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BNB MUSIC MMXX, “LOCKDOWN” (AUTOPRODOTTO / REHEGOO MUSIC)

Nasce nel 2017 a Torino, questo progetto, frutto della collaborazione della cantautrice Luana Barnabà e del chitarrista e compositore Gianluca Nardelotto e in seguito completato da Enrico Battaglino alla Batteria e Luca Macerata al basso.

Il titolo rappresenta ma non esaurisce il contenuto di un lavoro la cui gestazione è stata influenzata da tutto ciò che si è vissuto nel corso di primi, duri mesi del 2020 che ha toccato la vita tutti in quanto persone, ancora prima che, in questo caso – e in particolare di quello della cantante – autrice, la cui firma caratterizza quasi tutto il disco – musicisti.

La title – track rappresenta un campionario di tutto il ‘minimo quotidiano’, dato precedentemente per scontato e diventato improvvisamente un ‘pezzo mancante’ delle proprie esistente.

Il resto del lavoro, nove i pezzi complessivi, ondeggia tra il riflessivo e il biografico: da un lato: un catalogo di sensazioni ed emozioni il sentirsi ‘incompresi’ e i sacrifici per farsi ‘accettare’ in determinati contesti sociali, la voglia di conservare un atteggiamento positivo nei confronti della vita, la musica come bisogno e necessità; dall’altro, racconti di storie d’amore, felici o meno e di amicizie.

La voce di Luna Barnabà domina il disco, con grinta, ma forse con un filo di attenzione di troppo alla ‘forma’, che poi è l’analogo limite dei

suoni di accompagnamento (cui partecipano alcuni ospiti esterni, tra cui il sassofonista Andrea Aiassot), che delineano un rock – pop senza scosse, pronto a vestirsi di volta in volta di accenni fusion, funk, un filo di jazz.

Si avverte la sensazione – impressione personale, intendiamoci – che l’ansia di ‘fare le cose per bene’, poi abbastanza tipica di ogni esordio, abbia privato la band di un filo di immediatezza e spontaneità.

Non a caso, forse, un pezzo come ‘Mai’ risulta, con la sua attitudine molto più aggressiva, risulta forse l’episodio più riuscito.

Menzione finale per la copertina, firmata da Paolo Mottura, apprezzatissimo disegnatore Disney e non solo.

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AVENGERS ENDGAME

ATTENZIONE: chi ancora non ha visto il film, potrebbe trovare in questo articolo anticipazioni ‘non gradite’; ho cercato di evitare spoiler e spiegazioni troppo esplicite, ma comunque tra le righe è possibile si possano intuire gli sviluppi; chi non ne vuole sapere nulla, è il caso che non legga.
Dopo un decennio e passa e una ventina (21?) di film, la prima, grande era dei ‘cinecomics’ della Marvel – nel frattempo radunati sotto la denominazione di ‘Marvel Cinematic Universe’ – giunge al capitolo finale.

Una conclusione che proverbialmente non può essere definita che ‘cataclismatica’, in cui i nostri eroi, sfiancati e depressi per non essere riusciti a impedire l’ecatombe voluta da Thanos, si trovano improvvisamente (grazie, guarda caso a… Topolino, in quella che chi ha visto e vedrà il film potrebbe leggere come un omaggio alla Disney, attuale proprietaria dei supereroi marvelliani) di fronte a un cunicolo, per quanto stretto, verso una possibile salvezza.

Senza spoilerare troppo (che poi, ‘sta fissazione di alcuni per gli spoiler ha decisamente rotto, e finisce per stimolare l’istinto str***o e un po’ sadico di spiattellare tutto), lo spettatore viene catapultato in una gimcana spazio – temporale che è un riuscito e coinvolgente omaggio a tutto ciò che abbiamo visto finora, per poi tornare nel presente e sfociare nel più classico degli scontri conclusivi in puro stile ‘arrivano i nostri’, in cui ritroveremo tutti (o quasi) i compagni di strada del decennio uniti contro il cattivo e le sue schiere…

Così tutto si conclude, stavolta non senza lasciare vittime sul campo, dando proprio l’idea della fine di un’era e lasciando gli appassionati nell’incertezza riguardo il futuro dei supereroi Marvel al cinema.
Qua e là (e ovviamente nel lungo finale che sistema i destini dei ‘tre grandi’ Capitan America, Thor, Iron Man) si intuisce quali potrebbero essere i progetti futuri: non è certo un segreto che questa è l’ultima volta che abbiamo visto questo cast: Downey Jr. e Ruffalo ormai brizzolati e Jeremy Renner stempiato danno l’idea di quel passare del tempo che sui fumetti cartacei si riesce a imbrogliare ma con cui al cinema non si può barare; in aggiunta, Scarlett Johansson (che per l’occasione ha almeno accettato di ri-tingersi qualche ciocca di rosso, rievocando gli inizi), è ancora in predicato di tornare con un’avventura ‘a sé’ della Vedova Nera, anche se il futuro sembra abbastanza incerto.

Vedremo se la Marvel azzarderà certi passi già compiuti sui fumetti riguardo certi personaggi, o se qui tutto si è limitato a una citazione dei fumetti (a proposito, per chi segue anche il cartaceo, il film include qualche gustosa allusione, soprattutto una… ancora una volta, qui mi fermo).

Il ‘giocattolone’, insomma, funziona: certo tre ore e passa forse sono un tantino troppe, anche se tutto sommato la lunga prima parte, molto ‘citazionista’ offre una grandinata di spunti, oltre che la partecipazione – gustosa – di gran parte dei comprimari ‘di nome’ visti nei film precedenti: i cameo non si contano o quasi, ivi incluso l’inevitabile omaggio a Stan Lee.
Un film che offre esattamente quello che si aspetta, e forse un tantino di più, che trova la sua degna conclusione in una fantasmagorica battaglia finale, che a dire il vero diventa a tratti confusionaria e che io avrei perfino fatto durare di più per dare veramente a tutti i personaggi la possibilità di farsi vedere un’ultima (non per tutti) volta.

Ovviamente non mancano le gag, nei confronti delle quali ormai anche lo spettatore più ‘restio’ finisce per essere ‘vaccinato’ eppure anche in questo caso in determinati frangenti hanno dovuto esagerare; ci si esalta – a me poi vedere certe sequenze in stile ‘siamo qui insieme, diamo addosso al cattivo’ commuovono puntualmente – e sul finale i più emotivi potrebbero farsi scappare una lacrima.

Non sarà forse il migliore film del lotto: il primo Avengers resta irraggiungibile, non solo perché il primo a vedere gli eroi insieme, ma perché dovendo gestire meno personaggi risulta ancora oggi più efficace, così come certi tentativi di introdurre una maggiore ‘complessità’ – il film che viene sempre citato in proposito è “Winter Soldier” – andando oltre le semplici ‘botte tra gente in costume’, sono stati poi decisamente stoppati quando a monte è arrivata la Disney, stabilendo che coi film di supereroi si doveva restare entro i rigidi steccati del ‘cinema d’evasione’, e che laddove si era tentato di suscitare qualche riflessione in più, era invece il caso di buttarla sulla comicità spicciola, ai limiti della torta in faccia… vabbè.

“Avengers Endgame” insomma, conferma un efficace paralleo che altri hanno fatto: il cinema di supereroi è oggi ciò ciò che fino agli anni ’60 fu il western; buoni contro cattivi e lì finisce, con poche eccezioni.
L’avvento di un Peckinpah o anche di un Leone, che cambino la prospettiva, appare ancora al di là da venire.

