Musica ‘prodotta’ e strumenti ‘reali’: la dance da una parte, il funk e lo swing dall’altra: un esperimento certo già effettuato, un matrimonio non sempre riuscito.
Stavolta si cimenta nell’impresa l’italo-canadese Bruno Bellissimo, qui all’esordio sulla lunga distanza, non a caso anche per lui una curriculum più o meno equamente diviso tra la carriera di DJ e producer e quella di polistrumentista, recentemente visto come bassista nel tour di Colapesce.
Nove composizioni, nelle quali Bellissimo ha proceduto per ‘sottrazione’, andando se vogliamo a raggiungere il ‘nocciolo ritmico’ della questione: lo swing appunto, chiamando poi Gaetano Santoro (collaboratore di lungo corso di Roy Paci) al sax e il fratello gemello Bonito alle percussioni, condendo il tutto con chitarre, tastiere e una manciata di campionamenti vocali presi qua e là, più o meno a caso.
L’esito è intrigante: i rimi sono piacevoli, invitano muovere la testa su e giù o a battere il piede; il suono – e questo forse è il miglio pregio del disco – è caldo e avvolgente; pur conservando la ripetitività ipnotica tipica della musica da dancefloor, il rischio della noia (almeno per gli ascoltatori non abituali di questi lidi sonori) è in gran parte evitato.
Il gioco dei rimandi e delle suggestioni sarà certo più facile per i più avvezzi al genere; qua e là emergono appaiono emergere sprazzi dell’epoca d’oro delle sonorizzazioni cinematografiche italiane degli anni ’60 e ’70.
Il matrimonio tra ‘suonato’ e ‘prodotto’ appare insomma stavolta riuscito, per un lavoro che potrebbe riuscire gradevole anche ai non appassionati del genere.