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MONDIALI IN ARRIVO

Beh, insomma, quasi ci siamo: da domani partirà una mesata in cui non si parlerà d’altro che di calcio (nel frattempo il mio televisore si è scassato…); si parlerà di calcio per la gioia dei pallonari e magari di Matteo Renzi & soci, che nel disinteresse generale potranno far passare di sottecchi qualche provvedimento poco gradito all’opinione pubblica… si parlerà solo di calcio anche per la ‘gioia’ di chi il calcio non lo sopporta… per tutti, facciamo un po’ d’ordine.

 

IL MONDIALE LO VINCIAMO NOI…

I Campionati partono con una sola, grande favorita: il Brasile gioca in casa, può contare su una rosa di prim’ordine e dovrà portare a termine la ‘sacra missione’ di vendicare l’onta subita 64 anni fa, quando il Mondiale in Brasile lo vinse l’Uruguay; due le controindicazioni: la possibilità che la troppa attesa e l’essere obbligati a vincere giochi qualche brutto scherzo ai campioni brasiliani, e la proverbiale insofferenza tattica di giocatori che, spesso costretti a limitare il proprio estro nelle formazioni europee in cui giocano, quando sono in nazionale puntano al divertimento e talvolta ad un cazzeggio un tantino supponente, che spesso gli ha giocato brutti scherzi.

A rompere le uova nel paniere ai padroni di casa ci proveranno i cugini argentini, guidati da un Messi che, rimasto a bocca asciutta nel Barcellona, punta finalmente a dare la propria impronta alla Nazionale e la Spagna, che punta ad una stratosferico poker Europeo – Mondiale – Europeo – Mondiale. Il gruppo delle pretendenti potrebbe essere completato dalla Germania, a patto che oltre alle indubbie capacità tecniche, mostri finalmente una solidità psicologica, spesso e volentieri venuta a mancare nei momenti topici degli ultimi anni (specie contro l’Italia).

 

NON SUCCEDE, MA SE SUCCEDE…

Il Mondiale è sempre stato vinto da una delle favorite della vigilia: tuttavia per la legge dei grandi numeri prima o poi dovrebbe arrivare una sorpresa; candidate a poter arrivare fino in fondo, o almeno a conquistarsi un posto tra le prime quattro, magari grazie ad incroci favorevoli negli ottavi e nei quarti possono essere: il Portogallo, nonostante un Cristiano Ronaldo un po’ acciaccato; l’Uruguay, già quarto quattro anni fa; il Belgio, che dopo anni di oblio sembra aver trovato una nuova generazione di campioni; la Svizzera, che ha giocato un girone eliminatorio di prim’ordine; a questo gruppo si potrebbe aggiungere la Colombia, se non fosse che nelle ultime settimane è stata falcidiata dagli infortuni, che l’hanno privata di alcuni dei suoi migliori giocatori.

 

…VEDIAMO CHE SUCCEDE…

Ci sono poi quelle formazioni che per un verso o per un altro non possono essere ignorate, ma le cui prospettive appaiono un tantino nebulose: l’Olanda sembra aver avuto la grande occasione quattro anni fa, arrivando in finale con la Spagna e stavolta non sembrerebbe in grado di ripetere l’impresa; la Francia è ampiamente rinnovata, all’inizio di quello che sembra un progetto destinato a produrre risultati sul più lungo termine; l’Inghilterra è la solita squadra che si cita sempre, ma su cui nessuno giocherebbe un euro.

 

LE SORPRESE

Personalmente terrei d’occhio la Bosnia-Erzegovina: una nazione che ha più o meno gli abitanti di Roma, con una storia drammatica e complicata, che arriva al Mondiale all’indomani di alluvioni che hanno ulteriormente fiaccato un sistema economico già precario…  insomma, la nazionale ha un’occasione storica per poter contribuire a rasserenare  e pacificare gli animi; oltretutto, può contare su giocatori di primo livello (Dzeko, Pjanic, Lulic)… il suo girone peraltro non appare complicato  (Argentina a parte, Iran e Nigeria sono avversari non proibitivi). Guardo con attenzione e simpatia al Giappone (che per la mia generazione è sempre sinonimo di “Arrivano i Superboys” e “Holly e Benji”), allenato dall’italiano Zaccheroni, che potrebbe non sfigurare. Il calcio africano è l’eterna promessa del futuro del pallone, ma finora ha mantenuto poco:  qualcosa potrebbe dirla la Costa d’Avorio di Drogba e Gervinho, (nel girone con la menomata Colombia, la Grecia e proprio il Giappone), ma butterei un occhio anche all’Algeria, anche se passare il turno alle spese di due  tra Belgio, Russia e Corea del Sud appare abbastanza improbabile.