FUMETTAZIONI 1/2019

Brevi (più o meno) recensioni di letture disegnate…

 

SILVER SURFER – REQUIEM

Non c’è nulla di meno definitivo della morte dei supereroi: in genere, manca il corpo, e allora scopriamo che il nostro si è rocambolescamente salvato; se il corpo c’è, il più delle volte è un clone, un automa o roba del genere; quando veramente ogni speranza sembra essere perduta, ecco intervenire qualche potere insospettato, o qualche entità superiore…
No, l’unico modo per assistere a una dipartita è trasferirsi in un futuro indefinito, e raccontare una storia che probabilmente non arriverà mai.
Lo hanno fatto, nel 2007, J. Michael Straczynski ed Esad Ribic, narrandoci gli ultimi giorni del ‘surfista d’argento’, il suo commiato dalla Terra, suo pianeta adottivo, e dai suoi eroi, la sua ultima impresa (pacificare due pianeti in guerra da oltre un millennio), il ritorno al pianeta – natale Zenn-La e all’amata Shalla Bal, prima dell’incontro finale con Galactus, colui che gli ha dato i poteri e che in un ultimo gesto di rispetto (affetto?) esaudirà il suo ultimo desiderio, consegnandolo a un tipo speciale di immortalità…
Straczynski gioca facile coi sentimenti, qui poi si parla di un personaggio tra i più tormentati e filosofici della Marvel, coadiuvato da un Esad Ribic più che mai a suo agio nel dipingere le tavole di una storia con poca azione e molte riflessioni.
Voto: 8

 

ORGOGLIO E PREGIUDIZIO

Quello delle parodie è uno dei filoni più gloriosi della Disney, con ormai innumerevoli, e spesso riuscitissime, traposizioni, a partire dal mitologico
“Inferno di Topolino”.
Spesso una ‘prova del nove’ per gli autori, in altre occasioni un’autentica consacrazione (non si assegnano riletture di ‘grandi classici’ a gente inesperta, per maneggiare certo materiale ci vogliono mani – e matite – ferme).
“Orgoglio e Predgiudizio” si candida seriamente a restare negli annali; sicuramente, si farà ricordare a lungo.
Stefano Radice e Teresa Turconi – coppia nel lavoro e nella vita – danno forma a una eccezionale versione ‘paperizzata’ del capolavoro di Jane Austin (per chi vuole recuperarla: è uscita nei numeri 3292 – 2294 di “Topolino”, ma è sicuro che in breve tempo avremo versioni cartonate, ‘de luxe’ e quant’altro), seguendo e adattando il romanzo, ma conservandone lo spirito e – soprattutto – i sentimenti.
I dialoghi e le scene leggere e coinvolgenti della Radice, il tratto – come al solito, delizioso – di Turconi, fanno vivere personaggi destinati a rimanere impressi.
Una parodia che rappresenta il giusto riconoscimento alla coppia e il cui risultato rafforza l’idea che i due abbiano tutte le carte in regola per entrare nel novero dei ‘grandi’.
Voto 8,5

 

CAPTAIN AMERICA – TRUTH

Approfondimenti e retroscena delle origini del Capitano, per una rilettura – uscita nel 2003 – senza eccessivi stravolgimenti.
Steve Rogers non è stato l’unica cavia degli esperimenti per il supersoldato: veniamo a sapere di una squadra di soldati afroamericani potenziati e mandati dietro le linee nemiche, con scarsa preparazione. L’unico superstite, Isaiah, sarà protagonista di un’ultima missione suicida, in un campo di concentramento; ai giorni nostri, Capitan America indagherà sulla vicenda, fino a un finale amaro.
Omaggio al sacrificio dei militari afroamericani per una ‘Patria’ che ai tempi li considerava ancora cittadini di seconda serie o esseri inferiori.
‘Escursione supereroistica’ per Robert Morales (mancato nel 2013) e Kyle Baker, attivi in coppia soprattutto nel settore satirico, il secondo noto
per “Perché io odio Saturno”, che coi suoi disegni ‘deformati’ dà alla storia il suo tratto più caratteristico.
Voto: 7,5

 

THE INFINITY CRUSADE
Capitolo conclusivo della trilogia dell’Infinito’, che a inizio anni ’90 fissò un nuovo standard per i ‘mega crossover’ di casa Marvel, tanto riverberarsi ancora oggi, nei colossal cinematografici.
Stavolta la consueta pletora di supereroi si trova di fronte ad una autoproclamatasi ‘Dea’ intenzionata a purificare l’universo dal male attraverso la distruzione totale e che per raggiungere l’obbiettivo fa il lavaggio del cervello a un’ampia schiera di eroi…
Seguono le classiche botte da orbi, in una storia che regge bene fino a metà, prima di perdersi un po’ dovendo mediare tra la necessità di azione – che alla fine non è nemmeno tutto ‘sto che – e le aspirazioni ‘filosofiche’ di Jim Starlin (affiancato ai disegni dal ‘solito’ Ron Lim) che stavolta propone una riflessione sul quanto potrebbe essere accettabile un mondo pacificato attraverso la soppressione del libero arbitrio. La ‘trilogia dell’Infinito’ si chiudeva così con un’occasione persa.
Voto: 6,5

 

EMPIRE

Mark Waid e Barry Kitson firmano questo progetto, nato come pubblicazione indipendente e poi finito sotto l’ombrello della DC.
L”Impero’ del titolo è quello stabilito dal supercattivo Golgoth che, dopo aver fatto piazza pulita dei ‘buoni’ deve ora vincere le ultime sacche di ribellione sulla Terra, avere a che fare con un manipolo di ‘luogotenenti’, legati a lui soprattutto grazie a una sostanza di origine misteriosa e prendersi cura di una figlia poco più che adolescente, tenuta sotto una campana di vetro, lontana dal peggio delle sue nefandezze.
Singoli problemi di poco conto per uno che ha conquistato il Globo, ma che se finiscono per essere collegati tra loro, possono diventare esplosivi…
Premesse interessanti per una storia che però resta in sospeso, con un finale più che mai aperto in attesa che un giorno, chissà, gli autori la riprendano, trovando qualcuno disposto a pubblicargliela.
Voto: 6,5

 

BATMAN – EGO

Bruce Wayne faccia a faccia col suo alterego: le origini, le motivazioni, l’evoluzione di una lotta al crimine che, in fondo è anche una lotta con sé stesso: combattere il male ‘fuori’ per non soccombere ai propri demoni interiori.
Un gioiello batmaniano scritto e disegnato da Darwyn Cooke, andatosene troppo presto.
Voto: 8

 

INVINCIBLE 61

Mark ed Eve continuano con la loro nuova vita su un mondo extraterrestre, con qualche preoccupazione per la loro figlia, la piccola Terra. Tutto molto serie tv americana, pur se con qualche nube all’orizzonte…
Voto 6,5

Conclude la sua corsa Wolf-Man, dopo aver proposto una versione non originalissima della classica lotta tra licantropi e vampiri.
Voto: 6,5

 

SELINA’S BIG SCORE

Smesso il costume di Catwoman, Selina Kyle, assieme a un manipolo di compagni, si lancia nell’impresa ‘della vita’: una classicissima ‘rapina al treno’, complicata dal fatto che il treno appartiene alla malavita e che tutti i soldi che ci sono sopra sono destinati a pagare una grossa partita di droga…
Darwyn Cooke dà vita a un ‘must’ nella bibliografia di Selina / Catwoman, con le consuete atmosfere retrò e la consueta gioia per gli occhi.
Voto: 8

 

SUB MARINER: THE DEPTHS
La spedizione di uno ‘svelatore di bufale’ alla ricerca della precedente missione di un esploratore partito alla ricerca della perduta Atlantide, misteriosamente dispersa, è gravata da plumbei presagi, legati a una figura mitologica, quella di Namor, protettore della città perduta… La discesa nelle profondità marine si trasformerà in un viaggio negli abissi della follia, con un crescente climax di orrore che sfocerà nell’autentica epifania del Sub Mariner…
Peter Milligan scrive la storia di un gruppo di uomini in un mondo di mostri e creature semidivine, in cui anche la più fredda razionalità deve cedere il passo di fronte a una realtà in cui il soprannaturale acquisisce sostanza fisica… insieme a lui, Esad Ribic coi suoi corpi che sembrano scolpiti nel marmo, uno dei maggiori talenti attualmente in circolazione, per una storia che riecheggia i più classici romanzi d’avventura, con l’aggiunta di un tocco lovecraftiano.
Voto: 7,5

