Riedizione ampliata dell’esordio da solista del compositore padovano, dopo precedenti esperienze post-rock, uscito lo scorso anno solo in digitale, a nome Alley.
Stavolta Bogon si presenta col suo nome e arricchisce la versione ‘fisica’ del lavoro con cinque pezzi, quindici il totale.
Siamo dalle parti della musica d’ambiente, delle rarefazioni, dei tappeti sonori e delle suggestioni cinematografiche, costruzione di scenari, immersioni oniriche, melodie spesso appena accennate o comunque evanescenti affidate al pianoforte, o all’intervento di qualche arco, il resto tutto affidato alla costruzione di sfondi e sottofondi attraverso l’ampio uso di synth e il ricorso, non esagerato, all’elettronica.
Il risultato è, come spesso avviene in questi casi, suggestivo: certo è difficile offrire qualcosa di originale a un genere che, con i dovuti distinguo, può farsi risalire a Satie e Debussy, e che forse più di altri vive sull’incontro con la ‘disposizione d’animo’ dell’ascoltatore: musica d’ambiente, ma non di sottofondo, che richiede la disponibilità a farsene avvolgere…