Esordio per il progetto dei torinesi Marco Natale (chitarra, basso, elettronica) e Alan Spanu (voce, pianoforte, sintetizzatori).
Otto i pezzi, all’insegna di una formula che mescola elementi cantautorali e suoni esplicitamente riferiti a Radiohead, ma anche a esperienze meno note al ‘grande pubblico’, come quella di Aphex Twin.
Un disco dalla consistenza evanescente, in cui le parole sembrano talvolta perdersi, tra riverberi ed echi, evocando talvolta certi panorami fantascientifici (personalmente, mi è venuto in mente “Blade Runner”), o ‘spazi aperti’, a sfiorare territori onirici.
Un utilizzo dell’elettronica frastagliato, con ‘battiti’ sincopati, un andamento irregolare, a volte quasi ‘tortuoso’, che talvolta oltrepassa il confine del ‘rumorismo’, tra crepitii e scariche elettriche, in cui la voce e gli altri strumenti sembrano quasi perdere consistenza.
I testi sono altrettanto sfuggenti, sprazzi di pensieri, frammenti di conversazioni, parentesi di flusso di coscienza, come se tutto provenisse fa un ‘altrove’ difficilmente distinguibile.
Un lavoro a tratti ellittico, che fa della suggestione la sua cifra principale, con un effetto avvolgente che può affascinare.
Posted by sherazade on 19 aprile 2020 at 10:52
Con un effetto avvolgente che può affascinare!
Bellooo