 

SAVIOR 28
Dopo decenni passati tra supercriminali e minacce aliene, aver visto nemici e amori scomparire, posto davanti al proprio più grande fallimento – il mancato intervento l’11 settembre 2001 – il supereroe Savior28 diventa un’icona del pacifismo mondiale.
Quando però si smette di menare le mani e si cerca di intervenire sugli equilibri della politica mondiale, è ovvio che qualcuno non gradisca…
J. M. De Matteis, maestro forse non troppo riconosciuto del fumetto supereroistico e non solo, scrive una storia che potrebbe essere la base di un film di Oliver Stone; interessante, anche se l’impressione è che De Matteis avrebbe avuto bisogno di più spazio, al di là di questi cinque numeri; i disegni, non eccezionali, di Mike Cavallaro, non aiutano.
Voto: 6,5

 

THE WALKING DEAD 57

L’addio più difficile dall’inizio della serie, con tanto di ‘saluto’ dello stesso autore; se ne va uno dei pilastri della serie, e sarà difficile che tutto continui a scorrere come prima; nuovi equilibri in vista, nuovi ‘rapporti di forza’ e, di certo, nuove minacce sulla strada del ritorno alla ‘vita civile’.
Voto: 7,5

 

BATMAN – HUSH
Jeph Loeb negli ultimi vent’anni ha runnovato la tradizione dei ‘supereroi senza macchia’, facendo risplendere la loro aura di ‘miti contemporanei’; Jim Lee è stato, negli anni ’90, uno dei ‘rivoluzionari’ del disegno e portabandiera della creatività degli autori. Insieme, nei primi 2000, hanno dato vita a questa scorribanda a perdifiato nel mito batmaniano, in cui il Cavaliere Oscuro affronta un nemico misterioso che usa nemici e amici come pedine di una partita a scacchi.
Quasi un pretesto per tirare una linea, e far confrontare Batman con tutte, o quasi, le persone e i personaggi incontrati lungo la strada, con un occhio particolare per Catwoman, il rapporto con la quale qui raggiunge un punto di non ritorno, portando alla luce ciò che fino a quel momento.
Una saga entrata a far parte di diritto delle letture imprescindibili per ogni fan del Cavaliere Oscuro.
Voto: 8

 

DARK KNIGHT RETURNS – THE LAST CRUSADE

Sorta di prologo al ‘mitologico’ “Ritorno del Cavaliere Oscuro”, con un Batman che comincia a sentire il peso dell’età e un Robin preda del ‘sacro furore’ della gioventù che si appresta, forse, a prenderne il posto… ma il Joker è in agguato…
Brian Azzarello sviluppa le idee e la versione dei personaggi data da Frank Miller affiancato da un John Romita Jr. qui in una delle poche prove convincenti degli ultimi tempi.
Tutto però si esaurisce troppo presto, con uno sviluppo che da metà storia in poi si fa decisamente frettoloso.
Voto: 6

FUMETTAZIONI – 8

Brevi recensioni di letture disegnate, le ultime del 2016…

RAT-MAN 117

Signore e signori: Rat-Man… tromba!!!
Dopo anni di tentativi in cui non ci è nemmeno andato vicino, riuscendo ad attirare solo le ‘attenzioni’ di improbabili travestiti, il nostro protagonista vive i secondi (già è tanto che ci è ‘arrivato’, non pretendevate pure la durata?) migliori della sua vita…
Scherzi a parte, Leo Ortolani costruisce il miglior episodio della serie da anni a questa parte, naturalmente nulla di esplicito mostrandoci, ma portandoci nella testa del protagonista, con i vari lati della sua personalità a gestire la ‘situazione’… espediente che, pure preso (quasi) di sana pianta da “Inside Out”, non perde un grammo di efficacia.
Siamo a metà del blocco di dieci storie che porterà (stando a quanto dichiarato dall’autore) alla conclusione della serie; il giro di boa non poteva che segnato da un punto di svolta, in questo caso più che mai significativo.
Voto: 8

 

DISNEY I MIGLIORI ANNI 1972

Una parodia ‘cavalleresca’ – “Paperino e il tesoro di Papero Magno” – firmata da Luciano Bottaro è il pezzo forte di una selezione che include anche un paio di tipici gialli topolineschi e una proverbiale avventura ‘aurifera’ di Paperino & Co.: la ‘formazione’ include Cimino, De Vita, Martina, Rota, Pavese, Scarpa e Cavazzano.
Voto: 7,5

 

UACK! 28

Numero caratterizzato da almeno due storie ‘memorabili’: nella prima – titolo italiano: “Zio Paperone – Una questione di estrema gravità” Don Rosa dà vita a uno spiazzante ‘esperimento grafico’: Paperone e Paperino, vittime di un sortilegio di Amalia, si ritrovano ‘sfasati’ di 90° rispetto alla realtà: le stesse scene sono quindi mostrate in due versioni: la prima dal punto di vista dei paperi in un mondo ‘semirovesciato’, la seconda da quello del lettore, per i quali a essere ‘rovesciati’ sono i paperi.
La seconda ‘perla’ del numero va ricordata perché, sul testo del danese Thomas Shrøder e i disegni del nostro Marco Rota, Zio Paperone incontra addirittura… lo stesso Don Rosa, in questo caso non ‘in carne e ossa, ma in matite-ed-inchiostro’.
Il resto del numero conta varie storie minori, spesso di ambientazione natalizia.
Voto: 7,5

 

LILITH 17

Siamo quasi alle battute finali: mentre la storia dell’umanità ha preso una piega del tutto diversa dalla nostra – il continente americano diviso tra inglesi e giapponesi, ai quali i ribelli delle colonie chiedono aiuto, in mezzo i nativi americani – la protagonista ha un colloquio illuminante col suo arcinemico Cardo, dopo il quale – proverbialmente – nulla sarà più come prima e la sacra missione per la quale è stata generata, assumerà agli occhi di Lilith un aspetto del tutto diverso…
Numero denso, soprattutto sotto il profilo grafico, dove Luca Enoch come al solito si produce in tutta la sua bravura; tuttavia non può non trasparire, in controluce, una certa stanchezza, l’idea forse che questa storia è anche durata troppo a lungo: fatti i calcoli, parliamo di una serie che, a cadenza semestrale, va avanti da oltre otto anni; una durata forse eccessiva, anche per fumetti di livello.
Voto: 7

 

I GRANDI CLASSICI DISNEY 11

Le tradizioni sono tradizioni e vanno rispettate: così anche la collana dei Grandi Classici si adegua e conclude il primo anno della sua nuova vita con un bel numero natalizio… che però, per la stretta necessità di rispettare il ‘tema’ risulta meno convincente del solito.
L’apertura è, certo, efficacissima, con una nuova parodia di Sandopaper – “Le due tigri” – firmata da Giovan Battista Carpi, e la chiusura esilarante, con Paperino sperduto tra le montagne alla ricerca del Pecoroide Anatolico, di Cimino ed Enrico Faccini; gli amanti di Biancaneve e soci apprezzeranno la lunga “I Sette Nani e l’infuso delle sette erbe” (Pier Carpi / Pier Lorenzo di Vita); e chi va in cerca di curiosità, godrà sicuramente per “Topolino e i ‘crimini’ di Pippo”, in cui i disegni di Sergio Asteriti accompagnano la storia scritta da Jerry Siegel, ovvero uno dei ‘padri’ di Superman.
Il poco ricordato Onofrio Bramante, Tony Strobl, Dick Moores, Carl Barks, Paul Murry e Guido Scala sono altri nomi presenti…
Gli ingredienti sono come al solito eccellenti, ma alla fine l’ambientazione natalizia e i buoni sentimenti diventano ridondanti.