 

NOI

L’Italia – ne ho già parlato qualche post addietro – ha limiti di gioco e caratteriali; abbiamo vinto dopo mesi quando – guarda caso – Balotelli non ha giocato (e questo dovrebbe dire qualcosa); siamo nel girone più ostico, con l’Inghilterra che sembra fin troppo snobbata e  con l’Uruguay di Cavani e soci che desta più di una preoccupazione;  per finire, la Costarica. Prevedo una vittoria, un pareggio e una sconfitta: quattro punti potrebbero non bastare per approdare agli ottavi; secondo me sarebbe già un successo superare il girone; tutto ciò che verrebbe dopo, visto anche il materiale a disposizione, è più che benvenuto.

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LA RAI, L’EUROPEO E IL SENSO DEL RIDICOLO

Vabbè, per riprenderci dalla tranvata di ieri, nulla di meglio che parlare un pò della beneamata RAI, che ci offre sempre qualche ghiotta occasione. Ebbene: parliamo un pò del modo in cui la televisione pubblica ha affrontato questo europeo, forte dell’esclusiva che, per una volta, la metteva al riparo dalla concorrenza Sky e Mediaset e quindi le dava una formidabile opportunità per dare il meglio di sé; e come sempre succede in queste occasioni la RAI… ha dato il peggio. L’impressione è sempre la solita: che quando c’è un evento del genere, devono occuparsene tutti, ma  proprio tutti; il risultato come al solito è stata una  una copertura che ha travalicato l’ampio sfociando nel superfluo, con la solita conseguenza di un drammatico abbassamento della qualità dei programmi, molti dei quali, diciamocelo, assolutamente futili. Invece di puntare innanzitutto sull’essenziale, le telecronache, si è voluto montare un baraccone mastodontico su tutto il resto, con trasmissioni da ‘bar dello sport’ a qualsiasi ora del giorno e della notte, con ‘pregiatissimi esperti’ a snocciolare le solite opinioni banali che vabbè, a quel punto meglio prendere i primi che incontri per strada. Il motto, ripetuto in maniera parossistica è stato il solito: “centinaia di ore di trasmissione, completamente gratuite”. Ora. A parte il fatto che tale affermazione è falsa: gli italiani infatti pagano per vedere la RAI un canone obbligatorio,  travestito da ‘tassa sul possesso della televisione’; certo un canone annuo di gran lunga inferiore a quello che si paga a Sky e Mediaset, tuttavia pure sempre un canone, che si differenzia dagli altri solo per l’obbligatorietà, ma sorvoliamo; prendiamo per buono il fatto che il servizio offerto dalla RAI sia gratuito: il punto è che la gratuità non esclude un giudizio critico; non è detto che se è una cosa è gratuita me la debba beccare per forza. Giudichiamo piuttosto il servizio offerto dalla RAI, e chiediamoci cosa avremmo fatto se per questo ci fosse stato chiesto di pagare una somma ulteriore. Insomma: che valutazione diamo del servizio RAI? Per quanto mi riguarda, siamo prossimi allo zero: se questa doveva essere l’occasione per rivalutare la televisione pubblica rispetto ai competitor, questa è stata completamente ‘bucata’. Parlo dei programmi cui facevo riferimento prima, che non avevo alcun senso informativo, ma solo la funzione di ‘far fare qualcosa a qualcuno per non scontentare nessuno’; parlo, ovviamente, delle telecronache, all’insegna di errori, soprattutto di pronunce approssimative dei cognomi dei calciatori (si salva il solo Bizzotto), di commenti tecnici vacui, esibiti da personaggi imbarazzanti: anche qui, sembra che si sia preferito il criterio della ‘conoscenza’, dell’amicizia,  a quello della professionalità: gente come Ubaldo Righetti e Vincenzo D’Amico, per citarne solo due, è adattissima per parlare di calcio nelle televisioni e nelle radio private, non per fare il commento tecnico delle partite dell’Europeo. Non è detto che se hai fatto il calciatore tu possa anche fare il commentatore: sono due mestieri completamente diversi, per il secondo serve comunicativa, capacità di far capire allo spettatore cosa sta succedendo… Su Sky (e in misura minore, Mediaset), dove l’abbonato paga e pretende, sennò disdice l’abbonamento, ci sono commentatori che innanzitutto parlano correttamente l’italiano e poi sanno stare dietro a un microfono; l’impressione è che alla RAI, dove l’utente è obbligato comunque a pagare, se ne freghino della professionalità e chiamino il primo che capita… Il continuo sbrodolarsi addosso della RAI (a Sky e Mediaset mai sentito qualcuno dire ‘quanto siamo bravi’) è arrivato fino a far comparire in video il responsabile dello sport De Paoli che si pavoneggiava annunciando lo sforzo RAI per le Olimpiadi… Ma mamma mia!!! Guardate che a decidere se siete o meno bravi, mica siete voio, sono gli spettatori. Sorvoliamo poi sulla presenza di Pannofino: con tutto il rispetto: ma che c’entra e le insopportabili interviste nell’intervallo delle partite della Nazionale al Presidente della FIGC: ma a noi che ce ne frega???? Il servizio della RAI è stato pessimo: dopo una partita, se non erro quella con l’Irlanda, è partita l’intervista  a Prandelli e non si è sentito nulla per trenta secondi; le telecronache  delle partite della Croazia, coi nomi dei calciatori pronunciati a casaccio sono state  imbarazzanti; con l’Inghilterra, sentire pronunciare ‘rrrrrnnnn’ in luogo di Rooney è stato esilarante. Veramente, ragazzi, la RAI s’è superata in negativo, e veramente ha mostrato di non avere alcun senso del ridicolo nel continuare a sottolineare ‘ma quanto siamo bravi’… Auguriamoci che sia l’ultima volta che conquistano in esclusiva un evento del genere, perché veramente stanno alla frutta…

