L’acqua: quella di un bacino artificiale (da cui deriva il titolo del disco), parodia di un elemento naturale che l’uomo impone alla natura stessa; acqua attraverso la quale la natura si prende la sua ‘rivincita’ tremenda e inarrestabile, durante le alluvioni; acqua attraversata dai migranti alla ricerca di un futuro migliore, o via di fuga rispetto ai propri fallimenti sentimentali acqua che a volte inghiotte semplicemente chi vi si avventura… non un ‘concept’, ma un lavoro in cui l’acqua costituisce una sorta di filo conduttore, di tema sul quale si ritorna in continuazione, il secondo dei Mamavegas, che arriva a tre anni di distanza dall’esordio di “Hymn for the Bad Things”.
La band continua ad avere quasi la struttura di un ‘collettivo’ – sei i componenti – ricordando la formula che parecchi successi ha mietuto negli ultimi anni in ambiente ‘indie’, (in particolare in Canada: i più noti gli Arcade Fire); diverso l’approccio, stavolta all’insegna di una vera e propria condivisione del processo compositivo in studio.
Il risultato sta in questi dieci pezzi, in cui oltre che per l’acqua, c’è spazio per la nostalgia dell’infanzia, uno sguardo sull’ossessione contemporanea per l’accumulo compulsivo (a colmare vuoti di altro genere), per i timori e le paure che circondano una prossima paternità, per le relazioni umane, anche sentimentali.
I Mamavegas danno consistenza sonora a questo campionario ideale attraverso un disco che, visto il numero dei componenti, non poteva non essere assai consistente dal punto di vista sonoro, tra momenti di tranquillità e parentesi più ariose, con un costante afflato orchestrale, che sviluppa la propria potenza nei momenti più elettrici – anche con qualche inclinazione noise – e che negli episodi più volti all’acustica si impegna nella tessitura di tappeti e nella costruzione di sfondi sonori dalle suggestioni oniriche.
Un lavoro incanalato nei binari di un indie – rock dalle reminiscenze shoegaze e dreampop, tenendo presente la lezione del pop psichedelico degli anni ’60 (vedi alla voce Beach Boys) ma anche a quello più recente di matrice britannica.
Un disco che ha il suo miglior pregio in una ricchezza sonora capace di continuare a offrire ad ogni ascolto qualche nuovo particolare.