Voto: 6,5

 

INVINCIBLE 35

Le cose si complicano: perfino per uno come Invincible due invasioni aliene in contemporanea, quelle di una ‘virago’ intenzionata a prosciugare le risorse energetiche del pianeta e di una razza fondata su una sorta di mente collettiva, rischiano di essere troppo… specie se il nostro deve cavarsela da solo, vista l’indisposizione della compagna Atom Eve, la quale appare in difficoltà nel controllare i suoi poteri, situazione dovuta a una condizione molto… ‘interessante’, che al momento però viene nascosta al protagonista; nel frattempo, scopriamo che un recente e potentissimo nemico è ben lungi dall’essere stato ‘debellato’.
Voto: 6,5

In appendice, proseguono le spiazzanti vicende di Brit, il quale non fa tempo a sistemare la propria versione dispotica di un’altra dimensione, che subito deve affrontare la ‘possessione’ del figlio…
Voto: 7

 

THE WALKING DEAD 44

Era naturale: Negan era un personaggio troppo memorabile per lasciarlo lì, recluso in un angolo; così come era prevedibile che il suo rapporto con Rick divenisse più articolato, complicato. Rappresentano due modelli diversi di affrontare la catastrofe: da una parte un’idea di ricostruzione della comunità il cui il leader diventa una sorta di ‘garante’, dettando certo le linee guida, ma lasciando anche che la rinata società segua la sua strada; dall’altra, l’idea che il leader sia tale in quanto superiore a tutti gli altri, e questo gli dia il potere di decidere tutto, fino ad entrare nel privato…
Entrambi, per far sopravvivere il proprio modello, sono stati disposti a prendere misure ‘estreme’ quando si è reso necessario: Negan l’ha fatto senza porsi tanti problemi, Rick in fondo ha sempre dovuto cercare una sorta di giustificazione, per poter mostrare agli altri – e forse anche sé stesso – di non essere un ‘tiranno’…
La relazione tra i due si sta complicando e articolando perché Rick vede in Negan ciò che potrebbe essere; e che in certi frangenti effettivamente è; Negan probabilmente si trova di fronte a ciò che sarebbe potuto essere…
Nel frattempo, anche Maggie sta cercando un proprio stile di leadership, mentre nella partita si appresta a conquistarsi un ruolo di primo piano anche Alpha, la leader quasi ‘messianica’ dei Sussurranti.
Il mondo di The Walking Dead insomma, si va complicando: la fase della mera sopravvivenza è ormai superata: Robert Kirckman ci ha mostrato come i modelli per ricreare una convivenza in un mondo in cui i ‘viventi – vivi’ da un momento all’altro possono trasformarsi in prede alla mercé dei morti viventi; ora la questione diventa se e quanto i vari modelli possano convergere, e soprattutto se la convivenza tra diversi modi di vedere la società sia possibile, o se tutto debba tendere inevitabilmente allo scontro.

 

TESORY DISNEY INTERNATIONAL 5

Numero interamente dedicato a Paperoga, con una ventina delle sue prime apparizioni, sempre pronto a sconvolgere la tranquillità domestica di Paperino e del gatto Malachia con le sue passioni passeggere o idee estemporanee nate dalla lettura di improbabili manuali.
Imperdibile per gli appassionati del più ‘originale’ (per non dire altro…) tra la cuginanza paperinesca; forse un po’ ‘pesantino’ per gli altri, visto che alla fine lo ‘schema’ delle storie è più o meno sempre quello.
Voto: 7

 

INVINCIBLE 36

Numero ‘spartiacque’: archiviata la minaccia dei ‘Sepidi’, un lungo episodio ‘fuori serie’ riassume a grandi linee quanto fin qui accaduto, in vista di una lunga saga ‘spaziale’ in cui per Invincible arriverà il momento della resa dei conti con le proprie radici e il proprio retaggio.
Voto: 6,5

In appendice, si avviano a conclusione le avventure di Brit.
Voto: 6,

FUMETTAZIONI 5

Brevi recensioni delle ultime letture disegnate.

 

ELEKTRA:  ASSASSIN

Frank Miller è un giovane autore in rampa di lancio, quando nel 1981 sulle pagine di Devil crea Elektra, personaggio destinato a diventare tra i più iconici degli ultimi 30 anni e passa della Marvel.
E’ il 1986 quando Miller, fresco del successo planetario de Il Ritorno del Cavaliere Oscuro, tra le opere che hanno contribuito a rivoltare come un calzino il concetto di giustiziere in calzamaglia, torna a seguire le vicende del personaggio, in un thriller fantapolitico che mescola ninja, cyborg assassini e possessioni demoniache; ai disegni, un Bill Sienkiewicz che, da par suo, mostra una volta di più come un ‘fumetto di genere’ possa essere la sede per sperimentazioni grafiche senza limiti, o quasi.
Il risultato è ancora oggi strabiliante: a 30 anni di distanza, “Elektra Assassin” non ha perso un briciolo della sua potenza narrativa e grafica, potendo essere inserito a buon diritto nella stretta cerchia delle pietre miliari del genere, e non solo.

Voto: 9,5

 

I GRANDI CLASSICI DISNEY 5

La ‘perla’ dell’albo stavolta è la lunga versione ‘papera’ dell’Isola del Tesoro, anno 1959, coi disegni di un Luciano Bottaro in stato di grazia, autore anche dei testi assieme a Carlo Chendi, storia che da sola vale tutto l’albo.
Voto: 8,5

Il resto delle storie è più o meno ‘di ordinanza’, col solito manipolo di autori storici: si distinguono un giallo con elementi di fantascienza con Topolino e Pippo protagonisti (di Pavese / De Vita) e l’ultimo capitolo delle vicende spazial / sentimentali di Paperino e Reginella, con lo scrittore Rodolfo Cimino affiancato stavolta dal non esaltante spagnolo Antoni Bancells Pujadas.

Voto: 6,5

 

INVINCIBLE 29 – 30

Nonostante si caratterizzi per il primo crossover tra le due testate che compongono l’albo, quella del titolare e Wolf-Man, il numero 29 risulta alla fine abbastanza interlocutorio, confermando comunque come Kirkman riesca a dipingere un eroe più che mai umano, scatti d’ira inclusi. Voto: 6,5

Il numero successivo vede i due tornare ognuno alle proprie vicende: nel caso di Invincible, una delle consuete storie dal finale – shock cui Kirkman ci dovrebbe ormai aver abituato, ma alle quali non ci si abitua mai .Voto: 7

Wolf-Man conclude il  secondo ciclo narrativo, anche qui con un colpo di scena, ma abbastanza ‘telefonato’. Voto: 6

 

100 BULLETS 23 – 25

Un misterioso individuo se ne va in giro dando a persone finite nei casini una valigetta contenente una pistola e cento proiettili non rintracciabili, e i documenti che provano le responsabilità di coloro che gli hanno ‘rovinato la vita’: i prescelti talvolta accettano di seguire la via della vendetta, in altre occasioni oppongono un cortese rifiuto… Tuttavia, le reali motivazioni del misterioso individuo, ‘Mr. Graves’, non sono legate alla semplice offerta di un’occasione di vendicarsi, ma si inseriscono in un disegno più ampio, che affonda le radici nella stessa Storia Americana e che riguarda il dominio di una ristretta cerchia di famiglie – il ‘Trust’ – sugli Stati Uniti e un nucleo di killer, i ‘Minutemen’, creati dalla stessa cerchia come una sorta di ‘deterrente’ a ogni possibile faida tra le famiglie stesse… Almeno fino a quando i patti interni tra le famiglie e tra il ‘Trust’ e Graves e i suoi vengono meno, dando il via a una reazione a catena e a una spirale di sangue che non potrà che portare al più classico degli ‘shodown’ finali….
Una delle ultime grandi serie della Vertigo, uscita negli anni 2000 e oggetto di una ristampa che arriva alla conclusione (cento, non a caso, i numeri della serie originale, venticinque quelli della versione italiana in questione), scritta da Brian Azzarello, una delle maggiori ‘penne’ del fumetto americano degli ultimi vent’anni e disegnata dall’altrettanto prestigioso suo sodale storico Edoardo Risso.
In questi ultimi tre numeri i nodi vengono finalmente al pettine, e ‘Mr Graves’ deve forse, finalmente, fare i conti col sé stesso, mentre i membri storici del ‘Trust’ finiscono per trovarsi di fronte al fatto che il tempo passa e che per loro si profila l’accantonamento da parte delle scalpitanti nuove generazioni… Il pulp di Ellroy e Leonard che per certi versi incontra la disillusione di “C’era una volta in America”.

