non è che di cantanti si intende solo Maria De Filippi: oltretutto, Mengoni è forse trai pochi che si è costruito una carriera, ma di Scanu e Carta, per dire, non si sa più nulla da tempo; è chiaro che il problema è più generale, e nasce dalla solita questione che in Italia di cultura musicale ce n’è poca, con la conseguenza che a dominare il gusto sono appunto i cantanti fuoriusciti dai talent show televisivi: è dunque scontato che se a Sanremo porti i fuoriusciti dei programmi televisivi, questi vincano: Fazio non è né il primo nell’ultimo a declamare elevati intenti qualitativi per il suo Festival e poi cedere a ciò che viene imposto da logiche che con la qualità e la varietà della proposta musicale italiana hanno ben poco a che fare… E’ fin troppo facile notare che il Festival avrebbe dovuto vincerlo Elio, ma l’impressione è che senza il ‘solito’ colpo di mano della ‘giuria di qualità’ (nella quale non mancava gente che con la musica non c’entra nulla, come Paolo Giordano o Serena Dandini), ‘La canzone mononota’ non sarebbe arrivata manco tra le prime cinque. Discorsi già fatti e ripetuti tante volte: c’è tutta una scena ‘indie’ rock e cantautorale della quale Marta Sui Tubi sono solo l’apice che a Sanremo viene sistematicamente ignorata; non parliamo del metal, punk o reggae e loro derivazioni, che guai solo a nominarli; idem dicasi per l’hip hop: tutti generi che in Italia hanno il loro pubblico, manco tanto ‘di nicchia’, ma che guai a portarli a Sanremo… il discorso insomma è sempre il solito: sarebbe bello se Sanremo fosse veramente una ‘vetrina’ per la musica italiana ampiamente intesa e un’occasione – visto che con le sue cinque prime serate consecutive sul principale canale televisivo della televisione pubblica italiana, peraltro sostanzialmente prive di controprogrammazione (e il motivo, pensando che negli ultimi anni chi ha vinto era spesso uscito dalle trasmissioni di Canale 5), rappresenta una situazione unica nel panorama televisivo italiano – per far conoscere anche altro a un pubblico che in fatto di musica è più o meno ignorante. Il problema è che se chiami i reduci dai talent la questione è chiusa perché tutta l’attenzione è calamitata da loro e gli altri assumono il ruolo di comparse che vengono distrattamente notate…
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11 Dic
LUCIANA LITTIZZETTO CONTRO ER MONNEZZA
Ogni volta che penso alla comicità di Luciana Littizzetto, c’è qualcosa che non mi torna: è successo anche in questi giorni, con tutta la storia del ‘ci siamo rotti il ca**o’ di Berlusconi… Voglio dire: la Littizzetto passa per essere una ‘fine comica’, poi però guardi i suoi monologhi, e ti accorgi che in fondo si basano sul caro vecchio gusto per il turpiloquio. Luciana Littizzetto non fa altro che riproporre l’immagine di quei bambini che, avendo sentito chissà dove una nuova parolaccia, si sentono in dovere di portarne a conoscenza gli astanti nelle occasione meno appropriate. La Littizzetto fa la parte della bambina discola che, nel vellutato scenario del salotto per ‘spiriti eletti’ orchestrato da Fabio Fazio, improvvisamente esclama: caccapisciaculo!!! Chiaramente in questo non vi sarebbe manco nulla da ridire, è un nobile filone che vanta innumerevoli vene… Il mio problema nasce nel momento in cui coloro che applaudono sorridendo (gli spettatori di Fazio non sghignazzano mai, sorridono con aria divertita) alle parolacce della siòra Luciana, sono gli stessi che inorridiscono al solo sentirsi menzionare i film di Alvaro Vitali o Tomas Milian: il che a pensarci è strano, perché il tipo di comicità è praticamente il medesimo: tra Luciana Littizzetto e i cinepanettoni di Boldi e De Sica di strana ce n’è veramente poca… Se non fosse che c’è di mezzo la politica… anzi, c’è di mezzo Berlusconi e qui nasce l’ipocrisia: perché guai le parolacce, al bando il turpiloquio (lo stesso Fazio si è spesso schierato contro la volgarità in televisione), ma se c’è di mezzo Berlusconi, allora tutto è lecito: complimenti per la coerenza. Chi mi legge, sa che io sono tutto eccetto che un berlusconiano, ma a vedere certe cose un pò mi girano: anche a me insomma la Littizzetto – e non da oggi – ha sostanzialmente ‘rotto il ca**o’. Coadiuvata da Fazio (cui non par vero di uscire dagli ossequiosi panni che indossa nel corso di tutta la trasmissione, facendo la figura del papà imbarazzato dalle intemperanze della bambina: “Lucianina!!! Lucianina!!”… ‘na padellata in faccia, a lui e a ‘Lucianina’), la Littizzetto da anni ha scoperto il modo di portare il turpiloquio in televisione suscitando il plauso e l’ammirazione di tutti quelli che poi si inalberano di fronte ai semplici e più innocui ‘capra!!!’ esclamati da Vittorio Sgarbi: basta buttarla in politica, e allora tutto è lecito… naturalmente insultando Berlusconi e i suoi, che a Sinistra sono tutti santi, lindi e pinti. Personalmente, preferisco Alvaro e il ‘Monnezza’, almeno sono più sinceri…
15 Mag
COME DIMOSTRARE VOLEVASI…
Ho dato uno sguardo al programma di Fazio: tutto ampiamente prevedibile, scontato, banale, noioso. Come avevo previsto, la classica sfilata dei suoi ‘amichetti’, tutta gente vista e stravista nelle sue altre trasmissioni; il giochino della ‘parola’ appariva già trito dopo un paio d’interventi… chissà perché poi in queste occasioni tutti si devono sentire obbligati a diventare la macchietta di sé stessi, offrendo alla trasmissione (e al pubblico) esattamente ciò che ci si aspetta da loro: Avati e i ricordi di gioventù, Petrini e l’apologia del contadino (e però Petrini sta sempre in giro per il mondo… avrà mai preso in mano una zappa?) Rossi che la butta in burletta, Erri de Luca che sale in cattedra, e via dicendo… Non poteva mancare la Littizzetto, in versione extra-large col suo repertorio stravisto… Saviano, purtroppo, sta anche lui sempre più diventanto la controfigura di sè stesso: ha scelto di giocare ‘facile’, tirando in ballo gli imprenditori suicidi e raccontando la storia della strage di Beslan… viene quasi il sospetto che abbia voluto buttarla sulla lacrima ‘facile’, anche se mi rendo conto di metterla forse in modo troppo duro… Alla fine Fazio (per l’occasione, avrete notato, a indossato l’occhialino, che fa tanto intellettuale) ci ha dato ciò che ci aspettavamo, una tramissione infarcita di retorica, buonismo ‘de sinistra’ e piagnistei. Verdremo le prossime due sere: al momento tutto molto deludente, perché tutto molto ‘previsto’…