Posts Tagged ‘Bifolchi’

LA PLAYLIST DI LUGLIO

…in anticipo? O è quella di giugno in ritardo? Mah…

 

Plasters Inc.   Hyris Corp. LTD

Anything goes    Dropp

La cicala e la formica   Luca Burgio & Maison Pigalle

Direzione opposta   Cappadonia

Abbraccio vago   Azimut

Hurry & Fall   Sir Rick Bowman

V per settembre   Daniele Celona

Bold    Jester At Work

Di sana e robusta Costituzione    Le3corde

Le giovani coppie     Bifolchi

Ask yourself    Fratelli Tabasco

La grande beffa     Carlo Conti Trio

Fantacoscienza    Fabrizio Tavernelli

La nostra guerra   Circolo Lehmann

Gatti Neri          DieciCento35

Tristi tropici (Infinita Nostalgia)     Supermarket

 

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BIFOLCHI, “MI FAI SCHIFO MA TI AMO” (LIBELLULA MUSIC / AUDIOGLOBE)

Il secondo lavoro dei toscani Bifolchi giunge a solo un annetto di distanza dall’esordio, segno forse di una certa ‘urgenza’ – creativa e produttiva – di dare forma concreta a spunti e idee maturati nel corso di degli ultimi mesi, trascorsi per lo più esibendosi dal vivo, spesso e volentieri in compagnia di altre band dell’area maremmana / livornese: prova ne sia il cospicuo numero di ospiti che ha collaborato all’esecuzione di questi otto brani.

Disco breve, quindi, come del resto breve era stato anche l’esordio: i Bifolchi non sembrano starci tanto a pensare su, quasi che i personaggi che popolano, le impressioni, le idee, che popolano i loro lavori rischiassero di sfuggire, scappare via tra la folla.

Come il precedente, infatti, anche questo nuovo lavoro presenta personaggi e situazioni che sembrano prese a caso da un marasma circostante: dai novelli sposi del brano di apertura, al protagonista di Palloncino: un emarginato dalla società a causa del proprio fisico, ma che proprio in quello sembra trovare alla fine la forza di librarsi sopra alla cattiveria nei confronti di chi non risponde a determinati modelli; dalla fan degli Afterhours, prototipo di coloro che ‘giocano’ a fare gli indipendenti e gli ‘alternativi’ grazie ai soldi di papà ai sognatori che, nonostante tutto, non si arrendono.

Profili, spunti, caricature, tradotti in una miscela sonora che continua a strizzare l’occhio allo swing e al jazz, ma allo stesso tempo pronta a colorarsi di accenti mariachi e suggestioni circensi, a flirtare col surf e col rockabilly.

Il quartetto assembla un lavoro che, pur mantenendo una certa componente ‘ludica’, sembra caratterizzato da uno sguardo in cui il sarcasmo sembra progressivamente cedere il passo al disincanto, come se dopo tutto l’osservazione della realtà, al di là del ghigno suscitato da certi paradossi, lasci dietro di se un retrogusto amaro, come quello di certe feste di Capodanno – come quella che chiude il disco – dove tutti si sforzano di sorridere in mezzo al caos, celando dentro di se il peso della propria solitudine.

BIFOLCHI, “DIARIO DI UN VECCHIO PORCO” (CORNIA DISCHI)

Il ‘vecchio porco’ di Bukovski si prende la scena e il titolo del disco d’esordio del quartetto toscano dei Bifolchi, che già dal nome tradiscono le intenzioni sarcastiche del proprio lavoro… una galleria di personaggi snodata su nove brani, tra farmacisti poco onesti (metafora delle case farmaceutiche), passioni amorose venate di follia, rimpiante da dietro le sbarre, vissute arrangiandosi nei tempi difficili che corrono, o a dispetto delle opinioni altrui; il chiacchiericcio paesano a base di frasi fatte e maldicenze, improbabili scorciatoie verso la ricchezza e le classiche ‘rivoluzioni da salotto’, sempre rimandate a causa di qualche partita da vedere con la parabola…

Un breve (poco più di mezz’ora), sguardo gettato sul mondo circostante, ricorrendo a rock, country, una spruzzata di jazz, frequenti suggestioni centro-sudamericane, una generale impressione da ‘sagra Paesana’, come se alla fine i personaggi che popolano il disco si incontrassero in una di quelle classiche feste che specie in estate si moltiplicano nella provincia…

I Bifolchi assemblano un disco dai suoni solari, i ritmi vivaci, gli accenti spesso sarcastici, quasi cinici, con un retrogusto talvolta malinconico, in altri casi vagamente irato, interpretato con una certa ‘teatralità’; piacevole, in fondo anche se alla fine sembra ‘non sfondare’, privo di quel ‘quid’ che gli consenta di distinguersi rispetto a una formula non nuova: le idee insomma ci sono, ma si fa sentire la mancanza di un’impronta stilistica più marcata.