Voto (all’intera serie, 100 numeri) 8,5

 

LILITH 16

La serie scritta e disegnata da Luca Enoch, uscite a cadenza semestrale, si avvia alla conclusione (durata prevista: 18 numeri).
In poche parole: Lyca, alias Lilith in un futuro distopico, in cui il genere umano è stato pressoché annientato dall’improvvisa comparsa dello ‘spiromorfo’;
Lilith è venuta al mondo ed è stata cresciuta con un unico scopo: viaggiare all’indietro nel tempo ed estirpare di volta in volta i ‘semi’ dello spiromorfo, eliminando i loro ‘ospiti’ umani, con l’effetto collaterale di cambiare la storia.
Le battute conclusive della storia di Lilith sono ambientate nell’America dei Pionieri e di un post-guerra di secessione in cui le colonie ribelli hanno perso, mentre la parte occidentale del continente è stata colonizzata dai giapponesi.
La cornice è come al solito attenta, con Luca Enoch che come al solito è attento a costruire una ‘storia alternativa’ che sia credibile; i disegni come al solito sono all’altezza, ma tra le pagine si comincia ad avvertire una certa stanchezza, come se in fondo l’autore cominciasse a non vedere l’ora di ‘liberarsi’ del personaggio… dopo tutto, parliamo di una serie che va avanti da otto anni.

Voto: 6,5

 

THE BOYS 43

Si, insomma: lo ‘scontro finale’ c’era stato nello scorso numero: allora? Allora, forse, anche se stiamo parlando di Garth Ennis, ci si poteva aspettare che negli ultimi numeri si chiudessero le ‘questioni in sospeso’… Solo che è di Garth Ennis che stiamo parlando, e possibile che dopo tanti anni ci si attenda ancora qualcosa di ‘normale’?
Certo, effettivamente c’è una ‘questione in sospeso da chiudere’: è l’ossessione di Butcher (il ‘capo’ dei Boys) per i ‘superumani’.. archiviato il capitolo della vendetta personale, è ora di passare ai massimi sistem: se gli individui con superpoteri sono pericolosi, lo sono a prescindere; anche se si tratta dei tuoi compagni di strada, quelli che ti hanno aiutato nella missione, quelli che sono diventati in un certo senso la tua famiglia.
E il sangue, tornerà a scorrere, se possibile più copioso di prima…

Voto: 7,5

 

THE WALKING DEAD 41

I nostri protagonisti cominciano a fare i conti con i ‘Sussurranti’: persone che hanno deciso di sopravvivere all’epidemia zombie, letteralmente confondendosi coi ‘non morti’, utilizzando ‘maschere’ fatte coi resti di altri cadaveri…
Al di là della minaccia però, continua la riflessione sulla mutazione della società: nel mondo moderno, la ‘democrazia’ prevede per il cambio di governo le elezioni… certo non sempre, a volte il voto popolare viene usato come carta straccia e persone regolarmente elette vengono cacciate via; in genere in maniera incruenta, almeno nelle democrazie occidentali.
In una società disgregata dalla minaccia dei non morti, viene meno anche questa regola, con un sostanziale ritorno a modalità che in fondo hanno fatto parte del vivere comune per svariati millenni… Per cui se il modo di governare risulta sgradito, beh: la strada più breve e comoda è pensare di eliminare fisicamente la persona in questione…

Voto: 7,5

 

RONIN

Lo scontro tra un Ronin e la sua demoniaca nemesi si trasferisce per il suo epilogo da Giappone medievale ad un futuro non troppo lontano, nel quale gli uomini, totalmente dipendenti dalla tecnologia, rischiano di esserne definitivamente soppiantati.
1983: nonostante si sia già fatto apprezzare per il suo primo ciclo di storie su Devil, Frank Miller non ha ancora acquisito lo status ‘leggendario’ che conquisterà grazie a opere come Il Ritorno del Cavaliere Oscuro, Elektra: Assassin, o Born Again, secondo lotto di storie del ‘Diavolo Rosso’.
“Ronin” è l’opera di un autore ambizioso, già in buona parte consapevole delle proprie capacità, ma sfrontato fino all’autoreferenzialità, quasi incurante nei confronti del pubblico.
Un’opera che unisce elementi tipici del ‘superuomo’ del fumetto U.S.A. al gusto per il fumetto europeo e, naturalmente, giapponese.
L’opera di quello che diventerà un maestro e un punto di riferimento per un paio di generazioni di autori, che in controluce mostra buona parte di ciò che verrà in seguito, ma che nel contempo soffre ancora di alcuni limiti, a cominciare da una narrazione che, volendo forse essere ‘ellittica’, finisce per essere frastagliata e disorientante.
Siamo comunque dalle parti dell’eccellenza – soprattutto nei disegni – pun non raggiungendola pinenamente.

Voto: 8

 

I GRANDI CLASSICI DISNEY 6

I testi di Guido Martina dominano la selezione del mese, con tre parodie (Romeo e Giulietta, Madama Butterfly e Aida) reinterpretate dai paperi, ma soprattutto con l’avventura in tre parti di Paperino al Tour de France, disegni di Giuseppe Perego, risalente al 1954, che all’epoca (piena età dell’oro del ciclismo) fu un autentico boom.
Il resto del sommario è più o meno di ‘ordinanza’, con un paio di storie made in U.S.A. e qualche riempitivo; nell’elenco dei disegnatori si segnalano
Romano Scarpa, Giovan Battista Carpi, Luciano Capitanio e Sergio Asteriti.

Voto: 7,5

 

RAT-MAN 115

Terzo episodio dei dieci che dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) segnare la conclusione della serie.
Amo poco quegli autori che nei loro libri (o fumetti) parlano troppo di sé stessi: ogni autore, è vero, mette un po’ di sé nei suoi personaggi, ma quando il personale prende il sopravvento, scivolando nell’autobiografia, il discorso cambia; certo ci sono le notabili eccezioni come Zerocalcare, ma lì è tutt’altro discorso.
Leo Ortolani nel suo Rat-Man ha messo sempre molto di sé; a volte troppo, ma almeno lo solvava l’ironia; in questa storia Ortolani all’ironia non rinuncia, ma purtroppo non rinuncia nemmeno alla sterile polemica contro chi, in un passato più o meno recente, l’ha accusato di aver smesso di scrivere le storie ‘divertenti e basta’ di una volta, per addentrarsi troppo spesso in territori ‘seri’.
Pareri soggettivi: per me un autore ha tutto il diritto di cambiare come vuole il ‘clima’ delle sue storie; tuttavia, esporsi al giudizio del pubblico fa comunque parte del gioco e dare seguito alle polemiche mi sembra abbastanza inutile, specie quando poi, polemiche a parte, si dimostra di avere poco da dire.
Il problema principale di questo numero, come dei precedenti, è infatti che l’autore non sembra avere più nulla di originale da dire, continuando a girare sempre attorno ai soliti discorsi, o riproponendo idee già viste altrove.

Voto: 5,5

FUMETTAZIONI / 4

Infornata aperiodica di letture disegnate

 

SECRET WARS 8 – 9

Si conclude – e viene da dire: finalmente! – il megacrossover destinato ‘sconvolgere per sempre’ l’Universo fumettistico della Marvel… per sempre, ossia per i prossimi 12 – 18 mesi, dato che ormai eventi del genere si susseguono con cadenza annuale. Non credo di spoilerare nulla, se scrivo che alla fine il Dottor Destino perde e tutto ritorna – più o meno – alla normalità, come sempre è stato alla Marvel.
Un ‘degno finale’ per una saga incensata ben oltre il dovuto: povera di idee e confusionaria sotto il profilo narrativo, quasi impossibile da seguire se non si è letta almeno una mezza dozzina delle miniserie che in parallelo hanno accompagnato questo troncone centrale; aggiungiamoci il fatto che Jonathan Hickman i finali non li ha mai saputi scrivere, ed ecco il risultato: una saga che, a dispetto delle fanfare che l’hanno accompagnata, si risolve in un disarmante “tutto qui?”.
Sulla qualità grafica di Ribic c’è poco da discutere sotto il profilo tecnico; il suo limite resta la sostanziale freddezza, la scarsa capacità di comunicare emozioni da parte dei suoi personaggi.

