Elettropop e una spruzzata di psichedelia, il tutto con un occhio alla sperimentazione. Squid To Squeeze è la ‘creatura’ di Jacopo Gobber, questo, presumo, il primo lavoro.
Dieci tracce, che riecheggiano le sonorità che hanno sancito il successo di certa elettronica d’oltralpe (Daft Punk e non solo): sonorità sintetiche che affondano le radice nell’età dell’oro di Kraftwerk & co., spogliate delle vesti più ruvide e rese più ‘accessibili’ attraverso un indubbia predisposizione pop, ma senza esagerare: qua è là tra le righe si scorge la lezione dei Depeche Mode; non rinunciando, in alcune parentesi, a trovate più sperimentali: Jelly (S)tone è tutto un crepitare di bit, quasi come se si giocasse con le sonorizzazioni dei videogame anni ’80.
Gobber / Squid to Squeeze trova anche il tempo di omaggiare i propri ‘eroi’ di riferimento: tre le cover presenti, rispettivamente pescate nel repertorio di Syd Barrett, dei Jesus & Mary Chain, del meno conosciuto Nigeriano William Onyeabor, uno dei capostipiti dell’elettrofunk africano.
L’attitudine è quella di chi, cercando un proprio sentiero sulla strada, ampiamente battuta, di un’elettronica che pur aperta all’ascoltatore, non scelga mai percorsi troppo ‘facili’, mantiene intatta una certa attitudine ‘ludica’, forse la voglia di spiazzare vagamente, un filo straniante, ma senza chiudersi in sé stessa: e forse non poteva essere che così, dato il titolo – manifesto con l’esplicito riferimento al dadaismo.