4-0

Un risultato che non ammette repliche e, per quello che si è visto ieri sera, del tutto giustificato; umiliante, certo: raramente un risultato di questa portata si è visto nella finale di un grande torneo (l’Italia si ricorda il 4-1 subito dal Brasile nel 1970, anche in quel caso dopo una semifinale vinta con la Germania, in tempi meno datati, lo stesso Brasile perse 3-0 la finale del Mondiale francese del 1998), ma purtroppo bisogna starci. Un pò ci avevo creduto: naturalmente, come tanti, sull’onda dell’entusiasmo per la vittoria contro la Germania, ma anche perché negli ultimi anni l’Italia è stata tra le poche squadre a dare del filo da torcere agli spagnoli. Invece adesso siamo qui, arrivati ieri alle 20.45 con la convinzione di poter dire la nostra, finiti alle 22.30 circa a pensare: “ma dove volevamo andare?”. Non eravamo fuoriclasse prima, non siamo brocchi adesso: semplicemente siamo una squadra che non è infarcita di campioni come la Spagna, che affianca a un manipolo di giocatori di ottimo livello (Buffon, Pirlo, De Rossi, in parte Balotelli, che però deve ancora crescere, e molto) una serie di buoni ‘gregari’: se però manca il fiato, e dopo un quarto d’ora arriva la ‘mazzata’ del gol spagnolo che ti priva pure dell’adrenalina necessaria ad arrivare laddove le gambe da sole non ti spingerebbero, allora c’è ben poco da fare.
Aggiungiamoci che Prandelli stavolta ha fatto qualche errore di troppo: la scelta di un Chiellini a mezzo servizio, che si è dovuto arrendere dopo venti minuti, costringendo già ad una sostituzione; l’ultima sostituzione fatta dopo pochi minuti del secondo tempo, col giocatore in questione, Motta, che si infortuna subito e lascia la squadra in dieci: segno di un evidente nervosismo da parte dell’allenatore, che ha provato rimedi un filo troppo estemporanei… Probabilmente con scelte più oculate il primo tempo lo si chiudeva sotto di un gol e il passivo finale sarebbe stato meno avvilente. Vabbè, è andata così.
L’importante, dato per scontato che Prandelli debba rimanere, perché cambiare dopo due anni sarebbe stupido e controproducente, è che si eviti di cadere nella depressione: in fondo ben pochi credevano in una Nazionale che è andata molto meglio di altre e che alla fine fatti i confronti sulle previsioni del pre-campionato, può essere tutto sommato soddisfatta; per contro, eviterei di assecondare certi toni trionfalistici, specie quelli del Presidente della FIGC Abete, sempre pronto a mettersi a favore di telecamera e a sottolineare quanto stia messo bene il calcio italiano, ovvero a evidenziare quant’è bravo lui, e infatti è anni che sta attaccato a quella poltrona come una cozza allo scoglio; o quelli altrettanto ‘buonisti’ di Monti (ma che c’è andato a fare? Era chiaro che da uno che del mondo del calcio recentemente ha detto peste e corna non potevano arrivare vibrazioni positive… meglio sarebbe stato Napolitano): la realtà è che abbiamo perso, di brutto, evitiamo di comportarci come se nulla fosse, e di parlare di ‘impresa’; ‘impresa’ sarebbe stata se avessimo vinto: ‘impresa’ invece non è stata, ma semplicemente una prestazione al di sopra delle aspettative che si è conclusa, purtroppo, con un crollo, sia fisico che psicologico. Accontentarsi? Manco per sogno: essere coscienti di quanto di buono è stato fatto e tenere presente gli errori commessi in finale per affrontare meglio il futuro, nell’attesa che il campionato e i vivai italiani producano almeno altri due – tre giocatori sopra la media.