Si apre una ‘nuova epoca’ (a occhio e croce, siamo alla terza nel giro di quattro o cinque anni), in cui le testate saranno accompagnate nel titolo da un bel ‘All New, All Different’ (ormai gli aggettivi sono quasi esauriti); per me, l’occasione per salutare, almeno momentaneamente, la ‘Casa delle Idee’, dando appuntamento magari ai volumi delle ristampe.
Voto (ai complessivi 9 numeri): 5

 

MIRACLE MAN DI GAIMAN E BUCKINGHAM 5

Stavolta, un omaggio al celeberrimo telefilm “The Prisoner” con Patrick McGoohan; il viaggio all’interno di una società sconvolta dall’avvento di semidei con superpoteri prosegue rispondendo a una domanda: in un mondo ormai privo di conflitti e di competizione tra Nazioni, che fine fanno le spie? Neil Gaiman sfodera un’idea come al solito vincente (per quanto ‘declinazione’ di quanto già visto appunto in televisione) accompagnata dalla ormai consueta prova magistrale di Marc Buckingham ai disegni
Voto: 7,5

 

INVINCIBLE 28

Un appuntamento romantico viene interrotto da una missione in un lontano futuro, volta a eliminare uno dei volti noti della serie; nel frattempo, nello spazio, prende il via una catena di eventi destinata ben presto a fare sentire i suoi effetti anche sulla Terra…
Il bello di una serie come Invincible è che ti riconcilia con la ‘narrazione’: attualmente i ‘supereroi di carta’ soffrono di una continua necessità di cambiamenti ‘epocali’ e ‘sensazionalismo’: il risultato sono serie articolate in sequenze che durano una manciata di episodi, e poi tutto viene di nuovo buttato all’aria; non parliamo poi dell’altra grande fonte di ‘sofferenza’ per il genere, ovvero il fatto di dover andare appresso al cinema, del quale i fumetti stanno diventando progressivamente un’appendice.
“Invincible” è fortunatamente fuori da queste logiche: essendo creatura di totale proprietà dell’autore (Robert Kirkman, lo stesso che in seguito ha ‘partorito’ The Walking Dead), le storie del personaggio seguono solo la logica di chi l’ha scritto: il risultato è una narrazione progressiva, in cui certo i colpi di scena non mancano, ma non sono dettati da necessità ‘extranarrative’ di ‘vendita a tutti i costi’; insomma: il giorno in cui Kirkman non avrà più nulla da dire, o il pubblico si sarà stufato, il personaggio avrà completato il suo percorso e si metterà la parola fine.
Per il momento, comunque, è un bel leggere (nonostante queste storie risalgano a oltre sette anni fa), perché Kirkman può permettersi il lusso di fare dei suoi personaggi ciò che vuole, progettare trame a lunga scadenza, far apparire, scomparire, andare e tornare i vari comprimari… Insomma, sviluppare una narrazione seriale degna di questo nome.

Voto: 7

Il personaggio di Wolfman (che continua il percorso di scoperta delle sue reali potenzialità) in appendice, si muove secondo analoghe coordinate, per quanto un po’ limitato dall’essere l’ennesima variazione sul tema del licantropo.
Voto: 6,5

 

TESORI DISNEY INTERNATIONAL 1: LA SAGA DI PAPERON DE’ PAPERONI

La Disney italiana sta vivendo una nuova età dell’oro: dal punto di vista ‘autoriale’, l’attuale generazione di scrittori e disegnatori sta rinverdendo una tradizione ultradecennale: valgano per tutti il binomio Turconi / Radice o Mottura; ma anche editoriale, con una valanga di collane che stanno ristampando delle autentiche pietre miliari della storia Disney.
Ultima in ordine di tempo questa Tesori Disney International che esordisce con un autentico ‘botto’: la ristampa (ed è il caso di dire: finalmente!!! visto che le precedenti edizioni sono esauritissime) della mitologica Saga di Paperon De’ Paperoni. A metà anni ’90, Don Rosa (unico erede dell’Uomo dei Paperi Carl Barks) si imbarca nell’impresa di narrare le gesta del papero più ricco del mondo, dall’infanzia in Scozia passando per la corsa all’oro, fino alla definitiva sistemazione a Paperopoli.
Siamo decisamente nell’empireo: ‘capolavoro’ in questo caso non è un termine abusato, ma forse l’unica definizione possibile; disegni eccezionali, dominati dal gusto per il particolare, dalla ricerca (riuscita) continua di un’atmosfera che coinvolga il lettore, per una storia in cui si affastellano ‘eventi’ che per decenni il pubblico aveva potuto solo immaginare, basti solo citare il primo incontro tra la coppia di paperi ‘fumantini’ che in seguito avrebbe dato i natali a un certo Paolino Paperino.
Momenti di autentico lirismo e perfino la morte che, credo caso più unico che raro, fa capolino tra le vignette, in una delle scene più intense dell’intera storia della Disney.
Voto: 10

 

RAT-MAN COLLECTION 114

La presunta ‘saga finale’ di Rat-Man prosegue con un episodio che di saga ha veramente poco, una storia come tante altre se ne sono lette in passato, che conferma purtroppo come l’autore Leo Ortolani ormai scriva col pilota automatico, girando sempre attorno agli stessi argomenti, avendo già detto tutto ciò che aveva da dire.
Un numero che conferma come Rat-Man doveva aver chiuso, come nelle intenzioni iniziali, col numero 100 e che prosegue, oltre che per ovvie motivazioni ‘economiche’ (anche i fumettisti devono pagare le bollette), forse anche per la paura dell’autore di distaccarsi dal personaggio che, nel suo piccolo, gli ha dato una certa notorietà; autore che tra l’altro tra le righe del suo editoriale (sempre più debordante ed autoreferenziale), instilla nel lettore il dubbio che anche stavolta tutto si risolverà in un “va bene, abbiamo scherzato: Rat-Man continuerà finché campo”
Voto: 5,5

 

THE BOYS 42

Lo scontro che ci era stato promesso fin dal primo numero: Butcher, capo dei ‘Ragazzi’, contro il Patriota (guida dei supereroi in costume dai troppi scheletri nell’armadio)… ma le cose non vanno per nulla come previsto, con un ‘colpo di scena’ che forse si poteva intuire, ma non in queste dimensioni.
Sangue a fiumi e anche una bella dose di splatter, per un albo che virtualmente sancisce la fine della saga, di cui restano una manciata di numeri per chiudere le vicende in sospeso.
D’accordo, forse non è il miglior Garth Ennis della carriera, forse si esagera col gettare fango sugli eroi in calzamaglia, ma in fondo, specie nei tempi attuali, The Boys (si parla di storie uscite circa quattro anni fa), con la sua vena dissacrante ci ricorda che se davvero esistessero esseri del genere, è più facile che si comporterebbero come i personaggi quasi del tutto privi di morale di Ennis, che come le figurine stereotipate dei film che sbancano il botteghino…
Voto: 7,5

 

I GRANDI CLASSICI DISNEY 4

Dopo la piccola battuta di arresto del precedente numero, si torna ad una selezione ad alto livello: da Paperin Babà, versione disneyana della favola dalle Mille e una notte firmata da Carlo Chendi e Luciano Bottaro, alla conclusiva storia che vede il ritorno di Reginella, impossibile amore interplanetario di Paperino, ultima opera del duo Cimino – Cavazzano.
In mezzo, la consueta parata di grandi nomi, trai quali Carpi, De Vita, Martina, Barks, Strobl, Murry e Moores.
Voto: 8

 

I MIGLIORI ANNI DISNEY – 1969

In occasione dell’undicesima edizione dello “Zecchino d’oro”, nel 1969 la Disney italiana pubblicava un lungo speciale (quasi 100 pagine), presentando dieci storie ispirate alle canzoni vincitrici delle altrettante edizioni della rassegna fino ad allora disputate.
Scritte da Massimo de Vita, per i disegni di Romano Scarpa e le chine di Giorgio Cavazzano, collegate attraverso il filo conduttore di un ‘viaggio onirico’ di Topolino e Pippo, le dieci storie sono affollate di protagonisti dell’universo disneyano, tra paperi, topi e personaggi delle fiabe classiche.
Il numero dell’antologica dedicata diventa quindi quasi monografico, occupato per la gran parte dallo ‘specialone’ dedicato allo Zecchino, lasciando spazio solo a qualche storia di semplice ‘riempimento’.
Voto: 7

 

UACK! 25

Un ‘doppio gioiello’: la celeberrima storia che vede Paperino e nipotini giungere tra una sperduta popolazione peruviana in cui tutto è ‘quadrato’ – o meglio, cubico – dalle case, fino alle galline e alle teste degli abitanti, uno degli apici della narrativa barksiana; il ‘sequel’ di quella storia, col coinvolgimento di Paperone e Cuordipietra Famedoro, firmato da Don Rosa, unico vero erede di Barks (e talvolta allievo che ha superato il maestro); l’albo vale più dei 5 euro di spesa solo per queste due storie; il resto è – più o meno – contorno, con alcune storielle più comiche firmate dallo stesso Barks e uno degli adattamenti dei suoi storyboard curato dall’olandese Daan Jippes.
Voto: 8

 

 

 

GUARDIANI DELLA GALASSIA

Cinque personaggi in cerca d’autore, cani sciolti abituati a starsene per conto loro si trovano a dover collaborare per evitare un genocidio planetario, (ri)scoprendo nel frattempo il valore dell’amicizia…

La Marvel si prende una pausa: in attesa di tornare a raccontare le gesta dei Vendicatori (è di questi giorni l’uscita del trailer del prossimo film), si abbandona la Terra per una vacanza ‘spaziale’, raccontando le gesta dell’ultima versione dei Guardiani della Galassia. Peter Quill è un terrestre rapito da bambino dagli alieni (il cui unico legame col proprio passato è una cassetta piena di hit degli anni ’70 e’80) divenuto una sorta di avventuriero cosmico, che si trova a capitanare un variegato gruppo di individui: una bella ed altera guerriera dal colorito verdastro (no, Hulk non c’entra nulla), un uomo in cerca di vendetta, una coppia di cacciatori di taglie composta da un procione antropomorfo con la passione delle armi (spesso più grosse di lui) e un albero umanoide che si esprime con la sola frase “Io sono Groot”, e anche il tormentone è servito…

Diciamocela tutta: la Marvel ha fatto centro anche stavolta, a partire dalla scelta di concentrarsi su personaggi di ‘seconda schiera’ rispetto ai soliti ‘grossi calibri’, da un lato intrigando i fumettofili, dall’altro dando al pubblico dei non appassionati la possibilità di confrontarsi con protagonisti dal passato meno ‘ingombrante’. L’azione si sposta nello spazio, creando una cesura col classico ‘mondo di riferimento’ degli eroi Marvel (pur conservando alcuni legami coi film precedenti), consentendosi, in una certa misura, di ‘sperimentare’.
Certo, ‘sperimentazione’ è una parola grossa, ma l’impressione è che questo film sia servito per concedersi qualche libertà non permessa dai precedenti lavori. Il fattore comune è quello di una fantasmagoria visiva che compie ulteriori passi in avanti, complice l’ambientazione aliena / cosmica che permette di sbizzarrirsi, peraltro con momenti quasi ‘lirici’; per altro verso, però, ci si diletta pigiando l’acceleratore sul registro comico: in questo senso va sottolineato l’utilizzo efficacissimo della colonna sonora, con effetti di contrasto ed alleggerimento in alcune parentesi che altrove sarebbero state dedicate al pathos ed alla tensione. Gag a profusione in aggiunta, dominate dalla bizzarra coppia del procione – albero, ma affidate anche allo stesso Quill, alla vaga stupidità del guerriero Drax e a volte perfino allo scontrosa Gamora. In questo senso, ma non solo, Guardiani della Galassia è forse il più disneyano dei film dedicati ai supereroi della Marvel: se combattimenti, eroismo e quant’altro hanno comunque il giusto spazio, maggiormente sottolineati sono certi concetti – l’amicizia, l’unità nella diversità – tipiche dei prodotti della ‘Casa del Topo’; del resto, cosa c’è di più disneyano di un procione e un albero parlanti.
Il film si snoda all’insegna di uno svolgimento prevedibile, momenti di combattimento (duelli a due, scontri di massa, battaglie spaziali) abbastanza consueti, caratteri tipici: il cast se la cava, complice una sceneggiatura che non tocca certo vertici da capogiro; tuttavia, va almeno sottolineato come Chris Pratt (fin qui noto per serie tv e ruoli marginali sul grande schermo) colga al meglio la ‘grande occasione’ offertagli col ruolo di Quill’; assieme a lui, una Zoe Saldana il cui personaggio è per lo più affidato al sex appeal dai riflessi verdastri e la stella del wrestling Dave Bautista che tutto sommato se la cava. Il film andrebbe poi visto in lingua originale per godere delle presenza di Vim Diesel, voce dell’arboreo Groot e di Bradley Cooper, inteprete del procionesco Rackoon: partecipazioni che fatalmente si perdono nel doppiaggio italiano; trai ruoli di rincalzo, si possono citare John C. Reilly, Glenn Close, Benicio del Toro e  Michael Rooker. Impalpabili o quasi i ‘cattivi’ della situazione, la cui presenza alla fine finisce per essere quasi pretestuosa.

Guardiani della Galassia è insomma un buon prodotto di evasione, che mantiene tutto ciò che promette e che tra un combattimento e l’altro offre più di un’occasione di divertimento e per autentiche risate; un riuscito esempio di avventura volta alla commedia, parentesi fordr anche necessaria rispetto ai climi spesso plumbei dei Marvel-movies; rispetto agli ultimi prodotti del genere, un modo diverso di cercare altre strade rispetto a Capitan America – Soldato d’Inverno (il quale però si faceva forse preferire coi suoi risvolti da spy story anni ’70), ma comunque un passo in avanti rispetto al poco riuscito Thor – The Dark World, nel quale l’elemento comico era inserito spesso e volentieri in modo poco pertinente, con effetti deleteri.

IRON MAN 3

Regia: Shane Black

Con: Robert Downey Jr., Gwyneth Paltrow, Ben Kingsley, Guy Pearce, Don Cheadle, Rebecca Hall.

Più di tante parole, per capire la differenza tra il terzo capitolo della saga di Iron Man e i precedenti, bastano i primi 30 secondi: quando al posto degli AC/DC partono gli Eiffel 65, lo spettatore smaliziato capisce che non c’è da aspettarsi nulla di buono…

Come si conviene ad ogni trilogia (super)eroistica che si rispetti, nel primo capitolo abbiamo assistito alla nascita dell’eroe, nel secondo alla scoperta dei suoi limiti, nel terzo ecco la sua caduta e resurrezione. Ritroviamo un Tony Stark non più così sicuro dei suoi mezzi: l’avventura vissuta con gli altri Vendicatori in Avengers ha lasciato il segno: un uomo devoto alla scienza e alla tecnologia ha dovuto affrontare un’invasione aliena appoggiata da un dio nordico e l’ha sventata assieme a un manipolo di eroi tra cui un’altra divinità norrena, un individuo capace di diventare una furia verde alta tre metri e un soldato della Seconda Guerra Mondiale, sopravvissuto grazie all’ibernazione nei ghiacci dell’Artico: troppo, anche per un ‘supereroe’, e infatti Stark è diventato psicologicamente fragile, preda di attacchi di panico e ormai sempre più incapace di vivere ‘normalmente’ al di fuori della sua corazza.

A complicare il tutto arriverà il Mandarino, un terrorista internazionale impegnato a voler dare la ‘lezione definitiva’ agli USA e che finirà per privare Tony Stark di tutto, costringendolo a ripartire praticamente da zero, in una cittadina della provincia americana, col solo aiuto di un adolescente, naturalmente privo di padre, vittima di bulli e con una madre troppo impegnata per accorgersi che il figlio si accompagna con un quarantenne che si è ‘insediato’ nel loro garage, riempiendolo di gadget elettronici…

Il nostro protagonista riuscirà naturalmente a risalire la china, mostrando a sé stesso di potercela fare con le proprie forze (a costo di trasformare Iron Man 3 per una mezz’ora buona nel nuovo film di 007), scoprendo la verità dietro alle manipolazioni del Mandarino, con una trovata che sconvolge completamene la ragion d’essere di uno dei ‘cattivi storici’ dell’universo Marvel, per la quale gli sceneggiatori si meriterebbero l’ergasotolo, fino allo scontro finale…

A voler essere generosi, si può definire Iron Man 3 un buon film d’azione, che più che agli appassionati di fumetti, appare strizzare l’occhio in generale agli amanti del ‘genere’ e orientato per lo più a un pubblico di famiglie; a voler essere cattivi e anche acidi, c’è da sottolineare (come hanno fatto già in tanti) che mai come in precedenza in questo Mavel movie si respira ‘aria da Disney’ (ricordiamo che il colosso dalle grandi orecchie da qualche anno è diventato proprietario della Marvel e dunque ha voce in capitolo anche sulle sue ‘espressioni cinematografiche): l’atmosfera natalizia (ricorrente in una colonna sonora invereconda infarcita di brani ‘a tema’, in luogo delle precedenti, molto più rock), il ricorso allo stratagemma del ‘ragazzino che aiuta l’eroe a risorgere’ (non si capisce con quale funzione, visto che anche gli spettatori più giovani si immedesimano con l’eroe con principale anziché col suo ‘alleato’), un’ironia che, pur presente anche nei precedenti episodi, stavolta è declinata in battutine molto più scontate, prive di quel sottile sarcasmo che caratterizzava i film precedenti. A gridare vendetta è però soprattutto il succitato massacro perpetrato ai danni del personaggio del Mandarino.

Guardato come ‘film di supereroi Marvel’, specie se confrontato coi precedenti, Iron Man 3 insomma appare non funzionare granché: il concetto di fondo, quello dell’eroe che ritrova la sua umanità e il suo essere ‘super’ dentro di sé anche se privato della propria armatura, è forse apprezzabile, per quanto già visto e rivisto, ma il tutto è svolto in modi lontani anni luce dai precedenti. Pretenziosa e scontata la riflessione sull’affidabilità di quanto ci viene propinato dai mezzi d’informazione; si salva solo la sequenza dello scontro finale (e ci mancherebbe pure, viene da pensare), che tutto sommato è l’unico punto a favore di questo terzo capitolo nei confronti del secondo. Godibile infine il consueto epilogo dopo i titoli di coda, che però per la prima volta (altra scelta discutibile) non costituisce un’anticipazione del prossimo Marvel movie che sarà il secondo capitolo delle avventure di Thor.

Il cast si limita al lavoro d’ordinanza senza metterci nemmeno troppo impegno, in questo per nulla aiutato da una sceneggiatura piatta e insipida; Downey Jr è come al solito convincente nei panni di Tony Stark, ma dà sempre più l’impressione di stare lì ‘per contratto’, Gwyneth Paltrow è ancora una volta Pepper Potts, in un ruolo che non richiede troppo impegno, a Ben Kingsley basta la presenza per dare credibilità al Mandarino, almeno fino a quando gli sceneggiatori non decidono di demolire completamente il personaggio, Don Cheadle partecipa in un ruolo di contorno quasi del tutto inutile, maggiore spazio avrebbe meritato il personaggio interpretato da Rebecca Hall, che resta lì, né carne né pesce, poco oltre un semplice abbozzo;da ricordare la partecipazione, come Presidente e Vice Presidente degli Stati Uniti, di William Sadler e Miguel Ferrer, trai più apprezzati caratteristi di cinema e tv degli ultimi 20 anni. Immancabile, naturalmente il cameo di Stan Lee.

Si esce dalla sala sperando che ‘il cattivo giorno non si veda dal mattino’ e che questo primo capitolo della ‘fase due dei supereroi Marvel al cinema’ non costituisca un indizio attendibile della strada che si è deciso di prendere.

RALPH SPACCATUTTO

Per trent’anni, Ralph è rimasto prigioniero del suo ruolo da ‘cattivo di videogioco’, passando la propria esistenza a a spaccare ciò che Felix, l’eroe del videogame, poi ripara. Una vita di solitudine in cui, spentesi le luci della Sala Giochi, viene da sempre emarginato dagli altri protagonisti perché considerato cattivo ‘a prescindere’, finendo per frequentare un gruppo di ‘cattivi anonimi’, in cui le varie ‘nemesi da videogame’ sfogano le proprie frustrazioni.

Un giorno però Ralph decide di averne abbastanza di essere cattivo ‘per contratto’ e parte alla ricerca della gloria, per poter essere accettato dai suoi compagni di gioco: una ricerca che lo porterà ad incontrare e aiutare una bambina, Vanellope, protagonista di un altro videogame, che ha subito per ragioni diverse lo stesso destino, e che lo condurrà addirittura a sventare un’invasione aliena che rischia di mettere in pericolo l’intero mondo dei videogiochi… Questa – semplificando al massimo per non svelare troppo, la trama di Ralph Spaccatutto, consueto film natalizio della Disney. Lasciato per un momento da parte il filone delle principesse, esempi più recenti La principessa e il ranocchio e Rapunzel, cui si è aggiunto solo pochi mesi fa Ribelle – The Brave(targato Pixar) la Disney ci regala un lungometraggio che, più di altri, oltre ad essere dedicato ad un pubblico infantile, strizza l’occhio ai più grandicelli: in effetti lo stile appare molto più vicino proprio a certi lungometraggi prodotti dalla Pixar (come Wall-E o Up) che non al filone classico.

Una vicenda abbastanza ‘consueta’, a base di ‘solitudini che si uniscono’, usata per lanciare il messaggio di fondo di non lasciarsi incasellare, di non rassegnarsi a rivestire un ruolo solo perché ‘qualcuno ha deciso così’ e non ci si può fare nulla… Allo stesso tempo il regista Rick Moore, assieme agli sceneggiatori Jennifer Lee e Phil Johnston, aprofitta per costruire un divertente e sentito omaggio alla storia dei videogiochi, infarcendo soprattutto la prima parte del film con omaggi e citazioni che coprono trent’anni di storia, da Pong agli odierni ‘sparatutto’, passando per Pac-Man e Street Fighter.

Il tutto, come si conviene, all’insegna di azione, gag, personaggi che inteneriscono (più che il protagonista, la star del film diventa Vanellope, un personaggio destinato a rimanere nella memoria degli spettatori), momenti che strappano di volta in volta la risata esplosiva ed il sorriso più ‘di testa’, la riflessione e l’immancabile ‘lacrimuccia’.
Per la visione nelle sale siamo quasi fuori tempo massimo, ma tanto per la versione ‘da casa’, bisognerà aspettare poco, potendo così approfittare per ascoltare l’originale, in cui a interpretare Ralph è John C. Reilly (peraltro trai due c’è anche una certa somiglianza fisica) mentre il doppiaggio italiano, sebbene solo a livello di intuito, desta qualche perplessità.
Ultima notazione per Paperman, corto che viene mostrato prima del film: un autentico gioellino.